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2.1. Introduzione

In Italia la situazione legislativa a favore delle PSD è molto povera. Sono, invece, molti i servizi rivolti a fronteggiare il fenomeno. È importante sottolineare che spesso, questi servizi, sono gestiti dal Terzo Settore.

Le “Linee di indirizzo per il contrasto alla grave marginalità adulta” ci forniscono un quadro molto dettagliato riguardante la situazione normativa riferita alle PSD e ai servizi che in Italia sono previsti per questa categoria di persone.

2.2. Normativa di riferimento

L’ordinamento italiano vede la mancanza di leggi e politiche che trattino in maniera specifica e adeguata la problematica delle PSD. Ad oggi l’unica legge di riferimento è la L. n. 328/2000, art. 2824. La

legge, però, si limita ad assicurare finanziamenti per il biennio successivo alla sua entrata in vigore.

Successivamente con la Legge costituzionale n. 3 del 200125 che ha

previsto la riforma del Titolo V della Costituzione, le politiche sociali sono diventate di competenza delle Regioni e allo Stato è rimasto il compito di scrivere i “livelli essenziali delle prestazioni sociali” (LIVEAS), compito che ancora oggi non è stato assolto.

24 L. n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi

sociali”.

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Tuttavia, anche l’impegno delle Regioni è risultato molto scarso per quanto riguarda la grave marginalità.

I Comuni si sono trovati così a risolvere questa problematica senza vincoli derivanti dall’alto. Questo ha causato un trattamento differenziato della problematica a livello nazionale facendo venire meno il principio di uguaglianza garantito dall’art. 3 della costituzione italiana26.

La conclusione di questo processo è stata che ad occuparsi delle PSD è spesso il terzo settore che se ne fa carico pienamente e non è, invece, (come dovrebbe essere) una parte integrante di un progetto organizzato e gestito dall’ente pubblico.

2.3. La residenza

La residenza per le PSD è fondamentale per poter accedere ai servizi a disposizione per il contrasto alla grave marginalità.

Il concetto di residenza è spiegato nell’art. 43 del Codice Civile:

Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

La residenza anagrafica è nel luogo in cui la persona ha la dimoraabituale.

26 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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Dunque, la residenza non è vincolata all’avere un alloggio ma nell’essere abitualmente presenti in un determinato luogo.

Nel nostro Paese esiste una legge specifica per la residenza anagrafica delle PSD. È la L. n. 1228/195427 che nell’art. 2, comma 3, stabilisce che “la persona senza dimora si considera residente nel Comune in cui ha il domicilio e in assenza di esso nel Comune di nascita”.

Nella suddetta legge e successivamente con il DPR 223 del 30 maggio 198928, si suggerisce l’istituzione, in tutti i Comuni, di una sezione speciale “non territoriale” nella quale elencare e censire come residenti tutti i senza dimora che avessero eletto domicilio al fine di ottenere la residenza anagrafica, individuando a questo scopo una via territorialmente inesistente ma conosciuta con un nome convenzionale dato dall’ufficiale di anagrafe.

L’individuazione di un indirizzo specifico è necessaria per la reperibilità del richiedente.

2.4. I servizi rivolti alle persone senza dimora

In Italia sono molti i servizi dedicati alle PSD.

In questo paragrafo si cercherà di spiegare quali sono i servizi distribuiti sul territorio nazionale e le loro finalità.

I servizi di cui parleremo non sono necessariamente presenti in ogni città ma ognuna di esse fornisce servizi in base alle esigenze del territorio e alle politiche adottate.

27 L. n. 1228/1954 “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”.

28 D.P.R. n. 223/1989 “Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione

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Servizi di supporto in risposta ai bisogni primari

Si stratta di strutture che distribuiscono gratuitamente pacchi spesa, farmaci e indumenti, e che permettono ai senza dimora di usufruire di servizi per la cura e l’igiene personale, mense, contributi economici una tantum erogati in specifiche occasioni. Infine, ci sono le unità di strada. I servizi di strada prevedono un’inversione dello stampo tradizionale dei servizi in cui è l’utente a recarsi nell’ufficio al momento del bisogno. Attraverso le unità di strada, invece, gli operatori vanno direttamente dalle PSD. Il loro ruolo è quello di ascoltare ma anche informare e accompagnare in un percorso di presa in carico.

