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La Russia di fronte al Partenariato Orientale

La rilevanza geopolitica dello spazio post sovietico per la Russia era data sia dal punto di vista dell'identità euro asiatica, sia da importanti interessi economici in gioco in quest'area. Nonostante il progetto del Partenariato Orientale costituisse una semplice forma di cooperazione, la Russia lo percepiva come la volontà europea di acquisire una sempre maggiore influenza nella regione. Di conseguenza, Mosca tentava di aumentare la propria ingerenza, in modo da ostacolare i progetti europei e conservare i suoi interessi vitali nella zona. A causa di questa rivalità, si venne a creare una situazione di concorrenza che risultò chiara quando Mosca criticò apertamente la decisione europea di escluderla dal negoziato per modernizzare le infrastrutture dei gasdotto ucraini.

Una convergenza di interessi euro russi avrebbe potuto favorire un impegno da entrambe le parti per creare una rete di infrastrutture energetiche più efficiente, in modo da garantire un approvvigionamento sicuro sia nell'area post sovietica sia in Europa, con relativi ritorni economici. Purtroppo non fu questo che accadde, dal momento che la concorrenza divenne sempre più palpabile e il Ministro degli Esteri russo Lavrov dichiarò la necessità per Mosca di essere informata riguardo alla discussione di affari internazionali che ne tocchino direttamente gli interessi.

La Russia temeva che l'adesione al Partenariato Orientale comportasse, per i paesi partner, la necessità di scegliere tra l'Unione Europea e il vicino russo e ciò avrebbe creato ulteriori divisioni

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Osservatorio di Politica Internazionale, Il Partenariato Orientale dell'UE: tra potenzialità e debolezze, Approfondimento n. 05 del Dicembre 2009, p. 8, ISPI, Milano, reperibile al seguente indirizzo

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nella zona. Un altro timore di Lavrov era lo sviluppo economico in senso liberale promosso dall'Unione, che incoraggiava le privatizzazioni e gli investimenti esteri, allontanando le economie dei paesi dell'Europa orientale dal modello di sviluppo che le aveva caratterizzate nei decenni precedenti. Riteneva inoltre l'Unione troppo interessata all'aspetto energetico della regione, dal momento che alcuni paesi, ad esempio l'Azerbaijan, erano ricchi di risorse energetiche e ciò avrebbe toccato direttamente gli interessi di Mosca. Un chiaro segnale in tal senso fu la definizione del "Corridoio Sud", che sanciva l'impegno dell'Unione assieme alle regioni del Caucaso e del Mar Caspio, di potenziare le relazioni in ambito energetico.116

La Russia mirava a mantenere, sia dalla disgregazione dell'URSS, un deciso controllo dello spazio post sovietico come testimoniano le numerose organizzazioni regionali promosse, come la Comunità degli stati indipendenti (CSI) e la Comunità Economica Euroasiatica (CEE).117

Tuttavia, non riuscì a svilupparle come avrebbe voluto a causa della riluttanza degli attori coinvolti a cedere parte della loro sovranità, oltre che del diverso livello di sviluppo degli stati della regione. L'enorme vantaggio della Russia rispetto all'Unione Europea consisteva nel fatto che essa aveva un consistente soft power per far valere i propri interessi. In che modo? Attraverso una concentrazione strategica di investimenti in settori vitali per i paesi in questione, ovvero le infrastrutture per il trasporto del gas.

La Russia infatti era disposta a concedere benefici economici e investimenti senza richiedere in cambio assolutamente nulla, mentre l'Unione Europea subordinava gli aiuti a riforme in campo politico ed economico e questo comportava un impegno non trascurabile per le giovani Repubbliche dell'Europa Orientale e del Caucaso. Oltre al soft power Mosca si mostrava disposta anche ad intervenire militarmente nei territori degli Stati dello spazio in questione, come nel caso del conflitto in Georgia, qualora fossero messi in pericolo i suoi interessi.

Si aggiungeva dunque un hard power, legittimato nell'Ottobre 2009 dal parlamento russo, con la votazione di una legge che concedeva al Cremlino la possibilità di usare la forza nel caso in cui un paese considerato di interesse strategico richiedesse l'assistenza militare sul proprio territorio, oltre alla possibilità di schierare l'esercito qualora fosse considerata in pericolo una minoranza russa fuori dai confini della Federazione.

