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LASER: FUNZIONAMENTO E UTILIZZO PER LA FABBRICAZIONE DI MICROREATTOR

3.1. Uso del laser CO2 per la costruzione dei microreattori

Il presente elaborato, come già affermato nei capitoli precedenti, intende osservare i risultati conseguenti all’interazione di laser CO2 su vetro float. Questo capitolo tratterà,

in particolare, le proprietà relative ai laser, i loro principi di funzionamento e i componenti più significativi; verranno poi approfonditi alcuni aspetti riguardanti il laser CO2: questo, infatti, risulta essere quello più utilizzato, secondo lo stato dell’arte,

per la costruzione di microreattori in vetro.

Come già constatato, sono numerosi gli articoli scientifici che hanno descritto la microlavorazione laser su vetro con l’utilizzo di laser a nanosecondi ad alta densità di energia o laser a femtosecondi [36]; altri, hanno presentato l'uso di un laser UV a nanosecondi per eseguire l’ablazione laser di precisione dei substrati di vetro [37]. Sebbene queste tecniche di incisione forniscano superfici prive di detriti e imperfezioni, i sistemi laser UV, a femtosecondi e a nanosecondi sono in realtà molto costosi e di difficile reperimento: di conseguenza, essi risultano in contrapposizione con l’economicità e con l’abbattimento del Time to Market ricercato, generalmente, per la fabbricazione di chip microfluidici in vetro. Pertanto, si tendono a scartare queste soluzioni, prediligendo invece il laser CO2, il quale possiede un’elevata velocità

di lavorazione e bassi costi di manutenzione. Va inoltre considerato che il vetro ha un elevato assorbimento dell'energia in uscita dal laser CO2 (λ = 10,6 μm): il processo,

perciò, risulta molto efficiente [38].

A tal proposito, è possibile visionare una serie di esperimenti relativi alla costruzione di microreattori in vetro utilizzando proprio laser CO2, con risultati

davvero rilevanti [38], [54], [55], [56].

Si riporta in figura 3.1 un primo esempio di microcanale ottenuto per ablazione laser CO2 su vetro ponendo cera preriscaldata a 60°C sulla superficie del provino e

fatta in seguito raffreddare a temperatura ambiente su un banco in granito [54]. Il microcanale possiede una forma precisa, con dimensioni di 400 µm di larghezza e 70

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µm di profondità; la potenza del laser CO2 è stata fissata a circa 25 W mentre la velocità

di scansione del fascio è di 90 mm/s. Questo primo lavoro sperimentale parte da un’ipotesi specifica: l'aggiunta di uno strato di cera, agendo come un dissipatore di calore, potrebbe aumentare la capacità termica dei substrati di vetro. In questo modo, il processo di ablazione rimuoverà la cera e modellerà il substrato di vetro sottostante; successivamente, si rimuove il materiale alterato con un flusso di azoto che colpisce il punto di ablazione.

Figura 3.1: microcanale su vetro prodotto con laser CO2 e cera [54]

I vantaggi derivanti dall’uso di cera sono:

• durante il taglio laser, si scioglie migliorando sia la dissipazione del calore che il contatto fisico;

• è facile da rimuovere dai vetrini usando solventi organici comuni.

Gli svantaggi sono legati a una non perfetta finitura superficiale del canale prodotto.

Tra gli altri lavori presi in esame relativi alla formazione di microcanali è possibile citarne uno riguardante il fenomeno del peeling del vetro [55]: quest’ultimo è focalizzato da un fascio laser a elevata densità di potenza, eliminando materiale sottoforma di strisce microscopiche, come osservabile in figura 3.2.

