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Il laboratorio unico dell’Area Vasta Romagna; una “Factory” o una “Factory of knowledge”?

diRomolo M. Dorizzi*,Luca Baldrati** ePaolo Masperi***

*Direttore U.O. CoreLab, Laboratorio Unico della Romagna

**Dirigente medico, U.O. CoreLab, Laboratorio Unico della Romagna ***Direttore U.O. Direzione Sanitaria, Centro servizi, Pievesestina

D

alla metà del secolo scorso il Servizio sanitario del Regno Unito (Nhs) ha

portato numerose innovazioni (1) a partire dal rivoluzionario lavoro di Coch-rane, che, negli anni ’80, ha introdotto l’approccio evidence-based nelle deci-sioni cliniche e negli anni ’90 ha cominciato a promuovere, oltre all’efficienza clinica, l’efficienza economica.

Nel prossimo decennio la parola chiave dell’Nhs, come sostenuto da Porter (2), sarà valore e i risultati conteranno sempre di più e il volume dei servizi ero-gati sempre di meno.

Va riconosciuto all’Nhs di aver affrontato questo approccio in numerosi do-cumenti a partire dal Report of the Review of NHS Pathology Services in England (3), noto anche come Carter Report, il quale illustra in modo sistematico la di-rezione che il laboratorio dovrà prendere in un sistema sanitario pubblico uni-versalistico simile al nostro. Il Carter Report definisce le priorità per il cambia-mento e le barriere che lo ostacolano.

Priorità per il cambiamento:

• definizione di standard chiari dei servizi;

• creazione di strutture in grado di erogare tutti i servizi necessari;

• implementazione di reale connettività end-to-end biunivoca tra cittadino

e laboratorio;

• investimenti in tecnologie innovative;

• sviluppo di leadership clinica e competenze gestionali.

Barriere al cambiamento:

• carenza nell’informatizzazione dell’intero percorso dal paziente (e/o dal suo

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• frammentazione dei servizi per la raccolta

dei campioni e dei servizi di supporto in genere;

• frammentazione dell’attività di POCT, che

spesso manca di collegamenti con il labo-ratorio;

• conoscenza scarsa o poco aggiornata da

par-te degli upar-tenti degli esami eseguiti dal la-boratorio, che favorisce richieste inappro-priate;

• repertorio degli esami, raccomandazioni e

linee guida, risultati e intervalli di riferi-mento poco omogenei anche in laborato-ri che servono la stessa area.

Secondo il Carter Report, i laboratori tradi-zionali devono essere sostituiti da servizi auto-nomi deauto-nominati Managed Pathology Networks (MaPNet), che servono in modo integrato un’ampia area geografica (Greater Area,AreaVa-sta) e soddisfano le necessità di tutti i cittadini che vi abitano e dei sanitari che vi operano (4). L’attualità del Carter Report è confermata dall’attenzione che riserva alla necessità di pro-muovere l’appropriatezza delle richieste di esa-mi di laboratorio. Per esempio, considera non più ammissibile che:

• un quarto degli esami eseguiti nell’ambito

della medicina di base siano ripetuti senza necessità nel corso di un eventuale ricove-ro ospedaliericove-ro di poco successivo;

• in alcuni Dipartimenti di emergenza è

ri-chiesto in media un esame di biochimica per accesso, in altri ne sono richiesti in me-dia cinque (anche se la tipologia degli ac-cessi è molto simile).

Uno dei modelli promossi dal Carter Report è quello Hub and Spoke, che prevede di soddi-sfare la richiesta di diagnostica di laboratorio at-traverso una rete che comprende laboratori

“hot”, dislocati nell’ospedale, che assicurano gli esami in urgenza e laboratori “cold”, non ne-cessariamente dislocati all’interno dell’ospedale, che eseguono elevati volumi di esami di routi-ne e specialistici. L’obiettivo principale di una rete Hub and Spoke è quello di realizzare un ser-vizio integrato in un’area geografica “vasta” in modo “equo” verso tutti gli utilizzatori e che ri-fletta le necessità di tutte le parti interessate. In questo caso può essere preferibile collocare il la-boratorio in una sede baricentrica rispetto ai pre-sidi ospedalieri e che possa ricevere i campioni dalla periferia in tempi brevi. I MaPNet non so-lo rispondono alle difficoltà dei servizi di Me-dicina di Laboratorio dei singoli ospedali di fron-te alle crescenti esigenze dei pazienti e dei me-dici prescrittori (ad esempio, rapidità di risposta, diversificazione di offerta, facilità di accesso), ma facilitano anche la“clinical governance”.

Anche dal punto professionale, consolidare in un’unica sede la diagnostica specialistica con-sente di concentrare una casistica di dimensio-ne e complessità tale da aumentare moltissimo la competenza e l’esperienza del personale tec-nico e dirigente.

