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Verificata l’acquisizione di conoscenze, capacità ed atteggiamenti in modo asettico, occorre comprendere e valutare la possibilità di trasferire l’apprendimento nella specifica realtà di riferimento e si procede ad osservare e valutare in modo comparativo i comportamenti professionali che il formando metteva in essere prima dell’intervento formativo e quelli manifestati a seguito della sua erogazione.

Innanzitutto , in questo contesto la valutazione della trasferibilità può concretizzarsi solo a posteriori e , più in particolare, solo dopo che sia passato un ragionevole lasso di tempo dalla conclusione dell’attività formativa.

La valutazione a livello dei comportamenti richiede la possibilità di disporre di informazioni attendibili circa le condotte comportamentali precedenti all’evento formativo che, possibilmente, dovranno essere raccolte con le medesime tecniche di ricerca a cui si intende affidare la misurazione dei comportamenti a posteriori.

La criticità più grossa consiste nell’impossibilità di isolare i miglioramenti dovuti alla presenza di fattori di contesto, che possono incidere anche in modo forte sulle prestazioni, da quelli riconducibili all’attività formativa erogata.

Inoltre, si aggiungono gli effetti di tutta una serie di variabili legate alla dimensione introspettiva dei singoli individui che certamente non assumono un peso marginale nel processo di condizionamento dell’agire lavorativo, sia in termini di direzioni, sia in termini di intensità.

Assumendo come oggetto di indagine la prestazione lavorativa si ha come costante punto di riferimento il contenuto specifico delle mansioni dei formandi, potendo così estendere ed

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adattare alla valutazione dei comportamenti le logiche tipiche che indirizzano e governano la valutazione delle prestazioni (raggiungimento degli obiettivi e risultati attesi).

Per ciò che concerne le tecniche di valutazione, oltre all’opportunità di ricondurre la valutazione della trasferibilità all’interno del sistema valutativo formale, è possibile ricorrere ad alcuni degli strumenti presentati per la dimensione precedente, per cui si potranno utilizzare questionari di follow-up, che perderanno gran parte dell’analicità che erano in grado di offrire con riferimento all’apprendimento, e le interviste di autovalutazione in cui il soggetto è chiamato a ricostruire le dinamiche evolutive legate ai propri comportamenti. In conclusione:

per una corretta valutazione sia dei programmi che dei corsi di formazione è necessario che l’intero processo sia avvenuto attraverso un attento sviluppo delle fasi, nello specifico considerando:

i programmi formativi degli anni precedenti;

l’analisi dei bisogni formativi, oggettiva e soggettiva;

gli obiettivi dell’attività formativa, osservati attraverso il ruolo professionale specifico;

la progettazioni dei corsi;

le risorse umane ed economiche a disposizione; il sistema di controllo del sistema formativo;

la valutazione della formazione nei suoi aspetti gerarchici.

Il concetto di valutazione non deve, quindi, essere confuso come mera misurazione, bensì valutare implica l’utilizzo di procedure di analisi e ricerca anche attraverso la costruzione di indicatori quali-quantitativi.

La valutazione è essenziale per una gestione efficace nel presente e nel futuro in quanto permette di verificare gli esiti dell’azione condotta, nonché di comprendere le cause e di sviluppare orientamenti efficaci per le future azioni, sia nel breve periodo(correzioni in corso d’opera), sia nel medio periodo(migliore programmazione o progettazione nei cicli successivi).

Nell’ambito della formazione, si tratta di tenere sotto controllo variabili chiave in funzione di criteri di efficienza, efficacia e qualità della formazione.

In letteratura si è consolidata la distinzione tra i principali ambiti della valutazione della formazione, legati tra di loro da un nesso di casualità: il GRADIMENTO da parte dei destinatari costituisce un presupposto per l’APPRENDIMENTO, che a sua volta può generare un IMPATTO sul contesto lavorativo posto in essere.