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Figura 3.2: fenomeno del peeling del vetro [55]

Con questo metodo si lavora il vetro borosilicato con raggio laser CO2, con una

scansione a onda continua. Gli esperimenti riportati nel presente lavoro sono stati eseguiti con le seguenti impostazioni di processo:

• prescrivere con un diamante una linea dritta sulla superficie del vetro: le linee descritte servono a suggellare l'inizio della frattura e, quindi, il raggio laser è scansionato sopra la linea tracciata;

• variare la potenza di uscita del laser e la velocità di scansione del fascio per studiarne gli effetti sulla formazione dei microcanali e la loro finitura superficiale;

• apportare aria in pressione per proteggere le lenti del laser.

Inoltre, vengono esplorate specificatamente due combinazioni di densità di potenza e velocità di scansione del fascio laser; queste sono riportate in tabella 3.1:

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Numero prova Densità di potenza (W/mm2)

Velocità di scansione (mm/s)

1 350 1000

2 170 200

Tabella 3.1: condizioni di lavoro utilizzate [55]

Nella prima prova, a elevata densità di energia e velocità di scansione, la forma del canale ottenuto non è precisa poiché il vetro rimosso è stato frammentato in pezzi a causa dell'impatto termico generato dall’elevata potenza del laser. Il solco formato presenta bordi irregolari e larghezza non uniforme, come mostrato in figura 3.3.

Figura 3.3: canale ottenuto per peeling del vetro borosilicato, a densità di potenza pari a 350 W/mm2 e velocità di scansione pari a 1000 mm/s [55]

Nella seconda prova, con densità di potenza e velocità di scansione più basse, la forma del canale ottenuto è più precisa in quanto, a potenza moderata, il fascio laser è

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stato focalizzato sul vetro con un aumento del tempo di interazione tra raggio e materiale, generando così una scansione lenta. La fibra di vetro si è staccata tramite un truciolo continuo, creando una scanalatura sagomata di larghezza uniforme e priva di microfessure sui bordi, di profondità 55 μm e larghezza circa 300 μm. Si riporta un’immagine del microcanale in questione in figura 3.4.

Figura 3.4: canale ottenuto per peeling del vetro borosilicato, a densità di potenza pari a 170 W/mm2 e velocità di scansione pari a 200 mm/s [55]

Come dimostrato dall’esperimento, oltre a una scarsa ripetibilità della prova, si registrano risultati poco incoraggianti anche a causa dell’impiego di diversi tipi di vetro. Ad ogni modo, si adoperano gli stessi dati di densità di potenza, pari a 170 W/mm2, e velocità di scansione, pari a 200 mm/s per lavorare il vetro soda-lime: i risultati sono riportati in figura 3.5.

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Figura 3.5: canale ottenuto per peeling del vetro soda-lime, a densità di potenza pari a 170 W/mm2 e velocità di scansione pari a 200 mm/s [55]

È possibile citare un altro lavoro interessante riguardante, ancora, la fabbricazione di chip microfluidici mediante ablazione laser CO2, senza però generare

crepe o imperfezioni su vetro. La particolarità del metodo utilizzato risiede nell’utilizzo di una piattaforma riscaldante, operante in un range tra i 150°C e 300°C, posta sotto il vetrino e fissata sul piano regolabile in direzione verticale del laser, come si osserva in figura 3.6 [38].

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Figura 3.6: Laser modificato con piattaforma riscaldante [38]

La piastra riscaldante viene impiegata per alzare la temperatura del vetro durante il processo di ablazione laser: questo favorisce il rammollimento della struttura cristallina vetrosa, che rende il processo di ablazione laser meno “aggressivo” sulla superficie del vetro, diminuendone così i fenomeni di frattura e scheggiatura. È osservabile in figura 3.7 un profilo del canale ottenuto su vetro borosilicato, con piastra riscaldata portata a 200°C, densità di energia pari a 167 mJ/mm e velocità di scansione del laser attorno a 15 mm/s: il canale dimostra di avere una forma ad U ben definita, con un elevato aspect ratio che si attesta su valori di 1.50.