116 M. Zola, Unione Europea: aperto il corridoio sud, dall'Azerbaijan a Bruxelles, 28 Gennaio 2011, articolo pubblicato su East Journal.

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Osservatorio di Politica Internazionale, Il Partenariato Orientale dell'UE: tra potenzialità e debolezze, Approfondimento n. 05 del Dicembre 2009, pp. 9-10, ISPI, Milano, reperibile al seguente indirizzo http://www.ispionline.it/it/documents/Approfondimento_%20Partenariato%20Orientale.pdf

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Dunque l'utilizzo dell' hard power si dimostrava tutt'altro che improbabile. L'Unione Europea contrapponeva all' hard power russo un civilian power, ovvero una forma di influenza che porta fuori dall'Europa i valori dell'Europa stessa, quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani, l'apertura dei mercati e una particolare attenzione alle esigenze della popolazione. Potere civile, appunto. Entrambe le potenze miravano ad accreditarsi come partner importanti dei paesi della regione post sovietica, attraverso la stabilizzazione della zona, con la differenza che l'Unione auspicava dei governi democratici e stabili, mentre la Russia propugnava una decisa influenza politica che garantisse la stabilità. Dunque gli obiettivi erano forse simili, ma il modo in cui raggiungerli era radicalmente differente.

Il Presidente Medvedev durante il Summit euro russo del 22 Maggio 2009,118 dichiarò la preoccupazione russa che il Partenariato Orientale comportasse l' esclusione di Mosca dalla zona in questione, che da sempre era considerata strategicamente importante. Al momento del negoziato era stata discussa anche la possibilità di includere la Russia nel Partenariato, poi il progetto venne abbandonato a causa del timore che la partecipazione russa potesse indurre alla paralisi dei programmi prospettati, perseguendo una strategia che favorisse unicamente gli interessi di Mosca.

Capitolo 3

La crisi in Ucraina: un conflitto annunciato

3.1 Le radici delle proteste dell'Euromaidan

Il termine Euromaidan prende il suo significato dal neologismo della lingua ucraina majdan, che caratterizza il nome della piazza principale di Kiev. Letteralmente è traducibile quindi come Europiazza ed è utilizzato per designare le note proteste a favore dell'europeismo, che si sono succedute in Ucraina dal 21 Novembre 2013, ovvero dal giorno successivo all'interruzione delle trattative che avrebbero dovuto portare alla firma dell'Accordo di Associazione tra l'Unione Europea e l'Ucraina. Il governo ucraino, con a capo il Presidente Viktor Yanukovich, pose fine ai negoziati per l'Accordo denominato DCFTA, (Deep and Comprehensive Free Trade Area), che aveva come obiettivo l'istituzione di un'area di libero scambio globale e approfondita tra Kiev e

118 E. Pfostl, L'Unione Europea: sicurezza, azione esterna e diplomazia, Apes Editore, Roma, 2013, progetto di ricerca finanziato dall'Istituto di Studi Politici "S. Pio V".

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Bruxelles. Quando tale decisione divenne di dominio pubblico, la popolazione filo europeista si riversò nella piazza principale di Kiev, Piazza Indipendenza che era stata teatro, tra l'altro, delle rivolte durante la Rivoluzione Arancione nel 2004.119

A partire dalla celebre data del 21 Novembre, l'ondata di protesta coinvolse gran parte delle regioni ucraine, raggiungendo una gravità che verrà trattata successivamente.

L'importanza cruciale di tale evento fu il grande simbolismo politico che lo caratterizzava, in quanto le proteste di Kiev sono state la più grande manifestazione pro Europa della storia. La loro durata fu di circa tre mesi, e continuò nonostante l'ordine di repressione promulgato dal governo e soprattutto la popolazione resistette al glaciale inverno che vedeva temperature particolarmente gelide. Tutto ciò a manifestare tenacemente la volontà del popolo ucraino di avvicinarsi all'Unione Europea. La decisione del governo di Kiev di reprimere le rivolte, inizialmente pacifiche, causò un aumento impressionante del numero dei manifestanti, che raggiunsero la cifra di 800.000 l'ultimo giorno di Novembre.120

Nelle settimane successive il conflitto tra i dimostranti e le autorità divenne sempre più feroce, soprattutto in seguito all'assenso dato dal Parlamento ucraino alle leggi che limitavano la libertà di espressione. Tali leggi furono promulgate nel Gennaio 2014 dal Presidente ucraino e prevedevano la detenzione per coloro che manifestavano senza autorizzazione, il divieto di accamparsi nei luoghi pubblici e la non tolleranza di cortei contro il governo.