1) VALUTAZIONE DEL GRADIMENTO dell’intervento formativo da parte del discente attraverso la percezione individuale dell’esperienza (qualità percepita) e, pertanto, si avvale di metodologie e strumenti di tipo qualitativo.

2) VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO, la più antica delle tipologie valutative, in quanto coincide con la nascita stessa dei sistemi di istruzione. E’ strettamente collegata alla tipologia delle competenze apprese: cognitive, di base, tecnico- professionali, trasversali, strumentali ecc. Pertanto le modalità e gli strumenti di rilevazione degli apprendimenti variano a seconda degli oggetti da valutare e degli obiettivi del percorso formativo.

3) VALUTAZIONE DI IMPATTO tesa a mantenere e migliorare la prestazione operativa del discente. Importante riconoscere se quanto appreso in situazioni formative è

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stato trasferito nella situazione lavorativa, ovvero quanto le competenze, abilità, nozioni siano utili a migliorare la performance richiesta.

PERCEZIONE E SIGNIFICATO DELLE ESPERIENZE FORMATIVE

E’ importante identificare la rappresentazione che il soggetto ha sviluppato dell’esperienza formativa, e l’interpretazione del senso di tale esperienza nel contesto di riferimento, degli esiti che ha determinato. L’attenzione si concentra sull’analisi di ciò che viene espresso dai partecipanti, attraverso varie forme (rapporto scritto anonimo , intervista….), con riferimento a due tipi di elementi:

-la rappresentazione che l’individuo ha di sé all’interno del contesto lavorativo, delle proprie motivazioni e aspirazioni, dei propri piani personali, e al significato che attribuisce all’esperienza formativa rispetto a tale rappresentazione;

-l’immagine che l’individuo ha dell’organizzazione e del relativo sistema sociale, e il significato che attribuisce all’esperienza formativa rispetto a tale immagine.

Per il suo carattere esplorativo, questo tipo di valutazione non richiede particolari presupposti, sebbene sia facilitato da :

-un analisi del sistema di attese individuali effettuata in fase di definizione dei fabbisogni;

-una rilevazione degli atteggiamenti e delle reazioni attraverso l’osservazione diretta durante il percorso formativo, ad esempio attraverso il “diario d’aula” del tutor.

NON ESISTE COMPETENZA VALUTATIVA SENZA COMPETENZA DIDATTICO/FORMATIVA

Le competenze necessarie per la didattica formativa sono fondamentalmente due:

 Di CONTENUTO , che riguardano le capacità e i saperi tecnico-scientifici e pratici;  PEDAGOGICHE che vanno dall’analisi dei bisogni, dalla definizione degli obiettivi

educativi, della scelta e gestione dei mezzi didattici alla conduzione dei discenti e alla valutazione e verifica delle performance

 ORGANIZZATIVE E DI GESTIONE che comprendono la conoscenza di procedure, la capacità manageriale e di relazione sia con i committenti che con i discenti .

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CAPITOLO N.2

L’OSTETRICA

L’Ostetrica è una professionista specializzata nell’assistenza alla donna durante la gravidanza, conduce e porta a termine parti eutocici con propria responsabilità.

Secondo il DM 740/1994, può lavorare in autonomia ed è figura di riferimento per

l’accudimento dei bambini, anche in età pediatrica e in adolescenza, per la donna fertile, quella in climaterio e durante la menopausa.

Attraverso l’evoluzione storica, siamo arrivati ad avere una figura professionale in grado di seguire la donna durante tutto il periodo gravidico, il post partum e nei primi mesi di maternità effettiva .

L’Ostetrica opera non solo in sala parto ma è professionista anche nei consultori, dove, oltre ad essere un importante punto di riferimento per le donne , esegue pap test, tamponi , visite gravidiche, pesatura dei bambini (controllo ponderale) fino ai primi due anni di vita, corsi di preparazione al parto, sostegno per l’allattamento e riabilitazione del pavimento pelvico. Il suo punto di forza stà nella preparazione tecnica (saper fare), la sua capacità empatica (saper essere).

