• Non ci sono risultati.

Le forme di business model: i Business Model Pattern

Questo studio si prefigge l’obiettivo di indagare le particolari forme che i business model possono assumere. Di seguito si riportano alcune delle principali definizioni di “Business Model Pattern” (BMP) presenti in letteratura.

“La relazione tra un certo contesto o ambiente, un problema ricorrente ed il nucleo della sua soluzione” (Abdelkafi et al., 2013, p. 14).

“Riutilizzare le soluzioni che sono documentate in maniera generale ed astratta per renderle accessibili ed applicabili ad altri casi” (Amshoff et al., 2015,p. 4).

“Una configurazione specifica delle dimensioni del [...] modello di business [..] che ha dimostrato di avere successo” (Gassmann et al., 2014, p. 22).

“Modelli di business con caratteristiche simili, disposizioni dei building block del modello di business simili o comportamenti simili” (Osterwalder and Pigneur, 2010, p. 55).

41

“Generalizzazioni di specifici modelli di business” (Timmers, 1998, p. 4).

“L'essenza di un modo diverso di condurre un business” (Weill and Vitale, 2001, p. 21) (Remane et al., 2017).

Quando si definiscono le forme di business model, denominate anche Business Model Pattern, i ricercatori fanno spesso riferimento a Christopher Alexander, un famoso architetto che è considerato il padre dei BMP (Remane et al., 2017). Alexander ha realizzato diverse pubblicazioni sull’uso dei “pattern”, il più famoso è “A Pattern Language” (Alexander et al., 1977), in cui propone 253 modelli che possono essere utilizzati per progettare architetture anche molto complesse. Alexander afferma la seguente definizione: “Ogni pattern descrive un problema che si verifica continuamente nel nostro ambiente, ed in seguito descrive il nucleo della soluzione a tale problema, in modo tale che sia possibile utilizzare questa soluzione un milione di volte, ma mai nello stesso modo per due volte" (Alexander et al., 1977, p. 10) (Remane et al., 2017).

Dalla definizione di Alexander, si possono apprendere tre aspetti importanti che riguardano i BMP.

Innanzitutto, i BMP descrivono una “soluzione” ad un “problema” ricorrente che necessita di essere risolto. Ad esempio: una delle caratteristiche principali di un modello di business consiste nell’acquisizione del valore e, perciò, esso richiede una strategia di pricing per la quale i pattern “razors/blades”, piuttosto che “freemium” o altri, possono costituire una soluzione.

In secondo luogo, Alexander osserva che uno BMP descrive “il nucleo della soluzione”; ciò significa che un BMP descrive e si propone di offrire una soluzione solo per una determinata parte del modello di business di un’azienda. Di conseguenza, si intuisce che i modelli di business completi delle imprese sono spesso una combinazione di diversi BMP.

In ultima analisi, un BMP dovrebbe essere utilizzabile "un milione di volte" e, quindi, richiede un certo livello di generalizzazione, in modo tale da essere applicabile in numerosi casi aziendali reali.

La maggior parte della letteratura sui BMP comprende degli elenchi di modelli. Tuttavia, quando gli studiosi ed i ricercatori cercano di utilizzare queste collezioni nella loro forma attuale, affrontano tre sfide principali: incompletezza, sovrapposizione e struttura incoerente.

42

In primo luogo, l’incompletezza significa che nessuna singola raccolta di modelli è nemmeno vicina ad essere esaustiva. La raccolta più completa di BMP proviene da “The Business Model Navigator” di Gassmann et al. (2014) e contiene 55 modelli; in altre raccolte è possibile trovare più di 100 modelli aggiuntivi. Pertanto, gli innovatori che analizzano ed applicano i modelli considerando un’unica fonte, quasi sicuramente tralasciano la maggior parte dei BMP.

In secondo luogo, le raccolte esistenti hanno una quantità significativa di contenuti che subiscono il fenomeno della sovrapposizione. Ad esempio, il BMP “virtual community” prevede la creazione e l’agevolazione di una comunità online di persone, consentendo l’interazione e la fornitura di servizi. Tuttavia, diversi modelli provenienti da altre collezioni descrivono un’idea molto simile, quali “selling experience”, “create user communities”, “user communities”, “community model”, “social networking services”, “community building”, and “virtual communities” (Remane et al., 2017). Dunque, l’utilizzo e l’applicazione simultanea di più raccolte comporta la presenza di ridondanze significative.

Infine, i modelli non sono strutturati in maniera coerente. Mentre Eisenmann (2001) presenta i BMP senza una struttura di base, Linder e Cantrell (2000) raggruppano i loro modelli in otto categorie e Timmers (1998) organizza i vari pattern in base a due dimensioni (Remane et al., 2017). A causa dell’assenza di una struttura tassonomica coerente, è molto difficile analizzare ed utilizzare le diverse raccolte per lo sviluppo e l’innovazione del modello di business.

Il tema dell’innovazione del business model è abbastanza maturo ed esiste un numero di contributi tale da permettere lo svolgimento di una rassegna sistematica della letteratura in materia. Pertanto, al fine di dimostrare l’importanza di questa tipologia di innovazione, il suo sviluppo e la sua diffusione, e di comprendere lo stato della letteratura in materia si è ritenuto utile indagare il tema attraverso una rassegna sistematica della letteratura. In questo modo si è anche approfondita l’entità della produzione di contributi e studi relativi a questo tema, fornendo anche una possibile proposta di classificazione dei nuovi BMP individuati.

43

CAPITOLO 2

LA METODOLOGIA

In questo secondo capitolo viene illustrata la metodologia impiegata nello svolgimento della rassegna sistematica, in cui si è cercato di reperire, analizzare e sviluppare quanto riportato nella letteratura odierna in merito ai Business Model Pattern (BMP) ed alle loro applicazioni.

Per svolgere la revisione è stato seguito un iter articolato in sei passaggi principali, ricavati dall’articolo “Towards a methodology for developing evidence-informed management knowledge by means of systematic review”, di David Tranfield, David Denyer e Palminder Smart, contenuto nel British Journal of Management. Le cinque fasi prevedono:

1) la costituzione di un protocollo di revisione;

2) la definizione delle domande a cui la revisione intende rispondere;

3) la determinazione del tipo di studi e di una ricerca bibliografica completa; 4) la valutazione della qualità della revisione;

5) la sintesi e la classificazione dei dati. (Tranfield, Denyer and Smart, 2003)

Questi passaggi sono stati elencati seguendo un ordine logico, ma è essenziale sottolineare il fatto che l’intera ricerca non ha seguito rigidamente un processo lineare come quello su riportato. Pertanto, nonostante ai fini di una più chiara esposizione sia stata delineata una struttura rigida, occorre evidenziare come, di fatto, l’implementazione finale di una revisione sistematica della letteratura sia fluida.

Documenti correlati