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Il modus operandi della PEV e la struttura dei piani d'azione

Le modalità con cui veniva definita la politica di vicinato erano illustrate in vari documenti quali lo

strategy paper, i country reports, e i Piani d'Azione. Il documento strategico86 venne formalizzato dalla Comunicazione della Commissione Europea del Maggio 2004 e conteneva il contesto generale della politica di vicinato, i concetti che stavano alla base della stessa e le finalità. Era previsto che l'Unione dovesse determinare, assieme ad ogni singolo paese coinvolto, un elenco iniziale delle principali finalità stabilite dal Parlamento europeo nel rapporto sopracitato. Ovviamente, come già ricordato, tra questi paesi e l'UE era già in vigore un Accordo di Partenariato o di Associazione (per citarne alcuni: con l'Ucraina l'Accordo di Cooperazione era in vigore dal 1998, mentre nel 1999 l'Unione portò a termine l'Accordo di Partenariato con le tre Repubbliche del Caucaso).

Lo strategy paper stabiliva le modalità con cui entrambe le parti si impegnavano a preparare il terreno per la creazione e la firma dei cosiddetti Accordi di Vicinato, in modo da inserire le finalità della Pev all'interno di un preciso contesto normativo. Successivamente veniva definito un Piano d'Azione, di cui verranno illustrate le peculiarità in seguito. I country reports consistevano nella descrizione dettagliata della situazione dei paesi coinvolti, rilevando i settori in cui poteva essere ipotizzata una qualche forma di cooperazione. Generalmente erano brevi documenti ai quali seguiva la redazione del definitivo Piano d'Azione.87

La politica di vicinato trovava la sua applicazione attraverso, appunto, il Piano d'Azione. Esso ne definiva le modalità e gli obiettivi per ogni singolo Stato. Quanto alla sua stesura, la Commissione collaborava con il Consiglio per stabilire la posizione dell'Unione Europea nel contesto del Consiglio di Associazione (o Cooperazione/Partenariato, a seconda del paese in questione). 88

Dopo questo primo passo, i negoziati progrediscono con la partecipazione della Commissione e dei rappresentanti della Presidenza e del Segretariato del Consiglio Europeo.

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Ulteriori informazioni e approfondimenti riguardo alla definizione dello Strategy paper sono contenute nella Comunicazione della Commissione, European Neighbourhood Policy - Strategy Paper, COM 2004, 373, Bruxelles, 12/05/2004. Il testo integrale della Comunicazione è reperibile al seguente indirizzo

https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/sites/near/files/2004_communication_from_the_commission_- _european_neighbourhood_policy_-_strategy_paper.pdf

87 R.Alcaro, La politica di vicinato dell'Unione Europea: Dossier informativo, in La Politica Europea di Vicinato, a cura di R. Alcaro e M. Comelli, IAI Quaderni, n. 22, Marzo 2005, p. 33.

88 Le modalità con cui i Piani d'Azione prendevano forma sono rintracciabili nella Comunicazione della Commissione al Consiglio, On the proposals for Action Plans under the European Neighbourhood Policy, COM2004 795, in data 9 Dicembre 2004. Il testo integrale della Comunicazione è disponibile in lingua inglese al seguente indirizzo

https://www.ab.gov.tr/files/ardb/evt/1_avrupa_birligi/1_9_komsuluk_politikalari/Communication_from_the_Commis sion_to_the_Council_on_the_Commission_Proposals_for_Action_Plans_Under_the_ENP_9_12_2004.pdf

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Ad essi si aggiungono l'Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza e i rappresentanti dei governi dei paesi terzi coinvolti nel processo. Alla fine dei negoziati, si giungeva ad un primo testo che costituiva la bozza del futuro Piano d'Azione e doveva essere sottoposto al Consiglio Affari generali e Relazioni Esterne che a sua volta lo sottoponeva all'approvazione da parte dei Consigli di Associazione, Partenariato e Cooperazione dei vari paesi.

