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La qualità del lavoro nel contesto internazionale

Nel documento LE DIMENSIONI DELLA QUALITÀ DEL LAVORO (pagine 31-38)

Sezione I - Inquadramento teorico ed empirico

1. Il quadro teorico di riferimento e il contesto italiano

1.1 La qualità del lavoro nel contesto internazionale

Nel corso degli ultimi due decenni il tema della qualità del lavoro ha suscitato l’interesse di un numero crescente di istituzioni e organismi sovranazionali, oltre che di diversi governi nazionali, arrivando a conquistare una posizione di rilievo nella lo-ro agenda politica in materia di lavolo-ro e plo-romozione dell’occupazione.

Il motivo di tale interesse va ricercato nel fatto che la qualità del lavoro che si svolge, come evidenziato dalla letteratura di riferimento, ha un impatto significativo sulla salute fisica e mentale e sulle chance e sui percorsi di vita delle persone e dunque, in ultima analisi, sulla loro qualità della vita.

Ad oggi non esiste una definizione univoca e condivisa del concetto di qualità del la-voro, né nella letteratura di riferimento, né nei vari documenti di policy predisposti da analisti e decisori politici, probabilmente a causa della sua complessità e delle dif-ferenti rappresentazioni di ciò che caratterizza una buona o una cattiva occupa-zione. Numerosi sono, infatti, gli aspetti del lavoro e del rapporto dell’individuo con il proprio lavoro che vanno considerati: la qualità del lavoro fa riferimento sia alla di-mensione soggettiva che oggettiva del lavoro e dunque sia agli elementi fisici che al-le dimensioni immateriali che lo caratterizzano; alal-le caratteristiche del posto di lavo-ro e a quelle del lavoratore, in relazione alla posizione ricoperta e ai compiti svolti; alla dimensione micro, quella organizzativo-aziendale, e a quella macro, ovvero il mercato del lavoro con i suoi meccanismi e le sue istituzioni di regolazione.

La crescita di interesse per il tema è stata accompagnata dallo sviluppo di un corpus teorico – ormai piuttosto ampio – inerente sia gli aspetti di concettualizzazione e definizione della qualità del lavoro, che quelli connessi di operativizzazione e misura-zione.

Nonostante ognuno degli approcci teorici (e collegate modalità di misurazione) pre-senti delle proprie peculiarità e delle significative differenze da tutti gli altri, è ravvi-sabile tra essi una convergenza concettuale. Tale convergenza si identifica nella con-cettualizzazione “a più dimensioni” della qualità del lavoro, con la quale si ovvia all’impossibilità di pervenire a una definizione. Ognuna di tali dimensioni

corrispon-dente a un insieme omogeneo di aspetti intrinseci ed estrinseci del lavoro e del rap-porto tra l’individuo e il proprio lavoro, al quale è associato un altrettanto articolata operativizzazione: a ognuna delle dimensioni della qualità del lavoro corrisponde un gruppo di indicatori che dovrebbe permettere la misurazione dei vari ambiti che a essa afferiscono.

Le differenze tra i vari approcci sono invece ravvisabili in relazione a taluni aspetti. In primo luogo, all’enfasi posta su una particolare dimensione della qualità del lavoro, per esempio gli aspetti di salute e sicurezza o quelli retributivi e di carriera. In secon-do luogo, alla diversa finalità dell’esercizio di concettualizzazione e misurazione: in taluni casi la finalità è prettamente politica, e di conseguenza obiettivi, dimensioni e indicatori sono il frutto di un processo di negoziazione tra attori politici e parti so-ciali, in altri casi è prettamente conoscitiva e di supporto al policy making e risponde dunque principalmente a considerazioni di carattere teorico e tecnico. Infine, all’ambito territoriale di riferimento – a cui si associa uno specifico contesto legale, normativo e istituzionale – che comporta una diversa caratterizzazione concettuale della qualità del lavoro e rende talvolta difficili le analisi di carattere comparativo: la realtà del mondo occidentale o quella dell’Unione europea differiscono notevolmen-te da quelle dei paesi emergenti o delle economie più svantaggianotevolmen-te, influenzando dunque in maniera diversa la concettualizzazione e conseguente operativizzazione della qualità del lavoro.

