Omnia Opera bolognesi (1502)
2.3 Le correzioni nell’edizione degli Omnia opera bolognesi (1502)
L’unica edizione ad avere importanza ecdotica, oltre ovviamente alla princeps che ha il valore di originale in quanto curata dall’autore stesso, è l’edizione bolognese degli Omnia opera uscita l’11 giugno 1502 per le cure dell’amico Filippo Beroaldo, coadiuvato da un carmelitano già confratello del nostro, un tale «frater Hieronymus», che rimane purtroppo non identificato.53 Riporto per intero la lettera di prefazione del Beroaldo, importante sia per il giudizio encomiastico sul Mantovano espresso dal professore bolognese (in cui riecheggia, per il risorgere della competizione tra moderni e antichi, la lode di Filippo Brunelleschi tessuta da Leon Battista Alberti nel prologo del suo De pictura54), sia per le informazioni filologiche contenute sul finale:
Philippus Beroaldus venerabili fratri Hieronymo carmelitae salutem
Perlegi nuper divina divini Baptistae Carmelitae poemeta, quae evidenter ostendunt parentem rerum naturam in progenerandis poeticis ingeniis haudquaquam decoxisse55 Mantuamque nobis alterum
Maronem ex palingenesia Pythagorica reddidisse. Equidem vates omnes priscos adorandos puto maximeque Virgilium, cui hic noster proximus longo quidem intervallo, sed tamen proximus in quo ingenium copiosum et mira doctrinae multivagae felicitas exuberat, foecundus prorsus artifex, utpote qui versuum millia plurima condiderit, adeo ut Musae, ut Apollo, ut Dionysius, ut dii omnes poetici nullum hoc saeculo indulgentius fovisse videantur. Cuius poemata tersa, erudita, consumata prae se ferunt quandam facilitatem felicissimam, quae omnia commendat sanctitas scriptoris et doctrina religiosior, et ecclesiasticum dogma intertextum, quibus veluti pigmentis preciosis colorata splendescunt. Merito itaque vivens ea fruitor gloria quam post cineres paucissimi consequuntur eamque vivus sentit quae post fata praestari magis solet venerationem. Interest posteritati suae monstraturque digito praetereuntium, nec solum habetur in manibus et ediscitur, verumetiam in scholis enarratur et inde saluberrima tirunculis dictato grammatistae praescribunt. Gaudeo ipse mecum et gestio, quod talem virum non solum familiariter noverim, sed etiam habuerim consessorem. Caeterum tu non minima laude dignus es, mi Hieronyme, qui tua diligentia effecisti ne unquam mori posset, et sicuti est immortalis, ita immortaliter perennet. Namque poemata novicii Maronis nostri omnia in unum quasi corpus compacta et ex archetypo diligentissime descripta tradidisti Benedicto bibliopolae impressori elegantissimo, ut formis excuderentur, sub cuius incude impressoria et nostra quoque qualiacumque pene infinita volumina sunt excussa: provinciam profecto laudabilem
53 Anche una ricerca all’Archivio di Stato di Bologna, attraverso alcune buste del fondo
«demaniale» relative al convento carmelitano di San Martino Maggiore, si è rivelata poco fruttuosa.
54«Io solea maravigliarmi insieme e dolermi che tante ottime e divine arti e scienze, quali per loro
opere e per le istorie veggiamo copiose erano in que’ vertuosissimi passati antiqui, ora così siano mancate e quasi in tutto perdute: pittori, scultori, architetti, musici, iometri, retorici, auguri e simili nobilissimi e maravigliosi intelletti oggi si truovano rarissimi e poco da lodarli. Onde stimai fusse, quanto da molti questo così essere udiva, che già la natura, maestra delle cose, fatta antica e stracca, più non producea come né giuganti così né ingegni, quali in que’ suoi quasi giovanili e più gloriosi tempi produsse, amplissimi e maravigliosi. Ma poi che io dal lungo essilio in quale siamo noi Alberti invecchiati, qui fui in questa nostra sopra l’altre ornatissima patria ridutto, compresi in molti ma prima in te, Filippo, e in quel nostro amicissimo Donato scultore e in quegli altri Nencio e Luca e Masaccio, essere a ogni lodata cosa ingegno da non posporli a qual si sia stato antiquo e famoso in queste arti». (ALBERTI, Opere, III, p. 7).