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Figura 3.7: canale ottenuto su vetro borosilicato con piastra riscaldata portata a 200°C, densità di energia pari a 167 mJ/mm e velocità di scansione del laser attorno a 15 mm/s [38]

Il laser con piattaforma riscaldata è un sistema sicuramente versatile per la produzione di dispositivi microfluidici in vetro con canali senza imperfezioni superficiali e di forma. Inoltre, si tratta di un sistema che riduce i tempi di produzione dei suddetti chip sulle 24 ore totali, permettendo così flessibilità di progettazione. La problematica riscontrata sta, tuttavia, nel costo della piastra riscaldante: questo, infatti, potrebbe incidere sui costi finali dei microreattori realizzati.

L’ultimo lavoro sperimentale preso in esame concerne la produzione di canali microfluidici con il vetrino immerso in acqua, con uno studio preciso e specifico circa l’effetto della profondità dell'acqua sull'ablazione laser e sulla qualità del canale ottenuto [56]. L’acqua viene utilizzata per raffreddare il vetro borosilicato durante l’azione del laser, abbassando il gradiente termico ed evitandone l’espansione all’interno del vetro e le conseguenti fessurazioni che potrebbero generarsi. È possibile osservare lo schema del dispositivo in figura 3.8, con la vasca contenente l’acqua e il vetrino.

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Figura 3.8: schema di funzionamento ablazione laser del vetro immerso in acqua [56]

L’esperimento in oggetto è stato svolto variando la profondità dell’acqua tra 0,3 mm e 1,0 mm rispetto alla superficie superiore del vetrino. Le figure 3.9.a e 3.9.b mostrano, nel dettaglio, le micrografie ottiche dei canali su vetro Pyrex, create per ablazione laser con potenza laser pari a 24 W di potenza e velocità di scansione pari a 228 mm/s, in aria, dove sono osservabili crepe e fessurazioni indotte da stress termico (figura 3.9.a) e in acqua, sotto il pelo libero di 0,5 mm (figura 3.9.b), con il raffreddamento del vetro durante l’ablazione laser: in questo modo, si riduce l’effetto dello stress termico, dando al canale una forma ben definita, eliminando il rigonfiamento del bordo pur generando un profilo leggermente frastagliato.

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Figura 3.9.a: canale creato in aria [56]

Figura 3.9.b: canale creato in acqua, sotto il pelo d’acqua di 0,5 mm [56]

Tale metodo restituisce canali di buona fattura, ma si registra comunque una forte incertezza sulla profondità di acqua da utilizzare rispetto alla superficie superiore del provino. Questa insicurezza porta a difficoltà di settaggio di velocità di scansione e potenza del fascio laser; inoltre, un’errata configurazione di queste grandezze può

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portare alla rottura durante l'incisione a causa di un raffreddamento insufficiente del vetro.

3.2. Definizione formale

Per fornire una definizione di laser, occorre innanzitutto partire dalla parola stessa: si tratta, infatti, di un acronimo che sta per “Light Amplification by Stimulated Emission

of Radiation”, traducibile come “amplificazione della luce tramite emissione stimolata

di radiazioni”. Questi dispositivi, infatti, generano e amplificano un’onda coerente a frequenze nelle regioni dello spettro elettromagnetico: più precisamente, nell’infrarosso, nel visibile o nell’ultravioletto. I materiali attivi impiegati sono molteplici, così come i metodi di pompaggio e gli approcci progettuali relativi all’emissione del fascio. Le applicazioni riguardano principalmente il campo scientifico ed ingegneristico, spaziando da utilizzi in microtecnologie fino al settore automobilistico.