Passando ad analizzare alcuni tra i principali approcci all’analisi della qualità del la-voro adottati da organismi e istituzioni sovranazionali, per poi dire brevemente delle caratteristiche degli approcci adottati in ambito nazionale, vanno segnalati in primis quelli, in ambito europeo, della Commissione europea e della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (EUROFOUND). In riferimento al primo dei due, esso è riassunto dall’ormai famoso slogan adottato dalla Commis-sione europea agli inizi degli anni 2000 More and better jobs, più e migliori posti di lavoro, che annunciava l’irruzione, nel dibattito politico europeo e negli orientamenti comunitari di policy in materia di occupazione, del concetto di qualità del lavoro. L’attenzione alla qualità dell’occupazione (e non soltanto alla quantità) compare già nei vertici di Lisbona e Nizza del 2000, ma è il Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001 a proporre per la prima volta, nelle sue conclusioni, l’introduzione della qualità del lavoro tra gli obiettivi prioritari della Strategia europea per l’occupazione (SEO), accanto a quelli “tradizionali” relativi alla crescita dell’occupazione e alla ridu-zione della disoccuparidu-zione. Già nelle Guidelines della SEO per il 2002, infatti, il “mantenimento e miglioramento della qualità del lavoro” diviene uno dei sei obiettivi trasversali ai quattro pilastri in cui tradizionalmente erano strutturati i Piani nazio-nali di azione (NAP), volti, nel loro complesso, a creare le condizioni per la piena oc-cupazione nella società della conoscenza. Nelle Guidelines per il 2003 la qualità del lavoro è uno dei tre obiettivi di fondo (overarching objectives) della SEO, che viene coniugato in maniera esplicita con la produttività del lavoro e collegato, quindi, alla competitività dell’economia europea. Anche la Comunicazione della Commissione su

1 Il quadro teorico di riferimento e il contesto italiano 31 “Politiche sociali e del mercato del lavoro: una strategia d’investimento nella quali-tà”1 individua nella qualità del lavoro l’elemento di raccordo tra la sfera sociale e quella economica della società europea, in quanto rappresenta “uno degli elementi chiave della promozione dell’occupazione in un’economia competitiva che favorisca l’integrazione e che si fondi sulla conoscenza”2

. Nel 2010 è stata presentata la stra-tegia Europa 20203

, quale prosecuzione della strategia di Lisbona e nuova strategia economica per l’Europa, articolata in nuove linee guida integrate per l’economia e l’occupazione. Sebbene nella nuova strategia non si faccia riferimento alla qualità del lavoro in quanto tale, elementi quali la conciliabilità tra vita e lavoro, le politiche di invecchiamento attivo, il dialogo sociale, il Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF), lo sviluppo delle competenze, e infine le politi-che per l’innovazione e quelle di inclusione sociale, politi-che caratterizzano il concetto di qualità del lavoro, rientrano tutte nella strategia Europa 20204

L’attenzione si è andata insomma progressivamente spostando dalle politiche e dagli interventi finalizzati esclusivamente alla crescita dell’occupazione a quelle che pun-tano a coniugare “quantità” e “qualità”, perseguendo dunque un aumento delle op-portunità di lavoro “buono”.

.

Il riconoscimento dell’importanza della qualità del lavoro, tuttavia, non è avvenuto soltanto attraverso l’orientamento delle strategie occupazionali dei governi naziona-li, ma anche attraverso quello delle strategie d’impresa.

Il Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle im-prese”5

Da un punto di vista dell’operativizzazione del concetto di qualità del lavoro, per le finalità di misurazione e comparazione dei risultati raggiunti dai vari Stati membri nell’ambito della SEO, i rappresentanti di tutti gli Stati membri, nell’ambito del Comi-tato per l’Occupazione, hanno individuato una batteria di indicatori, ricavabile in ampia misura dalla European Labour Force Survey (LFS), dall’European Union

Stati-, è nato con l’obiettivo di lanciare il dibattito sul concetto di responsabilità so-ciale dell’impresa, intesa come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, il che si traduce anche in un maggiore investimento nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate. Per quel che ri-guarda in particolare la dimensione lavorativa interna all’impresa, il Libro verde met-te in relazione le condizioni di lavoro e gli investimenti nel capitale umano, nella sa-lute e nella sicurezza sul posto di lavoro con la produttività del lavoro e dunque con la competitività dell’impresa. In altre parole, il Libro verde suggerisce di investire nel-la qualità del nel-lavoro per accrescerne nel-la produttività.