Nel 2008 è stato presentato un secondo Car-ter report che riafferma la convinzione che non vi siano alternative al consolidamento del servi-zio di Medicina di laboratorio (6):“Based on the evidence we have collected, we believe there is a strong case for consolidation of pathology to improve quality, patient safety and efficiency. Characteristics of a good consolidated service would be end-to-end management of the service (including transport and logistics, IT con-nectivity and efficient and effective use of resources, in-cluding people) and the concentration of non-urgent and specialist work in one or more centralised and ac-credited core laboratories where throughput is sufficient to ensure high-quality results. Only tests/investigations

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requiring a rapid turnaround on clinical grounds would be processed on site.”

I maggiori ostacoli a questo progetto, secon-do il Carter Report, si incontrano nel coordi-nare e far collaborare gli enti, le organizzazioni, gli ospedali e i professionisti che hanno assicu-rato fino a quel momento il servizio di Medici-na di Laboratorio in modo non solo scoordiMedici-na- scoordina-to ma anche concorrenziale (7).

In quegli stessi anni anche l’Agenzia nazio-nale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha coordinato un gruppo di lavoro a cui hanno par-tecipato Società scientifiche della Medicina di Laboratorio e Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per definire le Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei servizi di Me-dicina di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazio-nale (8). Tra gli obiettivi del documento vi era quello di definire proposte sui requisiti essenzia-li e sugessenzia-li indicatori di quaessenzia-lità ed efficienza non-ché i criteri di funzionamento delle reti di la-boratorio a livello locale, regionale e nazionale. Il documento:

• denuncia “l’immotivata presunzione che i

risultati degli esami di laboratorio dipenda-no esclusivamente dalle tecdipenda-nologie, a loro volta ritenute confrontabili e standardizza-te”. La pressione alla riduzione del costo per esame, disgiunta da iniziative di promozio-ne dell’appropriatezza del numero e della ti-pologia di esami eseguiti, e del loro corret-to inserimencorret-to in un percorso diagnostico condiviso tra clinico e laboratorista porta a considerare il laboratorio una commodity, ossia un bene standardizzato e distinguibile solo in base al prezzo praticato;

auspica la costituzione in ogni Regione di una Rete Assistenziale dei Servizi di Medicina di La-boratorio, articolata per livelli di complessità

e per settori specializzati, che può risultare subarticolata in reti disciplinari specifiche, sottoposta unitariamente ad un’attività di “clinical governance” posta in capo ad una Commissione regionale tecnico-scientifica costituita da specialisti afferenti alle diverse discipline costitutive dell’area stessa.

• assegna all’Agenas un ruolo centrale nel

controllo e nella promozione dell’appro-priatezza. Il ricorso al laboratorio va, dun-que, migliorato attraverso:

• la costruzione di linee guida e profili da

sperimentare e monitorare sul campo per ridurre inefficienze, esami inutili e obsole-ti e cosobsole-ti impropri e aumentare l’appro-priatezza della richiesta di esami sentinella come marcatori tumorali, marcatori car-diaci ed esami di funzionalità tiroidea;

• l’attività di consulenza nella richiesta e nel-l’interpretazione degli esami di laborato-rio;

• l’analisi del rapporto tra consumi di esami

per interni e attività di ricovero nelle strut-ture ospedaliere (numero medio esami per ricovero e/o per reparto);

• l’analisi del rapporto tra consumi di esami

e popolazione di riferimento (numero me-dio esami per cittadino).

È chiaro che le azioni per aumentare l’appro-priatezza delle richieste possono essere sottopo-ste ad audit solo se sono disponibili indicatori e sistemi informativi di laboratorio (LIS) e di ospe-dale (HIS) adeguati.

IL MODELLO HUB & SPOKE IN AREA VASTA ROMAGNA

Le quattro aziende sanitarie della Romagna (Ravenna, Rimini, Cesena, Forlì) che servono una popolazione di oltre 1 milione di abitanti

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(Tabella 1) hanno riorganizzato i loro servizi di Patologia Clinica, realizzando una rete di Labo-ratori articolata sul modello Hub & Spoke costi-tuendo il Centro Servizi di AreaVasta Romagna (AVR). Il Centro è ospitato in un edificio che ha una superficie di 10.500 mq su 3 piani ubi-cato a Pievesestina di Cesena, una località in po-sizione centrale rispetto al territorio e

strategi-ca rispetto alle vie di comunistrategi-cazione (si trova in-fatti a pochi metri dal casello autostradale di Ce-sena Nord, all’incrocio tra l’Autostrada A14 e la superstrada E45 che attraversano la Romagna ri-spettivamente da est ad ovest e da nord a sud) (Figura1).

La posizione baricentrica rispetto al territo-rio di riferimento e la collocazione in