II. Il carme 64 nel suo complesso
2. La struttura: un confronto fra Catullo e Apollonio
La critica, soprattutto quella meno recente, non è sempre stata tenera nei confronti del carme 64, cioè dell‟opera che avrebbe forse dovuto essere il capolavoro di Catullo22
. Noti sono ad esempio i giudizi di Couat e di Wilamowitz. Auguste Couat nel suo studio su Catullo apparso nel 1875, trova la composizione del poemetto piuttosto difettosa: «il est impossible d‟y [scil. nel carme 64] trouver ni idée dominante, ni mouvement d‟ensemble, ni inspiration, ni unité». Poco dopo lo studioso parla anche dell‟«affectation» e dell‟«inexpérience» del poeta23
. Couat ha comunque il merito di riconoscere che alcune caratteristiche „anomale‟ del poemetto catulliano, come le continue riprese, l‟andamento contorto del racconto, le interruzioni volontarie, sono dei procedimenti letterari «familiers aux Alexandrins»24. Wilamowitz, invece, mette in rilievo come la varie parti del carme catulliano siano messe insieme non senza forzature («alles ist nicht ohne
2-9; Syndikus 1990, 100-103; Merriam 2001, 2-24 e 159-161; Bartels 2004, 220-222; Hollis 2009, 25-26. Per un quadro dei testi che presentano caratteristiche dell‟epillio ellenistico si veda Hollis 2006, 141-157. 18 Come un tutt‟uno e come una sorta di epillio l‟episodio di Lemno apolloniano è visto anche da Wulf Bahrenfuss, autore di una dissertazione sull‟avventura lemnia degli Argonauti in diversi poeti. Cfr. Bahrenfuss 1951, 2.
19 Si consideri ad esempio come Apollonio leghi le due donne che si innamorano di Giasone, cioè Ipsipile e Medea, tramite una serie di corrispondenze anche verbali e come il dono per Apsirto descritto in IV 423-434, fondamentale per lo svolgimento della vicenda, sia un peplo appartenuto un tempo alla regina di Lemno. Cfr. V 9.
20 Si tratta comunque di un poema molto più breve dell‟Iliade e dell‟Odissea. I quattro libri di Apollonio sono infatti costituiti da 5836 versi (questa cifra si basa sull‟edizione di Vian, ma è ovvio che lacune - normalmente non segnate dalla numerazione - e versi spuri - normalmente numerati - possono aver alterato il numero originale), mentre l‟Iliade ne ha circa 16000 e l‟Odissea circa 12000.
21 Un‟approfondita analisi degli elementi callimachei presenti nelle Argonautiche si trova in Margolies DeForest 1994, 1-152. Qualche interessante considerazione si trova inoltre in Hutchinson 1988, 85-97. Negli studi di poesia ellenistica è ormai stata abbandonata già da tempo la vecchia idea di una totale e netta contrapposizione fra Callimaco e Apollonio Rodio, basata anche sulla supposizione che fra i due poeti vi fosse stato un litigio. Sulla questione del litigio, per l‟interpretazione tradizionale, si vedano ad esempio Couat 1882, 496-514 e Smiley 1913, 280-294, per quella più „moderna‟, soprattutto Lefkowitz 1980, 1-19. Si vedano inoltre Wehrli 1941, 14-21; Eichgrün 1961, 158-179; Schwinge 1986, 84-87 e 153- 154; Cameron 1995, 225-228 e 231.
22 Cfr. Wilamowitz 1924, 298 («das Gedicht ist die Arbeit, in welcher Catull sein Meisterstück machen wollte»); Jenkyns 1982, 149-150.
23 Cfr. Couat 1875, 175-179. 24
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Gewaltsamkeit zusammengezogen»)25. Ci sembra poi interessante notare come nella critica relativa all‟epillio su Peleo e Teti permanga a lungo la tendenza ad attribuire direttamente a Catullo, e non alle sue fonti, le imperfezioni compositive che si scorgono, o si credono di scorgere, nel testo. Perrotta ritiene ad esempio che i versi sull‟abbandono dei lavori agricoli (64,38-42) «siano stati aggiunti senza troppa opportunità» proprio da Catullo26 e Lefèvre mette in rilievo delle stranezze nelle „giunture‟ che collegano la cornice sulle nozze di Peleo e Teti all‟ἔηθναζζξ, attribuendole al poeta romano piuttosto che a un poeta alessandrino27
. Ma in alcuni casi il carme 64 ha suscitato l‟interesse degli studiosi proprio per la sua insolita struttura. Sono in effetti non pochi coloro che hanno ritenuto interessante approfondire l‟analisi strutturale dell‟epillio catulliano o anche solo fornire degli schemi compositivi28. L‟insolita struttura del
carme 64, poi, ha a lungo fatto sì che fosse sentita la necessità di dover giustificare l‟„unità‟ del poemetto29.