1 Com(2001) 313 del 20 giugno 2001.

2 Com(2001) 313 del 20 giugno 2001, introduzione. 3 http://ec.europa.eu/eu2020/index_en.htm.

4 http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st09/st09231.it10.pdf.

5 Commissione europea, Libro verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, COM(2001) 366.

http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/employment_rights_and_work_organi sation/n26039_en.htm

stics on Income and Living Conditions (EU-SILC) o da altre fonti statistiche

disponi-bili a livello nazionale, afferente a dieci distinte dimensioni della qualità del lavoro6

Sempre in ambito europeo, va poi citato l’approccio della Fondazione Europea per il Miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (European Foundation for the

Im-provement of Living and Working Conditions - Eurofound), impegnata sin dalla fine

degli anni Ottanta nella definizione e sviluppo di strumenti per l’analisi della qualità e delle condizioni di lavoro in Europa. L’EUROFOUND contribuisce al monitoraggio della qualità del lavoro in Europa predisponendo degli strumenti specifici, quali l’Indagine europea sulle Condizioni di lavoro (European Working Conditions Survey, EWCS) e l’Osservatorio europeo sulle condizioni di lavoro (European Working

Condi-tions Observatory, EWCO), che raccoglie i risultati delle ricerche condotte in ambito

nazionale su tematiche inerenti la qualità del lavoro. Per quanto riguarda in partico-lare l’EWCS, l’obiettivo è quello di descrivere e monitorare le tendenze della qualità e delle condizioni di lavoro degli individui occupati nei paesi dell’Unione europea. L’indagine è condotta su un campione rappresentativo di occupati con cadenza quinquennale sin dal 1991, ed è oggi alla 5a

edizione. Il questionario d’indagine è stato rivisitato e ampliato in occasione delle varie edizioni, coprendo progressiva-mente, oltre all’ambiente fisico di lavoro e all’ergonomia del posto di lavoro, nume-rosi altri aspetti della qualità del lavoro. Nella sua attuale configurazione, copre i se-guenti ambiti, che operativizzano il concetto di qualità del lavoro sotteso all’ap-proccio di EUROFOUND e la cui lettura d’insieme restituisce il quadro della qualità del lavoro nei paesi interessati dalla rilevazione. La prima dimensione considerata è quella relativa a carriera e sicurezza dell’occupazione: i principali aspetti considerati sono lo status occupazionale, la retribuzione e i diritti, in particolare riguardo infor-mazione, consultazione, partecipazione e in generale diritto alla rappresentanza, ol-tre alla non discriminazione e alle pari opportunità. La seconda dimensione riguarda

la salute e il benessere dei lavoratori, in relazione ai vari aspetti di salute e sicurezza

sul lavoro, dall’esposizione ai rischi sul posto di lavoro alla salute sul lavoro e dalla prevenzione dei rischi all’organizzazione del lavoro che tutela la salute del lavorato-re. La terza dimensione è quella relativa alla possibilità di conciliare il lavoro con la

vita extra-lavorativa, e comprende l’orario di lavoro – in quanto a durata

complessi-va e a organizzazione, il bilancio tra vita e lavoro e, infine, l’infrastruttura sociale. La quarta e ultima dimensione è rappresentata dall’opportunità offerta dal lavoro all’individuo di utilizzare al meglio e di sviluppare le competenze e le capacità posse-dute. Tali ambiti sono indagati tramite un’ampia batteria di indicatori, che permette di evidenziare la multidimensionalità del concetto di qualità del lavoro, di sui

studia-. Dette dimensioni, tradotte in linee guida, orientano l’azione degli Stati membri, che implementano la strategia tramite azioni concrete e rendono conto su queste ultime.

6. Le dimensioni considerate sono le seguenti: qualità intrinseca del lavoro, competenze e sviluppo di carriera, salute e sicurezza sul lavoro, flessibilità e job security, inclusione e accesso al mercato del lavoro, orga-nizzazione del lavoro e conciliabilità vita e lavoro, dialogo sociale e coinvolgimento del lavoratore, uguaglianza di genere, diversità e non discriminazione, performance complessiva sul lavoro.

1 Il quadro teorico di riferimento e il contesto italiano 33 re i legami tra i vari aspetti che lo definiscono, e di rilevare anche la percezione sog-gettiva dell’individuo.