L’assolvimento dei bisogni primari è più efficace se percepito come parte di un lavoro più articolato.

Strutture di accoglienza notturna

Le strutture di accoglienza notturna sono tra i servizi più richiesti dalle PSD ma anche quelli di numero inferiore. Secondo i dati Istat più della metà delle persone che cerca rifugio in questo tipo di strutture non riesce ad accedervi.

I principali modelli di accoglienza notturna sono i dormitori che possono essere aperti tutto l’anno oppure può trattarsi di dormitori di emergenza aperti nei periodi di emergenze meteorologiche.

Poi ci sono le comunità che anch’esse si distinguono in semiresidenziali e residenziali. Nelle prime sono previste attività sia nelle ore diurne che notturne ma senza continuità, che, invece, è prevista nelle comunità residenziali.

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Gli alloggi protetti prevedono l’accesso esterno limitato e spesso vi è la presenza di operatori sociali. Gli alloggi autogestiti sono strutture di accoglienza nella quale le persone hanno ampia autonomia nella gestione dello spazio abitativo.

L’obiettivo principale di queste strutture dovrebbe essere quello di essere utilizzate come soluzione all’emergenza. L’utente non dovrebbe restarci per più di tre mesi e iniziare, piuttosto, un percorso più strutturato che parta dall’inserimento in un alloggio stabile e non istituzionalizzante.

L’organizzazione delle strutture di accoglienza notturna prevede dei ritmi ben precisi alle quali gli utenti si devono adattare. Questo gli toglie la possibilità di iniziare già da subito un percorso personalizzato. La permanenza in queste strutture può portare la persona a perdere le capacità di autonomia e autodeterminazione, con la conseguenza della cronicizzazione della condizione di senza dimora.

Strutture di accoglienza diurna

Le strutture di accoglienza diurna hanno due obiettivi: offrire spazi di socializzazione e rifugio, e offrire contesti protetti in cui recuperare o sviluppare abilità o comunque utilizzare in modo significativo e produttivo il proprio tempo.

Questi obiettivi diventano funzionali quando entrano a far parte di un progetto individualizzato più ampio e strutturato, in cui collaborano anche i servizi sociali e sanitari.

Quando si parla di strutture di accoglienza diurne ci riferiamo ai centri diurni che sono strutture di accoglienza e socializzazione, ai circoli ricreativi che sono più improntati verso la socializzazione e lo svolgimento di attività di animazione e possono essere aperte o meno

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al resto della popolazione, e ai laboratori che sono strutture diurne dove si svolgono attività occupazionali significative o lavorative a carattere formativo o di socializzazione.

Servizi di segretariato sociale

I servizi di segretariato sociale sono sportelli che hanno l’obiettivo di accogliere le domande dei cittadini e orientarli nella rete dei servizi che si trova nel territorio.

Servizi di presa in carico e accompagnamento

I servizi di presa in carico hanno il compito di mobilitare tutte le risorse disponibili sul territorio e, partendo dall’instaurare una

relazione di aiuto con la PSD, di iniziare un lavoro di autodeterminazione con essa affinché riesca a reinserirsi nella società.

I servizi di presa in carico e di accoglienza possono avere la caratteristica di servizi istituzionali, servizi formali e servizi informali. I servizi istituzionali vengono erogati direttamente dall’ente pubblico oppure da enti del terzo settore che, tramite appalto, convenzione, ecc., operano in regime di sussidiarietà riconosciuta. I servizi formali sono i servizi erogati dal terzo settore; mentre, i servizi informali sono tutti quei servizi erogati spontaneamente da qualsiasi cittadino, riconosciuti come tali purché siano ripetuti e socialmente riconosciuti. Affinché la presa in carico funzioni è importante che i tre livelli dei servizi vengano integrati.