Bisogna precisare che prima della Commissione Barroso, la guida della politica di vicinato era nelle mani della Direzione Generale per le Relazioni Esterne e del Commissario per l'Allargamento, mentre successivamente divenne competenza congiunta della Direzione Generale per le Relazioni Esterne e del Commissario per le Relazioni Esterne. I Piani d'Azione non erano propriamente trattati internazionali ma piuttosto erano accordi specifici concentrati su tematiche basilari degli Accordi di Associazione e Partenariato o Cooperazione infatti, a differenza di questi ultimi, i Piani d'Azione avevano una durata limitata nel tempo, fino ad un massimo di cinque anni.89

Questo implicava che essi venissero revisionati regolarmente e aggiornati sulla base degli eventuali progressi registrati negli Stati terzi. La stesura e la stipulazione dei Piani d'Azione si svolgevano su base bilaterale, ovvero tra i rappresentanti delle istituzioni europee e quelli degli organi di ogni singolo Stato. Questa peculiarità permetteva di concentrare gli sforzi sui settori nei quali lo stato in questione era maggiormente carente, oltre a definire autonomamente e senza influenze esterne il grado di cooperazione su cui sviluppare le relazioni nell'ambito della politica di vicinato. Vi erano infatti alcuni paesi interessati a progredire a maggiore velocità verso un grado di cooperazione più avanzato, mentre altri mostravano una minore disponibilità a vincolarsi su aspetti particolari. L'approccio bilaterale permetteva dunque di sviluppare una doppia velocità, senza porre tutti gli stati parte della politica di vicinato sullo stesso piano e raggiungere così una maggiore concretezza negli obiettivi prefissati.

I Piani d'Azione, e dunque la politica di vicinato posavano le loro basi su tre principi:

il principio della joint ownership, la cui traduzione corretta era responsabilità condivisa, ricordava la natura bilaterale dei negoziati dei Piani d'Azione, in quanto questi venivano stipulati con la partecipazione sia dello stato terzo sia dell'Unione Europea e pertanto entrambi detenevano la responsabilità di ciò che veniva pattuito.

89 Gli Accordi di Partenariato e Cooperazione generalmente durano dieci anni e si rinnovano automaticamente dopo la scadenza, salvo diversa disposizione.

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Questo concetto mirava a sostituire il principio della condizionalità positiva dato che, come già ricordato, l'Unione non poteva permettersi di illudere i paesi vicini di una possibile futura loro adesione.

Tutto ciò rendeva più difficile la negoziazione e l'effettiva accettazione da parte dei suddetti Stati a rispettare le condizioni dettate da Bruxelles. Allo stesso tempo l'Unione non poteva mostrarsi eccessivamente rigida riguardo all'impegno degli Stati terzi nel portare a termine modifiche strutturali.

Risulta chiaro, dunque, che la joint ownership costituiva il giusto compromesso, poiché sanciva la responsabilità congiunta dell'Unione Europea e dei governi degli stati terzi nel tener fede seriamente alle misure stabilite durante la negoziazione dei Piani d'Azione.90

• il principio della differenziazione stabiliva invece la possibilità per ogni paese di decidere autonomamente e senza pressioni il grado di cooperazione che esso intendeva stringere con Bruxelles. Il presupposto che stava alla base di tale principio era la consapevolezza di trattare con paesi assai dissimili tra loro, ognuno dei quali aveva obiettivi differenti ed era interessato ad avviare collaborazioni in settori diversi con diversi gradi di impegno. In base agli obiettivi prefissati, l'Unione sceglieva la misura in cui venire incontro alle esigenze prospettate dai suddetti stati.

La differenziazione poteva variare a seconda della singola situazione politica, economica e sociale di ogni stato coinvolto, oltre che ovviamente dalla tipologia di rapporti che esso vantava con l'Unione. Con tale termine si intendeva quindi un quadro di collaborazione non rigido ma pragmatico e specifico, modellabile sulla base delle necessità dei paesi terzi. Questo senza dimenticare il fine ultimo della politica di vicinato, vale a dire la creazione di una convergenza di interessi dell'Unione e dell'area al di là dei confini di essa.

il principio dell'incentivazione, che rifletteva il concetto di more for more, ovvero la garanzia di vantaggi economici in cambio dell'impegno degli Stati terzi nei settori di cruciale importanza per l'Unione. L'evoluzione di questo principio è esplicata nella profonda revisione della Politica di Vicinato, portata a termine nel 2011. I settori di interesse potevano essere individuati nelle riforme politiche e istituzionali, maggiori garanzie dei diritti dell'uomo e la transizione verso un'economia di mercato.

90 R. Alcaro, La Politica europea di vicinato fra l'allargamento e la Politica estera e di sicurezza comune, in La Politica Europea di Vicinato, a cura di R. Alcaro e M. Comelli, IAI Quaderni, n. 22, Marzo 2005, p. 27.

