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La sostenibilità del lavoro: tempi di lavoro e conciliazione

Nel documento LE DIMENSIONI DELLA QUALITÀ DEL LAVORO (pagine 114-127)

Sezione II – Misurare ed analizzare le dimensioni della QdL

2. Dimensione ergonomica

2.5 La sostenibilità del lavoro: tempi di lavoro e conciliazione

Il tempo dedicato al lavoro retribuito occupa una parte rilevante nella giornata delle persone ed influenza significativamente sia l’organizzazione dei bisogni e degli im-pegni quotidiani che le occasioni e gli scambi sociali.

Possedere una “buona occupazione” (Curtarelli e Tagliavia, 2011) può, infatti, non es-sere sufficiente a raggiungere adeguati livelli di beneses-sere e soddisfazione se il carico e la distribuzione degli impegni lavorativi impediscono di trovare un equilibrio fra la-voro e tempi di vita familiare e sociale.

Il concetto di work life balance28

L’espressione work life balance è stata adottata e si è diffusa soprattutto nelle politi-che comunitarie ed ha ampliato e arricchito la definizione di conciliazione, emersa nel dibattito sociale negli anni ‘60 e ’70, con l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Il termine conciliazione era utilizzato per indicare il modo in cui le donne conciliavano i loro ruoli di madre, moglie e lavoratrice e le politiche di conciliazione erano essenzialmente politiche a favore delle pari opportunità (Calafà, 2001). Quest’impostazione, tuttavia, ne ha forse rappresentato il principale limite, poiché ri-volgendosi solo all’universo femminile ha confermato implicitamente la divisione del lavoro e delle responsabilità familiari in base al genere, accentuando le differenze piuttosto che modificarle.

si riferisce all’equilibrio fra il lavoro retribuito e la

vita privata delle persone e il suo conseguimento interessa e coinvolge più ambiti: politico, sociale, organizzativo-aziendale, familiare.

Solo negli ultimi anni la questione è stata estesa anche all’universo maschile. Il signi-ficativo aumento, in Europa, delle dual-earner families ha contribuito infatti a ride-finire i ruoli di genere nella gestione dei compiti domestici e di cura ed evidenze em-piriche all’interno delle ultime indagini europee sulla qualità del lavoro e sulla quali-tà della vita hanno sottolineato come gli uomini manifestino maggiori difficolquali-tà,

2 Dimensione ergonomica 113 spetto alle donne, a partecipare alla vita familiare (EUROFOUND, 2012a, EURO-FOUND, 2012b). Il concetto di work life balance continua, in ogni caso, ad essere spesso confuso con il concetto di conciliazione e stenta a trovare una traduzione o-perativa soprattutto nei programmi e nelle proposte politiche e sociali. Tuttavia, il raggiungimento di un equilibrio fra le due sfere, quella lavorativa e quella personale, è talmente importante che sia l’OCSE che l’ISTAT l’hanno inserito fra gli indicatori proposti per misurare il “benessere delle persone29

Nella riflessione sulla qualità del lavoro il passaggio concettuale dalle “condizioni di lavoro” alla “qualità del lavoro” alla “qualità della vita lavorativa”

, nel percorso d’individuazione di misure del benessere complementari o alternative al PIL.

30

Complessivamente, sul piano politico e sociale, il raggiungimento di un equilibrio fra vita privata e vita lavorativa viene auspicato per consentire di aumentare l’occu-pazione femminile, garantire le pari opportunità tra i generi e favorire la libertà di scelta nei comportamenti individuali e familiari.

evidenzia la ne-cessità di comprendere ed approfondire la relazione fra l’organizzazione del lavoro e il tempo richiesto e sottratto alla vita privata del lavoratore (Gosetti, 2012).

Le imprese e le aziende, invece, all’interno delle loro politiche di gestione delle risorse umane hanno iniziato ad interessarsi del work life balance alla fine degli anni’70. In particolare negli Stati Uniti un gruppo di imprese all’avanguardia31

Da allora, la letteratura sul work life balance si è ampiamente sviluppata ed ha evi-denziato il vantaggio competitivo che mostrano le aziende che investono nella con-ciliazione (Galinsky et al., 2004; Lau, 2000; Pruchno et al., 2000; Watson Wyatt, 2002). Il raggiungimento di un equilibrio fra le due sfere, infatti, oltre ad offrire dei benefici ai lavoratori, che mostrano generalmente più alti livelli di soddisfazione e benessere sul luogo di lavoro (Ganster et al., 2001) attiva delle trasformazioni positi-ve anche per l’azienda poiché consente di ridurre i conflitti, attrarre e mantenere ta-lenti, diminuendo l’intentional turnover e, in termini più generali, permette di mi-gliorare il livello di produttività (Mazzucchelli, 2011). Sintetizzando, quella che si crea è una relazione win-win all’interno della quale nell’immediato è indubbiamente il la-voratore che ottiene i principali benefici migliorando la qualità del proprio lavoro,

