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don nicola Mazza e i suoi preti di Marcellise luciano Barba e Giuseppe Corrà

approfondimenti

poteva diventare monotono e noioso, portava con sé il fucile da caccia, ultimo residuo degli antichi svaghi496. Così anche irrobustiva il corpo, che per la

salute sempre delicata, aveva bisogno di esercizio all’aria aperta»497.

Molto probabilmente la strada che don Mazza percorreva per venire da Verona a Marcellise era la medesima che gli abitanti del paese dovevano per- correre a piedi quando dalla città ritornavano a casa propria ancora subito dopo la ii Guerra Mondiale. nelle vicinanze di Porta Vescovo il prete imboccava l’attuale via Montorio ino a raggiungere la locali- tà di Ponte Florio. di qui si arrampicava sul mon- te Martinelli e, scendendo, arrivava vicino al brolo odoli, che per un tempo fu in possesso della sua famiglia. Un altro sentiero conduceva, poi, alla lo- calità Pigno.

interessante la vicenda di come la famiglia Maz- za venne in possesso del brolo odoli. il 17 aprile del 1797, primo giorno delle Pasque veronesi, una pattuglia di insorti entrò a Verona nell’abitazione di Chappes, chirurgo di prima classe degli ospeda- li militari della città. in seguito a quella intrusione, dalla sua stanza scomparvero oggetti più tardi valu- tati in 1.290 ducati dal grosso498. Passata la burrasca,

Chappes denunciò l’accaduto incolpando del furto subito Francesco odoli da lui riconosciuto quale comandante della pattuglia entrata nella propria abitazione. Quest’ultimo aveva parecchie proprietà, tra le quali una splendida tenuta composta di cam- pi arativi, di prati, di boschi e terreno improduttivo con una casa padronale, annessi rustici ed una chie- sa nel territorio di Marcellise ed, in parte, anche di olivè. Proprio con la cessione di questo posse- dimento egli risarciva luigi Mazza delle spese che aveva sostenuto in sua vece. infatti, mentre odoli si trovava alla macchia per sfuggire ai rigori della giustizia, il Comitato di sicurezza veronese lo aveva condannato a pagare i danni arrecati a Chappes, un debito che venne saldato per lui da luigi Mazza.

Ma anche altri creditori, oltre al Chappes, esi- gevano di essere pagati e così la proprietà odoli di Marcellise ed olivè inì nelle mani del Mazza499.

Con il possesso della tenuta i nuovi proprietari ac- quisirono anche lo ius patronatus500 su due banchi

della chiesa parrocchiale di San Pietro in Cattedra ed iniziarono a restaurare le strutture esistenti nel proprio brolo, compreso l’oratorio presente alme- no in dal 1700. la relazione della visita pastorale compiuta alla parrocchia di Marcellise nel 1722 dal vescovo di Verona Marco Gradenigo (1714-1725) af-

ferma, infatti, che il presule benedisse la chiesetta dedicata a Sant’antonio di Padova, parte integrante dei fabbricati che costituivano la corte. ed evidenzia anche che l’oratorio era stato costruito da poco: Nu- per a fundamentis de licentia episcopi erectus («recente- mente eretto dalle fondamenta con autorizzazione del vescovo»)501. e quell’oratorio rimase intitolato a

Sant’antonio di Padova ino al 1800.

a decorare con degli affreschi la chiesetta restau- rata, la famiglia Mazza chiamò l’abate leonardo Manzati, pittore ed architetto del tempo, che in- castonò lungo i muri interni degli ediici lapidi in marmo con scritte dettate dall’abate antonio Cesa- ri, che decantano la bellezza e la pace del luogo.

in questa occasione, venne anche cambiata la dedicazione del piccolo luogo di culto: non più a sant’antonio, ma alla Gran Madre di dio. Proprio in questo oratorio, don nicola vestì l’abito talare il 21 giugno 1807502.

Fin dal 1801 la famiglia Mazza aveva aggiunto all’interno della chiesetta un’edicola che contene- va una statua della Madonna a grandezza naturale. l’opera venne realizzata per ottemperare al voto fatto afinché il paese di Marcellise venisse rispar- miato dalle distruzioni delle guerre napoleoniche che interessarono il territorio veronese. numerose furono le battaglie combattute anche nell’est vero- nese: arcole, Caldiero, Vago e nelle vicinanze di San Martino Buon albergo503.

in seguito alle dificoltà inanziarie della famiglia Mazza, la proprietà di quei circa 300 campi veronesi e delle strutture esistenti, il 20 aprile 1821, passò a Giosafatte Camozzini. Ma, dopo la morte in combat- timento del maggiore Giovanni Carlo Camozzini a San Michele al Carso nel 1915, sua moglie Gisella Ugazzi, che lo aveva sposato solo una settimana pri- ma del suo arruolamento, vendette la proprietà alla famiglia aldegheri proveniente da San Bortolo del- le Montagne.

due furono i ragazzi che don nicola Mazza co- nobbe a Marcellise e portò con sé a Verona perché potessero frequentare la scuola: luigi dusi ed ales- sandro aldegheri.

