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Il rispetto del principio del contraddittorio: la comunicazione alla

Nel documento Il processo di mediazione (pagine 93-102)

Il principio del contraddittorio rappresenta una basilare garanzia di giustizia, secondo la quale un soggetto non può subire gli effetti che scaturiscono da un provvedimento eterodeterminato, senza aver potuto partecipare attivamente alla sua formulazione attraverso l’espressione

delle proprie ragioni, divenendo parte del procedimento dal quale l’atto

stesso scaturisce. La necessità di garantire tale principio, emerge anche

nell’ambito del procedimento di mediazione, almeno per garantire alle

parti di fare una scelta in modo informato e consapevole257. Non tutti gli

255VACCA’, Il mediatore, in La mediazione delle controversie, (a cura di) Vaccà, Martello,

Milano, 2010, 202.

256VACCA’, op. cit., 202 ritiene che “poiché la sostituzione del mediatore può aver luogo in

qualsiasi momento vanificando l’attività precedentemente svolta, sarebbe opportuno che tutti i

termini riprendessero a decorrere ex novo con la nomina del secondo mediatore”.

257BORGHESI, Prime note su riservatezza e segreto nella mediazione, cit., § 3; VIGORITI, La direttiva europea sulla mediation. Quale attuazione?, cit., 14 sostiene che “assolutamente

ovvio che le parti dovranno avere un’effettiva possibilità di spiegarsi e proporre, in

esponenti della dottrina concordano con l’applicabilità di questo principio all’istituto della mediazione, alla luce della centralità che deve

essere attribuita alle sessioni separate, durante le quali è possibile acquisire elementi rilevanti, anche ai fini della formulazione della proposta da parte del mediatore, senza la presenza di una delle parti258. Il legislatore pare invece dimostrare la volontà di garantire questa esigenza

prevedendo all’art. 8, comma 1, 2° periodo del d.lgs. 28/2010 che la

domanda e la data del primo incontro debbano essere comunicate all'altra

parte, anche a cura della parte istante, “con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione259”. Nel rispetto dell’informalità che deve

connotare il procedimento di mediazione, il legislatore rende possibile

l’utilizzo di ogni mezzo di comunicazione purché risulti idoneo allo scopo di rendere edotta la parte dell’avvio del tentativo. L’art. 8, 1°

comma, lascia intendere che spetti in prima battuta all’organismo di mediazione provvedere alla comunicazione, anche se riconosce che tale compito possa essere adempiuto direttamente dalla parte istante, che in questo modo si garantirà gli effetti interruttivi dei possibili termini prescrizionali o decadenziali260. Nel caso in cui sia la parte istante a procedere alla comunicazione della domanda, secondo la portata letterale della norma, dovrebbe comunque attendere la designazione del

interessati sono chiamati ad esprimersi e consentire su proposte concrete, che hanno pieno diritto di conoscere prima e in dettaglio”.

258LUISO, Diritto processuale civile, vol. V, cit., 28 afferma che “costituisce dunque un grave

fraintendimento ipotizzare l’applicazione al procedimento di mediazione di regole proprie dei

processi giurisdizionali ed arbitrali, quali il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, che non hanno senso laddove le parti mantengono –come accade nella mediazione- il controllo

pieno dell’esito dello stesso”.

259 Con “mezzo idoneo per assicurare la ricezione” deve intendersi senza dubbio, oltre alla

notificazione a norma dell’art. 137 e ss. c.p.c., la raccomandata con avviso di ricevimento, ma

anche la posta elettronica certificata, se il destinatario è fornito di un indirizzo Pec legalmente valido, segnalato alla parte proponente. Così si esprime IMPIGNATIELLO, La domanda di

mediazione: forma, contenuto, effetti, cit., § 7; SANTI, Commento all’art. 8, op. cit., 225. 260IMPIGNATIELLO, op.cit., § 7 sostiene che una simile prospettiva fa si che la norma sia in

grado di produrre l’effetto di responsabilizzare l’istante, ponendo a suo carico l’onere di rendersi diligente ogni volta che rischia d’incorrere in prescrizioni o decadenze, con la