Ma esaminiamo la struttura del carme 64 più da vicino. Il carme è costruito attorno ad una vistosa anomalia: a quello che dovrebbe esserne il tema principale, vale a dire la rappresentazione delle nozze di Peleo e Teti30, viene dedicato meno spazio di quanto non ne venga dedicato alla descrizione di un oggetto, sia pure importante. Alla „cornice‟ vengono infatti dedicati 195 versi31, mentre all‟ἔηθναζζξ con la storia di Arianna 21332. Il testo si presenta poi più come una serie di quadri che non come una vera e propria narrazione. Ci sono inoltre continue interruzioni e riprese, soprattutto nell‟ ἔηθναζζξ. La nota dominante è l‟asimmetria. Il poemetto si apre ex abrupto e l‟inizio è dedicato al viaggio degli Argonauti verso la Colchide (vv. 1-11). Il poeta impiega la terza persona e in maniera impersonale chiarisce subito che vengono riportate cose già dette da altri (al v. 2 c‟è dicuntur). Ma non è il racconto del mito argonautico che si presenta al lettore (o ascoltatore), bensì la maestosa immagine della nave Argo che si dirige verso la Colchide, immagine che mette in ombra gli accenni al desiderio dei
lecti iuuenes di impadronirsi del vello d‟oro e al ruolo di Atena nella costruzione della nave
stessa. All‟immagine della nave viene legato anche il successivo quadro, quello delle Nereidi che emergono piene di ammirazione (vv. 12-18). Poi assistiamo ad una brusca virata: la nave Argo scompare improvvisamente e la triplice anafora di tum attira l‟attenzione sull‟incontro di Peleo e Teti, sull‟innamoramento e sul consenso di Giove alle nozze (vv. 19-21). Al v. 19 viene 25 Cfr. Wilamowitz 1924, 301. 26 Cfr. Perrotta 1931, 192-193. 27 Cfr. Lefèvre 2000a, 182-186.
28 Cfr. Bardon 1943, 39-45; Waltz 1945, 94-98; Thomson 1961-1962, 49-57; Kinsey 1965, 911-931; Bramble 1970, 22-41; Quinn 1970, 288-289; Daniels 1972-1973, 97-101; Traina 1975, 148-152 (strutture temporali); Duban 1980, 777-800; Traill 1980, 232-241; Michler 1982, 104-115; Traill 1988, 365-369; Blusch 1989, 116-130; Lesueur 1990, 13-14; Syndikus 1990, 107-113; Martin 1992, 157; Cupaiuolo 1994, 432-473 (soprattutto 432-439); Godwin 1995, 132; Warden 1998, 397-413; Vazzana 2001, 247- 253; Nuzzo 2003, 42-49; Bartels 2004, 18-28; Paschalis 2004, 52-56; Fernandelli 2012, 4-6.
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Basti pensare a quanto insista sull‟unità del carme 64 Friedrich Klingner. Cfr. Klingner 1964, 156-216. 30 Già la tradizione umanistica aveva riconosciuto essere questo il tema principale e dato al componimento poetico catulliano il titolo di Nozze di Peleo e Teti. Cfr. Lafaye 1894, 143 n. 1; Waltz 1945, 93; Nuzzo 2003, 54; Masciadri 2012, 11-15.
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Le cifre si basano sulla numerazione dell‟edizione di Mynors. A rigore anche i vv. 50-51 e i vv. 265- 266 farebbero parte dell‟ἔηθναζζξ. Li escludiamo dalla numerazione perché essi non fanno parte della sezione con la storia di Arianna. Lefèvre esclude stranamente dalla «Einlage» i vv. 50-51, ma non i versi 265-266 (cfr. Lefèvre 2000a, 182).
