II. ANALISI DEGLI STRUMENTI PER MISURARE L'IMPATTO
2.6 La valutazione dell'impatto sociale nel Terzo Settore
Accanto allo Stato, alla pubblica amministrazione e al mondo delle imprese, definiti rispettivamente primo e secondo settore, si posiziona un altro settore (definito appunto Terzo Settore) comprendente una vastità di enti che operano senza scopo di lucro con finalità solidaristiche. La Legge delega al Governo per la riforma del Terzo Settore 106/2016 (art 1, c. 1) lo definisce così: "Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in
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coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi".
Attraverso questa legge l'Italia ha finalmente riconosciuto al Terzo Settore la legittimazione giuridica, oltre che sociologica ed economica. Allo stesso tempo la suddetta Riforma non può che includere anche la questione della valutazione dell'impatto sociale, definita come: "La valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo individuato".
Questa definizione naturalmente appare ancora molto generica, nonostante la recente pubblicazione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di una serie di linee guida finalizzate ad orientare la valutazione in maniera ancora più specifica e a mettere in luce quel valore aggiunto caratteristico del Terzo Settore. La valutazione dovrebbe innanzitutto concentrarsi sul valore generato dalle attività e dai progetti svolti dalle organizzazioni e co-prodotti insieme ai suoi beneficiari, nell'interesse comune. Nel caso del Terzo Settore però bisogna prestare ancora più attenzione a non ridurre la misurazione ad un mero valore economico e monetario poiché altrimenti si rischierebbe di snaturare i principi basilari del settore non profit: ciò che conta maggiormente è il valore, insieme al cambiamento generato. Oltretutto nella valutazione bisogna prendere in considerazione le singole attività e non l'organizzazione in quanto tale: la valutazione infatti riguarda i progetti e non l'operato generale.
L'Associazione Social Value Italia25, di supporto al Ministero del Lavoro e al Legislatore nella stesura delle linee guida, si è però dichiarata insoddisfatta dei provvedimenti messi in atto fino ad ora definendo le linee guida proposte ancora troppo "fragili" e non in grado di orientare il Terzo Settore nella direzione giusta. Nel provvedimento pubblicato non viene data una risposta completa riguardo l'effettiva utilità della valutazione d'impatto, anzi si rischia di spostare il focus più sulla dimensione economica rispetto a quella valoriale.
25Associazione fondata nel 2015 la cui missione è quella di promuovere in Italia la cultura e la pratica della misurazione del valore sociale.
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La valutazione deve essere rigorosa e precisa, altrimenti si potrebbe persino andare incontro a fenomeni di impact washing26.
La peculiarità del Terzo Settore, che può rappresentare un punto di forza o meno a seconda della prospettiva di analisi, sta nella sua eterogeneità, costituita da una moltitudine di soggetti differenti. Questa complessità può rendere più tortuoso il processo di definizione di indicatori comuni di misurazione dell'impatto e si rischia di non valorizzare al meglio le specificità di ogni organizzazione. Per raggiungere un accordo bisognerebbe individuare degli indici che rappresentino le principali attività che realizzano obiettivi di carattere generale per la comunità, comuni a tutte le organizzazioni. Il Terzo Settore non può e non deve rinunciare alla sfida della misurazione dell'impatto proprio ora che il "sociale" è entrato a far parte anche del linguaggio delle imprese. Questa crescente richiesta di bisogni sociali da parte di ogni comunità dà la possibilità di attribuire finalmente un valore tangibile all'operato di ogni organizzazione non profit e di collaborare con il mondo delle imprese per fornire strumenti innovativi e per lavorare insieme verso una nuova era di cambiamenti.
2.6.1 La riforma del Terzo Settore: il Codice di qualità e autocontrollo
Nell'ambito della riforma del Terzo Settore sono state elaborate anche una serie di linee guida per indirizzare le organizzazioni nella costruzione di un proprio codice, in linea con i principi di qualità e trasparenza, la cui peculiarità è quella di integrare la dimensione etica con quella della qualità e dell'autocontrollo (Cqa). Le linee guida vanno però interpretate come uno strumento di facilitazione della valutazione nell'ottica di un processo più ampio, data la difficoltà di prevedere gli effetti di medio e lungo periodo che hanno le singole attività, nelle quali inevitabilmente entrano in gioco diverse dimensioni. Inoltre, il campo di azione del Terzo Settore è talmente vasto che risulta quasi impossibile trovare degli standard valutativi rigidi. Anche la stessa attività nel medesimo contesto ha in sé delle peculiarità specifiche, come ad esempio negli obiettivi o nelle modalità di misurazione. Per questo motivo ogni ente deve esplicitare per ogni attività degli indicatori coerenti con il progetto e in grado di fornire dati
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quantitativi e qualitativi, oltre alla descrizione delle finalità che intende perseguire e i soggetti coinvolti.
Gli Enti del Terzo Settore (Ets) interessati a seguire queste linee guida, dovranno dunque stilare un proprio documento coerente con le caratteristiche specifiche della propria organizzazione, ma allo stesso tempo collocabile in un quadro globale e armonioso. In questo modo il Codice diviene un documento ufficiale dell'ente, che può rivelarsi molto utile per:
▪ Tenere sotto controllo e rendere trasparenti le proprie attività per evitare di incorrere in irregolarità dal punto di vista etico o giuridico.
▪ Fare delle scelte etiche e consapevoli.
▪ Sacrificare i propri interessi a vantaggio di altri valori sociali. ▪ Strutturare la valutazione delle proprie azioni.
▪ Rendicontare le proprie attività migliorando di conseguenza il rapporto fiduciario con i cittadini.
▪ Fornire un punto di riferimento strategico ed etico dell'organizzazione.
▪ Garantire un elevato standard di capacità di azione e di risposta ai bisogni della comunità.
▪ Valorizzare il rapporto tra l'associazione e i suoi soci.
Una scelta di responsabilità che tutti gli Ets dovrebbero compiere per aprirsi alla comunità e consolidare il proprio legame con il territorio, attraverso l'adozione di questo nuovo strumento che promuove l'attuazione di comportamenti positivi e la costruzione di una cittadinanza attiva.
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