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la ‘storiella’ delle ruberie francesi roberto alloro

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e Giovanni, l’evangelista. nell’altra operò Giro- lamo dai libri, dipintovi fuori due sante; e al di dentro, un presepio437.

ne parla, nel 1874, il fotografo riccardo lotze, appassionato d’arte e d’architettura. È con lui che la vicenda del trasferimento delle portelle assume contorni favolosi:

in Santa Maria in organo [Girolamo dai libri] dipinse inoltre una delle due sportelle dell’orga- no; l’altra fece l’amico suo Morone. di là spari- rono amendue ed una - quella di Girolamo - fu rinvenuta nel nostro secolo nel paese di Marcelli- se, ove un contadino si servì di essa per coprire la sua legna onde non fosse bagnata dall’acqua. Per miracolo quel quadro avea sofferto poco e venne scoperto ed acquistato dal parroco di quel paese per la chiesa di Marcellise, ove lo vidi alcuni anni addietro e sentii narrare questa storiella438.

nei primi del novecento, lo storico dell’arte Ba- silio Magni dà una versione diversa e originale dei fatti, ascrivendo a un conte orti Manara l’acquisto dei quadri dal demanio francese e il dono alla chie- sa di San Pietro in Cattedra439

.

luigi Simeoni, nel 1909, associa per primo l’arri- vo delle tele a Marcellise alle spogliazioni perpetrate dai francesi:

nella valletta (...) compresa fra le colline di Mon- torio e quelle di lavagno si trova disperso il pa- ese di Marcellise (...). alcune delle opere d’arte che qui si ammirano, provengono dalla città e richiamano l’epoca delle spogliazioni e dispersio- ni francesi. le belle tele della parrocchiale non sono che le ante dell’organo di S. Maria in or- gano440.

a conferire maggiori dettagli alla vicenda pensa luigi di Canossa, nel 1911, nell’ambito di uno stu- dio sulla famiglia dai libri, in cui, dopo aver ricor- dato le notizie date da lotze e da Magni, scrive:

da indagini fatte personalmente mi consta però che si avvicina al vero più il racconto del lotze. infatti pare che le portelle dopo il sacco dato a Verona dai francesi, fossero da loro adibite a far da ripari laterali ai carri che andavano a forag- giare nei dintorni della città. arrivato un giorno uno di tali carri alla casa Pozza, presso Marcelli-

se, i contadini si riiutarono di caricare il ieno nel modo voluto dai francesi, perché nelle no- stre campagne si usa tenere compresso il ieno sul carro mediante un lungo palo legato sopra il ieno stesso. i soldati dovettero quindi levare gli inconsueti ripari e li abbandonarono a casa Poz- za. Quivi dai contadini che, naturalmente, non compresero l’importanza delle gloriose reliquie, le portelle furono destinate ad uso nobilissimo: servirono cioè di fondo ad un pollaio! il parroco dal Palù (1829-1866) le scoprì e, dopo aver con- statato che un genio tutelare aveva ispirato i con- tadini a mettere i dipinti in modo che i polli non le danneggiassero troppo, le acquistò, le ripulì e le appese alle pareti della sua chiesa, della quale sono ora principale adornamento441.

eccola, la leggenda. riportata e ‘autenticata’ da una delle voci autorevoli del tempo. Poco importa se di Canossa, qualche anno più tardi, torna sull’ar- gomento introducendo il primo riferimento alla causa che vide opposta la famiglia dal Pozzo alla Fabbriceria di Marcellise per la proprietà dei qua- dri, avanzando dubbi sull’attendibilità della vicenda che lui stesso aveva raccontato:

ebbi altra volta occasione di narrare come una leggenda voglia che le portelle dell’organo di S. Maria in organo, dipinte da Gerolamo dei libri e da Francesco Morone, siano passate alla chie- sa di Marcellise dopo aver sostato parecchi anni presso i contadini della casa Pozza, portatevi dalle soldataglie francesi (…).