I risultati delle indagini di EUROFOUND sulla qualità del lavoro alimentano il dibatti-to in diversi ambiti: gli indicadibatti-tori rilevati possono, infatti, essere usati con finalità di confronto tra diverse realtà (in particolare tra paesi, ma anche tra gruppi di lavora-tori, professioni, setlavora-tori, ecc.), in una logica di benchmarking, ma anche per il sup-porto al dibattito e alla discussione, riflettendo così il peculiare ruolo di EUROFOUND quale agenzia di ricerca comparativa a supporto delle politiche pubbliche, nel fare da ponte tra la ricerca e il policy-making nel campo della qualità del lavoro e dell’occupazione.

Da quanto detto, la qualità del lavoro è divenuta, in definitiva, uno degli elementi principali del modello economico e sociale europeo, e in tal senso vanno pertanto in-terpretate le iniziative messe in campo dalle istituzioni europee. Ma tale impegno trova un importante riferimento a livello globale nella campagna che l’Organizza-zione internazionale per il lavoro (ILO) conduce per colmare il deficit di decent work e in quella che l’Organizzazione mondiale della salute (OMS) conduce per promuove-re il fair employment e minimizzapromuove-re così l’impatto delle condizioni di lavoro sulla sa-lute del lavoratore.

In riferimento al decent work, la disoccupazione, la sottoccupazione, il lavoro mal re-tribuito, privo di diritti, nocivo, il lavoro minorile, le discriminazioni e i fenomeni di segregazione sono gli aspetti contro i quali l’ILO combatte al fine di garantire un’occupazione di qualità o, perlomeno, un lavoro decente. Al centro dell’Agenda del

decent work si rinvengono quattro dimensioni principali, che rappresentano

altret-tanti obiettivi strategici. La prima di tali dimensioni è quella dei principi

fondamen-tali e diritti sul lavoro e standard occupazionali internazionali, che punta a colmare

il gap di diritti e di “voice”: L’affermazione e il rispetto dei diritti fondamentali nel la-voro costituiscono la chiave di volta del lala-voro decente, come anche le norme fon-damentali in materia di libertà di associazione e di contrattazione collettiva. La se-conda dimensione riguarda l’occupazione e l’opportunità di guadagno, che vuole colmare il gap occupazionale, ovvero facilitare l’accesso all’occupazione e a una re-tribuzione a chi non ce l’ha. Il terzo asse è quello della previdenza e sicurezza sociale che vuole colmare il gap di protezione sociale, al fine di offrire ai lavoratori sicurezza e favorire l’adattamento ai cambiamenti. La quarta e ultima dimensione riguarda il

dialogo sociale e il tripartitismo che punta a colmare il gap del dialogo, elemento

necessario affinché i diversi soggetti – pubblico e privato, sindacati e associazioni datoriali, associazioni e organismi internazionali – possano, assieme, individuare e costruire percorsi e assumere decisioni necessarie a realizzare le condizioni per un la-voro decente. L’ILO ha iniziato a predisporre un sistema di indicatori per la misura-zione del decent work, che combina indicatori di decent work con informazioni sul contesto legale e normativo: gli indicatori proposti, che fanno riferimento a dati provenienti da indagini sulle forze di lavoro e da altre fonti statistiche nazionali, sot-tolineano l’influenza del contesto economico e infrastrutturale sulla qualità del lavo-ro.

In riferimento invece al fair employment (giusta occupazione), va sottolineata la specifica angolatura da cui la qualità e le condizioni di lavoro vengono osservate, ov-vero quella del loro impatto sulla salute e sul benessere del lavoratore: l’OMS, e in particolare la sua Commissione sui Determinanti sociali della salute, ritiene infatti che le condizioni di lavoro siano una dimensione chiave della salute e del benessere della popolazione. Al fine di sviluppare nel dettaglio tale approccio, è stata predispo-sta la rete di esperti Emconet (Employment Conditions Network – Rete sulle condi-zioni occupazionali7