conseguenza che la responsabilità, nel caso in cui dovesse subirle, potrà essere imputata

mediatore e la fissazione della data del primo incontro da parte

dell’organismo, potendo subire un pregiudizio nel caso di inerzia dell’organo preposto. Si sostiene261, in tali casi, che sia possibile per la parte, ai fini interruttivi di prescrizione e decadenza, trasmettere subito la domanda in via preventiva, attendendo che l’organismo fissi e comunichi la data del primo incontro e il nome del mediatore. Il d.lgs. 28/2010 non

fissa però nessun termine “a difesa” minimo per la costituzione del chiamato in mediazione, dato che l’art. 8 si limita a prevedere che il

primo incontro con il mediatore si svolga entro trenta giorni dalla presentazione della domanda di mediazione (art. 8, comma 1).

5.1 (segue) La mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

La dottrina262 ritiene che la necessità di tutelare il contraddittorio, attraverso la partecipazione alla procedura di mediazione della parte chiamata, sia confermata dal fatto che la mancata partecipazione di questa venga sanzionata. Il problema della mancata partecipazione al procedimento ha rappresentato uno degli aspetti più discussi della

disciplina, anche a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 272/2012. L’art. 8, comma 5, del d.lgs. 28/2010 prevedeva che “dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova

nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del

codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento

senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello

Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato

261ARMONE, La mediazione civile: il procedimento, la competenza, la proposta, in Società,

2010, 5, 13; SANTI, op.cit., 225.

dovuto per il giudizio”263. Di questo principio non vi era traccia nella legge delega264 e neppure nella prima versione dello schema del d.lgs. 28/2010, ma è stato inserito nella redazione definitiva del decreto. Il legislatore, nella Relazione illustrativa, ha ritenuto di accogliere il suggerimento proveniente dalle Commissioni parlamentari, con lo scopo

di “prevedere una sanzione per la mancata partecipazione alla mediazione”. Nella stessa Relazione si prosegue affermando che “la previsione ha come scopo principale di incentivare la partecipazione alla mediazione”265. Il legislatore, utilizzando il termine

“partecipazione”266, induce a ritenere che si debba aver riguardo per

l’effettiva comparizione della parte chiamata al tavolo della mediazione.

Tale comportamento presuppone inevitabilmente la preventiva adesione alla procedura, che può avvenire anche il giorno stesso della riunione,

tramite l’accettazione del regolamento dell’organismo e delle sue tariffe.

Il giudice potrà quindi valutare come comportamento rilevante sia quello della parte che non aderisce alla procedura (e di conseguenza non partecipa), sia quello della parte che aderisce, ma poi non partecipa

concretamente all’incontro267. Tale disciplina, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale con la sent. n. 272/2012, è stata dichiarata

incostituzionale in via consequenziale, rispetto all’illegittimità delle

263Si tratta della versione dell’art. 8, comma 5 del d.lgs. 28/2010 dovuta alla combinazione

dell’intervento dovuto al d.l. 138/2011, convertito con l. n. 148/2011, con il d.l. 212/2011.

264 SCARSELLI, La nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno, cit., par. 2

affermava l’illegittimità dell’art. 8, dato che nella legge delega non compariva il richiamo all’art. 116 c.p.c.

265SANTI, Commento all’art. 8, cit., 238.

266Già nella disciplina prevista per la conciliazione societaria veniva contemplata una simile

previsione. In particolare, l’art. 40, comma 1 del d.lgs. n. 5/2003 stabiliva che il conciliatore dovesse dare “atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all’espletamento del tentativo di conciliazione”. Per “adesione”, in senso tecnico, si intende la manifestazione della volontà di partecipare all’incontro. Il comma 5 dell’art. 40 prevedeva poi che il giudice potesse valutare la mancata “comparizione”, cioè l’effettiva partecipazione all’incontro a seguito dell’adesione. Di conseguenza l’interpretazione letterale dei due commi induceva a

ritenere che la mancata adesione non producesse nessuna conseguenza.