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Maggiori saranno le riforme in tal senso, maggiori i benefits che l'Unione sarà disposta a fornire agli stati più virtuosi. Quest'ultimo principio ricalcava la logica dell'allargamento, mentre i due precedentemente illustrati ne sancivano il distacco.

Tuttavia, era l'Unione Europea che sanciva gli standard e incoraggiava un avvicinamento al proprio acquis communautaire, dunque essa rimaneva il partner in grado di dettare le regole, dispensando vantaggi economici e confermandosi pertanto molto attenta ai suoi interessi in materia commerciale.91 Sarebbe errato però limitarsi a considerare la politica di vicinato come una mera politica a scopo commerciale, poiché le basi su cui essa poggiava erano ascrivibili alle political views che guidavano il processo di allargamento.

Nella logica della politica di vicinato, veniva offerta ai paesi coinvolti la possibilità di godere dei vantaggi di un lento ma progressivo accesso al mercato unico, senza però poter contribuire a dettarne le regole. 'Everything but institution', appunto92. D'altronde il mercato unico era un sistema in grado di attrarre i paesi vicini, che vedevano nell'accesso ad esso buone possibilità di espansione, e si ritenevano disposti ad apportare significative riforme strutturali al loro interno pur di garantirsi una special relationship con il gigante vicino, anche se non era garantita nessuna futura prospettiva di adesione. La proposta del vicinato veniva giudicata comunque una valida alternativa.

La messa in atto e il controllo sull'esecuzione delle disposizioni contenute nei Piani d'Azione erano commissionate agli organi istituiti dagli Accordi di Associazione o Partenariato e Cooperazione, ovvero i Consigli e i Comitati di Associazione. Alla Commissione spettava la redazione delle relazioni sui progressi registrati nei paesi aderenti alla politica di vicinato, incoraggiando questi ultimi a esibire le dovute informazioni per permettere di chiarire il contesto di applicazione dei Piani d'Azione. Anche le varie Organizzazioni Internazionali avevano la possibilità di fornire le loro competenze al servizio dei paesi, relativamente ai settori che più le riguardavano, ad esempio il Consiglio d'Europa poteva fornire consulenza nell'ambito del rispetto delle convenzioni sui diritti umani, economici e sociali. Dopo i primi due anni di applicazione, la Commissione portò a termine i primi rapporti sui progressi dei alcuni degli Stati in questione, presentandoli al Consiglio nel 2006, mentre l'anno successivo pubblicò i restanti.

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Era questo l'aspetto per cui la Federazione Russa prese le distanze dalla politica di vicinato, giudicata non equa, in quanto vedeva l'Unione Europea in una posizione di forza rispetto agli altri partner e in grado dunque di dettare le regole.

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Si veda a tal proposito il discorso del Presidente Romano Prodi, Peace, security and stability International dialogue

and the role of EU, Bruxelles 5-6 Dicembre 2002. L'intero testo del discorso del Presidente è reperibile al seguente

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Per quanto riguardava l'ambito della cooperazione in campo politico, la Commissione opera assieme all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza.

Entrando nel dettaglio dei Piani d'Azioni, si nota che essi erano costituiti da uno schema comune che racchiudeva sei grandi ambiti in cui l'Unione e gli Stati vicini si impegnavano a cooperare.

• Dialogo politico e riforme: quest'area si concentrava sulla promozione della democrazia e dello Stato di diritto, poneva l'attenzione sul rispetto dei diritti dell'uomo e delle sue libertà fondamentali oltre che sui diritti sociali e dei lavoratori. Prevedeva forme di collaborazione in materia di politica estera, sicurezza e governance delle crisi. Era dunque un bacino che si poneva molteplici obiettivi attraverso il potenziamento delle istituzioni e del loro grado di democraticità, oltre che preservare la garanzia di indipendenza del potere giudiziario e combattere la corruzione. L'Unione Europea poneva l'accento sulla difesa della libertà di stampa e di espressione, attraverso il rafforzamento della libertà di associazione, sul rispetto delle minoranze e la garanzia delle pari opportunità.

Tutto ciò doveva essere portato a termine mediante l'acquisizione del diritto internazionale in materia di diritti umani, ovvero con l' adesione alle più importanti Convenzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e dal Consiglio d'Europa. Una rilevante importanza era conferita allo sviluppo degli enti locali attraverso un deciso decentramento amministrativo spesso sconosciuto, specialmente agli Stati appartenenti all'ex Unione Sovietica, che erano caratterizzati al contrario da un forte accentramento del potere. In materia di sicurezza, spiccava la cooperazione nella prevenzione dei conflitti e nel riconoscimento delle possibili minacce esterne, oltre che una forte promozione della non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Ovviamente, sulla base di questo schema generale, gli impegni dei vari paesi erano ben diversificati.

