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La riservatezza del procedimento »

Nel documento Il processo di mediazione (pagine 128-139)

Una delle caratteristiche più importanti riconducibili al procedimento di

mediazione riguarda il principio di riservatezza che, a norma dell’art. 3

del d.lgs. 28/2010, tutti i regolamenti di procedura degli organismi

devono “in ogni caso” garantire. Il procedimento di mediazione è

coperto da riservatezza in tutte le sue fasi e tutto ciò che viene dichiarato durante gli incontri congiunti o nelle sessioni separate non può essere registrato o verbalizzato350, e proprio per questa ragione, spetta al mediatore assicurarsi che le parti e chiunque intervenga nella procedura,

346Art. 14, comma 9 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma in cui si

prevede che, in caso di nomina di un esperto su volere delle parti, il compenso non rientra negli importi previsti nella tabella delle indennità e deve essere pagato separatamente dalle parti richiedenti entro la chiusura del procedimento.

347Titolo III, lett. l de regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Lucca dove si

afferma anche che il compenso spettante al consulente deve essere liquidato al termine della procedura e deve essere versato dalle parti con le stesse modalità e gli stessi termini previste per le indennità dovute al mediatore.

348Art. 7, comma 2 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 5,

comma 13 del regolamento dell’Organismo di conciliazione forense di Pistoia.

349Art. 6 del regolamento redatto da Unioncamere.

350 Art. 8 del regolamento elaborato da Unioncamere; art. 9, comma 1 del regolamento

dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 7, comma 1 del regolamento dell’Organismo di conciliazione forense di Pistoia; art. 7, comma 1 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Perugia; art. 11, comma 1 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Milano.

abbia compreso ed accettato gli obblighi di riservatezza351. Il principio

di riservatezza, elaborato dal legislatore all’interno dell’art. 9 del d.lgs.

28/2010, si sviluppa sotto due aspetti: la riservatezza esterna e quella interna al procedimento. Data la generica formulazione del 1° comma

dell’art. 9352, i regolamenti hanno potuto estendere il dovere di riservatezza esterno nei confronti di tutti i soggetti che ritenevano opportuno; in particolare, molti organismi353 hanno previsto

l’applicabilità di tale disciplina, oltre che per il mediatore354 e per tutti i soggetti che sono intervenuti nel procedimento (come, per esempio, i consulenti, gli avvocati, i mediatori in tirocinio presenti durante

l’incontro), anche per le stesse parti, risolvendo in tal modo il dubbio

interpretativo sollevato dalla dottrina355. A tal fine, si prevede che tutti i soggetti presenti agli incontri di mediazione debbano sottoscrivere

un’apposita dichiarazione di impegno alla riservatezza356. L’obbligo di riservatezza esterno, comporta, per il mediatore, il dovere di mantenere riserbo su ogni informazione che scaturisca dalla mediazione o che sia ad essa collegata, incluso il fatto che la mediazione debba avvenire o sia avvenuta, a meno che non sia diversamente stabilito dalla legge o da

351Codice Etico elaborato dall’Organismo di mediazione forense di Milano.

352Art. 9, comma 1 del d.lgs. 28/2010: “Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio

nell'organismo o comunque nell'ambito del procedimento di mediazione è tenuto all'obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il

procedimento medesimo”.

353Art. 8 del regolamento di Unioncamere; art. 9, comma 2 del regolamento dell’Organismo di

mediazione forense di Roma (nel quale espressamente si afferma che “Il mediatore, le parti, la segreteria e tutti coloro che intervengono al procedimento non possono divulgare a terzi i fatti e le informazioni apprese in relazione al procedimento di mediazione”); art. 11 del

regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Milano.

354Il dovere di riservatezza che incombe sul mediatore determina, secondo l’art. 5 del Codice

Etico elaborato dall’Organismo di mediazione forense di Lucca, la necessità che il mediatore

esegua personalmente la sua prestazione.

355Il problema dell’applicabilità o meno alle parti, della disciplina sulla riservatezza è stato

affrontato, per esempio, da BORGHESI, Prime note su riservatezza e segreto nella

mediazione, cit.; TISCINI, La mediazione civile e commerciale, cit.; ZUCCONI GALLI

FONSECA, La nuova mediazione nella prospettiva europea: note a prima lettura, cit., 667.