Come è stato spiegato nel primo capitolo, spesso le PSD cadono in questa condizione a causa di più problematiche. Per questo motivo è necessario che la loro situazione sia trattata da un’equipe

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insieme. Le loro competenze saranno educative, legali, sanitarie, psicologiche, transculturali e organizzative.

La relazione di aiuto che si instaura tra gli operatori e l’utente deve basarsi su un rapporto di fiducia. Spesso nei primi colloqui non emerge fin da subito quali sono le reali problematiche che hanno portato le persone a vivere in strada ma di queste si viene a conoscenza solo dopo che si è instaurata una relazione di fiducia che permette all’utente di aprirsi e agli operatori di conoscere più a fondo la persona.

L’obiettivo della relazione di aiuto è quello di far emergere tutte le risorse della persona e di fare sì che essa si renda conto dei propri limiti. Questo, insieme alla mobilitazione delle risorse del territorio, permette di iniziare un lavoro verso l’autonomia e il reinserimento all’interno della società29.

Le professioni sociali

Chi svolge una professione sociale ha il compito di aiutare e sostenere una persone che si trova in uno stato di bisogno ad uscire da questa condizione.

Per poter svolgere questo mestiere, data la velocità del cambiamento dei contesti all’interno dei quali i professionisti sociali lavorano e dei metodi e delle tecniche di lavoro, è necessario svolgere una formazione continua.

29 Lerma M. Metodi e tecniche del processo di aiuto. Approccio sistemico-relazionale alla teoria e alla pratica del servizio sociale, Astrolabio, Roma, 1992.

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Per poter svolgere una professione sociale e aiutare le persone che si trovano in stato di bisogno, data la complessità dei bisogni, è importante che si lavori all’interno di un’equipe multidisciplinare. A far parte delle professioni sociali ci sono: lo Psicologo, il Sociologo, l’Assistente Sociale, l’Educatore; l’Operatore socio-sanitario, il Mediatore interculturale, l’Esperto per il reinserimento di ex detenuti e il Tecnico della mediazione culturale. A queste figure, per affrontare il problema della grave marginalità, si affiancano gli Antropologi, gli Etnologi, gli Infermieri e i Medici.

Il modello di riferimento preferito per affrontare la grave marginalità è “l’approccio ecologico” che permette di porre l’attenzione sia sull’individuo che sul contesto in cui egli vive, oltre che sulla relazione tra i due.

Comprendere il contesto sociale in cui i senza dimora vivono è necessario perché il progetto di aiuto raggiunga gli obiettivi prefissati. Un approccio ecologico permette di capire le problematiche personali e ambientali riguardanti una situazione e allo stesso tempo, sia le risorse che possiede il singolo sia quelle del contesto, che possono essere sfruttate al fine di raggiungere l’autodeterminazione dell’utente. La grave marginalità adulta prevede che i professionisti sociali lavorino anche in setting inusuali per queste professioni ovvero in setting destrutturati come ad esempio le strade.

Essenziale per superare lo stato di bisogno è non utilizzare un approccio assistenzialista che si limita a dare risposte immediate all’utente ma avere come obiettivo l’autodeterminazione della persona, aiutandola a far emergere tutte le risorse che può sfruttare per superare la condizione di senza dimora.

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2.5. La Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD)

La Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD) è un’associazione che si occupa della problematica delle PSD.

Aderisce alla rete europea FEANTSA, che fa da riferimento europeo per tutte le organizzazioni analoghe a fio.PSD.

Nasce nel 1985 dall’organizzazione spontanea e informale di alcuni operatori sociali che lavoravano in servizi in cui veniva trattata la grave marginalità. È nel 1990 che si costituisce formalmente come associazione.

Alla fio.PSD aderiscono Enti e Organismi pubblici o del privato sociale che si occupano di grave emarginazione.

Gli obiettivi principali della fio.PSD sono promuovere il lavoro di rete tra tutti i soggetti che lavorano a favore delle PSD (pubblici e privati), svolgere attività di formazione per permettere una migliore conoscenza del fenomeno e svolgere attività di sensibilizzazione a questo tema nella società civile.30

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