Un esempio significativo era quello dell'Ucraina che, avendo decise ambizioni di adesione all'Unione, era chiamata ad un elevato grado di acquisizione dell'acquis communautaire in fatto di rispetto delle libertà civili e politiche, integrazione nel proprio ordinamento delle norme più significative del diritto internazionale e cooperazione regionale.93 Quest ultimo aspetto riveste un'importanza particolare per la questione della regione moldava della Transnistria, che si era dichiarata di fatto indipendente dal governo di Chisinau.

93 R.Alcaro, La politica di vicinato dell'Unione Europea: Dossier informativo, in La Politica Europea di Vicinato, a cura di R. Alcaro e M. Comelli, IAI Quaderni, n. 22, Marzo 2005, p. 52.

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L'Ucraina era quindi chiamata a svolgere funzioni di mediazione tra i soggetti coinvolti, nel rispetto dell'integrità territoriale moldava e nell'interesse della popolazione civile. Il dialogo politico tra i paesi del vicinato e l'Unione Europea si svolgeva sotto lo sguardo di Mosca, che continuava ad avere grande influenza nei confronti del blocco ex URSS, specialmente a livello commerciale, e questo costituiva spesso un freno nella progressione delle riforme e nella messa in atto delle disposizioni contenute nei Piani d'Azione.

• Riforme economiche e sviluppo sociale: com'è noto, l'obiettivo dell'Unione rimaneva quello di garantire un certo livello di benessere poiché, attraverso il benessere, era possibile mantenere una solida stabilità dei governi ed evitare pericolosi focolai di crisi.

La parte dei Piani d'Azione che riguardava l'economia aveva proprio questa finalità, la riduzione della povertà, da portare a compimento tramite l'acquisizione degli standard europei nei settori delle politiche sociali e dell'occupazione. Con la promozione degli investimenti e l'incoraggiamento della crescita del settore privato era iniziato, per gli Stati vicini, il percorso verso una conclamata economia di mercato. A tutto ciò doveva corrispondere una radicale riforma strutturale dei regimi giuridici e regolamentari, per permettere effettivamente un cambiamento di rotta.

• Regolamentazione del commercio e del mercato: per accedere al mercato unico si rendeva indispensabile un blocco di riforme volte all'eliminazione delle barriere tariffarie e non, oltre che un deciso ampliamento delle esportazioni. Anche la politica doganale doveva essere rivisitata per garantire procedure più semplici, sempre più affini agli standard internazionali. Particolare importanza era conferita all'applicazione delle norme sanitarie e fitosanitarie, in modo da tutelare il consumatore e garantire la sicurezza dei beni alimentari e non, semplificando gli scambi. Per quanto riguardava la libera circolazione dei capitali, questa era garantita e incoraggiata, dal momento che l'Unione incoraggiava investimenti esteri diretti in tali paesi, per favorirne la crescita. Il Piano d'Azione stabiliva uguale trattamento dei lavoratori europei migrati nei Paesi del vicinato e viceversa, sia in materia di condizioni lavorative, sia garantendo ad essi la libera circolazione. Erano previste modifiche ai sistemi di tassazione, che dovevano avvicinarsi agli standard europei, ad esempio nella garanzia della libera concorrenza nei concorsi per appalti pubblici, nel potenziamento di organi

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• Cooperazione giudiziaria e affari interni: quest'area concerne argomenti particolarmente delicati come la collaborazione transfrontaliera94, quindi la gestione dei confini e il contrasto delle attività ad essi legate, vale a dire il terrorismo, l'immigrazione illegale e la criminalità organizzata. L'immigrazione è un tema molto caro all'Unione e per questo i Piani d'Azione prevedono modifiche nella legislazione dei paesi vicini riguardo al diritto di asilo e all'assistenza dei rifugiati politici. Le riforme in questo settore avevano la finalità di rendere più affini le giurisdizioni degli Stati vicini alle normative del Trattato di Schengen.