Il culmine delle proteste ebbe luogo tuttavia nel mese di Febbraio 2014, con l'aggravarsi della situazione nella capitale e con la violenta repressione dei manifestanti da parte delle autorità del governo ucraino.

E' necessario fare un passo indietro per capire la vera origine delle rivolte trattate e poter tracciare così un quadro completo ed esaustivo. L'inizio dei negoziati tra l'Unione Europea e l'Ucraina per la formalizzazione dell'Accordo di Associazione risaliva al Marzo 2012 e Bruxelles sottolineava la necessità di uno specifico progetto di riforme di natura politica ed economica, oltre che un potenziamento dello stato democratico e un rigido rispetto dei diritti umani. Quest'ultimo aspetto si rivelava particolarmente delicato per il governo di Kiev, in quanto faceva riferimento

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Marco Dimita, L'Onu e la crisi in Ucraina: possibili interventi e limiti, Tesi di Laurea, LUISS Guido Carli, Anno Accademico 2014/2015, p.38.

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ISPI online, Le tappe della crisi in Ucraina, linea del tempo, rintracciabile al seguente indirizzo http://cdn.knightlab.com/libs/timeline/latest/embed/index.html?source=0AqZbUgMTJx0- dHNsVndSSGZZOURrY051dnF1Vi1lTWc&font=Bevan-

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all'incarcerazione di Julija Tymosenko e Jurij Lucenko, rispettivamente ex Primo Ministro ed ex Ministro degli Interni. La Tymosenko, dopo aver perso il timone del governo alle elezioni del 2010, venne condannata per frode ai danni dello stato a causa del consenso dato ad un contratto con Gazprom, che prevedeva una fornitura di gas a costi troppo elevate per l'Ucraina.

Avrebbe così danneggiato i fondi pubblici. Il suo arresto avvenne in un contesto particolare in quanto l'ex Primo Ministro si trovava nell'aula parlamentare e ciò conferì all'evento un senso politico. Per le stesse accuse venne detenuto anche l'ex Ministro degli Interni Jurij Lucenko. Successivamente, vi furono in tutta la capitale una serie di proteste contro i due arresti, che tuttavia rimasero pacifiche.

La condanna definitiva della Tymosenko arrivò nell'Ottobre 2011 e ne confermò la reclusione per sette anni.121 Di fronte alle richieste di riforma da parte dell'Unione Europea, necessarie per la firma dell'Accordo di Associazione, il Presidente Yanukovich si era mostrato disposto ad adottare le dovute misure per portare a termine quanto richiesto. Nel mese di Settembre 2013 egli aveva assicurato che il Parlamento ucraino122 avrebbe approvato leggi in linea con gli standard concordati durante le fasi del negoziato, in modo tale da giungere in breve tempo alla firma dell'Accordo di Associazione. Nel periodo in cui le istituzioni di governo ucraine si impegnavano nel processo di riforma si verificò un evento che ebbe un impatto notevole sull'economia di Kiev. La Federazione Russa infatti apportò serie modifiche alle normative in materie di tariffe doganali relativamente ai prodotti ucraini diretti nel territorio russo. Tali misure, che arrivarono a impedire l'ingresso delle merci ucraine in Russia, ebbero degli effetti fortemente negativi poiché il primo partner commerciale dell'Ucraina era proprio Mosca.

Questa drastica decisione aveva come evidente obiettivo quello di arrestare il processo, messo in atto dal governo di Kiev, che avrebbe portato alla sottoscrizione dell'Accordo di Associazione. Per citare alcuni effetti delle misure imposte dalla Federazione Russa, le mancate esportazioni causavano un danno di 1,4 miliardi di dollari all'Ucraina, come affermato dal Ministro per le politiche industriali Korolenko.

Proprio la diminuzione e poi il successivo arresto delle esportazioni provocarono un calo di circa il 5% nella produzione industriale dell'Ucraina, con conseguenze importanti nel tessuto dell'occupazione. Ad aggravare la situazione, il Fondo Monetario Internazionale aveva erogato

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G. Colonna, Ucraina tra Russia e Occidente. Un'identità contesa, Edilibri Editore, Milano, 2014, pp 108-114 122

Il nome ufficiale del Parlamento ucraino è letteralmente Verchovna Rada e deriva dalla tradizione sovietica in cui esistevano i Soviet, ovvero i Consigli. Non a caso, 'rada' significa proprio 'consiglio' mentre Verchovna è un termine di derivazione russa che prende il significato di 'supremo'.