di questi giorni però la cortesia del cav. da re mi fece conoscere un curioso documento venuto per puro caso alla luce dopo molti anni di oblio. in una miscellanea di carte del Comune passate agli antichi archivi sta la minuta di una lettera che il podestà G. B. da Persico indirizzava il 13 novembre 1819 alla i. r. delegazione Provinciale. da essa si ricava che il Conte Francesco e la Con- tessa laura dal Pozzo, zio e nipote, avevano citato con atto giudiziale 26 agosto 1819 la Fabbriceria di Marcellise per la restituzione dei quattro dipin- ti protestando che questi, di proprietà dal Pozzo, erano stati afidati in temporanea custodia alla Chiesa di Marcellise dal Conte Bartolomeo dal Pozzo, al tempo in cui egli imprendeva il restau- ro della sua cappella di S. Giacomo del Griglia- no. Senonché il podestà da Persico afferma che nessun documento i consorti dal Pozzo avevano

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prodotto in causa che valesse a provare la loro proprietà, non solo, ma anche che i quadri erano ormai in possesso della chiesa di Marcellise da ol- tre dodici anni, ciò che costituiva già per essa un buon titolo acquisitivo, sopra tutto perché nulla provava che i dipinti fossero stati consegnati al già parroco don Girolamo Pellegrini in custodia, o deposito, senza alcun corrispettivo. dalle con- clusioni cui perviene il da Persico si rileva anche che i dal Pozzo erano disposti a transigere offren- do però una somma di molto minore a quella che si presumeva valessero le pitture, le quali, “calco- lato il loro valore intrinseco, ed in rilesso alle ri- cerche che attualmente si fanno delle produzioni degli antichi celebri maestri, ponno sostenersi al prezzo di italiane lire cinquemille. Si sa infatti che li preacennati dipinti furono non è molto ri- cercati dal Sig. Conte alcenago per conto del Sig. alvise albrizzi di Venezia, negoziante di quadri, il quale ebbe ad offerire effettivi napoleoni 850, con autorizzazione alla Sig. Contessa orti Canos- sa di aumentarne l’offerta in caso di maggior pre- tesa, ciò che avrebbe avuto luogo, se la fabbrice- ria si fosse decisa per l’alienazione di essi”. disgraziatamente rimane la sola lettera del pode- stà a illuminarci sulla controversia, perché lo sta- to deplorevole di disordine in cui versa l’archivio della già i. r. delegazione Provinciale (oggi si di- rebbe r. Prefettura) vieta di rintracciare la lettera n. 20319-1683 con la quale la delegazione stessa chiedeva il parere del podestà da Persico, e che fu da quest’ultimo restituita con le carte allega- te. nell’archivio poi del tribunale dovrebbe pur trovarsi l’incartamento del processo, senonché, mentre nella rubrica igura il n. 15660-2580 del- la citazione ricordata dal da Persico, nei volumi degli atti manca proprio il fascicolo 2580 in cui l’atto desiderato dovrebbe trovarsi.

a noi basta intanto aver ricordato un episodio della storia di quelle belle portelle d’organo che, chi sa attraverso quali vicende, sono andate a trovare ospitalità nella chiesa dell’amena borga- ta. non sappiamo però ancor nulla intorno alla attendibilità della leggenda che vuole aver esse servito a riparo d’una catasta di legna o d’un pol- laio442.

assai interessante la nota che di Canossa appose a tale brano:

Se, come pare, le menzionate portelle soggiorna-

rono un tempo nella incompiuta chiesa di S. Gia- como del Grigliano si può arrischiare un’ipotesi sul motivo per il quale esse emigrarono da S. Ma- ria in organo: quando i frati rinnovarono l’orga- no verso la metà del secolo xviii e tolsero le por- telle (...) può darsi le collocassero nella chiesetta di S. Giacomo, a loro afidata in dal 1451 (...). di là poi (forse dopo che ne erano venuti in pos- sesso i dal Pozzo, come si afferma nella citazione 26 agosto 1819) le portelle emigrarono a Marcel- lise. Fu complice della nuova peregrinazione la tracotanza francese, come vuole la leggenda? o un errore di un dal Pozzo, del quale ebbero poi a pentirsi gli eredi, come affermavano essi443?

i dubbi posti dallo studioso sarebbero stati de- stinati a rimanere tali ancora per lungo tempo se, un ventennio più tardi, lo strascico di una contro- versia sorta tra la Parrocchia di Marcellise e la So- printendenza alle Gallerie e Musei di Venezia non avesse creato le condizioni per un fondamentale chiarimento. a nostra volta, però, per ricostruire la vicenda abbiamo dovuto mettere in ila, una dietro l’altra, tante notizie frammentarie che solo adesso sembrano aver trovato logica congruenza.