32 La critica non ha mancato di sottolineare le insolite proporzioni dell‟epillio di Catullo. Cfr. e. g. Ellis 1889, 280 («yet nothing in Callimachus or Theocritus can, I think, be said to produce the same feeling of disproportion as this digression of Catullus, which indeed seems to have absolutely nothing to do with the main subject of the poem»); Ramain 1922, 136; Lenchantin 1939, 139-141 e ad 64,50-266 («una digressione così lunga nuoce all‟unità del poemetto»); Waltz 1945, 94-95; Jenkyns 1982, 138 («odd proportions»); Klingner 1964, 177 («es gehört gewiß zu den größten Bizarrerien dieses höchst bizarren Gedichts, daß von seinen 408 Versen nicht weniger als 217, mehr als die Hälfte, auf eine Nebensache verwendet sind»); Deroux 1986b, 248-249 (l‟ἔηθναζζξ sarebbe caratterizzata da «astonishing and disproportionate length»); Lefèvre 2000a, 182 («Mißverhältnis»).
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ribadito che il poeta riporta avvenimenti già narrati da altri (fertur)33. Il poeta interviene poi in prima persona con una solenne apostrofe agli eroi (vv. 22-24) e a Peleo (vv. 25-30). L‟apostrofe a Peleo, tramite una serie di domande retoriche, ingloba in sé anche gran parte della „trattazione‟ del fidanzamento di Peleo e Teti. A partire dal v. 31 riprende la normale esposizione in terza persona. Si susseguono tre nuove immagini: i Tessali che lasciano le loro sedi abituali per riunirsi a Farsalo (vv. 31-37), la campagna tessala abbandonata (vv. 38-42) e la descrizione del palazzo (vv. 38-51). Descrivendo il lussuoso palazzo, il poeta conduce delicatamente l‟attenzione del lettore (o ascoltatore) sul puluinar geniale e sulla preziosa coltre che lo ricopre. Così gli basta un namque (v. 52) per introdurre una nuova sezione, in realtà assai indipendente da quel che precede.
Chi legge il carme 64 si trova improvvisamente di fronte un‟Arianna immobile sulla spiaggia di Dia, appena abbandonata, che fissa, piena di rabbia, la nave di Teseo che si sta allontanando (vv. 52-70). Prima di passare ad altri argomenti, il poeta apostrofa Teseo (vv. 69-70). Questa apostrofe, che si sofferma sullo stato emotivo di Arianna, è una sorta di sigillo dell‟immagine dell‟eroina abbandonata. Segue una lunga digressione sugli avvenimenti precedenti (vv. 71- 123). È interessante vedere come il poeta colleghi questa sezione alla precedente dedicando sia i vv. 69-70 che i vv. 71-72 all‟amore di Arianna. La digressione non presenta affatto gli avvenimenti in maniera lineare. La partecipazione del poeta, che però non interviene in prima persona ma si limita ad un‟esclamazione sulla miseria e sulle curae della fanciulla cretese, introduce la rapida descrizione del viaggio di Teseo da Atene a Creta (vv. 71-75). Segue subito un nuovo arretramento temporale e un nuovo segnale che rinvia al racconto d‟altri (al v. 76 c‟è
perhibent). Ora il poeta, questa volta con uno stile più narrativo che descrittivo, racconta come
Teseo abbia deciso di recarsi a Creta e uccidere il Minotauro per porre fine al pesante tributo di vite umane dovuto dalla città di Atene (vv. 76-85). Vediamo così un‟altra volta l‟eroe ateniese giungere a Creta (v. 85). Subito dopo viene introdotta improvvisamente l‟immagine dello sguardo di Arianna, fisso sul bell‟eroe straniero. È uno sguardo che si prolunga per ben sette versi, racchiudendo in sé anche l‟immagine di una uirgo regia ancora infantile, che si muove tra gli abbracci della madre e il suo casto lettuccio (vv. 86-92). Segue la descrizione dello sconvolgimento emotivo della ragazza (vv. 92-93). Questa descrizione continua anche nella seguente apostrofe alle divinità dell‟amore (vv. 94-98). Nei versi successivi la preparazione di Teseo alla lotta con il Minotauro non viene descritta direttamente, ma indirettamente nei timori di Arianna (vv. 99-104), e la lotta stessa tramite un‟ampia similitudine, che dà più spazio all‟immagine degli alberi abbattuti dal turbo che non alle prodezze dell‟Ateniese (vv. 105-111). Un nuovo quadretto si sofferma sull‟uscita dal labirinto e sul famoso filo (vv. 112-115).