267 SANTI, op.cit., 244 afferma che per quanto attiene alla comparizione al tavolo, può

intendersi anche una presenza simbolica della parte, purché il mediatore abbia la possibilità di verbalizzare di aver dato avvio al procedimento con la presenza di quel soggetto. Questo sarà poi libero di abbandonare il tavolo in qualsiasi momento, data la volontarietà della procedura.

previsioni sulla mediazione obbligatoria. La dottrina268 ha fatto notare però come nella decisione della Corte vi siano aspetti non

completamente chiari; si sottolinea come il venir meno

dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione dovesse portare con sé, inevitabilmente, l’eliminazione delle norme che, davanti ad un a scelta obbligata dell’ “attore”, avevano il compito di costringere il “convenuto”

alla partecipazione al procedimento. In realtà, però, la disciplina dell’art. 8, comma 5, nella prima parte, si rivolge anche alle ipotesi di mediazione volontaria269, mentre nella seconda parte, anche ai casi di mediazione

delegata. Nell’indagare sulle possibili ragioni della scelta della Corte, ci

si è interrogati sulla possibilità che le valutazioni di convenienza e di opportunità, legate ad una composizione amichevole della lite, fossero davvero pregiudicate dalla disposizione colpita da illegittimità in via consequenziale, o se questa rappresentasse solo un modo di ricordare alle parti e ai loro difensori che la possibilità di rimettere la decisione nei

confronti di un giudice, non è imposta dall’ordinamento e che, talvolta, è

solo un modo per non assumersi in pieno le proprie responsabilità in ordine alla lite. La previsione eliminata dalla Corte aveva il compito di indurre le parti a valutare realmente la possibilità di una soluzione alternativa alla controversia, considerando come extrema ratio il ricorso ad una tutela giurisdizionale270, ma anche di garantire un “equilibrio nella posizione delle parti”, che deve essere tutelato a prescindere dalla presenza nell’ordinamento di ipotesi di obbligatorietà della

mediazione271. La disciplina è stata nuovamente reintrodotta con l’entrata in vigore del d.l. n. 69/2013, convertito con la legge n. 98/2013, che,

268PAGNI, Gli spazi e il ruolo della mediazione dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 dicembre 2012, n. 272, cit., 257 e ss.

269E’ dello stesso avviso BOVE, La mancata comparizione innanzi al mediatore, in Società,

2010, 6, 759 e ss, il quale sostiene che, data la generalità con cui la norma è formulata, costituisce essa stessa fonte autonoma di obbligo a cooperare, a prescindere dal fatto che la parte si fosse obbligata in tal senso, sulla base di un contratto o di altra previsione di legge.

270DANOVI, FERRARIS, op.cit., 148. 271PAGNI, op. cit., 257.

utilizzando lo stesso tenore letterale previsto nel comma 5, ha ripristinato le conseguenze per la mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo nell’art. 8, comma 4 bis272, tornando così ad operare tutti i problemi interpretativi legati a tale normativa. La norma, nella parte in cui prevede che il giudice possa trarre argomenti di prova dalla mancata partecipazione alla procedura senza giustificato motivo, appare senza dubbio controversa dal momento che determina un trattamento peggiore nei confronti del contumace nel procedimento di mediazione, che non per quello nel giudizio ordinario; il giudice infatti potrà trarre argomenti di prova dalla mancata partecipazione alla mediazione, ma non potrà farlo nel caso di contumacia nel successivo giudizio273. Si ritiene che la norma costituisca un avvertimento/deterrente di carattere normativo, più che poter a tutti gli effetti rappresentare una sfavorevole conseguenza in capo alla parte contumace, dato che, da un lato, non è chiaro quali debbano essere gli argomenti di prova che il giudice può trarre dalla mancata partecipazione alla procedura di mediazione e

dall’altro, la stessa nozione di argomento di prova274 è inidonea a dirimere possibili questioni controverse rispetto alla decisione nel merito da parte del giudice275. Nello stesso modo, rispetto alla precedente disciplina, si era pronunciata anche la giurisprudenza di merito del Tribunale di Roma, sez. dist. Ostia, in data 5 luglio 2012276, la quale aveva affermato che “la mancata comparizione della parte regolarmente

272FERRARIS, La novellata mediazione nelle controversie civili e commerciali: luci ed ombre

di un procedimento “revitalizzato”, in I contratti, 2013, 10, 961.