356Art. 7, comma 1 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Perugia; art. 9,

comma 1 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 11 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Milano. Lo stesso onere è previsto anche all’art. 8 del regolamento di Unioncamere, che però esonera da tale dovere le parti e gli

motivi di ordine pubblico357. Rispetto al dovere di riservatezza interno, in ogni regolamento si prevede che il mediatore debba mantenere riservate le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate nei confronti delle altre parti, salvo il consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni358. All’interno dei regolamenti analizzati non si specifica sotto quale modalità il consenso debba essere prestato. Tale è la rilevanza di questo principio che, nel

regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma, all’art. 9,

comma 4, si afferma come, su accordo tra mediatori e parti, sia possibile concordare di volta in volta quali atti, pervenuti al di fuori delle sessioni private, siano comunque coperti da riservatezza. Il correlato strumentale

della riservatezza, ovvero l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese o delle

informazioni acquisite durante il successivo giudizio, che abbia, totalmente o parzialmente, il medesimo oggetto del procedimento di

mediazione, previsto all’art. 10, comma 1 del d.lgs. 28/2010, viene ribadito anche all’interno di ciascun regolamento. Nel regolamento

dell’Organismo di mediazione forense di Milano, si prevede che

l’inutilizzabilità delle dichiarazioni o delle informazioni possa essere

superata solo attraverso il consenso scritto della parte dichiarante o da cui provengono le informazioni, mentre negli altri regolamenti si parla genericamente di consenso, senza specificarne le modalità di manifestazione. Si esclude, come anche afferma lo stesso legislatore, che il contenuto delle dichiarazioni o delle informazioni possa essere oggetto di prova testimoniale o di giuramento decisorio. In ogni regolamento si sottolinea poi, che le parti non possano chiamare il mediatore, gli addetti

dell’Organismo, i consulenti tecnici e chiunque abbia preso parte al

357Art. 9 del Codice Etico elaborato da Unioncamere.

358 Nelle Norme di comportamento, allegate al regolamento di procedura redatto

dall’Organismo Concilialex, all’art. 9, si afferma che “Qualsiasi informazione confidata al

mediatore da una delle parti non dovrà essere rivelata alle altre parti senza il consenso della

parte stessa e sempre salvo che riguardi fatti contrari alla legge”. Lo stesso principio è

procedimento a testimoniare in giudizio sui fatti e sulle circostanze di cui sono venuti a conoscenza, in relazione al procedimento di mediazione,

davanti all’autorità giudiziaria od altra autorità359. All’art. 9, comma 8

del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma, si fa un

elenco dettagliato dei casi in cui è possibile derogare all’obbligo di riservatezza: se esiste un obbligo della legge in tal senso; se tutte le parti autorizzano espressamente la deroga; se la parte che ha interesse alla riservatezza dà espresso consenso alla divulgazione; se esiste un rischio

di pregiudizio alla vita, all’integrità o alla sicurezza di una persona; se esiste il rischio di un’imputazione penale in caso di inosservanza dell’obbligo; infine, se le informazioni siano di dominio pubblico al

momento della divulgazione o lo siano diventate, anche successivamente al procedimento di mediazione, a seguito di un accadimento che non derivi dalla violazione del dovere di riservatezza incombente sulle parti,

sul mediatore, sull’ausiliario, il tirocinante, l’esperto e sull’organismo di

mediazione. Il dovere di riservatezza impone al mediatore, in sede di eventuale formulazione di una proposta conciliativa, oltre al rispetto

dell’ordine pubblico e delle norme imperative, di non citare riferimenti

alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento, salvo diverso accordo tra le parti, e ad eccezione degli elementi risultanti dai documenti depositati e noti a tutte le parti del procedimento360.