A questo punto il poeta interrompe bruscamente il suo racconto intervenendo in prima persona (vv. 116-117). Così gli avvenimenti che si collocano nello spazio temporale tra l‟impresa eroica di Teseo e l‟abbandono che Arianna è costretta a subire a Dia diventano parte di una preterizione e vengono presentati solo con qualche accenno (vv. 117-123). L‟attenzione si sposta invece nuovamente su Arianna a Dia, che ora non è più immobile, ma sale sulle alture e corre tra le onde (vv. 124-129). Ancora una volta il poeta sente il bisogno di rimandare al racconto d‟altri: al v. 124 si trova infatti perhibent. Due versi introducono il lungo monologo (vv. 130-131). E la coltre inizia a parlare: Arianna si lamenta della propria situazione, accusa Teseo di non avere mantenuto le promesse (in particolare quella di matrimonio) e chiede giustizia agli dèi (vv. 132-201). Per la struttura del poemetto è interessante notare come alcune delle affermazioni della principessa cretese si ricolleghino ad altre parti del carme. Ecco gli esempi più vistosi. Al v. 135 ritorna, come attributo di Teseo, l‟aggettivo immemor, già presente con la stessa funzione, e nella medesima posizione metrica, al v. 58. I versi in cui Arianna ricorda il suo contributo alla buona riuscita dell‟impresa dell‟eroe ateniese (vv. 149-151) presentano da un altro punto di vista gli stessi fatti narrati ai vv. 112-115. Anche i vv. 171-176 presentano da un nuovo punto di vista un fatto già raccontato. Si tratta questa volta del soggiorno cretese di Teseo, descritto in 64,73 sgg. (Arianna vorrebbe che esso non avesse mai
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avuto luogo). I due versi conclusivi del monologo (vv. 200-201) verranno invece ripresi poco prima dell‟introduzione dell‟episodio di Bacco, ai vv. 247-248. Per mezzo del v. 202, che si riferisce alle parole appena pronunciate da Arianna, Catullo si riallaccia di proposito al v. 130 (in entrambi i versi compare del resto l‟aggettivo maestus).
I versi successivi sono dominati dalla figura di Giove, che dà ascolto alla preghiera di Arianna. È un‟immagine cosmica (vv. 203-206). Segue poi un quadretto sulla punizione di Teseo, il quale si dimentica delle promesse fatte al padre (vv. 207-211). Questo quadro rimane però in sospeso, perché le conseguenze funeste dell‟oblio non vengono ancora presentate. Inizia quindi una nuova digressione, che, rispetto al momento descritto in 64,52 sgg., si sposta dapprima nel passato (vv. 212-237) e poi nel futuro (vv. 238-248). Viene inoltre ancora una volta segnalato che i fatti sono già stati riferiti da altri (al v. 212 c‟è ferunt). Nella prima parte della sua digressione, Catullo si sofferma sulla partenza di Teseo da Atene (vv. 212-214) e riporta direttamente il patetico discorso di Egeo con le note istruzioni relative alle vele (vv. 215- 237). Il discorso diretto assorbe quasi interamente la presentazione della scena. La seconda parte, semplicemente giustapposta alla prima senza altre indicazioni, è invece dedicata al ritorno di Teseo, che si dimentica delle istruzioni ricevute (vv. 238-240), al suicidio del padre (vv. 241- 245) e al luttuoso rientro a casa dell‟eroe (vv. 246-248). Come già detto, quest‟ultima parte si ricollega alla parte finale del monologo di Arianna. Prima di introdurre l‟episodio di Bacco, Catullo si ricollega però in maniera evidente anche ad un‟altra parte del suo poemetto. I vv. 249- 250 riprendono infatti in maniera evidente i vv. 52-53, che aprono l‟ἔηθναζζξ della coltre (il participio prospectans e il verbo cedere compaiono in entrambi i passi). C‟è però una differenza: l‟immagine di Arianna che sulla spiaggia di Dia fissa la nave di Teseo viene ora proiettata nel passato (nel primo passo c‟è tuetur, nel secondo uoluebat). Al happy end della vicenda di Arianna viene tutto sommato dedicato poco spazio (solo i vv. 251-264). E per di più a dominare questo breve passo non è la coppia felice di Bacco e Arianna, bensì il rumoroso corteggio delle Baccanti. Il poeta accenna infatti brevemente all‟amore di Bacco (sui sentimenti di Arianna non viene più detto nulla) e poi mette in primo piano la descrizione delle Baccanti (ancora una volta non c‟è narrazione delle vicenda). Per la struttura del carme 64 il passo contiene però un‟indicazione importante, perché al v. 251 l‟epressione parte ex alia sembra ricordare al lettore (o ascoltatore) di trovarsi in realtà di fronte alla descrizione di un‟opera d‟arte. Poco più avanti glielo ricordano anche i vv. 265-266, che interrompono la „finzione‟ dell‟ἔηθναζζξ, riprendendo i vv. 50-51 (uestis e figurae compaiono in entrambi i passi, mentre