, consapevoli della necessità e dell’importanza di implementare politiche di conciliazione, hanno avviato le prime iniziative di flessibilità organizzativa proponendo permessi o congedi per i figli, orari flessibili, nonché i primi progetti di telelavoro (Applebaum,1987).

29. Negli ultimi anni si è sviluppato un filone di ricerca sul benessere e la felicità il cui obiettivo è quello di individuare degli indicatori che possano sostituire o accompagnare quelli con cui solitamente viene misurato il benessere delle persone o delle nazioni (primo fra tutti il PIL). L’OCSE con il Better Life Index, Indice di una Vi-ta Migliore (Cfr. http://www.oecdbetterlifeindex.org/) e l’ISTAT con il lavoro intrapreso dalla “Commissione scientifica per la misurazione del benessere” (http://www.istat.it/it/archivio/84348.) stanno offrendo il loro con-tributo in questa direzione.

30. Per un approfondimento si veda il par. 1.2.

31. Noto, fra tutti il caso dell’IBM, una delle prime aziende al mondo che, in seguito al crescente ingres-so di manodopera femminile nella propria organizzazione, propose iniziative di cura infantile per i propri di-pendenti, con l’obiettivo di consentire un miglior equilibrio fra vita lavorativa e vita privata. Cfr. Harrington B., (2007), The Work-Life Evolution Study, Boston College Center for Work e Family.

ma nel medio e lungo termine i vantaggi per l’azienda sono tali da ricompensare l’investimento realizzato, anche dal punto di vista economico.

Nell’analisi sulla qualità del lavoro è quindi indispensabile osservare e misurare tutti quegli aspetti che riguardano la conciliazione, o meglio, il work life balance. Tale o-perazione, tuttavia, non è affatto così immediata e semplice, poiché in primo luogo le risposte dei lavoratori e i livelli di soddisfazione espressi dipendono sia dalla perce-zione che dalle aspettative delle persone e variano, per uno stesso individuo, a se-conda del ciclo di vita lavorativo o familiare che sta vivendo (se è ad esempio al pri-mo impiego, ha avuto il pripri-mo figlio, sta per andare in pensione). In secondo luogo perché la maggior parte degli indicatori che si utilizzano per misurare la conciliazio-ne riguardano, di solito, le indagini sull’uso del tempo, che forniscono una chiara immagine di come è scandita la giornata delle persone, ci dicono quanto tempo si dedica ad ogni attività, ma non ci dicono ad esempio se durante queste attività le persone sono soddisfatte se hanno scelto di compierle o sono obbligate a farlo, per-ché altrimenti nessun’altro lo farebbe al loro posto, né come desidererebbero orga-nizzare il loro tempo.

Alcuni studiosi hanno tentato di superare questo limite osservando, oltre al tempo a disposizione da spendere fra le due sfere, familiare e lavorativa, anche lo sforzo, la tensione di fondo che può generarsi quando lo stress e la stanchezza di una sfera si riflette, e in qualche modo contamina, anche l’altra (Greenhaus e Beutell, 1985). L’esito finale può essere la nascita di un conflitto “bidirezionale” che può scaturire sia perché le pressioni sul lavoro possono compromettere gli equilibri all’interno della vita familiare, sia perché il carico domestico e familiare può interferire con il rendi-mento lavorativo (Frone et al., 1997). Questo è ad esempio l’orientarendi-mento seguito dall’European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions (EUROFOUND), che nella sua rilevazione sulla qualità della vita prevede alcune do-mande su come il carico e le responsabilità sul lavoro ostacolino il lavoro familare e viceversa32

Prima di osservare, attraverso i dati della III Indagine ISFOL sulla Qualità del Lavoro, in che modo la sfera privata e quella lavorativa si relazionano fra loro in Italia, può essere interessante osservare come si svolge la giornata media degli italiani fra lavo-ro retribuito, tempo libelavo-ro, cura familiare e ore dedicate al riposo.

.