Un altro approccio alla qualità del lavoro che vale la pena citare, in ambito globale, è quello promosso dal gruppo di lavoro costituito sin dal 2005 dalla Commissione eco-nomica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE), congiuntamente all’ILO e all’EURO-STAT, con lo scopo di predisporre una batteria di indicatori per la misurazione della qualità dell’occupazione. Si tratta di un approccio che tende a considerare numerose dimensioni afferenti ad altrettanti aspetti della qualità dell’occupazione: sicurezza ed eticità dell’occupazione, retribuzioni e redditi da lavoro, orario di lavoro e conciliabi-lità tra lavoro e vita privata, sicurezza dell’occupazione e previdenza sociale, dialogo sociale, sviluppo professionale e formazione, relazioni sociali sul luogo di lavoro e motivazione per il lavoro. In riferimento a ognuna di tali dimensioni è stata indivi-duata una batteria esaustiva di indicatori, illustrati nel taskforce final report on

po-tential indicators

), che ha articolato il concetto di giusta occupazione in sette di-mensioni, la cui lettura complessiva dovrebbe favorire la comprensione dei legami e-sistenti tra condizioni di lavoro e determinanti sociali. Le dimensioni considerate so-no le seguenti: assenza di coercizione; job security; giusta retribuzione, ovvero ido-nea a garantire un adeguato livello di vita; protezione del lavoratore e previdenza

sociale; rispetto e dignità sul lavoro, compresa la non discriminazione in base a

cratteristiche personali; partecipazione del lavoratore; infine, arricchimento e non

a-lienazione: il lavoro non deve essere soltanto un mezzo di sostentamento. Secondo

tale approccio, l’analisi delle dimensioni va condotta sia a livello macro – ovvero in relazione ai rapporti di potere e ai modelli di funzionamento del mercato del lavoro e dello stato sociale – che micro – in riferimento cioè alle specifiche condizioni occu-pazionali e di lavoro e alle disuguaglianze in termini di salute – dal momento che entrambi questi livelli influenzano il legame tra i rapporti di lavoro e la salute.

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Passando dagli approcci adottati da organismi e istituzioni di livello sovranazionale per la concettualizzazione e l’analisi della qualità del lavoro sin qui descritti, a quelli adottati invece a livello nazionale, nell’impossibilità di passare in rassegna tutti quelli : gli indicatori sono stati sottoposti agli istituti nazionali di statisti-ca dei vari paesi coinvolti, che sono stati invitati a fornire, relativamente agli indistatisti-ca- indica-tori predisposti, dati di fonte nazionale per tracciare un quadro della qualità del la-voro nei vari paesi coinvolti, anche e soprattutto in una logica comparativa e di

ben-chmarking.

7. http://www.who.int/social_determinants/resources/articles/emconet_who_report.pdf.

1 Il quadro teorico di riferimento e il contesto italiano 35 esistenti9

Gli orientamenti europei in materia di qualità del lavoro e la crescente attenzione al-le condizioni di lavoro si sono tradotti, da un lato, in iniziative messe in campo dagli Stati membri e volte ad introdurre il concetto di qualità nel policy making relativo alle tematiche occupazionali e, dall’altro, nella crescita del numero di attività di ri-cerca sull’argomento condotte, nei vari paesi europei, da organismi talvolta collegati alle istituzioni governative (in particolare ai Ministeri del Lavoro), a indicare la volon-tà di ampliare la base conoscitiva a supporto del policy-making. Gli approcci seguiti nell’indagare la qualità del lavoro differiscono, nei diversi paesi europei, da un lato in relazione al maggiore o minore interesse verso specifici aspetti della qualità del lavo-ro e, dall’altlavo-ro, in relazione alla metodologia di ricerca adottata. In ultima analisi, pe-rò, ciò che determina la principale differenza negli approcci è il diverso concetto di qualità del lavoro a essi sotteso: gli elementi che determinano la differenza fra un “cattivo” lavoro e un “buon” lavoro, infatti, variano in maniera significativa in fun-zione dei valori esistenti nel contesto territoriale. In tal senso, in taluni contesti na-zionali si presta particolare attenzione agli aspetti correlati alle working conditions in senso stretto, vale a dire agli aspetti di salute e sicurezza sul posto di lavoro, alle caratteristiche fisiche dell’ambiente di lavoro, ecc., mentre in altri ci si spinge ad in-dagare gli aspetti “altri” del lavoro, quelli cioè che concorrono a definire la working

life di un individuo, nonché le ricadute della propria situazione lavorativa sulla vita

privata. Tale approccio appare maggiormente in linea con quello proposto e promos-so dall’Unione europea, che ha introdotto il concetto di quality of work and

employ-ment per tenere conto delle molteplici dimensioni che caratterizzano il lavoro e non

soltanto delle condizioni di lavoro in senso stretto.

, ci si limita in questa sede a richiamare l’attenzione su alcuni aspetti di

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