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ingenti prestiti che purtroppo implicavano rigide condizioni alle quali l'Ucraina non riusciva più a sottostare, data anche la crisi industriale che stava affrontando dopo il blocco delle esportazioni verso la Russia.123 Questo era di fatto il contesto nel quale si trovava Yanukovich quando dichiarò sospesi i negoziati per la firma dell'Accordo di Associazione con l'Unione Europea. La notte stessa in cui la decisione venne resa pubblica, il 21 Novembre 2013, ebbero inizio le prime manifestazioni del popolo ucraino che, inaspettatamente, si rivelò deluso da tale decisione, mostrando una propensione europeista fino ad allora rimasta per lo più nascosta.

L'Euromajdan, come anticipato, aveva avuto un'origine pacifica, con la volontà dei cittadini di manifestare contro la dichiarazione fatta dal Presidente Yanukovich. Le dimostrazioni continuarono per tutta la settimana successiva, sino al 30 Novembre, giorno in cui intervennero per la prima volta le autorità in tenuta antisommossa ed ebbe luogo così il primo scontro. Il giorno successivo, 1 Dicembre, i manifestanti si riunirono nuovamente in Piazza Indipendenza, occupandola e protestando con maggiore veemenza, provocando un ulteriore intervento della polizia. A questi episodi il Presidente Yanukovich rispose con l'adozione di alcune misure che vietavano le proteste pubbliche e limitavano la libertà di manifestazione, alimentando l'insofferenza della popolazione. I giorni successivi videro le autorità impegnate nello sgomberare la piazza principale di Kiev, ma tale repressione ebbe come unico effetto l'estensione a macchia d'olio della protesta, che portò i manifestanti ad occupare la capitale e provocò un forte dissenso nella comunità internazionale. L'8 Dicembre ebbe luogo una nuova protesta alla quale aderirono diverse centinaia di migliaia di persone, le quali chiedevano la riapertura dei negoziati con l'Unione Europea per giungere alla firma dell'Accordo di Associazione.124 Tale data è importante poiché durante la manifestazione popolare vennero criticate aspramente le relazioni con la Russia e si verificò un grave episodio quale l'abbattimento della statua di Lenin.

Considerando che l'Ucraina era un paese che fino al 1991 faceva parte dell'URSS, questo episodio rivestiva un'importanza tutta particolare, in quanto sanciva un misconoscimento del passato ucraino da parte della popolazione. L'astio verso Mosca da parte della popolazione era dato anche da un accordo di cooperazione economica125 tra l'Ucraina e la Russia, portato a termine proprio nel

123 G. Colonna, Ucraina tra Russia e Occidente. Un'identità contesa, op. cit. pp 108-114 124

Marco Dimita, L'Onu e la crisi in Ucraina: possibili interventi e limiti, Tesi di Laurea, LUISS Guido Carli, Anno Accademico 2014/2015, p.44.

125 ISPI online, Le tappe della crisi in Ucraina, linea del tempo, rintracciabile al seguente indirizzo http://cdn.knightlab.com/libs/timeline/latest/embed/index.html?source=0AqZbUgMTJx0- dHNsVndSSGZZOURrY051dnF1Vi1lTWc&font=Bevan-

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Dicembre 2013 che stabiliva aiuti da destinare a Kiev pari a 15 miliardi di dollari, oltre che uno sconto sul prezzo del gas di Gazprom pari ad 1/3. Questo, di fatto, spingeva nuovamente il governo di Kiev verso la Russia, allontanandolo dall'Unione Europea.

Tuttavia il culmine delle proteste venne raggiunto nel mese di Febbraio 2014, con scontri violenti tra i dimostranti e le autorità ucraine, che arrivarono a provocare oltre un centinaio di vittime. Il governo ucraino dunque non si mostrò disposto ad ascoltare le rimostranze della folla ma si limitò ad adottare una politica di repressione. Da parte di Mosca ci fu un'accusa verso l'Unione Europea, in quanto la Russia sosteneva che Bruxelles appoggiasse le manifestazioni a favore dell'UE.126 Nel momento in cui il numero dei morti iniziava ad aumentare pericolosamente a causa degli scontri di Piazza Majdan, l'Unione Europea iniziò a temere lo spettro di una guerra civile e dunque si mobilitò per far sì che le violenze terminassero nel più breve tempo possibile.