I dati ISTAT sulla popolazione adulta33

Anche se si considera solo il totale degli occupati l’impatto del tempo di lavoro e del tempo di cura familiare sulla giornata non è lo stesso per uomini e donne.

indicano che le donne italiane in un giorno medio settimanale dedicano al lavoro familiare più tempo rispetto alle altre donne europee, nello specifico 5 ore e 20 minuti, 1 ora e 30 minuti in più delle norvegesi, delle svedesi e delle finlandesi e più tempo, in ogni caso, delle donne dell’Europa o-rientale e mediterranea (ISTAT, 2007).

32. Cfr. European Quality of Life Survey 2012.

http://www.eurofound.europa.eu/surveys/smt/3eqls/index.EF.php?locale=EN.

33. L’ISTAT, in questo caso, ha utilizzato come classe di età quella compresa tra i 20 e i 74 anni per poter effettuare un confronto internazionale con i dati EUROSTAT. Si veda ISTAT (2008), Conciliare lavoro e famiglia, Romano M.C., Ranaldi R. (a cura di), “Argomenti”, n. 33, Roma.

2 Dimensione ergonomica 115 Gli uomini dedicano al lavoro retribuito, in media, quasi due ore in più rispetto alle donne, mentre queste ultime riservano in media due ore e mezzo in più alla cura fa-miliare e assegnano circa 40 minuti in meno al loro tempo libero rispetto agli uomini (figura 2.17).

Figura 2.17 - Giornata media feriale di donne e uomini suddivisa per attività svolte. Anni 2008-2009 (popolazione occupata di 15 anni o più)

Fonte: elaborazione su dati ISTAT – Uso del tempo, anno 2008-2009

Ad ogni modo, in tutti i paesi europei, seppur con modalità e frequenze diverse, esi-ste un gap di genere nella gestione della casa e nella cura dei familiari, poiché da un lato la percentuale di donne che ogni giorno svolge lavoro familiare34

34. Nel lavoro familiare sono comprese sia le attività domestiche (pulire, cucinare, fare la spesa, pagare le bollette, ecc.) che quelle relative alla cura dei bambini e degli adulti conviventi.

è più alta ri-spetto a quella degli uomini e dall’altro le ore che queste ultime vi dedicano sono molto più numerose (EUROSTAT, 2006). Tuttavia, l’Italia si caratterizza, nel contesto europeo, come il paese in cui questo gap è più asimmetrico. Inoltre, quando sono occupate, le donne italiane mostrano i maggiori carichi, in termini di tempo speso, sia nel lavoro domestico che nel lavoro retribuito, ed il minor tempo libero, mentre gli uomini italiani, in Europa, sono coloro che lavorano il maggior numero di ore fuori casa e dedicano il minore numero di ore al lavoro domestico, disponendo quin-di quin-di più tempo libero (Belloni, 2007). Infine, confrontando i dati ISTAT delle indagini

10:20 10:20 7:48 5:59 0:02 0:04 0:59 3:24 0:04 0:06 3:11 2:35 1:36 1:30

Tempo non specificato Spostamenti finalizzati Totale tempo libero

Volontariato, aiuti, partecipazione sociale e religiosa

Lavoro familiare Istruzione e formazione Lavoro retribuito

Dormire, mangiare e altra cura della persona

sull’uso del tempo condotte a distanza di 20 anni, è stato possibile evidenziare che, nel corso degli anni, se c’è stata una riduzione minima del gap di genere nel lavoro familiare tale mutamento è da attribuire più ad un minor impegno femminile nella cura della casa che ad un aumento del lavoro di cura maschile (ISTAT, 2010). Com-plessivamente il tempo che gli uomini dedicano al lavoro familiare è leggermente aumentato, anche se l’attenzione è comunque generalmente rivolta verso le attività non routinarie e di cura dei figli. Le attività più ripetitive, come il cucinare o pulire la casa continuano ad essere poco gradite agli uomini (ISTAT, 2010, ISTAT, 2007). Nella III Indagine ISFOL sulla Qualità del Lavoro i diversi ambiti che riguardano il

work life balance sono stati indagati osservando e rilevando sia il tempo che viene

dedicato al lavoro, sia la percezione su quanto si riesce a conciliare fra sfera lavorati-va e sfera prilavorati-vata. Inoltre sono stati esplorati gli ambiti nei confronti dei quali si vor-rebbe avere più tempo a disposizione.

