• Non ci sono risultati.

LA PUBBLICITÀ COMPARATIVA

Nel documento INTRODUZIONE LA PUBBLICITÀ COMPARATIVA (pagine 5-14)

1. 1. Definizione

Il fenomeno della pubblicità compartiva nasce e si diffonde a partire dagli anni ’601 negli Stati Uniti, con lo scopo di fornire ai consumatori, attraverso il confronto fra beni e servizi delle imprese, uno strumento che possa dare maggiore trasparenza dei mercati, attraverso l’acquisizione di dati sempre più obiettivi per permettere una razionalizzazione delle loro scelte2.

Per questo la pubblicità comparativa ha un ruolo fondamentale nel processo economico, con riguardo proprio alla sua influenza sul consumatore o utente.3

E’, pertanto, possibile definire la pubblicità comparativa come, quella modalità di comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni e servizi mettendoli a confronto con quelli delle altre imprese presenti sul mercato.

In particolare il confronto può essere riferito, in modo implicito o esplicito, ad un concorrente determinato oppure ai beni o servizi offerti da un concorrente.4

E’ necessario da subito rilevare, l’ampiezza della definizione, che include tutte le forme di comparazione, dall’ identificazione indiretta dell’azienda “rivale” a quella diretta.5 Rientrano inoltre i concetti di pubblicità denigratoria, che sfrutta il confronto fra beni e servizi dell’impresa avversaria per sottolineare la maggiore qualità dei propri; nonché di pubblicità comparativa per agganciamento, la quale ha lo scopo di creare un vincolo astratto fra i propri prodotti o servizi e quelli del concorrente dotati di maggiori pregi e soprattutto di maggiore rinomanza.

1 E’ importante precisare che, si fa risalire agli anni ’60 la nascita delle pubblicità comparativa, perché è in questa periodo che questa pratica pubblicitaria ha un utilizzo sistematico, anche se, il primo annuncio comparativo risale a ben 30 anni prima, quando una casa automobilistica americana, la Plymouth, invitò il pubblico dei potenziali acquirenti ad un confronto fra le proprie vetture e quelle dei tre concorrenti presenti sul mercato: Ford, Chrysler e General Motors) – Baietti, La pubblicità comparativa, Milano, 1999, pag. 27.

2 Rossotto, La pubblicità comparativa. Un altro modo di comunicare, in AssAP Cultura, Milano, 1998- Pag.41.

3 In Gambardella – Articolo tratto dal sito internet www.ildenaro.it, in Soldi & Impresa, dal titolo “La Pubblicità Comparativa anche in Italia”.

4 La definizione è in parte tratta dall’articolo 20 del Codice del Consumo.

5 Vedi punto 1.3 per tipologie di comparazione.

Sono infine incluse anche le nozioni di pubblicità istituzionale, diretta ad accreditare l’immagine dell’impresa o dell’imprenditore, e quella di pubblicità oggettuale, in cui il confronto verte su beni e servizi concorrenti.6

1. 2. Uno sguardo al nuovo Codice del Consumo

Il Nuovo Codice del Consumo, approvato con il decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005, ha riordinato e semplificato la normativa sulla tutela dei consumatori, comportando una piccola rivoluzione nel tessuto del Codice Civile7. Erano infatti contenute in quest’ultimo, prima dell’introduzione del nuovo Codice del Consumo, le norme sul consumatore.8

Alla luce di queste considerazioni è facile intuire l’obiettivo del nuovo Codice, ovvero, quello di favorire l’informazione e la tutela dei consumatori, assicurando la correttezza dei processi negoziali alla base delle decisioni di acquisto.

Il testo è costituito da 146 articoli suddivisi in sei parti:

- Disposizioni Generali;

- Educazione, Informazione, Pubblicità;

- Il rapporto di Consumo;

- Sicurezza e Qualità;

- Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia;

- Disposizioni Finali.9

Al giorno d’oggi, gli utenti sono quotidianamente tempestati da messaggi pubblicitari, che molto spesso assumono forme pericolose, in quanto ingannevoli e mendaci, per questo si è reso necessario, nel prevedere una normativa sui consumatori, stabilire delle regole allo scopo di tutelarli.