Gli obblighi di riservatezza riguardano, non solo le informazioni e le dichiarazioni rese nel corso del procedimento, ma anche la documentazione ad esso collegata. Ogni organismo prevede la necessità di costituire un fascicolo per ciascun procedimento nel quale conservare,

359L’art. 4, comma 4 del regolamento dell’Organismo Concilialex si afferma che è esclusa la

possibilità di presentare, come prova giudiziale o di altra natura, suggerimenti, informazioni e circostanze che sono state espresse durante gli incontri di mediazione.

360Art. 8, comma 6 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Perugia; art. 8,

comma 9 del regolamento dell’Organismo di conciliazione forense di Pistoia; art. 12, comma 4 del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 7 del regolamento

alla luce della tutela della riservatezza, gli atti introduttivi del procedimento, sottoscritti dalle parti, e ogni altro documento depositato e/o formato durante il corso della mediazione361. L’accesso agli atti della procedura, garantito nei confronti delle parti, in ogni tempo, ha ad oggetto gli atti depositati da ciascuna delle parti nelle sessioni comuni, a meno che non siano state dalle stesse riservate alla sola visione del mediatore. In tal caso, sarà possibile estrarre copia dei documenti solo con il consenso della parte che li ha depositati. Ogni parte ha poi il diritto di accesso agli atti depositati nella propria sessione separata. I soggetti della lite possono anche accedere e ottenere copia delle eventuali consulenze tecniche svolte durante il procedimento, mentre lo stesso consulente potrà accedere agli atti della procedura, salvo che non siano coperti da riservatezza362.

361 Art. 2, lett. d) del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 4,

comma 6 del regolamento dell’Organismo Concilialex; lettera g) del Preambolo al regolamento dell’Organismo di conciliazione forense di Pistoia; art. 5 del Codice Etico dell’Organismo di mediazione forense di Lucca, in cui letteralmente si legge: “ L’organismo garantisce l’acquisizione, trattamento e archiviazione di tutte le informazioni relative a dati sensibili e non, nel rispetto dell’attuale disciplina sulla privacy”.

362Art. 2, comma 5 del regolamento dell’Organismo di conciliazione forense di Pistoia; art. 2,

lett. f) del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Roma; art. 5 del regolamento

CAPITOLO IV

LA CONCILIAZIONE ASSISTITA NELLA LEGGE N. 162 DEL

2014 (CENNI)

SOMMARIO: 1. La negoziazione assistita: linee generali. – 2. Gli atti formali del procedimento di negoziazione assistita. – 3. Il procedimento di negoziazione assistita.

– 4. Gli obblighi dell’avvocato. – 5. La negoziazione assistita obbligatoria. – 6.

Rapporti con la mediazione civile e commerciale. – 7. La negoziazione assistita in tema di separazione e divorzio.

1. La negoziazione assistita: linee generali.

In fase di elaborazione della tesi, il legislatore ha disciplinato, nel d.l. n. 132/2014363, convertito con la l. n. 162/2014, del 10 novembre 2014,

l’istituto della negoziazione assistita, un nuovo strumento autonomo per

la risoluzione delle controversie che si colloca, a livello logico e cronologico, tra la negoziazione diretta tra le parti e la mediazione civile364. Nel capitolo in oggetto, seppur sommariamente e con un

approccio “a prima lettura”, si mira a sottolineare come, pur trattandosi

di un istituto rientrante negli strumenti di risoluzione autonoma delle

controversie, che si basano sull’autonomia delle parti e sul loro

consenso, avendo ad oggetto diritti disponibili, il legislatore ha deciso di intervenire disciplinandone gli aspetti fondamentali. Tale decisione può

essere giustificata, da un lato, dell’intento di incentivare il ricorso a strumenti di risoluzione alternativa alla lite, e, dall’altro, dalla volontà di

coordinare l’inevitabile rapporto che questi istituti hanno con il processo, in particolare in riferimento ai presupposti processuali.

363Si tratta del decreto “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la

definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, del 12 settembre 2014.