Al primo posto vi era la Germania, che iniziava a considerare la possibilità di applicare eventuali sanzioni qualora le truppe del Presidente Yanukovich avessero continuato sulla strada della repressione. Pochi giorni dopo, accogliendo la proposta europea, Yanukovich annunciò una tregua, rendendo pubblico il conseguimento di un accordo tra l'Ucraina e i rappresentanti dell'Unione Europea e del governo russo per mettere fine alle violenze. Tale accordo stabiliva l'indizione di elezioni anticipate, la reintroduzione della Costituzione ucraina del 2004 con la riformulazione del poteri del Presidente, diminuendone la portata. Infine, era prevista la formazione di un governo di unità nazionale entro dieci giorni dalla sottoscrizione dell'accordo.127 Nonostante l'adozione di queste misure, il Parlamento ucraino decise a favore della deposizione di Yanukovich con 328 voti per impeachment.

Sulla figura controversa dell'ex capo di governo incombeva anche l'accusa di aver dato il consenso alle autorità di polizia di sparare sulla folla dei manifestanti provocando diverse vittime. Questa accusa venne confermata anche dal Ministro dell'Interno, Arsen Avakov, il quale affermò che 12 funzionari della forza di polizia governativa erano i responsabili delle uccisioni di 17 dimostranti durante le proteste di Piazza Indipendenza.

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127 L'intero testo dell'accordo venne pubblicato su Washington Post online, il cui sito ufficiale è il seguente https://www.washingtonpost.com/

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L'ex Presidente Yanukovich si difese dalle accuse mosse nei suoi confronti, dichiarandone la falsità e affermando di non aver mai commissionato di sparare sulla folla alle autorità di polizia.128 Tuttavia, nonostante queste dichiarazioni, vige un mandato internazionale di cattura sull'ex capo di stato per crimini contro l'umanità. Allo stesso modo, i cittadini dell'Ucraina non si dichiarano convinti della sua estraneità ai gravi fatti di Piazza Majdan.

Il Parlamento ucraino, dopo aver votato la deposizione del Presidente, stabilì la scarcerazione di Julia Timoshenko e l'indizione di nuove elezioni per il 25 Maggio 2014. Negli stessi giorni un gruppo di attivisti occupò il palazzo del governo, segno che la situazione politica interna stava degenerando ed era necessario porre un freno a quella che stava diventando una sanguinosa guerra civile. Il Parlamento ucraino nominò, con 288 voti, Oleksandr Turcinov Presidenze del Parlamento e Presidente ad interim. Egli si dichiarò favorevole ad appoggiare la popolazione ucraina, che chiedeva a gran voce la riapertura del negoziato per l'Accordo di Associazione con l'Unione Europea. Contemporaneamente, Julia Timoshenko fu scarcerata e dichiarò di voler presentare la propria candidatura alle elezioni del 25 Maggio.129

Di fronte a tali cambiamenti, la comunità internazionale si dichiarò pronta a sostenere il percorso intrapreso dall'Ucraina, in particolare l'Unione Europea e gli Stati Uniti vararono misure per contribuire a potenziare la già fragile situazione nel paese dell'Europa Orientale. Per tutta risposta, la Federazione Russa congelò i fondi stanziati a favore dell'Ucraina con l'accordo di cooperazione firmato nel Dicembre 2013. E' necessario analizzare nel dettaglio le misure adottate dall'Unione Europea per fornire appoggio economico e finanziario al governo di Kiev nella delicata fase affrontata in precedenza.

Il 5 Marzo 2014 la Commissione Europea varò un insieme di provvedimenti di natura finanziaria, che complessivamente raggiungevano la cifra di 11 miliardi di euro, e si associavano alle generose somme già stanziate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale per far fronte all'emergenza della crisi in Ucraina.130 Pochi giorni dopo, l'11 Marzo, fu varata una misura prevista dall'Accordo di Associazione di cui erano stati sospesi i negoziati, vale a dire la provvisoria abolizione dei dazi doganali sulle merci ucraine dirette nei territori dell'Unione Europea.

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Yanukovich dichiarò, in un'intervista alla BBC del Giugno 2015, di non aver mai dato tale l'ordine, affermando che "nessun potere vale una goccia di sangue".

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ISPI online, Le tappe della crisi in Ucraina, linea del tempo, rintracciabile al seguente indirizzo

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