6 Coco, Pubblicità Comparativa in Europa: Ammessa se veritiera, leale, corretta, in Pol.Dir. 1996, pag..625.

7 In Della Valle F. – Della Valle S., Codice del Consumo, Giuffrè, Milano, 2005.

8 Nel Codice Civile segnatamente agli articoli 1469-bis e segg. e 1519-bis e segg.

9 In Alpa-Rossi-Carleo, Il Codice del Consumo Commentario, ESI, 2006.

Ed è per questo che nell’impianto del codice del consumo è dedicato, all’interno della seconda parte “Educazione, Informazione, Pubblicità” un intero titolo, il terzo per la precisione, alla pubblicità, nominato “Pubblicità e altre comunicazioni commerciali”.

Preme rilevare, innanzitutto che tale disciplina si applica ad ogni forma di comunicazione commerciale in qualsiasi modo effettuata e che la tutela riconosciuta è più ampia, visto che per “consumatore o utente” si intende, oltre che la persona fisica, anche quella giuridica cui sono dirette le comunicazioni commerciali o che ne subisce le conseguenze (art. 18 cod. consumo).

L’articolo 19 è poi dedicato alle finalità che la disciplina intende perseguire ed in particolare al secondo comma vengono citati i requisiti minimi della pubblicità, la quale deve essere, appunto, «palese, veritiera e corretta». In ogni modo l’intento di maggiore interesse è quello di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in generale, gli interessi del pubblico, nonché fissare le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.

Inoltre, qualsiasi forma di messaggio che, in qualsiasi modo sia diffuso, nell’ambito di un’attività commerciale, industriale o professionale, al fine di promuovere la vendita, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su beni mobili o immobili è sottoposto alla disciplina del Codice del Consumo.

L’articolo 20, è invece dedicato alle varie definizioni di, Pubblicità in generale10, Pubblicità Ingannevole, Pubblicità Comparativa11 ed infine è definito l’Operatore pubblicitario.

10 Nell’articolo 20 del Codice del Consumo vengono definiti oltre alla nozione di pubblicità comparativa anche quelle di Pubblicità in generale, Pubblicità Ingannevole e di operatore pubblicitario, ma è sembrato giusto omettere le relative definizioni, per meglio concentrare l’attenzione sull’oggetto di questa tesi.

In ogni modo, visto che tali concetti sono in qualche modo collegati alla pubblicità comparativa, di seguito si chiarisco velocemente:

-Pubblicità: Qualsiasi messaggio diffuso, in ogni modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale, professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni o costruzione e trasferimento di diritti ed obblighi su di essi e la prestazione di opere e servizi;

-P. Ingannevole: Qualsiasi pubblicità idonea ad indurre in errore la persona fisica o giuridica alla quale è rivolta e che in ogni modo sia idonea a ledere un concorrente;

-Operatore Pubblicitario: Il committente del messaggio ed il suo autore, e nel caso in cui non sia consentita l’identificazione di questi, il proprietario del mezzo con cui il messaggio è diffuso.

11 La definizione di Pubblicità Comparativa è segnalata nel primo paragrafo dello stesso Capitolo.

Inoltre, mi preme segnalare che nonostante il TITOLO III, contenesse anche altri articoli, sono stati in questa sede nominati quelli più attinenti e vicini alla comparazione pubblicitaria.

Nel particolare, tra gli articoli maggiormente attinenti alla comparazione pubblicitaria, dobbiamo menzionare il 22, dove vengono chiarite le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.12

A conclusione di queste considerazioni è importante segnalare come il nuovo Codice possa meglio tutelare i consumatori, attraverso una disciplina unitaria e ben definita.

Precedentemente all’attuazione del Codice del consumo, la disciplina pubblicitaria, era contenuta nel decreto legislativo 74 del 1992, che dava attuazione, in Italia, alla direttiva comunitaria 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri, in termini di pubblicità ingannevole. 13

1. 3. Tipologie di Comparazione: Diretta, Indiretta e Suggestiva

Proprio l’evoluzione della pubblicità da vita all’elemento “Comparativo”, che si pone come un ulteriore mezzo della lotta concorrenziale, in cui si fondono componente suggestiva con quella informativa rischiando di compromettere lo stesso equilibrio di concorrenza. 14

Come detto, quindi, attraverso questa nuova modalità di comunicazione pubblicitaria, un’impresa promuove i propri beni e servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Tali concorrenti possono essere individuati genericamente o invece specificamente.