L’ordinamento italiano prevede tre anni di formazione universitaria, mentre in altri paesi europei (ad es. la Finlandia) ne sono necessari cinque, con altri due anni di specializzazione se si vuole svolgere la professione privatamente o nei consultori.

In America la figura dell’Ostetrica non esiste in quanto parto e gravidanza vengono seguiti dal medico ginecologo, mentre è presente invece la figura della Doula, che ha come ultimo fine quello di mettere a proprio agio la donna.

Quindi in Italia ci troviamo in un mondo di mezzo, dove viene legalmente riconosciuta la figura dell’Ostetrica e dove la sua preparazione tecnica ed emotiva riveste un ruolo determinante ma forse non ancora cosi riconosciuto e validato nell’immaginario collettivo come invece sarebbe auspicabile.

Il Codice Deontologico rappresenta l’elemento principe di quelli che sono i cardini professionali , giuridici ed etici dell’Ostetrica .

Il primo articolo è sicuramente il più importante poiché delinea perfettamente tutta l’attività da essa svolta sottolineando molto l’importanza della prevenzione e del prendersi cura della salute della donna e del nucleo familiare.

Importante l’articolo 1.4 che così cita:

NELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ PROFESSIONALE, SI ATTIENE ALLE CONOSCENZE SCIENTIFICHE E AGISCE NEL PIENO RISPETTO DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA E DELLE DISPOSIZIONI NORMATIVE CHE REGOLANO LE FUNZIONI DI SUA COMPETENZA , AL FINE DI ASSICURARE L’APPROPRIATEZZA, L’EQUITA’ E LA SICUREZZA DELLE CURE.

Questo articolo mette in evidenza quanto in realtà la preparazione tecnico-scientifica ed etica sia fondamentale per la formazione di tale professionista ed anche quanto sia fondamentale una giusta e severa valutazione della stessa durante il proprio percorso di formazione .

La valutazione della formazione deve rappresentare una garanzia da giudizi arbitrari.

Lo studente ha il diritto a un sistema tale che tenda ad analizzare attentamente le performance richieste strada facendo, che siano esse di carattere professionale o comportamentali; il corpo docente ha quindi il dovere di realizzare condizioni tali che sia

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fattibile un severo ma equo sistema di valutazione che tenga conto sia dei contenuti offerti ma anche della predisposizione personale dello studente all’apprendimento (orientare lo stesso al percorso formativo più consono). In una professione difficile e particolare come quella dell’Ostetrica/o è necessario conoscere la singola persona, il suo valore come potenziale umano, oltre che tecnico/scientifico, individuandolo come possibile risorsa umana da inserire in un contesto delicato come quello della vita della donna dalla nascita alla vecchiaia, ovviamente comprensivo, e non meno irrilevante, del percorso nascita. La programmazione degli obiettivi formativi diventa indispensabile quanto la loro valutazione in itinere, anche per valorizzare e quindi incrementare la crescita professionale dello studente stesso.

Data questa premessa mi preme sottolineare anche il secondo articolo del Codice Deontologico, nello specifico il 2/3 che così recita:

“L’OSTERICA/O RICONOSCE IL VALORE DELLA RICERCA. SI IMPEGNA NELLA PROMOZIONE E NELLA REALIZZAZIONE DELLA STESSA E DELLA SPERIMENTAZIONE CLINICA ED ASSISTENZIALE PONENDO PARTICOLARE ATTENZIONE A QUELLA DI GENERE NEL RISPETTO DEI DIRITTI INDEROGABILI DELLA PERSONA”.

Il lavoro dell’Ostetrica è tutelato e regolato anche da un altro importante elemento giuridico, estrapolato dal DM 14/09/1994, n.740:

IL PROFILO PROFESSIONALE

Il profilo stesso delinea l’importanza della formazione del professionista, ad oggi ancora

più saliente e urgente nella misura in cui la persona formata dovrebbe poter, secondo le norme vigenti, operare nella Comunità Europea.