decorata è sinonimo di uariata). Questa ripresa e le riprese già messe in luce sopra mostrano
bene come il poeta intenda rendere visibili certi elementi strutturali al fruitore del suo testo. Solo al v. 267 viene detto esplicitamente che la splendida coltre è stata ammirata dalla
Thessala pubes. A partire da questo verso continua la descrizione della festa nuziale di Peleo e
Teti. Dapprima si afferma sinteticamente che gli ospiti mortali, dopo aver ammirato la coltre, iniziano a lasciare la reggia per cedere il posto agli dèi (vv. 267-268). Subito dopo, per mezzo di un‟ampia similitudine, gli esseri umani vengono definitivamente fatti uscire di scena (vv. 269- 277). Inizia poi la parte „divina‟ della festa. Un piccolo catalogo descrive l‟arrivo di Chirone (vv. 278-284), di Peneo (vv. 285-293), di Prometeo (vv. 294-297) e di Giove con moglie e figli (vv. 298-299). Questo catalogo sfocia in un‟apostrofe ad Apollo che, al pari della sorella Diana, è il solo dio a non partecipare alla festa nuziale (vv. 299-302). Inizia quindi la rappresentazione del banchetto. Ma al banchetto il poeta accenna appena (vv. 303-304), concentrando la propria attenzione piuttosto sulle Parche, delle quali descrive accuratamente l‟aspetto fisico e il lavoro di filatura (vv. 305-319).
I vv. 320-321 segnano il passaggio dalla descrizione della precedente filatura, alla quale accennano ancora una volta con il rapido pellentes uellera, al successivo canto delle Parche, del quale il v. 322 sottolinea la veridicità. I vv. 320-322 hanno il compito di introdurre il canto, che viene direttamente riportato nel testo (vv. 323-381). Questo canto è costituito da dodici brevi strofe di varia lunghezza (da un minimo di 4 versi ad un massimo di 6) chiuse dal ritornello
currite ducentes subtegmina, currite, fusi. La struttura complessiva è anulare, perché le prime
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sorta di Achilleide. Il canto è quasi interamente proiettato nel futuro. Esso si apre con un‟apostrofe a Peleo (vv. 323-332) che si ricollega all‟apostrofe di 64,25 sgg. (augens è parallelo ad aucte e Emathiae tutamen a Thessaliae columen). Sia nell‟apostrofe che nella strofa seguente (vv. 334-336) viene celebrata l‟unione di Peleo e Teti ed esaltato il loro amore. Nella successiva parte dedicata al figlio che nascerà alla coppia, Achille, si trova una serie di quadretti piuttosto espressivi, ognuno dei quali su un particolare aspetto: l‟eroe intrepido e veloce (vv. 338-341), il più valoroso degli eroi che compie delle stragi (vv. 343-346), le madri in lutto per le stragi del Pelide (vv. 348-352), il paragone con il mietitore (vv. 353-355), i guerrieri uccisi da Achille nello Scamandro (vv. 357-360), il sepolcro che accoglie le membra di Polissena (vv. 361-364) e il sacrificio di quest‟ultima (vv. 366-370). Le ultime due strofe sono di nuovo dedicate agli sposi. La prima si riferisce al momento che precede l‟unione (vv. 372-374) e la seconda a quello che la segue (vv. 376-380). Due versi che si ricollegano chiaramente ai versi introduttivi (cioè ai vv. 320-322) segnano infine la conclusione del canto (vv. 382-383). E insieme al canto delle Parche si conclude anche la rappresentazione delle nozze di Peleo e Teti. Ma Catullo non termina qui il suo poemetto. Per mezzo di un altro namque (v. 384) egli aggiunge un epilogo dai toni fortemente moralistici. La prima parte dell‟epilogo descrive una situazione passata in cui l‟umano e il divino erano ancora vicini, in cui gli uomini erano pii e compivano sacrifici per gli dèi e in cui gli dèi partecipavano alle guerre degli uomini (vv. 384- 396). Nella seconda parte dell‟epilogo si assiste invece ad uno spostamento temporale verso l‟epoca del poeta, che per mezzo del nobis del v. 406 si inserisce in una ben precisa collettività. In questi versi finali il poeta si lamenta delle tristi condizioni di un presente che ha perso ogni senso morale e ogni senso di giustizia (vv. 397-408).