Nel primo caso si parla di pubblicità comparativa Indiretta (ad esempio l’attribuzione, da parte di un impresa, al proprio prodotto, di pregi unici, non posseduti da nessun altro prodotto); mentre nel secondo caso si parla di pubblicità comparativa Diretta (ad esempio quando i concorrenti vengono resi riconoscibili).15

12 Le condizioni di liceità sono elencate nell’articolo 22 del Codice del Consumo, nella presente tesina presentate nel Capitolo 2, al punto 2.4.

13 Vedi paragrafo 2.1 dove viene descritto l’intero iter legislativo, dalla proposta di direttiva del 1975 alla direttiva comunitaria 84/450 e successivamente nel paragrafo 2.2 le evoluzioni con la nuova direttiva comunitaria 97/55.

14 In tal senso si è espresso Paciullo, La pubblicità comparativa nell’ordinamento italiano, in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, pag.115.

15 Qual è la definizione di Pubblicità nella legge in www.agcm.it.

Quest’ultima forma di pubblicità comparativa, ha tradizionalmente suscitato particolari preoccupazioni da parte di varie imprese, per la sua natura aggressiva che porta ad aumentare i toni già aspri della battaglia concorrenziale.

E’ vero anche, che, se questa tipologia di comunicazione viene effettuata in modo corretto, diventa un importante elemento informativo per i consumatori sommersi e confusi dai molteplici messaggi che quotidianamente i mezzi di comunicazione presentano16.

Da parte sua, la giurisprudenza distingueva tre tipologie di comparazione: Diretta, Indiretta e Superlativa.

La prima delle tipologie in questione è quella Diretta, che può anche essere definita nominativa, e si riferisce ad un confronto esplicito tra i prodotti e i servizi concorrenti.

In particolare si manifesta quando il raffronto viene realizzato attraverso l’individuazione del concorrente sfavorito dal confronto, tramite quelli che sono i segni distintivi di cui egli è titolare, quindi il marchio, l’insegna e la ragione sociale.17

Naturalmente per sua natura, questo tipo di comparazione esprime il massimo grado di aggressività, dal momento che si ricorre ad essa non tanto per promuovere i pregi del proprio prodotto, ma per descrivere i difetti del prodotto concorrente.

Nel nostro ordinamento questa forma di comparazione è stata generalmente considerata illecita in quanto contraria al divieto, di cui all’articolo 2598, n. 2 del codice civile, sulla concorrenza sleale.18

Nello specifico, il divieto consiste nel proibire la diffusione di notizie o apprezzamenti sull’azienda o i prodotti dei concorrenti che siano tali da produrne il discredito.

Invero, la giurisprudenza non ha mai negato il confronto tra aziende e prodotti concorrenti, ha infatti ammesso, “in linea di principio”, che potesse considerarsi lecita la comparazione commerciale purchè fondata su notizie vere19, a meno che «la stessa non fosse effettuata in maniera tendenziosa, subdola o comunque scorretta, in modo da produrre discredito per i prodotti o l’attività del concorrente».20

16 Meli, in La Pubblicità comparativa fra vecchia e nuova disciplina, in Giur.Com.1999 parla proprio dei vantaggi della pratica comparativa segnatamente dalla pagina 269/I-Par. 2.

17 In Autieri, La Pubblicità Comparativa secondo la direttiva 97/55/CE, Un primo commento in Contratto e Impresa in Europa, 1998.

18 Vedi Punto 2.4 della presente tesina.

19 Mangione, Osservazione della Pubblicità Comparativa alla luce della Direttiva Comunitaria 97/55/CE in Diritto Commerciale Internazionale, 1998.

20 In Cass., 13-6-1978. - Giust. Civ., Mass., 1978,1200.

In concreto, tuttavia, si è generalmente ritenuto che la pubblicità comparativa diretta, seppur veritiera, integrasse gli estremi della concorrenza sleale per denigrazione, in quanto per sua natura è idonea a screditare imprese ed attività concorrenti.

A tal proposito, la giurisprudenza, ha posto un insieme di condizioni talmente stringenti, da escludere quasi completamente, salvo rarissimi casi, l’esistenza di un messaggio pubblicitario comparativo diretto, che potesse configurarsi lecito.