55 BACCHELLI, L’insegnamento, p. 164: «Di fronte alla teoria di alcuni medici e di alcuni
aristotelici contemporanei, che cercavano di dimostrare come la natura si fosse stancata di produrre forti e vigorosi ingegni – un punto di vista cui si oppose il Pico e poi il Machiavelli –, [Beroaldo] non mancava di ripetere come non era possibile che la natura si fosse spossata (“effoeta”) proprio ora».
suscepisti, ut quae prius sparsim intercisimque divulsa veluti membra legebantur, ea nunc connexa et constipata instar corporis integri habeantur. Debent tibi plurimum huiusce sacri poematis studiosi; debet non parum ipse conditor, nec enim satis est condere legenda, nisi excussor, buccinator, ordinator accesserit. Vale et me ama.56
Le opere che escono in seconda edizione in questi Omnia opera contengono tutte delle leggerissime varianti, che, sebbene poco numerose e riguardanti solo limitatissime porzioni di testo, devono essere prese in seria considerazione. Nel capitolo precedente, esaminando l’iter compositivo del Suburbanum e delle due egloghe romane, abbiamo individuato un sistema variantistico che si articola in due fondamentali momenti: quello della riscrittura vera e propria del componimento (macrovarianti), che porta a una nuova redazione (il passaggio dal Suburbanum alle prime otto ecloghe dell’Adolescentia, per esempio, o il passaggio dalle ecloghe ad
Falconem e ad Bembum nella tradizione manoscritta alle ecloghe Falco e Bembus
come IX e X ecloga dell’Adolescentia); e, accanto a questo, il momento dei piccoli ripensamenti (microvarianti), con lievi mutamenti lessicali e stilistici, forse addirittura annotati a margine della propria copia di lavoro, come varianti alternative e concorrenti: queste microvarianti di solito riguardano un emistichio, un sintagma o anche un solo termine. Ebbene, negli Opera omnia bolognesi troviamo un riscontro di questo sistema variantistico: infatti mentre alcune opere, tra quelle più recenti del periodo romano, come l’In Robertum Sanseverinatem panegyricum carmen e il De
contemnenda morte,57 vengono sottoposte ad una importante revisione, riscritte e ampliate (tanto da poter parlare di redazioni diverse rispetto alle precedenti), le opere più antiche, uscite a Bologna tra il 1488 e il 1489 (e composte all’incirca nei dieci anni precedenti), conoscono solo lievissimi ritocchi. Elenco queste microvarianti (tralasciando invece i facili errori), credendo di fare un lavoro utile anche ai futuri editori di queste opere:
De calamitatibus temporum
56 È l’ultima delle quattro lettere stampate in un fascicolo a parte senza numerazione e collocato
come primo dal rilegatore. Per il termine archetypo cfr. RIZZO, Il lessico, p. 311: «L’archetipo infatti può venir mandato in tipografia ed è frequente nelle stampe quattrocentine l’accenno a una diretta derivazione dall’originale dell’autore».
57 BOUSCHARAIN nel suo importante lavoro pubblica entrambe le redazioni del De contemnenda
1489 = Bologna, Franciscus dictus Plato de Benedictis et Benedictus Hectoris Faelli58
1502 = Bologna, Benedictus Hectoris59
1) 1489 c. E1 r riga 11 Forma movet, condita gravi comitate venustas
1502 c. 133 r riga 4 Forma movet, gravitate oris condita venustas
2) 1489 c. E1 r, penultima riga Praeteriusque hominum castra imbecilia ridet
1502 c. 133 r, riga 17 Praeteriusque hominum vires deridet et arma 9 3) 1489 c. F3 r ultima riga Cur lachrymis oculos singultibus ora
Nequicquam indulges?
1502 c. 138 r riga 20 Cur lachrymis oculos singultibus ora
In vanum indulges?
4) 1489 c. G3 v riga 5 Atque imbecilles sensus et pectora tarda
1502 c. 142 r riga 9 Ac sensus simul exangues et pectora tarda 5) 1489 c. G4 r riga 20 Qua ferus algenti gotus descendit ab axe
1502 c. 142 v riga 9 Qua gothus algenti resonans erupit ab axe
6) 1489 c. H2 v riga 7 Cura redemisset, pulso capitolia gotho
1502 c. 145 r riga 19 Cura redemisset, Tanai capitolia pulso
7) 1489 c. I5 r riga 17 Annosas scandunt quercus fugiuntque repentes
1502 c. 155v riga 17 Annosas scandunt quercus fugiuntque gementes
8) 1489 c. I5 v riga terzultima Nequicquam lacrimas et fallere numina votis
1502 c. 156 r riga 8 In vanum lachrymas et fallere numina votis
Epigrammata ad Falconem
1489 = Bologna, Benedictus Hectoris Faelli60 1502 = Bologna, Benedictus Hectoris
1) 1489 c. E3 r riga 15 Quod scit in oculta turpe nil esse domo
1502 c. 379 r riga 23 Quod nihil in tota turpe scit esse domo
2) 1489 c. F4 r ultima riga Quot homines Romae tot eunt per compita fures
1502 c. 385 r riga 3 Quot sunt Romae homines tot eunt per compita [fures
58 Ho consultato l’esemplare conservato a Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, con segnatura
«16. Q. V. 54 op. 2ª».
59 Ho consultato l’esemplare conservato a Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, con segnatura
«16. P. II. 6».
60 Ho consultato l’esemplare conservato a Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, con segnatura
3) 1489 c. F5 r riga 1 Et geminos magni cum comitate brutos
1502 c. 385 r riga 29 Et Brutos magni cum probitate duos