364VALERINI, La negoziazione assistita, in Processo civile efficiente e riduzione arretrato, (a

cura di) Luiso, Torino, 2014, 13 e ss., il quale afferma che: “Tra i tre strumenti esiste un

rapporto di logica sussidiarietà nel senso che, naturalmente, in presenza di una controversia sarebbe logico e naturale che le parti, prima, tentassero di trovare un accordo negoziandolo direttamente tra di loro e, in caso di mancato accordo, tentassero nuovamente aiutati dai

rispettivi assistenti (che qui devono essere obbligatoriamente “avvocati”). Soltanto in caso d’insuccesso della negoziazione diretta e di quella assistita poi, prenderebbe spazio la mediazione poiché, a quel punto, l’intervento del terzo potrebbe senz’altro avere un senso per

facilitare il raggiungimento di un accordo che fino a quel momento non è stato possibile raggiungere”.

La negoziazione assistita, rispetto alla negoziazione diretta tra le parti, è arricchita dalla presenza necessaria di due o più avvocati per le parti; mentre rispetto alla mediazione, manca di un soggetto terzo che possa aiutare i soggetti in lite nel raggiungimento di un accordo. Possono individuarsi tre diversi tipi di negoziazione assistita365: la negoziazione assistita obbligatoria, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, nel caso di una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e di natanti, o laddove la lite abbia ad oggetto il pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro non eccedenti

i cinquantamila euro, fuori dalla prima ipotesi o dai casi previsti all’art.

5, comma 1-bis del d.lgs. 28/2010366; la negoziazione assistita delegata dal giudice, ogni volta in cui rilevi, non oltre la prima udienza367, che la negoziazione, nei casi in cui costituisce condizione di procedibilità, non è stata esperita; la negoziazione assistita facoltativa, per tutte le controversie vertenti su diritti disponibili, con la possibilità per le parti di accedervi anche nel corso di un processo già avviato.

Nella negoziazione assistita, così come nella mediazione, il mancato

rispetto delle regole proprie dell’istituto non inficia la validità dell’eventuale accordo raggiunto; si tratta di uno strumento volto semplicemente a facilitare l’incontro delle parti e la risoluzione

amichevole della lite368.

365DOSI, La negoziazione assistita, Torino, 2014, 59.

366Nel primo caso la controversia è individuata con la causa petendi, nel secondo caso con il petitum della domanda.

367ART. 3, comma 1 del d.l. 12 settembre 2014, come modificato in sede di conversione. 368LUISO, Le disposizioni in materia di separazione e divorzio, in Processo civile efficiente e riduzione arretrato, cit., 33.

2. Gli atti formali del procedimento di negoziazione assistita.

A differenza di quanto previsto per la mediazione, il legislatore non ha creato una disciplina procedimentale specifica per la negoziazione assistita, di conseguenza ogni aspetto procedurale è lasciato alle capacità e alla discrezionalità dei soggetti interessati. Esiste comunque tutta una serie di atti formali, che si succedono nel procedimento di negoziazione previsti dal decreto legge 132/2014.

L’informativa al cliente.

L’art. 2, comma 7 del decreto prevede, come dovere deontologico incombente sull’avvocato, quello di informare il cliente, all’atto del conferimento dell’incarico, di ricorrere alla convenzione di negoziazione

assistita. Tale dovere sussiste ogni volta in cui si discute di diritti disponibili delle parti, oltre che per i casi in cui la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La normativa non

prevede che l’informazione debba essere sottoscritta dal cliente e allegata all’atto introduttivo, né che in mancanza di informativa, il contratto tra

avvocato e cliente possa essere annullato, come invece è stabilito

dall’art. 4, comma 3 del d.lgs. 28/2010, in tema di mediazione. L’unica

sanzione applicabile, nel caso in cui l’avvocato disattenda tale dovere, è

quella dell’avvertimento, prevista dall’art. 27 del novellato Codice

Deontologico, per la violazione dei doveri di informativa verso il cliente.

L’invito a stipulare la convenzione di negoziazione.