Il tempo di lavoro, come già mostrato nel paragrafo precedente, è un elemento im-portante nella valutazione e nella percezione della qualità del lavoro. All’interno di questa dimensione si possono recuperare informazioni sulla durata della giornata e della settimana lavorativa, sul tempo impiegato nei percorsi fra casa e lavoro, e indi-cazioni sugli aspetti di tipo organizzativo attinenti al proprio impiego (la presenza di turni, l’accesso al part-time e a strumenti di flessibilità oraria).

La durata media della settimana lavorativa in Italia è superiore alla media europea (38,5 ore lavorate in Italia contro le 37,5 ore lavorate nell’Europa a 27). In particolare i dati della III Indagine sulla Qualità del Lavoro mostrano che la maggior parte delle persone lavora dalle 36 alle 40 ore settimanali. Quest’orario sembra caratterizzare soprattutto la componente maschile, con la presenza di casi in cui si superano le 45 ore settimanali, mentre fra le donne è evidente la maggiore frequenza di lavoratrici su base oraria ridotta ed è possibile rilevare la presenza di un consistente numero di lavoratrici che vorrebbero ridurre l’orario di lavoro (figura 2.18)

Inoltre, la maggior parte dei lavoratori, il 70,2% degli uomini e il 62,1% delle donne presta la propria attività in un luogo dedicato e vi impiega per raggiungerlo, media-mente, circa mezz’ora di tempo (figura 2.19).

Se si sommano le ore sul luogo di lavoro al tempo medio che si impiega per raggiun-gerlo, lo spazio che rimane da dedicare alla vita privata è abbastanza limitato e sono soprattutto gli uomini a disporne in maniera residuale (lavorando più ore e mostran-do tempi di percorrenza più lunghi rispetto alle mostran-donne). Dal confronto dei dati della III Indagine ISFOL con quelli della I rilevazione, si osserva che le dichiarazioni delle donne sui livelli di conciliazione sono mutate poco, ma c’è stata una variazione in termini di qualità. Sono diminuite di 3 punti percentuali le donne con difficoltà di conciliazione (si è passati dal 19,1% nel 2002 al 16,1% nel 2010) e sono aumentate, sempre di 3 punti percentuali coloro che riescono a conciliare (nel 2002 erano l’80,9% e nel 2010 sono l’83,9%), ma fra queste ultime la quota di coloro che dichia-ravano di conciliare molto è diminuita di circa 20 punti percentuali (figura 2.20).

2 Dimensione ergonomica 117

Figura 2.18 - Orario effettivo e orario desiderato di lavoro per genere. Anno 2010

Fonte: III Indagine ISFOL-QdL

Figura 2.19 - Tempi di percorrenza fra casa e lavoro per genere. Anno 2010

Fonte: III Indagine ISFOL-QdL

Nel corso degli anni, invece, forse anche per effetto di una maggiore attenzione e sensibilizzazione da parte dell’universo maschile agli aspetti che riguardano la vita privata e familiare (ISTAT, 2006), tra la componente maschile è stato possibile evi-denziare delle variazioni negli atteggiamenti e nella percezione riguardo alla conci-liazione. Confrontando i dati delle tre rilevazioni sulla Qualità del Lavoro si può os-servare, ad esempio, che la percentuale di coloro che dichiaravano di conciliare poco o per nulla è passata dal 32% nel 2002 al 23% nel 2010. Sono quindi aumentati di quasi 9 punti percentuali gli uomini che riescono a trovare un migliore equilibrio fra

64,9 71,9 24,0 19,1 4,8 3,1 6,4 5,9 Uomini Donne

Fino a 30 minuti Da 30 minuti a un'ora Da un'ora ad un'ora e 30 Più di un'ora e 30 0 10 20 30 40 50 60 70 M en o di 11 11 e 15 or e 16 e 20 or e 21 e 25 or e 26 e 30 or e 31 e 35 or e 36 e 40 or e 41 e 45 or e 46 e 50 or e Pi ù di 50 M en o di 11 11 e 15 or e 16 e 20 or e 21 e 25 or e 26 e 30 or e 31 e 35 or e 36 e 40 or e 41 e 45 or e 46 e 50 or e Pi ù di 50 Uomini Donne %

vita lavorativa e vita familiare, anche se sono sempre le donne che, per scelta o ne-cessità, mostrano un maggior impegno e un migliore esito in questo ambito.