lo scoppio della Prima Guerra Mondiale portò con sé una nuova e sconosciuta minaccia: i bombar- damenti aerei. Per la prima volta nella storia, la di- stanza anche notevole dal fronte non garantiva le città dai rischi degli eventi bellici. nel febbraio del 1915 la Soprintendenza alle Gallerie e agli oggetti d’arte del Veneto decide di proteggere i monumen- ti con strutture di legno e sacchi di sabbia, mentre tutto ciò che era amovibile doveva essere allontana- to dalla prima linea trasportandolo in città più sicu- re, al di là degli appennini444.

il prelievo dei beni incontrò molte resistenze da parte degli enti religiosi per il timore che, una volta terminata la guerra, il Governo avrebbe inito per incamerare stabilmente le opere d’arte nei musei. a Castelfranco, per esempio, il popolo in tumulto fece rimettere a posto la pala del Giorgione che già si era iniziato ad imballare, proponendo di «nasconderla sottoterra piuttosto che lasciarla uscir dalla chiesa». Si dovette ricorrere a un blitz notturno dei carabinieri, che piantonavano la casa dell’arciprete e il campanile, mentre si imballava nuovamente la pala e la si caricava su un camion che lasciò Castelfranco «già quando la popolazione rurale, misteriosamente avvertita, accor- reva da tutte le parti per impedire l’asporto, e, pur nella notte, iniziava una violenta dimostrazione»445.

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alla ine di ottobre del 1915 aeroplani austriaci volarono su Venezia e una bomba cadde sulla chiesa degli Scalzi, provocando grossi danni all’ediicio e ai suoi arredi, tra i quali un capolavoro del tiepo- lo che fu completamente distrutto. il 14 novembre successivo toccò a Verona fare le spese dei raid aerei: 29 morti, 48 feriti e il danneggiamento della Domus Mercatorum. a quel punto, anche gli irriducibili si convinsero che l’allontanamento delle opere d’arte dalle zone potenzialmente interessate dalle incur- sioni aeree nemiche era improcrastinabile.

nel 1919 le quattro pale prelevate da Marcellise furono esposte nella Esposizione d’arte antica446 presso

il Museo Civico di Verona, ma solo quattro anni più tardi tornarono nella parrocchiale di San Pietro in Cattedra. di questo ritorno qualcuno lasciò memo- ria nella seguente Nota giustapposta alla descrizione delle pale nell’Inventario del 1877:

i quattro quadri descritti qui di fronte, del Mo- rone e di Girolamo dai libri, furono levati dal- la chiesa parrocchiale di Marcellise il 28 aprile 1917 dal signor nereo Vignola ispettore delle opere d’arte di Verona, per incarico della regia Sopraintendenza Gallerie e Musei di Venezia e portati a Firenze soltanto per metterli al sicuro dai pericoli della guerra mondiale. terminata la guerra, da Firenze furono portati al Civico Museo di Verona e restituiti, dopo molte dificoltà, alla chiesa parrocchiale di Marcellise il giorno 12 lu- glio 1923447.

Quali furono le «molte dificoltà»? di questo episodio non rimane traccia nella memoria della comunità di Marcellise. il recente ritrovamento da parte di luigi Ferrari, nell’archivio del Comune di San Martino Buon albergo, di tre documenti inedi- ti448, ci permette di far luce sulla vicenda. il primo

è la lettera dattiloscritta con irma autografa con la quale da Verona Floriano Grancelli449, il 20 giugno

1923, risponde a una missiva (non pervenuta) che il cugino alfredo de Betta450, residente a Marcellise,

gli aveva inviato:

Carissimo alfredo,

È vero che io fui chiamato a far parte di una Com- missione la quale deve soprintendere al Museo e alla conservazione dei monumenti cittadini; ma questa Commissione non ha alcuna ingerenza nella controversia di cui mi hai scritto. tuttavia mi sono recato subito al Municipio ed ho parlato

all’assessore delegato, facendo completamente mie le vostre ragioni. né basta; ma nella mia qua- lità di presidente della Commissione provinciale governativa per i monumenti, ho scritto nello stesso senso al Sopraintendente delle Gallerie e Musei, che risiede a Venezia, senza il consenso del quale i dipinti non possono essere rimossi. io non ti nascondo però che la nostra ammini- strazione comunale – considerando che quelle tele, prima dell’invasione francese nei tempi na- poleonici, la quale disperse gran copia delle no- stre preziose opere d’arte, facevano parte delle ante dell’organo nella chiesa di Santa Maria in organo – tende a reclamarle per Verona, e forse da questo dipende la procrastinata restituzione. io però, non solo nel colloquio con il mio amico assessore, ma in altre due note che gli ho scritto ieri ed oggi, ho ripetutamente affermato che le tele devono intanto essere restituite a Marcellise, ..., e se il Comune di Verona crede di poter van- tare dei diritti procurerà poi di farli valere. ora, quale è il consiglio che ti do?

Mi consta che il reverendo vostro arciprete ha scritto in proposito al sindaco di Verona. Ma non basta. È necessario, io credo, che l’amministra- zione comunale di Marcellise, per mezzo del suo sindaco, faccia sua la questione, procedendo con sollecitudine e con prudente energia. ed ecco la via che credo opportuna. il vostro sindaco dovreb- be anzitutto scrivere al “commendatore dottor Gino Fogolari, regio Sopraintendente alle Galle- rie e Musei – Venezia” (questo è il suo indirizzo). e gli direi presso a poco così: che mentre furono restituiti a quasi tutte le chiese della provincia di Verona i quadri che ne vennero asportati, sol- tanto per metterli al sicuro in Firenze durante la guerra, il Comune di Marcellise non ha visto an- cora tornare alla sua chiesa quattro preziose tele, opera dei sommi pittori dai libri (non leonardo da Vinci, come tu scrivi) e Morone; che l’ammi- nistrazione comunale e il paese tutto reclamano che le quattro tele, ancora giacenti nel Museo di Verona, vengano senz’altro restituite alla chiesa, che le possiede e le custodisce da oltre un secolo, eccetera eccetera.

non appena il commendator Fogolari abbia ri- sposto, il sindaco, a seconda della risposta che riceverà, inizierà la sua azione verso il Comune di Verona.

Questo io suggerisco a te per la nostra buona amicizia e parentela. tu però – rilettendo che

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io, quale consigliere comunale di Verona mi tro- vo in una posizione delicata – non far uso del mio nome, se non in via riservata col sindaco. Vedre- mo come andranno le cose.

addio,

tuo affezionatissimo cugino (Floriano)

Grancelli chiarisce che la Commissione provin- ciale governativa per i monumenti, di cui faceva par- te, non aveva competenza sulla questione. tuttavia, si era mosso subito sul piano squisitamente politi- co rivolgendosi all’«amico assessore» delegato alla materia, al quale aveva rappresentato le ragioni dei marcellisani. aveva scritto, inoltre, al soprintenden- te alle Gallerie e Musei, cui spettava comunque l’ul- tima parola. dal colloquio con l’assessore, Grancelli deduceva che l’amministrazione comunale di Vero- na stava seriamente considerando la possibilità di chiedere alla Soprintendenza di ‘restituire’ alla città le antiche pale dell’organo di Santa Maria in orga- no ‘rubate’ dai soldati di napoleone e che da ciò dipendeva il ‘tira e molla’ sulla loro riconsegna alla parrocchia di Marcellise. nei giorni seguenti aveva scritto insistentemente all’assessore (due ‘note’ in due giorni!) auspicando la restituzione delle tele. il Comune di Verona avrebbe potuto, in seguito, far valere le proprie ragioni nelle sedi opportune.

Grancelli ricorda anche che il parroco aveva in- viato una richiesta uficiale al sindaco di Verona, ma era rimasta lettera morta. Secondo lui, quanto fat- to ino ad allora non era suficiente. era necessaria una ferma presa di posizione da parte del sindaco di Marcellise. ed è qui che il cugino Floriano mostra le sue doti, suggerendo la strategia che si rivelerà vincente e dettando la lettera che il Comune di Mar- cellise invierà al soprintendente qualche giorno più tardi. alfredo de Betta aveva, dunque, fatto la sua parte, anche se il clamoroso errore di attribuzione delle pale contese a leonardo da Vinci, che Gran- celli non risparmia di rimarcare, rivela una incerta conoscenza artistica.

la richiesta451 inviata il 25 giugno 1823 dal sinda-

co facente funzioni, aurelio Bianchi, al soprinten- dente Gino Fogolari mostra che i consigli furono seguiti scrupolosamente452.