3.3. Elementi principali di un laser

Gli elementi principali di un dispositivo laser sono:

i. Il mezzo di trasmissione, costituito da un’adeguata quantità di atomi, molecole, ioni, o in alcuni casi da un cristallo semiconduttore.

ii. Un processo di pompaggio per eccitare gli atomi ai loro livelli di energia più elevata; in realtà, per ottenere l’azione del laser, tale procedimento dovrà realizzare l’inversione di popolazione. Quest’ultima condizione è ricavabile in diversi modi e con una vasta tipologia di materiali laser. In figura 3.10 è possibile osservare l’inversione di popolazione tra due livelli energetici, che verrà spiegata più dettagliatamente nel paragrafo 5.2.

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Figura 3.10: inversione di popolazione tra due livelli energetici [57]

iii. Elementi ottici che consentano al fascio di radiazioni laser di essere riflessi e di andare avanti e tornare indietro, così da essere amplificati ripetutamente all’interno della cavità. Una volta ottenuta l'inversione della popolazione, la radiazione elettromagnetica all'interno di una certa banda di frequenze può essere amplificata coerentemente passando attraverso il sistema di specchi del laser. Il processo di amplificazione può anche aggiungere qualche piccolo sfasamento, una certa quantità di distorsione al fascio laser. Tuttavia, il segnale di uscita amplificato sarà coerente con il segnale ottico di ingresso, altamente direzionato e monocromatico.

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È possibile osservare una schematizzazione di tali dispositivi in figura 3.11:

Figura 3.11: schematizzazione componenti principali di un laser [57]

3.4. Proprietà del fascio luminoso

Il fascio laser è un raggio luminoso con un dualismo rappresentato, da un lato, dall’onda elettromagnetica e, dall’altro, dal corpuscolo. L’evidenza di questa dualità fu riscontrata, per la prima volta, in alcuni esperimenti svoltisi all’inizio del ‘900: si notò, ad esempio, come l’effetto fotoelettrico, tramite il fotone, suggerisse una natura corpuscolare della luce, oltre alla natura ondulatoria dimostrata attraverso i fenomeni della diffrazione e dell’interferenza. A tal proposito Einstein nel 1905 formulò la teoria della doppia natura della luce, definendola come un flusso di particelle, chiamate quanti di luce, che si propagano sotto forma di onde elettromagnetiche caratterizzate da una frequenza ν, cioè il numero di onde emesse nell’unità di tempo considerata, e dalla lunghezza d’onda λ di esse. Tale teorizzazione non faceva altro che riprendere il concetto di quanto di energia introdotto da Max Planck: egli propose una formula che lega l’energia E di un fotone alla frequenza ν della luce:

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con h pari alla costante di Planck ( h = 6,626 x 10-34 J·s).

Con tale formula viene specificato quindi che la luce viaggia nello spazio come un’onda ma, interagendo con la materia circostante, assume anche un comportamento corpuscolare, ovvero cede energia come fa una particella che urta un altro corpo, esercitando su di esso una pressione [57].

Per quanto riguarda le caratteristiche relative alla luce emessa da un dispositivo laser, si citano:

i. Coerenza:è la proprietà di un'onda elettromagnetica di mantenere una certa relazione di fase con sé stessa durante la sua propagazione: onde di questo tipo hanno tutte la medesima fase, iniziando e terminando nello stesso istante. In figura 3.12 è posssibile osservare la coerenza di un’onda in un intervallo di tempo τ0.

Figura 3.12: esempio di propagazione di un’onda elettromagnetica, in un tempo τ0 [58]

ii. Monocromaticità: le radiazioni elettromagnetiche possiedono tutte la medesima lunghezza d’onda λ. Questa proprietà è il risultato del fatto che un’onda elettromagnetica di frequenza ν può essere amplificata data la

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disposizione di due specchi in una cavità risonante. Le onde devono essere, naturalmente, in fase tra loro affinché si possano amplificare: per tali motivi, è necessario fissare la distanza degli specchi, che dovrà rispettare una distanza tale da garantire l’amplificazione dell’onda, prendendo in considerazione la lunghezza d’onda λ. La relazione è:

2·L=m·λ

con m un numero intero e L pari alla distanza tra i due specchi [22]. iii. Direzionalità: le radiazioni elettromagnetiche sono tutte dirette lungo la

medesima direzione e l'angolo di divergenza di un fascio laser è estremamente piccolo. Questa caratteristica viene sfruttata soprattutto in quegli ambiti in cui è richiesta un’elevata precisione di lavorazione delle superfici. Un esempio può essere dato dai processi litografici visti precedentemente nel capitolo 1 del presente elaborato.

iv. Radianza: si intende l’elevato numero di fotoni emessi nell’unità di frequenza; tale caratteristica è conseguente alle proprietà di direzionalità e di monocromaticità. L’alto numero di fotoni emessi corrisponde all’elevata intensità di energia emessa: questo ha permesso l’utilizzo di laser per diverse applicazioni tecnologiche, come il taglio dei metalli.

v. Potenza emessa dalla sorgente: l’emissione del fascio luminoso nei laser può avvenire attraverso un’onda elettromagnetica continua o a impulsi; la sorgente emette energia elettromagnetica e, considerata nell’unità di tempo, genererà la potenza del fascio laser, misurata in Watt. Nei laser la potenza emessa può essere di due tipi [22]:

a) a regime continuo: in questo caso si parla di laser Continuous Wave. L’emissione avviene tramite un’onda continua, a un livello di potenza costante nel tempo;

b) a regime impulsato: si tratta di laser che emettono pacchetti di onde a impulsi di brevissima durata nel dominio del tempo. Attualmente si è giunti allo sviluppo di impulsi nell'ordine del femtosecondo.

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3.5. Principio di funzionamento: i livelli energetici e l’inversione della popolazione 3.5.1. I livelli energetici

Le cavità dei laser contengono materiale attivo che possiede atomi. Nella teoria quantistica, gli atomi possono assumere solo valori di energia noti, detti livelli energetici E, che corrispondono agli orbitali degli elettroni. Supponendo che due livelli di energia E1 e E2 (con E1 < E2) siano ammissibili, un atomo può passare da un livello

energetico a un altro scambiando energia con l’esterno, sottoforma di fotoni o quanti di luce. Le modalità di scambio di energia con l’esterno sono due:

• Per assorbimento: un fotone proveniente dall’esterno viene assorbito da un atomo che passa dal livello energetico inferiore E1 al livello superiore E2; si

può osservare il fenomeno in figura 3.13.

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• Per emissione: un atomo passa dal livello energetico superiore E2 al livello

inferiore E1, emettendo un fotone verso l’esterno. Tale processo di emissione,

si divide in due sottocategorie:

i. Emissione spontanea: l’energia viene liberata come onda elettromagnetica che caratterizza il decadimento dell’atomo dal livello E2 al livello E1. L’energia E generata dalla radiazione sarà:

E = h · ν = E2 – E1

e quindi di frequenza

ν = (E2 – E1) / h

con h pari alla costante di Planck. Il processo di emissione spontanea viene riportato in figura 3.14.

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ii. Emissione stimolata: il decadimento viene provocato da un ulteriore fotone incidente sul materiale attivo. L’onda elettromagnetica possiede la stessa frequenza ν dell’atomo che viene investito; l’onda forza l’atomo a generare la transizione energetica dal livello E2 al livello E1,

mediante l’emissione di un’onda elettromagnetica che si va a sommare a quella incidente, come rappresentato in figura 3.15.

