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Le controversie distributive nella formulazione originaria

LE CONTROVERSIE IN SEDE DI DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO

3.1. Le controversie distributive nella formulazione originaria

distributive oggi: le modifiche del 2005- 2006; 3.3 La legittimazione all’opposizione distributiva; 3.4 Il giudice competente 3.5 L’oggetto delle controversie distributive: diritto al concorso o diritto di credito? 3.5.1 La tesi che individua quale unico oggetto del giudizio il diritto al concorso 3.5.2 Il diritto di credito come unico oggetto delle controversie distributive 3.6 La natura delle controversie di cui all’art. 512 c.p.c. 3.7 I poteri cognitivi e istruttori del giudice dell’esecuzione nella fase sommaria e gli effetti della pronuncia conseguente all’opposizione ex art. 512 c.p.c.; 3.8 La sospensione (facoltativa) della distribuzione del ricavato 3.9 Il rapporto tra le controversie distributive e la conversione del pignoramento 3.10 La stabilità dell’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria 3.10.1 Della possibilità di contestare i crediti riconosciuti ai sensi dell’art. 512 c.p.c.

3.1. Le controversie distributive nella formulazione originaria

L’art. 512 c.p.c. reca la disciplina relativa alle controversie che possono sorgere, durante la fase di distribuzione del ricavato, tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’esecuzione forzata, ovvero tra creditori concorrenti, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza dei diritti di prelazione. Nella sua formulazione originaria, anteriore alle recenti riforme del 2005, il sorgere di una controversia distributiva a norma dell’art. 512 c.p.c. determinava l’instaurazione di un giudizio a cognizione piena durante la fase satisfattiva. Stante il carattere “a porte aperte”

92 dell’espropriazione forzata ante riforma - che, come visto132, consentiva

l’intervento nell’esecuzione anche ai creditori sprovvisti di titolo esecutivo - accadeva sovente di assistere a contestazioni ex art. 512 c.p.c. sull’esistenza del credito da questi vantato. In altre parole, dalla riconosciuta legittimazione ex art. 499 c.p.c. anche ai creditori non titolati derivava il frequente ricorso all’opposizione distributiva. Quanto al giudice investito della controversia, la disposizione prevedeva che il giudice dell’esecuzione, se competente per valore, provvedeva all’istruzione della causa, in caso contrario rimetteva la stessa al giudice competente a norma dell’art. 17

c.p.c., fissando un termine per la riassunzione dinnanzi a questo. La controversia era trattata con le forme proprie del processo ordinario di

cognizione, si concludeva con una sentenza, idonea al giudicato ed impugnabile con i consueti rimedi. Altresì, la proposizione della controversia determinava la sospensione automatica del processo esecutivo, salva la possibilità per il giudice di provvedere ad una distribuzione parziale limitatamente alle somme non contestate. Dunque, le forme proprie del procedimento ordinario di cognizione – con i relativi mezzi di impugnazione - nonché la previsione della sospensione ex lege dell’esecuzione determinavano evidenti rallentamenti nella fase satisfattiva. Ciò induceva sovente il debitore esecutato a proporre opposizioni distributive meramente pretestuose, a soli fini dilatori, con l’unico scopo di ritardare la distribuzione del ricavato tra i creditori, con conseguenti aspre critiche tra gli interpreti. Stando così le cose, nessuno in

93 dottrina133 - né chi134 estrometteva la fase distributiva dall’espropriazione né

chi135 la considerava invece una sua fase - sembrava dubitare della idoneità

delle controversie distributive ad accertare con efficacia di giudicato la sussistenza o l’ammontare dei crediti vantati, ovvero dei diritti di prelazione, e dunque il carattere cognitivo e decisorio del provvedimento che statuiva sulla controversia distributiva. In altre parole, nel vigore del codice previgente nonché di quello attuale nella sua formulazione originaria tali controversie erano considerate un vero e proprio incidente cognitivo all’interno del processo esecutivo, decise attraverso le forme di un processo ordinario di cognizione dal giudice competente per valore. Esse consentivano di ottenere una cognizione piena ed esauriente sull’esistenza o l’ammontare dei diritti vantati dai creditori concorrenti, soprattutto quelli sprovvisti di titolo esecutivo. Anche i fautori della tesi c.d. espropriativa –

