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Le donne straniere

Nel documento LA SALUTE RIPRODUTTIVA DELLA DONNA 2 (pagine 84-87)

LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

6. GLI ESITI NEGATIVI DEL CONCEPIMENTO 1

6.2 L’interruzione volontaria della gravidanza

6.2.5 Le donne straniere

Come già osservato nel Capitolo 1 la presenza straniera femminile sul territorio italiano è notevolmente aumentata negli ultimi dieci anni: si è passati dal 4,4 per cento di donne straniere residenti nel 2007 all’8,5 nel 2017. Con riferimento alle Ivg la proporzione di quel-le effettuata da donne straniere residenti nel 2016 è pari al 30,5 per cento, in lieve crescita

Tavola 6.5 - Tassi standardizzati di abortività volontaria per condizione professionale - Anni 2001 e 2011 (per 1.000 donne di età 15-49 anni)

ANNI Occupata Disoccupata o in cerca di 1 Condizione professionale

occupazione Studentessa Casalinga

2001 7,6 12,5 8,1 18,5

2011 7,1 11,0 6,4 12,3

Differenza % -6,6% -12,0% -21,0% -33,5%

Fonte: Istat, Indagine sulle interruzioni volontarie della gravidanza.

Tavola 6.4 - Tassi standardizzati di abortività volontaria per titolo di studio - Anni 1981, 1991, 2001 e 2011 (per 1.000 donne di età 20-49 anni)

Anni TITOLO DI STUDIO (a)

Basso Medio Alto

1981 16 22 14

1991 14 14 9

2001 14 13 7

2011 19 15 6

Fonte: Istat, Indagine sulle interruzioni volontarie della gravidanza

rispetto al 2005 quando risultava essere il 29,8 per cento. Questa differenza tra la presenza e il ricorso all’aborto lascia intendere che le donne straniere utilizzino in modo più frequente l’Ivg rispetto alle donne italiane4. Si può facilmente supporre che vivere in un Paese stra-niero comporti evidenti difficoltà economiche e sociali, tali da rendere meno sostenibile il proseguimento di una gravidanza indesiderata.

La quota di Ivg da donne straniere permette di quantificare il ‘peso’ di questa popola-zione su tutto il fenomeno dell’Ivg in Italia, mentre il tasso permette di valutare la propen-sione all’aborto. Quindi il calcolo dei tassi si rende necessario per verificare questa afferma-zione, in funzione della disponibilità della popolazione residente di riferimento, distinta per cittadinanza, età e sesso (Figura 6.4) (D’Errico et al., 2016).

Per eliminare l’interferenza delle differenti strutture per età delle popolazioni è stato calcolato il tasso standardizzato che consente un’interpretazione del fenomeno al netto della diversa composizione della popolazione femminile. Appare subito evidente il divario esistente tra i livelli di abortività delle donne italiane e quelle provenienti da Pfpm: nel 2005 il ricorso all’Ivg era quasi cinque volte superiore per queste ultime, e si è ridotto a ‘solo’ tre volte nel 2015. Una breve menzione alle Ivg di donne da Psa che sperimentano tassi di poco superiori a quelli delle italiane, ma in realtà ormai si sono ridotti a poche centinaia di casi l’anno. Va evidenziato positivamente il fatto che, nonostante i già bassi livelli delle italiane nel 2005 (7,3 Ivg ogni 1.000 donne), questi si siano ulteriormente ridotti durante i successivi anni fino al 2015. Non manchiamo di sottolineare anche il marcato declino dell’abortività delle donne straniere che durante il periodo considerato vede una riduzione consistente di oltre il 50 per cento.

4 Se si considera la presenza delle donne straniere in età feconda (15-49 anni) questa è pari a 12,5 per cento al 1 gennaio 2017, superiore a quella calcolata su tutte le donne ma comunque sempre di molto inferiore alla quota delle donne straniere che ricorre all’Ivg.

7,3 11,1 34,9 5,7 7,67,6 15,7 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Italiana PSA PFPM 2005 2015

Figura 6.4 - Tasso standardizzato di abortività volontaria per gruppi di cittadinanze - Anni 2005 e 2015 (per 1.000 donne di età 15-49 anni)

Fonte: Istat, Indagine sulle interruzioni volontarie della gravidanza (a) Psa=paesi a sviluppo avanzato. Pfpm=Paesi a forte pressione migratoria.

Scendendo ancora più nel dettaglio si possono evidenziare le quattro cittadinanze più numerose delle donne che ricorrono a Ivg in Italia (Tavola 6.6).

