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La “scoperta” dell’identità regionale nel Seicento

Come si è visto, ancora all’inizio del Seicento la provincia pontificia dell’Umbria stenta ad acquisire una fisionomia unitaria e a riconoscere la propria identità regionale. Situazioni analoghe sono però riscontrabili anche nelle altre province dello Stato pontificio, la cui aspirazione alla centralizzazione non aveva impedito il permanere di

155 Per le carestie di fine Cinquecento in area umbra cfr. METELLI 1996-1997a. 156 MIGLIORATI 1990b, p. 99.

157 Anche se, a livello locale, rimaneva in generale operante la normativa stautaria di età comunale. 158 MIGLIORATI 1990b, p. 101.

particolarismi e disomogeneità. Segnali positivi in questa direzione provengono solo dal mondo colto, ossia da storici, geografi, cartografi e, più in generale, eruditi, che danno vita ad un dibattito intorno al problema delle regioni italiane159. Da queste premesse muove la cosiddetta regionalizzazione “culturale”, imperniata su elementi di tipo letterario, artistico o religioso alla ricerca dell’identità regionale. Il merito di aver operato, alle soglie del secolo, una vera e propria “scoperta” nei confronti della regione Umbria è notoriamente attribuito all’erudito folignate Ludovico Jacobilli, proprietario di un ingentissimo patrimonio librario comprendente “quasi tutte le scienze e le arti liberali, in numero di circa otto mila”160 ed autore egli stesso di un gran numero di volumi di argomento morale e storico. Tra le sue opere rivestono un ruolo particolare le

Vite dei santi e beati dell’Umbria. Attraverso la ricostruzione agiografica della storia, lo

Jacobilli ritiene di poter far leva sulla coscienza religiosa come fattore di coesione delle due entità culturali del Perugino e del ducato di Spoleto, per secoli condizionate su linee divergenti da mire e disegni politici esterni. Viene così proposta un’identità fondamentalmente di carattere storico-religioso, che risponde all’esigenza di “conferire sacralità agli spazi, ai tempi e alle identità collettive, attraverso la raccolta di una pluralità di riferimenti agiografici” ai quali si riconosce il merito di “segnalare il formarsi e il mutare di alcuni processi storici e culturali e persino di talune trasformazioni politiche”161. Il primo tomo delle Vite viene dato alle stampe nel 1647, dopo accurate ricerche condotte a lungo in archivi, biblioteche, chiese, monasteri e santuari, per raccogliere documenti e testimonianze sui martiri ed eroi cristiani che avevano vissuto ed operato nel territorio umbro. Contribuendo alla riscoperta della comune identità cristiana, lo Jacobilli si fa portavoce di un’identità regionale che passa attraverso la strada dell’agiografia, particolarmente battuta dagli inizi del XVII secolo in un animato “dibattito sulla santità”, cui partecipano i maggiori e più qualificati esponenti dell’erudizione ecclesiastica della Chiesa di Roma per rispondere alle accuse delle chiese riformate ed agli attacchi della critica razionalistica162. La forte incidenza del fenomeno religioso riscontrata nell’ambito territoriale umbro appare quindi come l’unico elemento capace di gettare le basi per la ricucitura delle dicotomie regionali.

Secondo l’interpretazione che ne ha dato M. Duranti nel suo intervento al Convegno dedicato all’erudito folignate, l’intervento dello Jacobilli si pone a sostegno

159 DURANTI 2004b, p. 33. Per la complessa “questione delle regioni” in Italia vedi la sintesi storiografica

di GAMBI 1978;per lo Stato pontificio in particolare vedi, tra gli altri, VOLPI 1983,pp. 11-33..

160 JACOBILLI 1658,p. 188. 161 MICHETTI 1998,p. 37.

dell’operazione politica romana per la quale “ad un più deciso accentramento di potestà giurisdizionali nelle mani del governatore perugino (...) faceva riscontro una più decisa definizione della fisionomia unitaria regionale”163, anche attraverso il già ricordato “recupero” del nome stesso di Umbria, deciso a tavolino dalla burocrazia romana; se nei fatti questo non corrispondeva ancora ad una crescita dell’animus regionalistico, grazie all’opera dello Jacobilli “da semplice partizione territoriale politico-amministrativa, l’Umbria, nella mentalità corrente dell’epoca, è ragionevole pensare che prendendo gradatamente ad essere identificata per il suo ricco e peculiare patrimonio devozionale, rivisitato dall’erudito folignate alla luce dei nuovi imput socio-religiosi, si arricchisse della dimensione culturale a cui, ieri come oggi, spetta il compito di definire i tratti più marcati e convincenti di qualunque fisionomia territoriale”164.