Come si vede dal quadro appena tracciato, l‟epillio composto da Catullo è un componimento molto vario (πμζηίθμξ) che accoglie elementi di diversi (o diversi altri) generi letterari (in particolare epos, tragedia ed epitalamio). Non ci sembra comunque che al carme 64 nel suo complesso si possa assegnare una struttura anulare come qualcuno ha cercato di fare34. Affermando ciò non vogliamo d‟altra parte negare che la Ringkomposition sia un principio compositivo operante nel carme. Esso riguarda però solo alcune parti.
Un confronto anche solo superficiale con Apollonio non può che mettere inevitabilmente in luce enormi differenze strutturali fra l‟epillio del poeta romano e le Argonautiche. Per alcuni aspetti la differenza da Catullo è veramente grande. Le Argonautiche35 sono un‟opera poetica
molto più lunga (la lunghezza è di circa 14 volte e mezzo superiore a quella del carme 64). E un‟opera suddivisa dall‟autore in quattro libri, rispettivamente di 1363, di 1285, di 1407 e di 1781 versi36. La narrazione di Apollonio, poi, è molto più lineare e uniforme37. Il viaggio degli
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Sulla Ringkomposition nel carme 64 insiste soprattutto David A. Traill, il quale mette in rilievo anche una serie di corrispondenze verbali fra le varie sezioni in simmetria fra di loro. Secondo Traill, il carme nel suo complesso sarebbe basato su una struttura anulare. Cfr. Traill 1980, 232-241. Ma già ritenere i vv. 1-21 simmetrici ai vv. 382-408 ci sembra veramente poco convincente, e ancor meno voler collegare a tutti i costi, ad esempio, l‟auertĕre del v. 5 all‟auertēre del v. 406 o l‟imbuit del v. 11 all‟est imbuta del v. 397. Si veda anche Traill 1988, 365-369.
35 Sono diversi gli studiosi di Apollonio che hanno prestato un‟attenzione particolare agli aspetti strutturali delle Argonautiche. La più stimolante e meticolosa analisi del racconto di Apollonio è a nostro avviso quella che si legge in Fusillo 1985, 13-396. Per altre analisi che danno ampio spazio alla struttura del testo si vedano Ibscher 1939, 1-119; Stoessl 1941, 10-158 (sono analizzati però solo alcuni episodi); Hurst 1967, 15-147 (sono messe in rilievo soprattutto le simmetrie presenti nel poema); Thierstein 1971, 10-103 (l‟analisi riguarda soprattutto alcuni episodi: Libia, Ila, Lico, Amazzoni, conquista del vello); Gummert 1992, 37-140; Clauss 1993, 1-211 (limitatamente al I libro); Wray 2000, 239-263 (l‟attenzione è rivolta soprattutto al I libro); Danek 2009, 275-291 (l‟attenzione è rivolta alle strutture spaziali e temporali); Sistakou 2009, 386-394 (l‟attenzione è rivolta soprattutto alle narrazioni frammentarie presenti nelle Argonautiche). Un‟esame del racconto di Apollonio che presti particolare attenzione al narratore si trova in Berkowitz 2004, 1-153, mentre una „semplice‟ presentazione del racconto in Byre 2005, 1-164.
36 Queste cifre, che si basano sull‟edizione di Vian, non tengono conto né delle lacune, né dei versi spuri. 37 La collocazione del lungo catalogo degli Argonauti quasi in principio dell‟opera (I 23-227) e l‟esposizione degli antefatti molto breve e quasi incastonata nel proemio (I 5-17) possono essere
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Argonauti e l‟impresa eroica della conquista del vello d‟oro vengono infatti narrati dal principio alla fine senza grandi digressioni, in linea di massima seguendo l‟ordine cronologico degli avvenimenti. Non si ha mai l‟impressione che vengano ricercate di proposito la rottura e la ripresa. Ogni libro diventa così il contenitore di una serie di ben determinate tappe del viaggio. I primi due libri sono principalmente dedicati al viaggio di Giasone e dei suoi compagni dalla Grecia (la nave Argo salpa dal porto di Pagase in Tessaglia) fino in Colchide. Il terzo si occupa di una parte del soggiorno degli Argonauti in Colchide e si conclude con il superamento da