Emblematica, da questo punto di vista, è una risalente sentenza della Cassazione, ove si afferma:

«la concorrenza sleale per ‘comparazione specifica’ può consistere anche nella sola affermazione che il proprio prodotto viene posto in vendita a prezzo inferiore a quello praticato da un concorrente nominativamente indicato. Tuttavia, quando il riferimento al prezzo si colloca in un contesto più ampio ed in una più ampia conversazione provocata dal cliente stesso, dalla quale emerge che il negoziante pone il suo raffronto tra prodotti di diverso tipo e qualità, e cioè quello proprio, dichiaratamente di qualità più scadente, e quello altrui, dichiaratamente di qualità più pregiata, e quindi di categoria superiore, la ‘comparazione’ non può essere ritenuta contraria

alla legge e alla correttezza professionale, essendo essa stessa diretta ad evitare equivoci tra i due prodotti». 21

Per quanto riguarda la comparazione Indiretta, ci si riferisce a quel tipo di raffronto tra prodotti o servizi di concorrenti non nominati; e cioè quella comparazione nella quale i termini sfavoriti del confronto non sono nominati perché non sono menzionati i lori segni distintivi.

Questa tipologia di comparazione è stata da sempre ammessa sia dalla giurisprudenza che da parte della dottrina22.

La giurisprudenza infatti, si è orientata in linea di principio a riconoscere la liceità di quelle forme pubblicitarie che comportano l’allegazione da parte di un’impresa di qualità suscettibili di attribuire maggior pregio ai propri prodotti, anche se si risolvono in un indiretto discredito per i concorrenti. E’ però necessario il rispetto di alcuni requisiti:

21 In Cass., 23-2-1977, n. 787, in G.A.D.I., 1977, 893 - In Anonimo, Appunti di Diritto Antitrust e di Disciplina della Concorrenza Sleale.

22 In Sordelli, La concorrenza sleale , Milano 1955; In Notizie e apprezzamenti veri o notori, pubblicità redazionale e concorrenza sleale,in Riv. Ind. 1964.

a) si tratti di fatti rigorosamente veri e verificabili;

b) il messaggio non implichi omissioni di circostanze, elementi o precisazioni la cui mancanza sia idonea a fuorviare il giudizio del pubblico;

c) si escluda qualsiasi apprezzamento non adeguatamente sorretto dai dati enunciati, ovvero espresso in modo da provocare nel pubblico una reazione non proporzionata al contenuto di verità del messaggio.

In concreto, poi, la liceità delle forme pubblicitarie comparative, sempre che non vi fosse un riferimento diretto ad uno specifico concorrente nominato, è stata affermata soprattutto con riferimento ai casi in cui il raffronto riguardava non le prestazioni o le caratteristiche dei prodotti nella loro globalità, quanto piuttosto singoli elementi di carattere oggettivo, agevolmente verificabili e poco idonei, per loro natura, a prestarsi a manipolazioni espositive; come per esempio:

- I prezzi;

- I Dati di carattere tecnico;

- Le Caratteristiche costruttive, funzionali e dimensionali dei prodotti.23

La portata denigratoria di un messaggio pubblicitario comparativo è stata perciò, generalmente esclusa, oltre che in assenza di un accostamento diretto fra i prodotti dei soggetti in causa, non solo in quanto il messaggio risultava veritiero, requisito questo imprescindibile, ma anche a condizione che le sue modalità di presentazione non si rilevavano «scorrette e tendenziose».

Naturalmente, visto il suo carattere di liceità, la comparazione indiretta diventa un utile strumento per l’inserzionista, in quanto è garantita la possibilità di illustrare adeguatamente sotto l’aspetto tecnico ed economico, le caratteristiche e i vantaggi oggettivamente rilevanti dei suoi beni e servizi, astenendosi dall’aggredire nominativamente il concorrente.