273BORGHESI, op. cit., § 3 sostiene che la contumacia nel processo davanti ad un giudice

togato sia circondata da tutta una serie di garanzie, che finiscono per premiare anche un totale e immotivato rifiuto di collaborare nelle situazioni di controversia. Dello stesso avviso DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel d.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, cit., il quale sottolinea la contraddittorietà di un sistema di questo tipo.

274Sul concetto di argomento di prova occorre segnalare che non sembra potersi considerare

come unico elemento di prova su cui basare la sentenza, ma deve comunque citarsi la giurisprudenza espressa dalla Corte di Cassazione per la quale la decisione del giudice potrà

fondarsi solo sugli argomenti di prova, tenuto conto dell’oggetto del giudizio e delle

caratteristiche del procedimento (v. ad es. Cass. 16 giugno 2007, n. 14748).

275FERRARIS, op. cit., 961.

convocata, (…), davanti al mediatore costituisce di regola elemento

integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l'accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa”. Si tratta comunque di un ambito nel quale il legislatore si è

affidato completamente alla valutazione del giudice, non solo nella

determinazione circa la sussistenza o meno del “giustificato motivo”, ma

anche nella decisione circa la possibilità di trarre o meno argomenti di prova nel caso di comportamento poco collaborativo della parte in sede di mediazione277. Il giudice è in grado di ricavare argomenti di prova dal comportamento che le parti hanno durante il corso del processo, mentre qui si ipotizza che la scelta di una parte di non partecipare, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione, contegno che si colloca al di fuori del processo stesso, sia comunque qualificabile come comportamento processuale rilevante da cui il giudice può trarre argomenti di prova278. E’ altrettanto problematica la seconda parte della norma che prevede che, se la parte costituita non dovesse aver

partecipato alla mediazione nei casi di cui all’art. 5, senza giustificato

motivo, il giudice debba condannarla al pagamento allo Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio279. Un primo aspetto criticato dalla dottrina280 attiene al fatto che la condanna riguardi solo la parte costituita e non anche quella rimasta contumace nel successivo processo; si fa notare come non sia chiaro il motivo per cui la parte che non ha collaborato alla mediazione e neanche al processo sia

277BOVE, Le sanzioni per la mancata cooperazione in mediazione, in Società, 2012, 304 e ss. 278BOVE, La mancata partecipazione innanzi al mediatore, cit., 760.

279 Si tratta di una sanzione, definita dalla Relazione illustrativa al decreto come “sanzione

pecuniaria processuale”, non prevista nel testo originario del d.lgs. 28/2010 e introdotta dall’art. 2, comma 35 sexies, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con l. 14 settembre 2011, n. 148, resasi necessaria dalla prassi sviluppata all’epoca, per la quale il convenuto non

partecipava ai casi di mediazione obbligatoria.

280 BOVE, Le sanzioni per la mancata cooperazione in mediazione, cit., 305; FABIANI, Profili critici del rapporto tra mediazione e processo, cit., 1146 con riferimento alla disciplina

previgente, ironicamente si domandava se fosse più deplorevole il contegno processuale di una parte che rifiuta la mediazione e poi si costituisce nel processo o quello di una parte che rifiuta il processo. Dello stesso avviso v. anche FERRARIS, op.cit., 961.

salvata dalla sanzione, mentre venga colpito chi abbia deciso di partecipare attivamente al processo stesso281. Il giudice ha uno spazio di

discrezionalità nella valutazione della nozione di “giustificato motivo”,

trattandosi di un concetto giuridico indeterminato, ma una volta che si sia convinto della sua assenza nel singolo caso a lui sottoposto, deve irrogare la sanzione prevista senza nessun margine di discrezionalità282.