Figura 2.20 - Livelli di conciliazione per genere. Anni 2002, 2006 e 2010

Fonte: I, II e III Indagine ISFOL-QdL

Questo dato, supportato in parte anche dalla letteratura che si è sviluppata negli ul-timi anni che evidenzia maggiori propensioni alla cura e alla condivisione dei giovani padri (Canal, 2012; ISTAT, 2006), può forse suggerire una miopia da parte delle a-ziende nel recepire e accogliere, a livello organizzativo, questi cambiamenti culturali: gli uomini continuano, infatti, a segnalare maggiori difficoltà a conciliare e gli stru-menti proposti, soprattutto in Italia, anziché favorire la parità accentuano la segre-gazione di genere, perché vengono proposti (soprattutto nel caso del part-time) co-me struco-menti rivolti all’universo femminile. Ma quali sono gli aspetti su cui si riesce a trovare un maggior equilibrio per uomini e donne? I dati evidenziano, come mostra-to anche dalle indagini ISTAT (ISTAT 2007, ISTAT 2010), la maggiore propensione del-le donne a rivolgere il loro tempo di non lavoro alla cura (domestica, dei figli, di pa-renti anziani), mentre per gli uomini si può evidenziare la tendenza, fra l’altro già ri-scontrata nella precedente indagine ISFOL (Curtarelli e Tagliavia, 2011), a destinare il proprio tempo libero principalmente per occuparsi dei figli, o per dedicarsi ad attività come la cura di sé, il riposo, gli incontri amicali (figura 2.21). Inoltre, se si osservano per uomini e donne gli ambiti nei confronti dei quali si vorrebbe avere più tempo a disposizione, si possono distinguere due diversi tipi di orientamento: la propensione alla cura femminile e l’attitudine edonistica maschile (Tagliavia, 2011). Infatti, al di là della convergenza di genere nel desiderio di svolgere maggiore attività sportiva (lo dichiarano il 36,5% degli uomini e il 28,1% delle donne) e dedicarsi di più ai figli (il 20,3% degli uomini e il 22,6% delle donne) le lavoratrici vorrebbero avere più tempo da dedicare a se stesse, al volontariato e allo studio, mentre gli uomini vorrebbero ri-posarsi di più e avere più tempo per incontrare gli amici (figura 2.22).

9,6 4,1 3,8 3,2 1,5 1,2 22,6 15,0 22,2 17,1 21,9 14,9 46,1 52,4 64,6 66,6 69,8 75,3 21,7 28,5 9,4 13,2 6,8 8,6

Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne

2002 2006 2010

2 Dimensione ergonomica 119

Figura 2.21 - Ambiti di conciliazione per genere. Anno 2010

Fonte: III Indagine ISFOL-QdL

Figura 2.22 - Ambiti su cui si vorrebbe avere più tempo per conciliare per genere. Anno 2010

Fonte: III Indagine ISFOL-QdL

2,4 20,3 0,5 36,5 7,4 1,6 1,9 5,1 6,7 10,5 7,1 3,3 22,6 0,4 28,1 7,8 1,3 5,0 15,6 5,7 6,2 4,0 Impegni domestici Cura dei figli Cura di persone anziane Attività sportive/culturali, divertimento Volontariato, attività politica o sindacale Altro lavoro Studio, aggiornamento, formazione

Cura di sé Riposo Incontrare amici Non sa non risponde

Donne Uomini 66,2 81,2 56,8 62,4 36,0 18,2 53,3 78,1 74,6 74,1 84,7 88,3 60,1 55,8 36,1 16,7 56,3 73,6 69,2 69,0 Impegni domestici Cura dei figli Cura di persone anziane

Attività sportive/ culturali, divertimento Volontariato, attività politica o sindacale Altro lavoro Studio, aggiornamento, formazione Cura di sé Riposo Incontrare amici Donne Uomini

Esplorando infine i dati sui livelli di conciliazione di uomini e donne per alcune ca-ratteristiche individuali e professionali si possono evidenziare alcuni aspetti peculiari (tabella 2.28). Gli uomini che riescono meglio a conciliare la vita professionale con la privata vivono nel Nord-ovest, sono giovani (15-44 anni), hanno un elevato livello d’istruzione, contratti di collaborazione, sono impiegati o semiqualificati, lavorano in aziende pubbliche e nel settore dei servizi. Le donne con le maggiori difficoltà sono quelle del centro Italia, con un età compresa fra i 30-44 anni (età in cui generalmen-te si ha il primo figlio nel nostro Paese), hanno un titolo di studio universitario, un lavoro di tipo autonomo, una professione intellettuale o comunque altamente quali-ficata, lavorano in aziende private e nel settore del commercio.