Don Luigi Dusi

luigi dusi fu il primo. di intelligenza sveglia, era nato a Marcellise nel 1809 nella famiglia di Gioac- chino, povero falegname, e di anna Maria Segala. a soli 10 anni seguì don nicola a Verona. Collocato a

san pietro in cattedra a marcellise

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pensione da una buona donna di San nazaro, tere- sa Pieropan, frequentò il Seminario vescovile, allora nelle vicinanze di Santa Maria in organo.

il ragazzo non tradì le aspettative riposte in lui da don nicola e venne ordinato prete il 22 settem- bre 1832. Fu anche insegnante di Sacra Scrittura nel Seminario: la Bibbia la conosceva tutta a memo- ria, come conosceva anche una ventina di lingue. a Marcellise i suoi pronipoti loretta, luigi e Gaetano dusi conservano ancora con venerazione un ritratto del loro don luigi. nella didascalia della foto, fra le altre cose, si può leggere: «ebbe intera scienza delle lingue ebraica, caldea, siriaca, araba, greca. Parlava tedesco, inglese, francese, russo, spagnolo, unghe- rese, armeno, danese con tale agevolezza che i nati in quelle regioni lo ascoltavano meravigliando. del- le lingue latina ed italiana non è da dire, ma la tur- ca, la boemica, la polacca, l’illirica, la vallacca studiò e conobbe». niccolò tommaseo, grande letterato del tempo, testimoniò che don luigi, oltre alle venti lingue, conosceva e possedeva anche il linguaggio più importante: quello dell’affetto verso il prossimo.

Fin da giovanissimo diresse l’istituto femminile di don Mazza situato in via Cantarane a Verona. Un giorno, mancando il pane per sfamare le ragazze di quell’istituto, venne inviato da don nicola a pregare in duomo all’altare della Madonna del Popolo con l’ordine di non muoversi di là ino a che la grazia non fosse stata ottenuta. Poco dopo, il pane tanto atteso arrivava all’istituto, ma la gioia del momento fece dimenticare al superiore che don luigi si trova- va ancora in duomo a pregare. della sua assenza ci si rese conto solo alla sera e, quando lo andarono a cercare, lo trovarono davanti all’altare della Madon- na del Popolo immerso nella preghiera.

don luigi fu un grande sostenitore del progetto mazziano di inviare missionari in africa. anche lui «desiderava ardentemente partire per le missioni»504,

ma era gracile nel isico e don Mazza, a cui va rico- nosciuto il merito di aver sollevato il problema della Missione in quel vasto Paese, non gli permise di rea- lizzare questo sogno. Ma, pure sul letto di morte, egli pregò don nicola, chiamato scherzosamente dai suoi anche don Congo505 per l’insistenza con cui parla-

va di questa terra, perché inviasse dei propri preti in africa: «Mandi, Padre – gli diceva – dei suoi igli là fra i poveri negri a farli cristiani; mandi, mandi»506.

non privo di critiche il metodo con cui don Maz- za riteneva di poter contribuire a cristianizzare l’a- frica portando a Verona dei «negretti e delle negret- te» che sarebbero tornati in patria istruiti e formati

per questo compito. Ma come poterono trovarsi a Verona queste persone che avevano tutta un’altra cultura e tutto un altro stile di vita? Fu uno dei suoi grandi discepoli, daniele Comboni, a comprende- re che l’africa doveva essere salvata attraverso gli africani e non colonizzata anche dal punto di vista evangelico.

la morte colse don luigi dusi prematuramente nel 1844, quando aveva solo 45 anni. il suo corpo venne sepolto nella tomba dell’istituto mazziano al Cimitero monumentale di Verona.

Don Alessandro Aldegheri

nato a Marcellise nel 1812, nel 1824 si trasferì a Verona per frequentare le scuole del Seminario507.

don alessandro venne ordinato prete nel 1836. Ma già qualche anno prima era rettore dell’istituto ma- schile fondato da don Mazza. Fu anche professore di diritto canonico e cancelliere vescovile.

l’incontro decisivo della sua vita fu, però, quello con la igura e la ilosoia di antonio rosmini (ro- vereto, 24 marzo 1797 - Stresa, 1 luglio 1855), il noto sacerdote messo all’indice508 dalla Chiesa ed oggi

giustamente riconosciuto come uno dei suoi gran- di profeti moderni, attento alle esigenze autentiche del proprio tempo e precursore della strada su cui la Chiesa stessa si sarebbe avviata solo successivamente e con qualche fatica.