Nel momento in cui lo Jacobilli comincia la sua opera, alcune voci sporadiche avevano già tentato di abbozzare l’immagine unitaria dell’Umbria pontificia: abbiamo già ricordato Cipriano Piccolpasso e la sua carta della regione comprendente, per la prima volta, il territorio perugino. Nel 1644 Ferdinando Ughelli aveva pubblicato il primo tomo della sua Italia sacra, un’importante opera di erudizione e storia ecclesiastica, che spesso si addentra nel campo della geografia. Pur dichiarando di rimettersi alle opinioni dei geografi per quanto concerne l’individuazione territoriale delle regioni (o meglio delle province), in realtà l’Ughelli elabora una sua proposta contaminando motivi di derivazione storico-erudita e riflessioni sulla situazione politica contemporanea. Per quanto riguarda l’Umbria, nel suo territorio viene collocata non solo la tradizionale zona alla sinistra del Tevere, ma anche Perugia con il suo territorio, “tamquam eiusdem Provinciae caput, unde Legatus Apostolicus subiectis Umbris

iusdicit”165. Anche in questo caso, quindi, si tenta di legare insieme i due territori del perugino e del ducato di Spoleto attraverso l’uniformità istituzionale ed amministrativa.

Ancora più determinante per l’impostazione concettuale sottesa all’opera dello Jacobilli è però l’attività letteraria di un altro scrittore operante a Foligno, Durante Dorio. Nato a Leonessa, una località che la tradizione colta voleva umbra, il Dorio lavora a lungo per affermare l’unità culturale della regione al di sopra delle divisioni politiche ed amministrative. La Istoria della famiglia Trinci, pubblicata nel 1638, può essere interpretata come “l’analisi del tentativo più importante di conferire all’area

163 DURANTI 2004b, pp. 34-35. 164 Ivi, p. 35.

umbra una effettiva unità politica”166. Pochi anni dopo vengono pubblicati la Descriptio

Umbriae e i Commentaria rerum Umbriae, scritti che, verosimilmente noti allo

Jacobilli, potrebbero aver aperto la strada alle Vite dei Santi e Beati di quest’ultimo167. Altre e più decise sollecitazioni possono però essere arrivate allo Jacobilli dai suoi rapporti con l’ambiente curiale romano, resi ancora più stretti e fruttuosi, a dire dello stesso Jacobilli, dal legame personale e quasi familiare che egli ebbe con il cardinale Cesare Baronio168. Il modello politico rappresentato dalla monarchia pontificia, in cui potere temporale e potere spirituale si potenziano a vicenda, condiziona in modo determinante la cultura del tempo. Ancora secondo M. Duranti “la peculiarità della città di Roma, la sua natura bifronte, il fatto cioè, di essere, contemporaneamente, capitale di uno Stato e capitale dell’intera cattolicità, in maniera sempre più convinta e convincente pare doversi porre all’origine dell’effervescente creatività che contraddistinse la città papale del ‘600 nel campo delle arti figurative, della produzione letteraria e persino in quello scientifico”, tanto da propagarsi oltre l’ambiente romano e dare vita “in stridente contrasto con i tratti sempre più marcatamente assolutistici del regime pontificio, ad un policentrismo culturale assai rilevante e vivace, all’interno delle province dello Stato”169. In questo senso, l’opera dello Jacobilli e la sua “scoperta” della regione Umbria, si pongono come il frutto del clima culturale di quegli anni, manifestando ormai la consapevolezza di appartenere ad una precisa e degnissima unità etnoculturale e, insieme, come il sostegno dell’ “intellettuale al servizio dello Stato”, che riflette nel proprio impegno culturale i risultati raggiunti dal potere centrale nell’ottica della centralizzazione.

166 VOLPI 1983,p. 164. 167 Cfr. DURANTI 2004b, p. 37.

168 Ibidem; qui la notizia relativa al Baronio, tratta da JACOBILLI 1658,pp. 187-188, è riportata alla n. 23. 169 Ivi, pp. 37-38.