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Le aspettative nel breve e nel lungo periodo

2.Un disegno della teoria generale

3. Le aspettative nel breve e nel lungo periodo

Le aspettative sono il vero motore dell’attività economica, ed in particolare dell’attività imprenditoriale. Secondo Keynes l’andamento effettivo delle variabili economiche non è il vero parametro di interesse per gli imprenditori: ciò che è rilevante è l’eventuale discrepanza fra aspettativa (si potrebbe dire valore atteso delle variabili ex-ante) e valore effettivo (si potrebbe dire

realizzazione ex-post). Nella misura in cui esista una discrepanza, gli individui sono indotti a rivedere le proprie aspettative (e conseguentemente le proprie scelte), in modo più o meno radicale, viceversa si verificherà una stabilità delle scelte. Il sistema economico si aggiusta peraltro con ritardo ed asimmetricamente al mutamento delle aspettative. Ciò significa, rispetto all’asimmetria dell’adattamento, che la risposta ad errori di previsione “negativi” (per esempio si prevedeva un aumento della produzione del 2% ma si è ottenuto solo l’1%) ha maggiore impatto della risposta ad errori “positivi”. Tale asimmetria è del tutto plausibile in quanto il verificarsi di eventi non correttamente previsti implica conseguenze economiche tangibili, con la distinzione che l’evento negativo riduce le possibilità di sopravvivenza - espansione dell’impresa, mentre l’evento positivo ne amplia le opportunità. In ogni caso, sottolinea Keynes, la revisione delle aspettative non può implicare effetti immediati, a prescindere dalla natura dell’evento. Se, per esempio, la crescita della domanda è inferiore al previsto e si presume che ciò sia sintomatico dell’inizio di una fase recessiva, non è possibile ridurre la produzione ricorrendo al licenziamento in tronco, né smantellare istantaneamente il capitale eventualmente eccedente; viceversa, a fronte di un aumento inatteso della domanda, che segnali l’inizio di una fase espansiva stabile, non è possibile adeguare immediatamente la produzione (a meno che non si disponga di capacità produttiva in eccesso o si ricorra al lavoro straordinario).

Fatti salvi i processi di aggiustamento è la loro differente connotazione qualitativa appare evidente che nella visione keynesiana le aspettative rappresentano una variabile fondamentale per la comprensione della dinamica economica.

Ma come si formano le aspettative, quale grado di stabilità posseggono ed in che modo influenzano l’attività del sistema economico? Keynes distingue fra aspettative a breve termine (convenzionalmente tra 1 e 5 anni) ed aspettative a lungo termine. Ed in questa distinzione Keynes adotta, almeno implicitamente, la logica marshalliana che distingue fra breve e lungo periodo in relazione alla flessibilità dei fattori produttivi. Entrambe sono rilevanti nella determinazione delle decisioni produttive e occupazionali correnti, benché in modo differente. Le aspettative a breve termine, infatti, determinano il livello produttivo corrente delle imprese e le scelte occupazionali correnti, in modo diretto. Quindi output e occupazione a livello aggregato dipendono direttamente dalle aspettative a breve termine. Le aspettative a lungo termine influenzano output ed occupazione indirettamente. Infatti, questo tipo di aspettative determina le decisioni di investimento delle imprese, ossia le scelte che portano all’accumulazione del capitale. Una volta determinato il livello di capitale ottimale, le imprese scelgono il livello di output che massimizza il profitto atteso e di conseguenza il livello occupazionale congruente con le due variabili. La separazione fra aspettative a breve ed a lungo termine nel ragionamento keynesiano è essenziale alla definizione del meccanismo di formazione delle stesse, che in ultima analisi ne determina il relativo grado di stabilità nel tempo.

L’aspettativa a breve termine si caratterizza infatti per una maggiore dipendenza dagli eventi recenti e si forma sostanzialmente sulla base di un percorso adattivo: i risultati del recente passato, in condizioni di stabilità economica, costituiscono una buona approssimazione delle aspettative a breve termine. Quindi l’aspettativa a breve termine si caratterizza per la possibilità di conferirne una connotazione quantitativa analiticamente determinabile. Volendo ricorrere al linguaggio statistico attuale (che però non era proprio al ragionamento di Keynes essendo fra l’altro successivo alla pubblicazione della Teoria Generale) l’aspettativa a breve termine di una data variabile può essere rappresentata come il valore atteso di un processo stocastico autoregressivo di ordine n nel quale gli eventi più lontani hanno peso via via decrescente. E’ bene notare che la stabilità dell’aspettativa a breve termine dipende dalla stabilità delle condizioni economiche aggregate: non bisogna essere indotti nell’errore di ritenere che l’aspettativa a breve termine, per il meccanismo di formazione che la caratterizza, sia più stabile rispetto all’aspettativa a lungo termine, perché ciò è vero solo nella misura in cui il sistema non sia sottoposto a perturbazioni continue.