Sicuramente l’aspetto più dibattuto in dottrina riguarda proprio il concetto di “giustificato motivo”, che, laddove presente, può esonerare la

parte chiamata dall’obbligo di cooperare nel procedimento; si tratta di un concetto giuridico indeterminato, del quale la legge non stabilisce i

confini, lasciando quindi ai giudici l’applicazione e la creazione della

casistica concreta283. La dottrina ha quindi cercato di individuare

possibili situazioni in grado di rappresentare la nozione di “giustificato motivo”: il caso in cui, pattuita nella clausola di mediazione la scelta di un certo tipo di organismo o di un certo territorio, l’istante depositi

domanda presso un organismo diverso senza specificati motivi; ci possono essere poi ragioni attinenti al merito della controversia proposta

dalla parte istante (ad esempio l’inesistenza del rapporto dedotto, il completo adempimento di un’obbligazione o l’estinzione di un preteso

281 Secondo il Trib. di Termini Imerese 28 maggio 2012, in Banca dati pluris- cedam.utetgiuridica.it, la pronuncia in ordine a tale sanzione può essere resa anche in corso di

causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio, non potendosi ritenere condizionata alla decisione nel merito della controversia.

282BOVE, op.cit., 305 ritiene che oltre al giudice, possa considerarsi legittimata a sollevare la

questione anche la parte che è stata diligente in mediazione. Di conseguenza il giudice potrebbe provvedere alla prima udienza, ma se non dovesse farlo non perderebbe il suo potere,

potendo pronunciare l’ordinanza anche in un momento successivo. Se l’ordinanza non dovesse

essere pronunciata neppure successivamente, la parte che abbia sollevato la questione potrebbe coltivarla in appello, lamentando la mancata pronuncia del giudice di primo grado. L’Autore

sostiene che, pur trattandosi di una sanzione prevista nell’interesse generale di buon

funzionamento della giustizia, alle parti devono comunque riconoscersi poteri processuali in ragione della tutela di detto interesse.

283 SANTAGADA, Il procedimento di mediazione, cit., 175 sostiene che l’attribuzione di

questo potere discrezionale di valutazione nei confronti dei giudici, introduca un argomento di flessibilità e ragionevolezza nel sistema delineato dal legislatore.

credito)284; si potrebbe invocare il giustificato motivo con riguardo ai costi da sostenersi per partecipare alla mediazione; il caso in cui la parte dichiari di non aver avuto conoscenza della pendenza del procedimento

in corso (salva prova contraria dell’istante); il caso in cui l’istante abbia

scelto un organismo mancante di alcuni requisiti o non abbastanza

specializzato a trattare la controversia, a parere dell’altra parte; infine, il

caso in cui il primo incontro sia stato fissato in un termine troppo breve.

La valutazione intorno alla giustificabilità o meno dell’assenza spetta unicamente al giudice del successivo processo, tanto che l’eventuale

considerazione in merito svolta dal mediatore non avrà alcun valore nel giudizio instaurato dopo il fallimento del tentativo di mediazione285. Questa normativa trae le sue origini dagli scopi deflattivi che,

nell’approvare la riforma, il legislatore attribuisce all’istituto della mediazione; l’intento pare essere quello che creare un sistema pluralista

per la tutela dei diritti, nel quale il cittadino, in ragione della specifica controversia, sia libero di scegliere tra i diversi modi di risoluzione dei conflitti, che abbiano un nucleo minimo di garanzie comuni, ma che cambino nel loro fondamento286. La disciplina, come altri aspetti previsti nel decreto, vuole disincentivare comportamenti protesi in ogni caso verso il processo, dato che la partecipazione al primo incontro può rappresentare il momento di passaggio verso una risoluzione conciliata della lite287.

284BOVE, Le sanzioni per la mancata cooperazione in mediazione, cit., 304 afferma invece

che il caso della palese infondatezza della pretesa dell’istante non possa considerarsi idoneo ad integrare un’ipotesi di giustificato motivo: se da un lato non si può pretendere che la parte si

scomodi di fronte ad assurde pretese, non si può neppure pensare che la sua valutazione di manifesta infondatezza possa giustificarla nella sua inerzia.

285BOVE, ult. op. cit., 304. 286SANTI, op.cit., 239. 287FERRARIS, op.cit., 961.

Nel documento Il processo di mediazione (pagine 93-102)

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