Figura 3.15: processo di emissione stimolata [58]

L’emissione stimolata, quindi, viene generata da un fotone con frequenza ν, proporzionale al salto quantico E che l’atomo subisce durante il decadimento; il risultato sarà l’emissione di due fotoni aventi le seguenti caratteristiche:

• Medesima frequenza ν, • Medesima fase,

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Disponendo di una cavità con materiale attivo contenente atomi allo stato di eccitazione E2, è possibile notare che, se al suo interno viene inviato un fotone con

stessa direzione, frequenza e fase degli atomi, questo provoca un’emissione stimolata. A loro volta, partendo da questa condizione, i fotoni prodotti vanno a generare ulteriori emissioni stimolate per mezzo, principalmente, degli specchi riflettenti posti alle estremità della cavità: questi, riflettendo il fascio luminoso, provocano un effetto a catena di altre emissioni stimolate e un’amplificazione della luce che avrà caratteristiche di monocromaticità, coerenza ed elevata direzionalità e potenza. Nel complesso, si è soliti identificare questo fenomeno come effetto laser.

A seconda che gli atomi si trovino al livello energetico E1 o E2, e che il materiale

attivo sia investito da una radiazione di frequenza ν = (E2 – E1) / h, si possono

verificare, quindi, due scenari differenti:

1) assorbimento, se la radiazione di frequenza ν investe un atomo al livello energetico E1. Questo dipenderà da:

• N1, numero di atomi al livello energetico E1,

• Probabilità che tale fenomeno avvenga (indicata con B12).

2) emissione stimolata, se la radiazione di frequenza ν investe un atomo a livello E2. Questo dipenderà da:

• N2, numero di atomi al livello energetico E2,

• Probabilità che tale fenomeno avvenga (indicato con B21).

Einstein dimostrò che B12 = B21 quindi, il fatto che prevalga uno scenario

piuttosto che un altro dipende solo dalla quantità di atomi presenti al livello E1 e al

livello E2. A condizioni di non eccitazione del materiale, spiccano gli atomi al livello

di energia più basso, che sarà quello maggiormente popolato poiché, a seguito dell’eccitamento, si disecciteranno in maniera spontanea. Dunque, al fine di ottenere delle emissioni stimolate con amplificazione del fascio incidente, si deve avere una maggioranza di atomi a livello superiore nel materiale. Sostanzialmente, il materiale attivo del laser deve essere eccitato; gli atomi abbandonano i livelli energetici inferiori per popolare così quelli superiori, ottenendo un’inversione della popolazione: questa operazione viene effettuata tramite il processo di pompaggio, che consiste nell’eccitare

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gli atomi del materiale attivo con l’energia proveniente dall’esterno. Tale energia può essere apportata sottoforma di scariche elettriche o illuminazione tramite lampade. Questo processo, almeno inizialmente, porta il materiale attivo del laser a generare emissioni spontaneamente e in maniera disordinata: queste emissioni incontrano altri atomi eccitati che innescano ulteriori emissioni stimolate, moltiplicandosi a catena grazie alla presenza degli specchi riflettenti e amplificando il fascio laser, rendendolo direzionale, coerente e molto potente. Il processo di inversione della popolazione sarà descritto più approfonditamente nel paragrafo successivo.

3.5.2. Inversione della popolazione

L’inversione della popolazione può avvenire in diversi modi, tenendo comunque in considerazione il fatto che gli atomi, all’equilibrio termico, tendono a stare sul livello energetico più basso, facendo così prevalere il fenomeno dell’assorbimento anziché quello dell’emissione stimolata. L’onda elettromagnetica, quindi, porterebbe più atomi dal livello E1 al livello E2, e non viceversa, generando l’inversione di popolazione. Il

sistema a due livelli energetici, però, non può funzionare a regime continuo, perché gli atomi a livello E2, decadendo, vanno a popolare il livello inferiore E1, eliminando così

l’inversione della popolazione al raggiungimento dell’equilibrio della popolazione stessa, ovvero a N1 = N2. Questa circostanza bilancia i fenomeni di assorbimento ed

emissione stimolata, e rende il materiale inutilizzabile, in quanto il numero di fotoni assorbiti è uguale al numero di fotoni emessi per emissione stimolata.Utilizzando solo due livelli energetici, non è possibile generare tra di essi un’inversione continua della

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