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Come si è visto ed analizzato a grandi linee nel paragrafo precedente, la pratica e la dottrina medievali, oltre agli espedienti per ottenere la conservazione del patrimonio familiare, e dunque limitarne il più possibile la disgregazione, seppero trovare altri accorgimenti diretti ad evitare i danni che potevano derivare dalla divisione ereditaria. Tale obiettivo fu raggiunto tramite il complesso sistema delle sostituzioni. Molte erano le disposizioni testamentarie con le quali il de cujus, nel caso in cui non vi fossero stati figli, disponeva la sostituzione del fratello con la madre o con la moglie; diversamente, in presenza di figli o di figli dei figli, la sostituzione doveva aver luogo in primis tra costoro. La stessa cosa doveva avvenire se morivano cum legitima aetas ma sine judicatione et alienatione.

Successivamente, dalla metà del XIII secolo, cessò l’eguaglianza tra figli e figlie, tra fratelli e sorelle e nelle sostituzioni si iniziò a preferire la linea maschile; in questo modo nelle substitutiones venne ad intensificarsi il concetto di perpetuare la conservazione dei beni nell’ambito della famiglia84.

In generale, si trattava si sostituire un parente all’altro quando il primo non avesse disposto o si fosse trovato in condizioni da non poter disporre dei beni ereditati, e di indicare al primo erede la linea alla quale apparteneva il successore affinché venisse assicurata la permanenza del patrimonio nella cerchia familiare. Questo lo si può

84 B.BIONDI, Successione testamentaria e donazione, Milano 1955, pp. 475- 495; P.

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intravedere in alcuni atti privati, a cominciare dal testamento del giurista Omobono85, il quale dispose che se qualche figlia nata o

nascitura (egli non aveva figli maschi) “decesserit infra pupillarem aetatem, vel post, sine liberis, superstitem vel superstites et natos et nascituros ex eis substituo in stirpem et non in capita dividendum, et hoc si superstes habet vel habuerit filios masculos”. Se avesse avuto figli maschi, “et ipsi infra pupillarem etatem decesserint, vel post sine filiis et filiabus”, i beni sarebbero dovuti andare al fratello; se le sorelle del de cuius fossero morte senza figli, avrebbero potuto disporre solamente della legittima, in quanto il resto sarebbe dovuto andare al fratello86.

Altra disposizione che possiamo prendere in considerazione è quella di Piccardo della Scala87, il quale prescrisse che se avesse avuto da sua moglie, in gravidanza, una figlia, questa avrebbe ricevuto solamente una determinata somma di denaro, mentre se il nascituro fosse stato un maschio, questo avrebbe dovuto avere la sua quota con gli altri suoi fratelli. Non solo, egli dette anche disposizioni per il caso in cui i nati e i nascituri morissero “in pupillari etate vel alios quandocumque sine legitimis filiis”, aggiungendo che i superstiti dei figli maschi avrebbero dovuto essere sostituiti, vicendevolmente, “pupillariter, vulgariter et per fideicommissum equaliter”, e che lo stesso sarebbe dovuto avvenire per i figli maschi nati da costoro88.

85 Sul glossatore cremonese Morisio Omobono si veda L. LOSCHIAVO, Omobono

Morisio, in Dizionario dei Giuristi Italiani, II, cit., pp. 1455-1456; R.RAO, Comunia: le risorse collettive nel Piemonte comunale, Milano 2008, p. 57.

86 R.TRIFONE, Il fedecommesso, cit., pag. 115.

87 Piccardo della Scala fu un nobile signore, proprietario del vasto feudo di

Valpolicella, e ricoprì importanti cariche pubbliche in molte città. A lui si deve un esempio di atto testamento avente ad oggetto disposizioni volte ad assicurare una giusta ripartizione dei beni ereditari ed il loro trasferimento da uno all’altro dei coeredi, e da questi ai loro successori. G.DA PERSICO, Descrizione di Verona e della sua provincia, Verona 1821, p. 160.

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Le varie forme di sostituzioni furono distinte in tacite ed espresse, e a loro volta in dirette, oblique e fedecommissarie. La prima categoria (sostituzioni dirette) comprendeva tutte le ipotesi di sostituzioni: volgari, pupillari, quasi-pupillari, esemplari, semplici, doppie, reciproche, militari e breviloque o compendiose (s’intendevano fedecommissarie). La seconda categoria invece comprendeva le sostituzioni oblique e le fedecommissarie; quest’ultime, però, vennero prese in considerazione soltanto per i casi riguardanti la Trebellianica.

I testatori, con opportune cautele e a seconda delle contingenze familiari, si servirono indifferentemente sia delle restitutiones che delle substitutiones. Nelle sostituzione fedecommissarie, o in quelle che obliquavano, l’onorato aveva lo jus succedendi e la spem speratam in se, era considerato come erede e poteva avere anche un secondo sostituto che poteva obbligare il primo all’aditio e alla restitutio89.

La sostituzione avveniva al momento della morte dell’istituito e poteva essere disposta simpliciter, dopo la morte di più persone (pluribus), e sub conditione; nel primo caso i chiamati s’intendevano substituti ad invicem, nel secondo caso erano ammessi solo se la conditio si verificava. Le condizioni da cui dipendevano le sostituzioni erano generalmente quelle “si sine liberis decesserit” o “si filius absque testamento decesserit” e si dovevano intendere fino all’estinzione di coloro che appartenevano al casato.

89 Per la restitutio il fedecommissario era titolare di quanto l’ereditando gli aveva

attribuito; oggetto di restitutio era l’eredità, nella consistenza che aveva il giorno dell’adizione ereditaria. L’obbligo di restituire ad altri ciò che si era ricevuto dal testatore era l’essenza delle disposizioni fedecommissarie, ma il regolare questa restituzione fra persone di famiglia e farlo prevalentemente nel loro interesse era un fatto che non ancora si era manifestato risolutamente e senza equivoci. Nella maggiore sua portata il fedecommesso poteva dar luogo ad una restituzione al tempo della morte dell’onerato e alla presunzione che tra fratelli ciò dovesse aver luogo ogni volta che uno di loro morisse senza prole o senza aver fatto testamento. F. CALASSO,Restitutio, in Enciclopedia del diritto, vol. XVII, Torino 1958, p. 106.

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In generale, nella sostituzione testamentaria, quando non si volevano privilegiare esclusivamente i figli ma anche i discendenti di quest’ultimi, gli statuti decretarono che le sostituzioni dovevano ritenersi disposte in ordine successivo favorendo la linea maschile. Le femmine non erano comprese in tale ordine, ma solo in via subordinata, nell’ipotesi di assenza dei maschi; di conseguenza la successione proseguiva in maniera reciproca tra figli o fratelli rinnovandosi, di grado in grado, fra tutti i discendenti del testatore.

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