Attraverso una cooperazione in questo settore, diveniva possibile combattere l'immigrazione illegale e l'Unione offriva le proprie competenze tecniche e finanziarie nel monitoraggio dei flussi migratori, agevolando il controllo degli stessi.95

Il contrasto alla criminalità organizzata trattava uno spettro di crimini piuttosto ampio, che comprendeva la lotta al traffico di sostanze stupefacenti, attraverso misure preventive e riabilitative, il contrasto del riciclaggio di denaro e i crimini in materia finanziaria. La cooperazione transfrontaliera aveva luogo mediante un costante scambio di informazioni, strategie comuni congiunte e collaborazione tra gli organi investigativi e giudiziari dell'Unione Europei e dei vari paesi vicini.96

• Trasporti, energia, informazione, telecomunicazioni e ambiente: è il settore che prevedeva la maggiore differenziazione, poiché le reti di trasporti o la produzione dell'energia dipendevano strettamente dalla conformazione geografica degli stati oltre che dal livello di progresso tecnologico degli stessi. I Piani d'Azione stabilivano come priorità lo sviluppo e la sicurezza di strade, ferrovie, trasporti via mare o via aerea in modo da incoraggiare la convergenza degli stessi con gli standard europei. Per quanto riguardava l'ambito stradale, vi era la necessità di regolamentare in maniera dettagliata le procedure per la il conferimento delle patenti di guida, che doveva essere allineato con gli standard internazionali e prevedere specifici corsi di formazione per la guida delle diverse tipologie di veicoli.

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Per approfondimenti in materia si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio (COM)2004, 373, del 12 Maggio 2004, reperibile al seguente indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:52004DC0373 95

A tal proposito si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio (COM)2004, 487, del 14 Luglio 2004, reperibile al seguente indirizzo

http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2004_2009/documents/com/com_com(2004)0487_/com_com(2004)0487 _it.pdf

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Ulteriori approfondimenti a riguardo sono contenute nella Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo (COM) 2004, 626, del 29 Settembre 2004, disponibile al seguente indirizzo

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Doveva inoltre essere sviluppato un adeguato piano di sicurezza stradale, per facilitare gli spostamenti dei mezzi, anche in previsione dell'accesso al mercato unico. La rete ferroviaria necessitava di ammodernamenti e nuovi collegamenti con gli stati membri dell'Unione, affiancando alle rotte già esistenti alcune rotte ad alta velocità ed anche questo costituiva un importante obiettivo. Riguardo ai trasporti aerei e marittimi, si incoraggiavano le società private ad occuparsi della gestione di porti e aeroporti, nell'ottica di una sempre maggiore liberalizzazione. L'ambito energetico era particolarmente delicato in quanto l'Unione costituiva uno dei maggiori importatori mondiali di energia, dunque era fondamentale che i paesi vicini raggiungessero un elevato livello di sviluppo delle reti di transito della stessa, mediante l'adeguamento agli standard internazionali in materia.

In questo modo, si apriva per loro la possibilità di accedere ai mercati europei del gas e dell'elettricità. L'Ucraina era uno dei paesi maggiormente coinvolti in tale processo, poiché il settore dell'energia atomica era stato scosso dal disastro di Chernobyl, dunque l'Unione si impegnava nell'elaborare misure volte a smantellare totalmente l'impianto nucleare, nonché a incoraggiare l'utilizzo delle energie rinnovabili.97 Occorre anche tenere presente che l'Ucraina era uno dei paesi coinvolti nel transito del gas e questo rendeva la sua posizione geopolitica piuttosto delicata.

Il settore dell'informazione e delle telecomunicazioni comprendeva una maggiore regolamentazione per garantire diritti ed oneri degli utenti, oltre che tutelare i dati personali e l'identificazione delle firme in formato elettronico. Nell'ambito della cooperazione in materia di ambiente, l'Unione offriva le proprie competenze tecniche per incrementare una soddisfacente gestione ambientale, con particolare attenzione alla salvaguardia dal danni ambientali, attraverso misure specifiche di controllo dell'inquinamento e dello smaltimento dei rifiuti.

Contatti people to people: si occupava di istituzionalizzare la collaborazione nella sua dimensione pubblica e privata, concentrando gli sforzi a sostegno della società civile. I paesi del vicinato venivano invitati a cooperare con l'Unione nel settore dell'istruzione e della ricerca, tramite scambi culturali tra gli studenti delle scuole di secondo grado e delle università quali Erasmus Mundus e Tempus III.

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R.Alcaro, La politica di vicinato dell'Unione Europea: Dossier informativo, in La Politica Europea di Vicinato, a cura di

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