Tabella 2.28 - Livelli di conciliazione di uomini e donne per caratteristiche individuali. Anno 2010 Caratteristiche

Uomo Donna

Non

concilia Concilia Totale

Non

concilia Concilia Totale Area geografica Nord-ovest 19,4 80,6 100,0 14,7 85,3 100,0 Nord-est 27,0 73,0 100,0 12,0 88,0 100,0 Centro 22,9 77,1 100,0 19,2 80,8 100,0 Sud e Isole 24,9 75,1 100,0 19,1 80,9 100,0 Età in classi 15-29 anni 20,9 79,1 100,0 11,5 88,5 100,0 30-44 anni 22,7 77,3 100,0 17,6 82,4 100,0 45-54 anni 24,6 75,4 100,0 15,9 84,1 100,0 55 anni o più 25,5 74,5 100,0 16,6 83,4 100,0 Titolo di studio

Fino alla licenza media 27,8 72,2 100,0 15,7 84,3 100,0

Diploma 20,6 79,4 100,0 14,6 85,4 100,0

Titolo universitario 18,9 81,1 100,0 19,8 80,2 100,0

Totale 23,4 76,6 100,0 16,1 83,9 100,0

2 Dimensione ergonomica 121

Tabella 2.29 - Livelli di conciliazione di uomini e donne per caratteristiche del lavoro. Anno 2010 Caratteristiche

Uomo Donna

Non

concilia Concilia Totale Non

concilia Concilia Totale Carattere occupazione Dipendente permanente 17,8 82,2 100,0 14,1 85,9 100,0 Dipendente temporaneo 31,0 69,0 100,0 14,0 86,0 100,0 Collaboratore o prestatore d'opera 5,7 94,3 100,0 16,6 83,4 100,0 Altro autonomo 32,8 67,2 100,0 26,7 73,3 100,0 Professione Legislatori, dirigenti e imprenditori 36,6 63,4 100,0 18,9 81,1 100,0 Professioni intellettuali,

scientifi-che e di elevata specializzazione 20,7 79,3 100,0 22,3 77,7 100,0 Professioni tecniche 21,3 78,7 100,0 14,3 85,7 100,0

Impiegati 19,2 80,8 100,0 15,6 84,4 100,0

Professioni qualificate nelle

attività commerciali e nei servizi 32,0 68,0 100,0 18,4 81,6 100,0 Artigiani, operai specializzati e

agricoltori 25,1 74,9 100,0 15,5 84,5 100,0

Conduttori di impianti e operai

semiqualificati 14,9 85,1 100,0 14,7 85,3 100,0 Professioni non qualificate 21,2 78,8 100,0 9,5 90,5 100,0 Forze armate

Azienza pubblica o privata

Pubblica o partecipata 12,6 87,4 100,0 13,7 86,3 100,0

Privata 25,5 74,5 100,0 17,0 83,0 100,0

Settore di attività

Agricoltura 36,8 63,2 100,0 13,6 86,4 100,0

Industria in senso stretto 22,6 77,4 100,0 16,4 83,6 100,0

Costruzioni 23,2 76,8 100,0 6,1 93,9 100,0

Commercio 27,7 72,3 100,0 23,5 76,5 100,0

Altri servizi 20,8 79,2 100,0 14,8 85,2 100,0

Totale 23,4 76,6 100,0 16,1 83,9 100,0

Fonte: III Indagine ISFOL-QdL

Al fine di comprendere l’effetto netto delle caratteristiche individuali e del lavoro nel favorire il work life balance, evidenziando in particolar modo le differenze di genere, di seguito vien proposto un esercizio multivariato tramite l’adozione di un modello logistico (Agresti, 1996; McCullagh e Nelder 1989). Nel dettaglio, sotto l’ipotesi che la probabilità di riuscire conciliare il lavoro con gli impegni extra-lavorativi vari al mutare delle caratteristiche individuali e del lavoro svolto (ad esempio il genere, l’età, la condizione occupazionale, l’area geografica di appartenenza, ecc.), è stato sviluppato un modello logistico che permette di identificare quali variabili abbiano

un effetto staticamente significativo su suddetta probabilità. La variabile dipendente oggetto di studio è, appunto, la variabile concilia lavoro e vita privata35

. Le variabili che si è deciso di adottare come esogene sono oltre alle consuete variabili che carat-terizzano gli individui36

, le caratteristiche familiari37

, le caratteristiche del lavoro38

e una variabile adottata come proxy della percezione di benessere al lavoro39

Nel documento LE DIMENSIONI DELLA QUALITÀ DEL LAVORO (pagine 114-127)