• Non ci sono risultati.

La “Santa Fabbrica” e il progetto del Parlaggio

laggio

Durante i diciassette anni nei quali d’Annunzio visse a Cargnacco e negli anni successivi alla sua morte, il Vittoriale fu un cantiere in continuo cambiamento soprattutto per mano dell’architetto Gian Carlo Maroni7.

L’allora giovane architetto fu presentato a d’Annunzio nell’estate del 1921. Il Poeta infatti si era trasferito da poco nella Villa e sentiva la necessità di avere al suo fianco un professionista che potesse portare a termine la ristrutturazione della proprietà al fine di, non solo sistemare la casa, il cui primo scopo era quello di “stodeschizzarla”8, ma di progettare e sistemare le zone circostanti che d’Annunzio stava via via acquistando per ampliare la sua proprietà. Dal momento in cui i due si incontrarono possiamo affermare con certezza, grazie soprattutto al carteggio inedito che ci rimane tra d’Annunzio

5Cresti, 2005, p.39

6http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-rivoluzione-teatrale-di-gabriele-dannunzio/

[16 Dicembre 2018]

7Terraroli, 2001, p.29 8Mazza, 1985, p.22

e Maroni, che nacque un rapporto professionale che sopravviverà fino alla morte del Poeta e che sfocerà in una profonda amicizia tanto che, oltre che ricoprire i ruoli di segretario e amministratore contabile della proprietà, nel 1937, al momento dell’atto di erezione della Fondazione, Maroni fu nominato da d’Annunzio sovrintendente al Vittoriale e continuò la sua missione nella “Santa Fabbrica” fino alla sua morte avvenuta nel 1952.

Nel corso degli anni, tra il 1923 e il 1932, d’Annunzio acquisterà le aree circostanti alla villa fino ad arrivare ad un totale di nove ettari di terreno. Scelse di recintare le zone appartenenti al Vittoriale con grandi mura, facendo diventare questa proprietà una sorta di principato in continuo cambiamento. I lavori infatti cominciarono subito e negli anni, in base al denaro a dispo- sizione, continuarono al fine di iniziare e completare edifici e memoriali nel parco, così come la costruzione di nuove aree dell’abitazione9.

A questo grande progetto visionario D’Annunzio lavorerà a strettissimo contatto con Maroni. È interessante notare come il modo di pensare, il senso estetico e le competenze dell’uno abbiano influenzato o si siano amalgamate con quelle dell’altro. C’è da ricordare che l’architetto, quando gli fu commis- sionato l’importante lavoro, era poco più che ventenne e maturò il suo stile probabilmente durante gli anni in cui visse a stretto contatto con d’Annun- zio, influenzato dai suoi gusti. Egli avrà infatti il compito di conformare le strutture già esistenti di Villa Cargnacco all’ideologia estetica dannunziana: per fare ciò, con una base di purismo del XX secolo, cercherà di assecondare i progetti del suo committente attraverso un principio decorativo del quale risulterà l’interprete. Come scrisse in “Giancarlo Maroni Architetto del Vit- toriale” in “L’Illustrazione Italiana” Marcello Piacentini: “L’unità di opere in cui si va completando il Vittoriale si rivela ogni giorno più precisa [. . . ], i diversi elementi componenti, che solo soltanto in apparenza sono dissimi- li. [. . . ] Ogni rottame aspro è qui incastonato come una gemma rara [. . . ] esprime un suo linguaggio che non è solo quello del simbolo, ma quello della storia e della poesia” ("L’Illustrazione Italiana", Milano, 29 Aprile 1934).

Un’altra caratteristica importante e riscontrabile in ogni area del Vitto- riale è l’interconnessione che si percepisce tra l’architettura, l’opera umana, e il paesaggio, la natura circostante. Maroni è infatti riuscito a mantenere un equilibrio primordiale con la natura del territorio gardesano e in particolare a rispettare il terreno del parco, nel quale ha saputo ad esempio trarre van- taggio dai vari dislivelli dei numerosi ettari di giardino, in tal senso con un diretto collegamento alla struttura del teatro del Vittoriale che come vedremo si adatta totalmente al pendio della collina sulla quale sorge.

9Irace Fulvio, Maroni Giancarlo. L’architetto del lago: Giancarlo Maroni e il Garda.

Questo concetto fondamentale dove l’architettura deve essere semplice- mente un corredo della natura e quindi un ulteriore richiamo all’importanza già citata che d’Annunzio da al teatro en plein air e ad un prolungamen- to dell’arte verso l’esterno, permette di collegarsi ad un avvenimento im- portante che materializzerà in un secondo momento la decisione del poeta- drammaturgo di innalzare un teatro stabile al Vittoriale: si tratta della deci- sione di rappresentare una delle sue opere nel parco del Vittoriale, La Figlia di Iorio, nel settembre del 1927.

3.2.1

Il teatro provvisorio nel parco del Vittoriale

Il fatto che, per questa evenienza, fu chiesto allo stesso Maroni, che da sei anni ormai era impegnato nella “Santa Fabbrica”, di poter occuparsi delle operazioni di adattamento per il teatro temporaneo, può essere un ulteriore richiamo fondamentale alle concezioni architettoniche di costruzione degli impianti scenici sviluppate a fine Ottocento dallo stesso d’Annunzio.

Già al momento della costruzione del teatro provvisorio, destinato al solo spettacolo in programma per l’11 settembre 1927, vi era l’idea di costruire il teatro stabile in un avvallamento semicircolare; come viene riportato dall’intervista di Orio Vergani del 21 agosto 1927 per “Il Corriere della Sera”, sarà lo stesso Maroni ad indicare la zona del parco e ad affermare “Qui si farà il teatro che il Comandante chiama già Parlaggio”10.

Lo spazio di giardino sul quale venne costruito il teatro provvisorio avreb- be raccolto oltre 500 spettatori; in un primo momento si pensava di costruire un pavimento per la platea ma sarà lo stesso d’Annunzio a rifiutare la propo- sta e a chiedere che venissero adagiate le zolle di prato sul quale il pubblico poteva poggiare i piedi. Il progetto richiedeva inoltre la costruzione di due palchi, uno ad oriente e uno ad occidente, sui quali venivano costruite le varie strutture necessarie per la rappresentazione e che mutavano in base agli atti dell’opera, mantenendo un’apertura sullo sfondo dalla quale si intravedeva il lago di Garda.

Così l’11 settembre 1927 venne rappresentata La figlia di Iorio; tra il pubblico nomi illustri non solo dell’aristocrazia e della finanza ma soprattutto dell’arte. Lo spettacolo fu un grande successo e i soldi del costo del biglietto furono devoluti a beneficio della “Santa Fabbrica” e soprattutto per creare un fondo per l’erezione del teatro stabile al Vittoriale 11.

10Oliva, Paolucci, 2002, p.505 11Ivi, pp.508-509

Figura 3.1: 11 Settembre 1927: rappresentazione de "La figlia di Iorio". c Per gentile concessione, Archivi del Vittoriale