Sarà certo noto alla Signoria Vostra illustrissima che il 28 aprile 1917, da codesta Sovraintendenza alle Gallerie e Musei, rappresentata dal professor nereo Vignola di Verona, vennero presi in tempo-

ranea consegna, con impegno per la conservazione e garanzia di restituzione, quattro dipinti del Morone

e di Girolamo dai libri spettanti a questa chiesa parrocchiale di Marcellise.

da un documento autentico dell’archivio par- rocchiale risulta che i detti dipinti si trovano in questa chiesa ino dall’anno 1808. da altro docu- mento risulta che prima del 1808 si trovavano da tempo immemorabile nell’oratorio di San Giacomo del Griliano (comune di lavagno) di proprietà dei conti Pozzo. da un terzo documento consta che furono donati dal conte Bartolomeo Pozzo al parroco di Marcellise, don Girolamo Pellegrini, il quale con disposizione 8 aprile 1819 li ha lasciati alla chiesa parrocchiale di Marcellise, la quale da allora in poi ne ha avuto imperturbato possesso, e li ha conservati con gelosa cura. essendo quin- di incontestabile la proprietà di questa chiesa sui detti dipinti, non si giustiica la detenzione dei medesimi al Museo Civico di Verona, il quale anzi non appena ritornati da Firenze, li avrebbe dovu- ti restituire. Ma il direttore del Museo di Verona alle replicate richieste, si schermisce dichiarando che non si può restituire senza il consenso di co- desta Sovraintendenza.

a questo punto ricordiamo alla Signoria Vostra illustrissima che ella con lettera 22 luglio 1921 scrisse alla Fabbriceria di Marcellise che ne sol- lecitava la restituzione, queste testuali parole: «ai loro dipinti erano necessarie delle riparazioni, che si stanno eseguendo con tutta cura, e credo che saranno pronti entro un mese per la restitu- zione». e nella stessa lettera «Questa Sovrainten- denza non sarà certo per mancare all’impegno di restituire i quadri e perciò loro possono vivere tranquilli i dipinti saranno restituiti costì». Ciò esposto ci maravigliamo altamente come la Si- gnoria Vostra illustrissima non abbia dato ancor ordine al Museo di Verona di restituirli mentre li ha restituiti a quasi tutte le chiese della provincia. non le nascondiamo che il popolo è altamente indignato per questo modo di procedere ed insi- ste nel proposito di andare a ritirare i suoi quadri usando anche la violenza per averli nella funzio- ne delle Quarant’ore che ha luogo alla metà del mese di luglio prossimo venturo.

Questo Comune, assicurando che la restituzione di detti quadri venga fatta [premu]rosamente, e che si evitano incresciosi incidenti, interprete dei sentimenti della popolazione, prega la Signoria Vostra illustrissima a voler dar ordine al direttore

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del Museo di Verona di restituirli nella prima set- timana di luglio.

Certo che la Signoria Vostra illustrissima, com- presa dell’equità della domanda vorrà accoglier- la, [professa] sentiti ringraziamenti e resta in at- tesa di un sollecito cenno di assicurazione. Con osservanza

il Sindaco facente funzioni aurelio Bianchi

le parole del sindaco aggiungono altre tessere al mosaico che andiamo ricostruendo. almeno un paio di anni prima la Fabbriceria aveva sollecitato alla Soprintendenza la restituzione dei dipinti. nella risposta del 22 luglio 1921 Fogolari aveva promesso che ciò sarebbe avvenuto entro un mese, al termine del restauro cui erano sottoposti. eravamo ora nel giugno 1923 e la popolazione di Marcellise stava per ‘perdere la pazienza’.

la determinazione del sindaco e la paventata mi- naccia di una sollevazione popolare (cui forse non era estraneo il ricordo di quella attuata in altri fran-