La pubblicità comparativa indiretta è diventata in Italia l’ipotesi più frequente di comparazione pubblicitaria considerando che è quella esplicitamente ammessa, e la sua importanza ha acquisito vigore in un mercato come quello Italiano, caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di operatori.24

Infatti, in un mercato adeguatamente concorrenziale, un’innovazione tecnologica o comunque commerciale consente ad un operatore di vantare, grazie alla comparazione

23 In Anonimo, Appunti di Diritto Antitrust e di Disciplina della Concorrenza Sleale.

24 In Floridia, La repressione della Pubblicità Comparativa in Il Diritto Industriale, 1999. pag.181.

indiretta, una caratteristica differenziata capace di contrapporre il suo prodotto o servizio a tutti i prodotti o servizi offerti in quel momento sul mercato dai concorrenti, prevedendo quindi una pubblicità comparativa, che pur essendo tale, non comporta l’identificazione né in modo esplicito né in modo implicito di un concorrente determinato, ma tutti i concorrenti sono individuabili come termini di riferimento del confronto, che per essi, si configura come negativo.

Ed è proprio quest’ultima caratteristica che dà la legittimazione ad agire contro tale forma di pubblicità alle associazioni di categoria che si sentano lese dal confronto; così come spetta individualmente ad ogni concorrente che risulta sfavorito dalla comparazione e infine, addirittura è legittimato ad agire colui che anche se non ancora concorrente, si propone in futuro di svolgere l’attività screditata dal confronto.

E’ per questi motivi che, nonostante la comparazione indiretta è meno screditante di quella diretta, ha comunque la sua forza persuasiva e perciò deve sottostare ai limiti di cui abbiamo detto sopra, e più in particolare, come vedremo meglio in seguito, deve presentare interamente le condizioni di liceità dell’articolo 3-bis della direttiva della comunità europea n. 55 del 199725, oggi sostituito dall’articolo 22 del Codice del Consumo.

L’ultima tipologia di comparazione, è quella Suggestiva, nella quale il confronto è attuato attraverso l’utilizzo di un superlativo relativo nel paragone con tutti gli altri prodotti o servizi dello stesso genere.

Quest ’ ultima tipologia di comparazione, è spesso considerata una sottospecie di quella Indiretta, dal momento che non è in contrasto con l’articolo 2598 n. 2 del Codice civile, il quale rimanda al concetto di concorrenza sleale e lesiva per i concorrenti.

Questo tipo di messaggio pubblicitario non si realizza attraverso il confronto cosiddetto prestazionale, e cioè quello che tende a mettere in risalto pregi e caratteristiche positive dei prodotti e/o servizi offerti da un inserzionista, ma tramite un confronto basato su mere suggestioni inidonee a tradursi in differenze vere e proprie di prestazione.

Storici sono gli esempi che si possono riportare e che rispecchiano una comparazione di tipo suggestivo; sicuramente il più importante è quello che riguarda la guerra di comunicazione, che si svolge negli Stati Uniti e non solo, tra Pepsi Cola e Coca Cola.26

25 Vedi paragrafo 2.4.

26Ricordiamo i claims, utilizzati al culmine della competizione nel 1976, che recitavano “Nationalwide, more Coca Cola drinkers prefers Pepsi than Coke” e “New York prefers Coca Cola to Pepsi 2 to 1”, rappresentativi dell’interminabile serie di contese pubblicitarie fra i due produttori di cole.

In ogni modo proprio le caratteristiche fondamentali della pubblicità comparativa suggestiva dividono da un lato coloro che ritengono giusto che anche la comparazione suggestiva sia suscettibile dei limiti previsti all’articolo 3-bis della direttiva comunitaria 97/55, in quanto pubblicità comparativa; e dall’altro coloro che ritengono valido nell’impostazione della direttiva il divieto ad altra forma comparativa se non quella diretta a confrontare beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongano gli stessi obiettivi in relazione ad una o più caratteristiche essenziali pertinenti verificabili e rappresentative. Quest’ultima, è peraltro, un’opinione plausibile e riconducibile alle espressioni letterali contenute nella direttiva comunitaria 97/55, ma al contempo non si può fare a meno di segnalare che questa opinione risente di una certa sopravvalutazione degli elementi letterali.27

Entrambe le opinioni, hanno degli elementi significativi che portano ad un dubbio di interpretazione, ma nonostante questo è certo che, la Direttiva 97/55/CEE, legittimando in parte il confronto nominativo, si rileva idonea ad esercitare un impatto significativo rispetto alla precedente regolamentazione.

27 In merito si è espresso Floridia in La repressione della Pubblicità Comparativa, in Il Diritto Industriale, 1999.

Nel documento INTRODUZIONE LA PUBBLICITÀ COMPARATIVA (pagine 5-14)

Documenti correlati