Più complessa è la definizione delle aspettative a lungo termine. Anche l’aspettativa a lungo termine si forma sulla base della medesima sequenza logica che porta alla formulazione dell’aspettativa a breve termine: (1) l’individuo opera in un ambiente incerto, nel quale il peso degli eventi passati è determinato dal grado di incertezza stesso (quanto maggiore è l’incertezza, tanto minore è l’affidamento che si può fare sull’evidenza passata, soprattutto

se lontana); (2) in assenza di cambiamenti attesi di rilievo, è lecito attendersi che gli eventi più lontani abbiano minore rilevanza rispetto agli eventi più recenti; (3) la confidenza nelle aspettative formulate dipende dal successo di queste ultime (un individuo che commette sistematici errori di previsione avrà scarsa confidenza nelle proprie aspettative, e le stesse saranno instabili; mentre un individuo le cui previsioni si dimostrano tendenzialmente corrette, non ha motivi per rivedere spesso le proprie aspettative). Il punto che distingue i due tipi di aspettative è il fondamento sul quale le stesse vengono costruite. Mentre nel caso dell’aspettativa a breve termine si dispone di una base “oggettiva” per l’approssimazione dei valori attesi (costituita come si è detto da una qualche trasformazione dei valori passati), nel caso dell’aspettativa a lungo termine non esiste nessun elemento oggettivo sul quale fondare il proprio calcolo. E’ importante sottolineare che l’indisponibilità di una base oggettiva per il calcolo dei rendimenti netti attesi, da cui discende la decisione di investimento (o qualsiasi altra decisione economica a lungo termine) non implica l’impossibilità di decidere, ma semplicemente un modo non matematico di attuare la decisione stessa. L’approssimazione matematica possibile per la determinazione dei valori attesi a breve termine, viene sostituita da approssimazioni “convenzionali” nel lungo termine, il cui contenuto è puramente qualitativo. Due delle caratteristiche fondamentali della conoscenza convenzionale rilevanti ai fini della costruzione keynesiana: 1) la natura non oggettiva della convenzione che la rende strutturalmente più fragile di una conoscenza oggettiva; 2) la non necessaria instabilità della convenzione stessa:

quest’ultima non è soggetta a revisione continua; tuttavia, le convenzioni sono più soggette a “rivoluzioni”, ossia a cambiamenti repentini e drastici che intervengono dopo periodi di prolungata stabilità. E’ chiaro, comunque, che il meccanismo di formazione delle aspettative a lungo termine evidenzia la presenza di una ineliminabile fonte di instabilità nel funzionamento del sistema economico. Poiché le aspettative a lungo termine concorrono a determinare il livello dell’investimento aggregato si comprende il canale principale attraverso il quale hanno origine le fluttuazioni economiche nella spiegazione keynesiana. Fortemente collegata alla questione delle aspettative è la riflessione sulla natura intertemporale delle decisioni. Keynes non nega in alcun modo che le scelte correnti siano connesse alle scelte future. La semplice considerazione del ruolo attribuito alle aspettative ne è una prova evidente. Ciò che mette in discussione, come sempre, è la modalità seguita dalla teoria classica per illustrare il legame intertemporale fra le variabili economiche. Per i classici consumo e risparmio risultano dalla massimizzazione dell’utilità individuale e dalla medesima decisione di allocazione temporale delle risorse, mediata dal tasso di interesse che rappresenta il tasso di preferenza intertemporale, mentre l’investimento viene determinato dalla massimizzazione del profitto intertemporale che porta alla scelta del livello ottimale del capitale. Nella teoria keynesiana ciò non avviene, ed ancora una volta si sottolinea la differenza fra grandezze determinate a livello microeconomico e grandezze aggregate.

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