Si tratta di un atto che, espressamente, il decreto istituisce solo per i casi in cui la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale369; la parte attrice, tramite il suo avvocato, deve

inviare all’altra un invito a stipulare una convenzione di negoziazione

369DOSI, op.cit., 61 ritiene che, comunque, anche nel caso in cui si tratti di una procedura

assistita. Il legislatore non specifica con quali modalità l’invito deve

essere effettuato, anche se si presume ciò debba avvenire o in plico raccomandato o, se il ricevente ha la pec pubblica, nella forma elettronica, mentre se ne indica il contenuto formale (art. 4, comma 1). In

particolare, l’invito deve contenere l’indicazione dell’oggetto della controversia, con il formalismo tipico della domanda, e l’esortazione alla

parte ad aderire entro trenta giorni dalla ricezione, avvertendola che, in caso di mancata risposta o di rifiuto, il suo comportamento potrà essere valutato dal giudice ai fini delle spese in giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, 1° comma, del codice di procedura civile. La firma della parte, in calce all’invito, deve essere certificata dall’avvocato che la assiste (art. 4, comma 3).

La convenzione di negoziazione assistita.

L’art. 2, comma 1 del d.l. n. 132/2014 definisce la convenzione di

negoziazione assistita da uno o più avvocati come “un accordo mediante

il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per

risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo

2 febbraio 2001, n. 96”370 (cioè con l’assistenza di avvocati stranieri stabilizzati in Italia). La convenzione deve essere redatta in forma scritta

370 VALERINI, op.cit., 15 afferma come la convenzione di negoziazione assistita rientri

pienamente tra i negozi aventi come fine quello di tentare di giungere alla risoluzione di una

controversia. L’A. sostiene che, oltre a poter essere stipulata in presenza di una lite già sorta,

nulla impedisce che possa trattarsi di una convenzione ante litem o che sia inserita in una clausola contrattuale. DOSI, op. cit., 63 parla di un vero e proprio nuovo contratto tipico,

appunto il “contratto di negoziazione assistita”. L’A. ritiene per questo applicabili le regole sull’interpretazione in buona fede (art.1366), e non esclude neppure l’applicabilità di altre

disposizioni in tema di contratto in generale, come ad esempio quelle sulla nullità (art. 1418 e

ss.), sull’annullabilità (art. 1425 e ss.), o la regola dell’illiceità del contratto per motivo illecito

comune (art. 1345 c.c.). Sostiene però, che la rilevanza di queste disposizione possa

considerarsi modesta dato che l’eventuale accordo raggiunto deve considerarsi del tutto

autonomo rispetto al contratto di negoziazione, nel senso che l’eventuale nullità o annullabilità

di quest’ultimo non riverbera i suoi effetti sull’accordo, a meno che anche quest’ultimo non sia

a pena di nullità, con l’assistenza di uno o più avvocati371 (nel caso in cui sia parte una Pubblica Amministrazione, la convenzione di negoziazione deve essere affidata alla propria avvocatura, ove presente), e deve avere

come contenuto, l’oggetto della controversia, esclusi i diritti indisponibili

o i diritti nascenti dal rapporto di lavoro372, e deve fissare un termine, concordato dalle parti, per l’espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi, prorogabili di altri trenta giorni su accordo delle parti373. All’art. 8 del decreto, il legislatore

ha previsto che, a seguito della comunicazione dell’invito a concludere

una convenzione di negoziazione, ovvero dalla sottoscrizione della stessa, si interrompa la prescrizione e, dalla stessa data si impedisce, per una sola volta, la decadenza, ma nel caso in cui vi sia rifiuto o non

accettazione dell’invito nel termine di cui all’art. 4, comma 1, per

conservare gli effetti impeditivi della decadenza, le parti devono introdurre il giudizio, con la proposizione della domanda giudiziale, entro lo stesso termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata

dagli avvocati. L’invito alla negoziazione ovvero la sottoscrizione della

convenzione di negoziazione, sono equiparati, perciò, alla domanda giudiziale ai fini della prescrizione e della decadenza.

371DOSI, op.cit., 64 ritiene che sarebbe meglio la presenza di un avvocato per parte.

372La legge di conversione ha eliminato l’art. 7 del d.l. n. 132/2014, con la conseguenza che

ogni tipo di controversa giuslavoristica non è più risolvibile tramite la negoziazione assistita.

L’art. 7 aveva modifica l’art. 2113c.c., che prevede la nullità delle transazioni che hanno ad

oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei

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