4. Il diritto all’unità familiare nel “sistema Dublino”: quando i familiari sono già
4.2 La tutela dell’unità familiare secondo il “sistema Dublino”
Il diritto al ricongiungimento familiare, espansione del principio di unità familiare, trova compiuto riconoscimento non solo nell’ipotesi, analizzata fino ad ora, in cui i familiari si trovino in uno Stato terzo, ma anche quando i familiari arrivino separatamente ed in tempi diversi in Europa, spesso anche in differenti Stati membri. Secondo la normativa europea, infatti, ed in particolare secondo le disposizioni analizzate del Regolamento Dublino III, i Paesi membri hanno il dovere, anche in questi casi, di assicurare l’unità familiare.
Nonostante ciò, nella pratica, paradossalmente, è più difficile ottenere il ricongiungimento quando i familiari si trovino in due Stati membri differenti che quando si trovino in uno Stato terzo256.
Perciò, sebbene lo stesso Regolamento Dublino III abbia attribuito maggiore rilevanza ai legami familiari e tenda ad utilizzare - anche ai fini del ricongiungimento - una nozione più estesa di familiare257 (rispetto quella data dalla Direttiva 2003/86/CE), l’importanza di tali sviluppi non sembra essere stata presa in adeguata considerazione da parte degli Stati Ue258; ma, per quanto nella pratica gli Stati membri continuino a non tenere in dovuta considerazione il
256 Red Cross EU office, Ecre, Distrupted flight, the realities of separated refugee families in the EU, 2014, pag. 25: “Despite the safeguards anchored in EU law, practitioners report that, paradoxically, family reunification is in general more difficult when family memebers are already in EU than when they are in third countries”.
257 Articolo 2 lett. g): “familiari: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri: — il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di paesi terzi, — i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale, — se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto, — se il beneficiario di protezione internazionale è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il beneficiario in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova il beneficiario”.
258 A. Ammirati, A. Brambilla, L. Leo, Arrivi e transiti: controllo delle frontiere, identificazione e movimenti secondari, in “Il diritto di asilo tra accoglienza ed esclusione”, Edizioni dell’Asino, 2016, pag. 46.
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diritto all’unità familiare di beneficiari e richiedenti protezione internazionale, quest’ultima è fondamentale per assicurare, in primis, una più semplice integrazione nello Stato ospite.
A riprova di ciò, si possono citare gli emendamenti che la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (LIBE) riteneva necessari con riferimento alla proposta di Decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio di Italia e Grecia259. Le modifiche proposte dalla Commissione del Parlamento europeo inerivano, principalmente, alla necessità di dare una maggiore importanza ai legami familiari rispetto alla decisione di ricollocazione temporanea dall’Italia e dalla Grecia di persone in evidente bisogno di protezione internazionale: secondo la Commissione LIBE, infatti, nel determinare lo Stato di ricollocazione sarebbe opportuno tenere conto delle preferenze e delle qualifiche specifiche del richiedente, che potrebbero facilitarne l’integrazione, quali le competenze linguistiche, i legami familiari, le relazioni sociali, ecc.260; per quanto concerne i legami familiari, viene messo in luce come sia indispensabile utilizzare un concetto più ampio di familiare – rispetto a quello previsto dal progetto di Decisione, che rimanda al concetto di familiare come definito dall’articolo 2, lettera g) del Regolamento Dublino III – nel determinare quale sarà lo Stato membro in cui il richiedente verrà ricollocato. In tal modo, la quota di richiedenti da ricollocare in ciascuno Stato membro rimarrà la medesima, ma questi accoglieranno richiedenti che possono contare su un sostegno familiare, oltre a quello statale, e, dunque, avere una più facile integrazione.
I suggerimenti avanzati dalla Commissione del Parlamento europeo sono stati tenuti in considerazione solo parzialmente, visto che la Decisione del Consiglio 2015/1523, nel definire la procedura di ricollocazione261, non accenna in alcun modo all’eventuale preferenza espressa dal richiedente, mentre rispetto alla nozione di familiare l’articolo 6 si limita a prevedere che i familiari, così come definiti dall’articolo 2, lettera g) del Regolamento Dublino III, vengano ricollocati nel medesimo Stato membro. Ma, “sebbene l’inserimento dell’esistenza di legami familiari quale criterio per la determinazione dello Stato membro di ricollocazione sia da accogliersi positivamente262, le prassi che
259 Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore di protezione internazionale a beneficio di Italia e Grecia, G.U. L 239, 15.9.2015, p. 146–156.
260 A. Ammirati, A. Brambilla, L. Leo, Arrivi e transiti: controllo delle frontiere, identificazione e movimenti secondari, in “Il diritto di asilo tra accoglienza ed esclusione”, Edizioni dell’Asino, 2016, pag. 46.
261 Articolo 5 della Decisione (UE) 2015/1523.
262 Considerando n. 28: “Inoltre, nel determinare lo Stato membro di ricollocazione si dovrebbe tenere conto in particolare delle qualifiche e delle caratteristiche specifiche dei richiedenti interessati, quali le loro competenze linguistiche e altre indicazioni individuali basate su dimostrati legami familiari, culturali o sociali che potrebbero facilitarne l'integrazione nello Stato
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vengono poste in essere nei luoghi di sbarco non sembrano dare spazio ad adeguate garanzie procedurali, ivi compreso il diritto di informazione ed assistenza linguistica, con il rischio che la raccolta di informazioni circa l’esistenza di legami familiari venga del tutto sacrificata, compromettendo le possibilità di un effettivo raggiungimento degli scopi auspicati dal programma di reinsediamento”263.