rosmini, rifacendosi ai grandi problemi affronta- ti dal Concilio di trento e individuando le situazio- ni malate del proprio mondo cristiano, indicava alla Chiesa una possibile ed eficace azione risanatrice. nel suo famosissimo libro Delle cinque piaghe della Chiesa metteva in evidenza la grave frattura esistente tra il popolo ed il clero, nonché l’asservimento della Chiesa al potere politico e l’assoluta necessità di una sua profonda e radicale riforma. non nascondeva, inoltre, le proprie idee favorevoli all’unità e all’in- dipendenza dell’italia, come alla libertà dei popoli.

dopo qualche mese dalla pubblicazione, l’opera rosminiana, osteggiata dai gesuiti e dai domenicani, venne inserita dal papa Pio iX nell’indice dei libri proibiti e lo stesso autore, già prossimo a divenire cardinale, venne sconfessato. il grande sacerdote accettò il processo iniziato sulle proprie opere con profonda umiltà, sottomettendosi alle decisioni del- la curia romana. Ci volle un po’ di tempo, ma la gerarchia ecclesiastica dovette alla ine riconoscere il proprio errore di valutazione e mandarlo ‘assol-

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to’: era il 3 luglio del 1854, un anno prima della sua morte. Ma l’ostilità ed il sospetto verso il suo pensie- ro non cessarono comunque.

Sulle sue tracce, anche don aldegheri, nonostan- te le minacce di sospensione a divinis ricevute dal vescovo di Verona aurelio Mutti (1841-1851), criti- cava il potere temporale della Chiesa, si esprimeva per la libertà di coscienza e invitava i cattolici ad entrare in politica per collaborare a migliorare lo Stato. È evidente che questo suo atteggiamento gli procurasse sospetti e censure, che lo portarono, nel 1856, ad allontanarsi dall’istituto di don Mazza con il quale era entrato in conlitto anche per la questio- ne missionaria da lui ritenuta «una voragine verso la quale tutto precipita senza possibilità di rimedio»509.

Questa decisa presa di posizione di don alessandro sulla Missione africana lo mise in contrasto diretto anche con il compaesano don luigi dusi, ardente sostenitore delle Missioni.

Sui motivi della scelta di don alessandro di ab- bandonare l’istituto scrive Giuseppe degani:

diverse motivazioni concorsero a tale determina- zione. Vi era innanzitutto un’opposizione agli svi- luppi che stava prendendo la Missione africana: don aldegheri non era contrario al progetto mis- sionario di don Mazza, voleva prima consolidare l’istituto maschile, per essere certo che avrebbe continuato a vivere, e voleva attuare la Missione in tempi successivi, come un’appendice. (…) C’era anche la questione rosminiana a complica- re i rapporti tra don Mazza e don aldegheri. (…) don Mazza, vedendo coinvolti nella polemica al-

cuni suoi preti che erano favorevoli a rosmini, mentre alcuni altri (tra cui il suo benefattore don [Pietro] albertini) erano decisamente contrari, credette prudente tenere l’istituto al di fuori di quell’atmosfera rovente. l’albertini inoltre, con- cedendo a don Mazza gli ediici di San Carlo, ave- va posto come clausola vincolante la proibizione per tutti i suoi preti, chierici e studenti, di studia- re il rosmini, pena la revoca della concessione. anche per questo don Mazza invitò quei preti a lasciare l’istituto510.

assieme a don alessandro e per i medesimi moti- vi se ne andarono dall’istituto mazziano anche don Francesco angeleri, don luigi Bianchi e don Pietro ronconi511, tutte persone di alta qualità.

allontanatosi dall’istituto, don aldegheri risie- dette con gli altri tre preti in una casa attigua alla chiesa di San Giorgio in Braida, facendo vita comunitaria. egli proseguì nella sua attività di insegnante in seminario. dal 1872 fu cancel- liere vescovile, incarico che mantenne ino alla sua morte, avvenuta il 2 giugno 1876. anche lui è sepolto nella tomba dell’istituto mazziano al ci- mitero monumentale512.

Una notizia quella dell’uscita di don alessandro aldegheri dall’istituto mazziano che arrivò in breve tempo anche a Marcellise dove la gente comune si sentì quasi offesa e tradita da questo iglio della pro- pria terra.

Fra i parroci che più a lungo ressero la parroc- chia di Marcellise va senz’altro ricordato don Gaspa- rini che vi rimase per ben 33 anni.

Guerrino arnaldo Maria Gasparini nacque a Ma- rega di Bevilacqua il 21 settembre 1915. in tenerissi- ma età rimase orfano del padre e, assieme al fratello

e alla mamma, conobbe in da subito sacriici e re- strizioni. dotato di spiccata intelligenza e di un ca- rattere iero, apprezzò l’operato della mamma che, con energia, si sobbarcò da sola il peso della fami- glia. Per lei il iglio, oltre al naturale affetto, provò profonda gratitudine e rispetto, mentre su di lui la

don Guerrino arnaldo Maria Gasparini