Nel 2015, così come negli anni precedenti, le donne rumene risultano essere il gruppo più consistente con 6.883 casi di Ivg registrate, pari a poco più di un quarto delle Ivg di donne straniere. A seguire, ma con una numerosità decisamente inferiore, ci sono le donne cinesi, di recente apparizione nel panorama dell’aborto volontario, con 2.272 casi, poco meno del’9 per cento. Le altre uniche due cittadinanza che presentano più di 2000 casi sono l’Albania e il Marocco. La disponibilità dei dati di popolazione consente di calcolare il tasso standardizzato per queste singole cittadinanze e quindi di confrontarne i rispettivi livelli di abortività. In questo caso la graduatoria non è la stessa poiché la maggior propensione all’aborto sembrano averla le donne cinesi con un valore di 26,2 Ivg ogni 1.000 donne, seguite dalle albanesi, rumene e infine marocchine. In ogni caso anche per questi singoli gruppi di cittadinanze il ricorso all’aborto volontario è diminuito negli ultimi anni, e questo sembra rafforzare l’idea di un’efficacia delle attività messe in campo, specie dai consultori familiari, sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e quindi del ricorso all’Ivg.

Tra i quattro Paesi selezionati l’unico ad avere statistiche pubbliche sull’aborto vo-lontario e a presentare una legislazione “permissiva” simile a quella italiana risulta essere la Romania. Quindi è stato possibile calcolare l’analogo tasso standardizzato delle donne rumene residenti nel loro Paese che è risultato pari a 12,6, inferiore a quello delle donne rumene residenti in Italia5. Avendo eliminato l’interferenza della struttura per età (si suppo-ne che le donsuppo-ne emigrate siano più giovani di quelle non emigrate) si può affermare che il ricorso all’Ivg nella condizione di migrante possa essere più elevata a causa delle inevitabili difficoltà che tale condizione comporta: difficoltà di comprensione e comunicazione, di ac-cesso ai servizi sanitari, presenza di lavoro precario, lontananza dalla famiglia di origine e spesso anche dal proprio partner,… Considerando inoltre che per il calcolo del tasso sono state considerate solo le donne straniere residenti in Italia appare ancora più marcata la differenza tra i due gruppi6.

5 I dati riferiti alla Romania sono stati scaricati ed elaborati dal sito http://statistici.insse.ro/shop/?lang=en

6 Nel 2015 le donne rumene che hanno effettuato Ivg in Italia ma che non sono ivi residenti, risultano essere il 12 per cento (circa 800 casi), quindi nel calcolo del tasso viene considerato il restante 88 per cento.

Tavola 6.6 - Numero di Ivg, percentuale e tasso standardizzato di abortività volontaria per alcuni Paesi - Anno 2015

CITTADINANZA Ivg Tasso standardizzato(b)

Valori assoluti Per 100(a)

Italia 59.912 68,6 5.7

PFPM 25.348 29,0 15.7

PSA 412 0,5 7.6

Apolide 27 0,0

-Non indicato 1.670 1,9

-PAESI DI CITTADINANZA Ivg Tasso standardizzato(b)

Valori assoluti Per 100(c)

Romania 6.883 26,7 15,2

Rep. Pop. Cinese 2.272 8,8 26,2

Albania 2.134 8,3 16,9

Marocco 1.711 6,6 13,9

Fonte: Istat, Indagine sulle interruzioni volontarie della gravidanza.

6.2.6 Il territorio

Anche all’interno del territorio italiano ci sono delle differenze nel ricorso all’Ivg, misu-rabili ancora una volta con il tasso standardizzato (Figura 6.5).

Nel 2016 il valore più elevato si ha in corrispondenza del Nord ovest (7,7 per mille) seguito dal Centro (7,4). Seguono il Nord est e il Sud con valori rispettivamente pari a 6,8 e 6,7 per mille; chiudono la graduatoria le Isole con un tasso uguale a 5,8. Nel 2005 solo le Isole presentano la stessa posizione con il tasso più basso, le altre ripartizioni in ordine decrescente sono così disposte: Centro, Nord ovest, Sud e Nord est.

Va sottolineato in ogni caso che la variabilità territoriale è andata diminuendo notevol-mente nel corso del tempo: nel 2005 si va dal valore minimo pari a 5,2 della P.A. di Bolzano al valore massimo di 11,9 della Liguria, con un campo di variazione uguale a 6,7. Tali posi-zioni, nel 2016, competono ancora alle stesse regioni ma assumono valori, rispettivamente, uguali a 5,2 e 10,3 riducendo il campo di variazione a 5,1.

Tanto per avere un’idea della diminuzione della variabilità territoriale nel corso del tem-po, si pensi che a metà degli anno Ottanta il range tra il valore più basso (9,1 del Veneto) e quello più alto (28,0 della Puglia) era uguale a 18,9. Potremmo affermare quindi che, no-nostante permangano ancora delle evidenti diversità nel territorio, le attività di prevenzione e quelle più genericamente legate alla maternità, hanno fatto diminuire il tasso di abortività volontaria in tutte le regioni rendendo più omogenei i livelli di ricorso all’Ivg.

Nel documento LA SALUTE RIPRODUTTIVA DELLA DONNA 2 (pagine 84-87)