A tale proposito, un rapporto giuridico realizzato in Grecia da parte di ASGI264per osservare la condizione giuridica dei migranti nel campo di Idomeni e nei limitrofi centri governativi, ha messo in luce gravissime violazioni di diritti umani sotto molteplici profili, tra i quali quello del ricongiungimento familiare. Invero, l’azionabilità degli strumenti previsti dal diritto comunitario per favorire il ricongiungimento familiare è materialmente precluso in Grecia, dato che il Regolamento Dublino è inapplicabile dove i migranti non hanno accesso alla procedura di protezione internazionale, indispensabile per invocare le disposizioni che tutelano l’unità familiare.
In chiusura, se da un lato dev’essere accolta positivamente l’estensione verso una nozione più ampia di familiare ai fini del ricongiungimento, che non si limiti ad assicurare tale diritto esclusivamente ai componenti della famiglia nucleare, dall’altro, sotto i diversi profili analizzati in precedenza (quello del ricongiungimento quando i familiari si trovino in un Paese terzo e quello del ricongiungimento quando i familiari si trovino sul territorio di diversi Stati membri), è necessario che tale diritto sia effettivamente assicurato nella prassi.
A questo proposito, è necessario che la Commissione attivi al più presto procedure di infrazione contro gli Stati membri responsabili delle violazioni sopra citate.
membro di ricollocazione. Nel caso di richiedenti particolarmente vulnerabili, dovrebbe essere presa in considerazione la capacità dello Stato membro di ricollocazione di assicurare loro un sostegno adeguato e la necessità di garantire un'equa distribuzione di tali richiedenti tra gli Stati membri. Nel debito rispetto del principio di non discriminazione, lo Stato membro di ricollocazione può indicare le sue preferenze riguardo ai richiedenti sulla scorta delle informazioni di cui sopra, e su questa base l'Italia e la Grecia, in consultazione con l'EASO e, se del caso, con funzionari di collegamento, possono compilare elenchi di potenziali richiedenti identificati per la ricollocazione in tale Stato membro”.
263 A. Ammirati, A. Brambilla, L. Leo, Arrivi e transiti: controllo delle frontiere, identificazione e movimenti secondari, in “Il diritto di asilo tra accoglienza ed esclusione”, Edizioni dell’Asino, 2016, cit., pag. 46.
264 Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, in http://www.asgi.it/wp-content/uploads/2016/04/report-Idomeni1.pdf, 02.05.2016.
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CAPITOLO QUARTO
IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI BENEFICIARI DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
1. Introduzione: gli sviluppi storici della normativa italiana in materia di ricongiungimento
Prima di andare ad indagare lo sviluppo storico del diritto al ricongiungimento familiare nell’ordinamento italiano, è necessario interrogarsi fino a che punto è corretta l’inclusione di tale diritto tra quelli fondamentali della persona umana, così come richiamati dall’articolo 2 comma 1 del Testo Unico sull’immigrazione del 1998265. Tale affermazione, infatti, sembra incontrare un duplice ordine di ostacoli266: da una parte, il diritto internazionale non include tale diritto nel “patrimonio essenziale” dei diritti che devono essere accordati allo straniero in quanto persona umana, dall’altra, se è vero che – come dichiarato dalla stessa Corte Costituzionale – è opportuno connettere il diritto al ricongiungimento al riconoscimento costituzionale dei diritti della famiglia (articolo 29 Cost.267) e della protezione della maternità e dell’infanzia (art. 31 c. 2 Cost.268), tuttavia, il diritto all’unità familiare riconosciuto allo straniero è sottoposto a tutta una serie di condizioni che risultano poco compatibili col riconoscimento di questo come diritto fondamentale.
Ciò su cui è necessario interrogarsi, perciò, è fino a che punto sia possibile subordinare tale diritto a determinati requisiti, senza che ciò comporti una degradazione dello stesso a mero diritto “legislativo”. La risposta a tale interrogativo richiede una rigorosa selezione degli interessi con i quali il diritto deve essere bilanciato e un’attenta ponderazione circa la congruità degli
standard, non solo nel momento in cui essi vengono fissati dalle norme, ma
anche quando vengono applicati alle fattispecie concrete269.
265 D.lgs. n. 286 del 25 luglio 1998, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato in G.U. del 18 agosto 1998, n. 191, S.O.
Articolo 2, comma 1: “Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”.
266 G. Sirianni, Il diritto degli stranieri all’unità familiare, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 40.
267 Articolo 29 Costituzione: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
268 Articolo 31, comma 2, Costituzione: “protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
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In questo senso si è espressa la Corte Costituzionale con sentenza del 19 gennaio 1995 n. 28270, ove, nel riconoscere il diritto alla vita familiare anche agli stranieri, specifica come “naturalmente questi diritti potranno essere
assoggettati ai limiti derivanti dalla necessità di realizzare un corretto bilanciamento con altri valori dotati di pari tutela costituzionale, come del resto avviene nel caso di specie, in cui l’esigenza del ricongiungimento familiare viene collegata alla condizione che lo stesso immigrato sia in grado di assicurare ai propri familiari normali condizioni di vita”; rilevante è il fatto che la Consulta ammetta la possibilità di subordinare il diritto alla vita familiare ad altri valori, ma solo ove essi siano dotati di pari tutela costituzionale.
Nelle pronunce della Corte non si fa invece riferimento ad altri interessi pubblici di natura economica, del tutto estranei alla dimensione familiare e personale, come la salvaguardia dell’equilibrio della finanza pubblica. In altri termini, è da escludersi l’esistenza di una clausola del diritto al ricongiungimento che ne ammetta l’esercizio solo alla condizione che esso possa avvenire “a costo zero” per il paese ospitante271.
1.1 L’istituto del ricongiungimento familiare fino alla sua regolamentazione nel