133 S. SATTA, Commentario, op. cit., pp. 219 ss.; A. BONSIGNORI, voce Distribuzione

del ricavato, op. cit., pp. 3 ss.; ID., Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, op. cit., pp. 391 ss.; E. GARBAGNATI, Il concorso dei creditori, op. cit., pp. 91 ss.; V. DENTI, voce Distribuzione, op. cit., pp. 332 ss.; C. MANDRIOLI, Corso di diritto, op. cit., pp. 87 ss.; A. M. SOLDI, Manuale, op. cit., pp. 780 ss.; ID., Il progetto di distribuzione e le controversie distributive, in Riv. Es. forz., 2007, pp. 68 ss.; B. CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione, op. cit., pp. 351 ss.; M. FABIANI, Le controversie distributive. L’oggetto del procedimento e l’impugnazione dell’ordinanza del giudice, in Riv. Es. forz., 2010, pp. 575 ss.; S. VINCRE, Profili, op. cit.; C. PERAGO, Controversie sull’accertamento del credito, op. cit., pp. 213 ss.; A. PEDONE, Brevi note sul giudizio distributivo, op. cit., pp. 529 ss.; A. LOTTI, Le contestazioni del debitore nella fase distributiva dell’espropriazione forzata, in Riv. Trim. dir. Proc. civ., 1981, pp. 322 ss.; C. FURNO, Disegno sistematico delle opposizioni nel processo esecutivo, Firenze, Carlo Cya Editore, 1942 pp. 196 ss. non esitava ad inquadrare le controversie in esame tra le opposizioni di merito. La Corte di Cassazione costantemente affermava che le controversie distributive costituissero azioni di accertamento a cognizione ordinaria sulla legittimità del riparto, tra le altre: Cass. civ., 2 novembre 1993, n. 10818; Cass. civ., 15 settembre 1997, n. 9201; in particolare si v. Cass. civ., 17 gennaio 1998, n. 378. E. GARBAGNATI, Espropriazione, op. cit., pp. 196 ss. ritiene che l’azione di mero accertamento cedi il passo dinnanzi a quella costitutiva quando si accerti in sede distributiva l’insussistenza del credito vantato.

134 Si v. supra, gli Autori citati in nota n. 39. 135 Il riferimento è supra, nota n. 42

94 che, in contrapposizione a quella cognitiva, ritenevano che in assenza di contestazioni ex art. 512 c.p.c. il diritto di credito indicato nel piano di riparto non poteva ritenersi accertato, con conseguente esperibilità della condictio indebiti136- ritenevano che alle controversie distributive dovesse

attribuirsi carattere dichiarativo. Infatti, questi sostenevano che soltanto all’esito dell’opposizione distributiva si aprisse nel processo esecutivo un procedimento a cognizione piena, finalizzato ad accertare con efficacia di giudicato la sussistenza o l’ammontare dei crediti vantati. La stessa conclusione era a maggior ragione raggiunta dai fautori della tesi c.d. cognitiva, i quali ritenevano che la stabilità del riparto conseguisse non soltanto all’esito del giudizio distributivo di cui all’art. 512 c.p.c. ma anche in assenza di contestazioni.137 A tale soluzione giungevano inoltre tanto

quelli che individuavano l’oggetto delle controversie distributive nel diritto sostanziale vantato138, quanto quelli che ritenevano che esso fosse

rappresentato dalla collocazione nel riparto139, nonché coloro che lo

ravvisavano nel diritto al concorso140. Anche nel vigore della previgente

136 L’argomento è stato approfondito, supra, nel par. 2.8 137 Anche in questo caso, il riferimento è al par. 2.8

138 In tal senso si v.: G. VERDE, Intervento e prova del credito nell’espropriazione forzata,

Milano, 1968, pp. 107 ss.; B. CAPPONI, La verificazione dei crediti, op. cit., pp. 180 ss.; M. BOVE, L’esecuzione forzata ingiusta, Torino, Giappichelli, 1996, p. 146 ss.; L. MONTESANO, La cognizione sul concorso, op. cit., pp. 582 ss.

139 Riteneva invece che l’oggetto delle controversie distributive fosse costituito

dalla collocazione nel piano di riparto, con conseguente accertamento incidentale sul credito: E. GARBAGNATI, Espropriazione e distribuzione, op. cit., pp. 175 ss.; ID., Il concorso dei creditor, op. cit., pp. 90 ss.

140 Nel vigore della disciplina previgente alle riforme del 2005 si trattava di una tesi

minoritaria, sostenuta da: E. F. RICCI, Formazione del passivo fallimentare e decisione sul credito, Milano, Giuffrè, 1979, pp. 52 ss.; A. LOTTI, Le contestazioni, op. cit., pp. 322 ss.: “Secondo l’opinione che ci sembra preferibile, le controversie previste dall’art. 512 c.p.c. hanno sempre ad oggetto il diritto di ciascuno alla concreta percezione del ricavato, inteso come situazione giuridica interna al processo di esecuzione forzata, rilevanza l’esistenza dei crediti e delle cause di prelazione come questioni pregiudiziali investite da mera cognitio. Ritengo pertanto necessaria la proposizione di una domanda di accertamento

95 disciplina vi era infatti un contrasto sull’individuazione dell’oggetto delle controversie ex art. 512 c.p.c., ma non sul fatto che esse comportassero un

accertamento con efficacia di giudicato del rapporto giuridico sottostante. In conclusione, l’idoneità al giudicato dell’accertamento comportava la

stabilità dei risultati, e la conseguente impossibilità di esperire la condictio indebiti, una volta chiuso il processo esecutivo. Come già visto141, anche nel

vigore della previgente disciplina dubbi erano sorti invece sulla stabilità del piano di riparto in assenza di contestazioni ai sensi dell’art. 512 c.p.c. Infine, occorre sottolineare come il sistema così delineato, sia stato oggetto di aspre critiche in dottrina142, che evidenziava l’inadeguatezza di tale disciplina, e

auspicava una riforma, attribuendo magari al giudice dell’esecuzione quei poteri di cognizione sui diritti al concorso che la giurisprudenza invece negava costantemente.