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Forme di Business Model: una rassegna sistematica della letteratura

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in

Economia e gestione delle aziende

(ordinamento ex DM. 270/2004)

Tesi di Laurea

Forme di business model:

una rassegna sistematica della letteratura

Relatore Andrea Stocchetti Laureando Francesco Passadore Matricola 838635 Anno Accademico 2016/2017

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Sommario

PREMESSA ... 4

INTRODUZIONE ... 5

CAPITOLO 1 ... 8

L’INNOVAZIONE DEL BUSINESS MODEL ... 8

1.1 Dalla visione di Porter al business model ... 8

1.2 Sperimentazione ed adozione di nuovi modelli di business ... 18

1.3 Il Business Model Canvas ... 20

1.4 Dalle mappe ai modelli di business alternativi: sperimentazione, realizzazione e leadership organizzativa ... 22

1.5 L’innovazione del business model ... 25

1.6 La relazione tra business model e strategia... 31

1.6.1 Business model e strategia nella letteratura ... 32

1.6.2 La relazione tra il processo di creazione della strategia e l’innovazione del modello di business ... 35

1.6.3 L’impatto della cultura organizzativa sull’innovazione del modello di business ... 36

1.6.4 La relazione tra la tipologia di proprietà e l’innovazione del modello di business ... 37

1.6.5 L’innovazione del (duplice) modello di business per i mercati emergenti .... 38

1.6.6 L’evoluzione dei modelli di business negli spin-out universitari ... 40

1.7 Le forme di business model: i Business Model Pattern ... 40

CAPITOLO 2 ... 43

LA METODOLOGIA ... 43

2.1 Il protocollo di revisione ... 43

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2.3 Il tipo di studi e la ricerca bibliografica ... 48

2.3.1 Le fonti e la ricerca per parole chiave ... 50

2.4 La valutazione della qualità della revisione ... 54

2.4.1 L’attendibilità della ricerca ... 54

2.4.2 La validità della ricerca ... 55

2.5 La sintesi e la classificazione dei dati ... 56

CAPITOLO 3 ... 59

I RISULTATI DELLA RASSEGNA SISTEMATICA DELLA LETTERATURA ... 59

3.1 La ricerca per parole chiave ... 59

3.1.1 Business Source Complete ... 60

3.1.2 Scopus ... 63

3.2 Le fonti della RSL ... 65

3.3 I nuovi Business Model Pattern ... 70

CONCLUSIONI ... 77

APPENDICE ... 81

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PREMESSA

In questa tesi viene svolta una Rassegna Sistematica della Letteratura (RSL) in materia di Business Model Pattern (BMP). L’ambito di ricerca è rappresentato, dunque, dal campo strategico dell’economia, in particolare quello relativo all’innovazione del modello di business ed alle sue forme ed applicazioni nella pratica e nei vari business e settori di mercato. L’innovazione del business model di un’impresa è considerata sempre più importante al fine di ottenere un vantaggio competitivo, rispetto all’innovazione circoscritta agli aspetti tecnologici. Per tale motivo, assumono una rilevanza fondamentale lo studio e l’analisi dei BMP che un’azienda elabora e sviluppa.

Il lavoro è strutturato in tre sezioni principali in cui si illustrano il campo di ricerca, la metodologia utilizzata per svolgere la revisione della letteratura ed i risultati ottenuti da questa attività. Questi tre capitoli sono preceduti da una breve parte introduttiva nella quale viene chiarito cosa si intende per rassegna sistematica della letteratura, e dunque, quali sono gli obiettivi e le intenzioni che questo elaborato si prefigge.

Nel primo capitolo, viene esposto il tema dell’innovazione del modello di business, spiegando la sua rilevanza e mettendo in evidenza il ruolo e l’attenzione che sta ricevendo da parte della letteratura.

Il secondo capitolo di questa tesi contiene l’esposizione della metodologia, definita in tutti i suoi passaggi, che è stata seguita nello svolgimento della RSL. In questa sezione assumono particolare rilevanza il protocollo di revisione, ovvero il documento che contiene tutte le fasi, i criteri ed i procedimenti svolti, e le domande di revisione, le quali indicano gli obiettivi che si vogliono raggiungere e le questioni a cui si vuole dare una risposta.

Nel terzo capitolo vengono presentanti i risultati ottenuti. In particolare, si forniscono le risposte alle domande poste nella sezione precedente.

La tesi si conclude con un’ultima sezione in cui sono svolte alcune considerazioni relative al tema analizzato.

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INTRODUZIONE

L’obiettivo che questa tesi si prefigge è quello di svolgere una rassegna sistematica della letteratura relativa ai “Business Model Pattern” (BMP), ovvero alle forme che il modello di business può assumere nei vari contesti strategici ed operativi aziendali.

Per Rassegna Sistematica della Letteratura (RSL) si intende una ricerca focalizzata sui contributi scientifici pubblicati in precedenza in merito ad uno specifico tema. È un metodo per lo studio e per l’analisi di parte della letteratura con l’intento di ampliarne gli assunti di base, di svilupparne le intuizioni e proporre nuove riflessioni critiche, percorsi di ricerca futuri e nuovi snodi problematici. Le RSL, quindi, mirano a mappare e valutare la letteratura esistente per rispondere a specifiche domande di ricerca.

Una rassegna, o revisione, della letteratura ha quattro obiettivi principali:

 esaminare la letteratura nell’area di studio prescelto,

 sintetizzare le informazioni contenute in quell’area,

 analizzare criticamente i dati raccolti identificando le lacune nelle conoscenze attuali, mostrando i limiti di talune teorie e formulando spunti per ulteriori ricerche e revisioni di aree controverse,

 presentare la letteratura in modo organizzato.

La conoscenza completa della letteratura dell’ambito d’indagine è essenziale per la maggior parte dei lavori di ricerca.

Al giorno d’oggi, il fenomeno dell’open source ed i contributi e le risorse in versione elettronica permettono la consultazione e l’accesso liberi e gratuiti ai contenuti. I ricercatori, quando compiono delle revisioni della letteratura, possono utilizzare una vasta gamma di software, motori di ricerca online e database di ricerca collegati ad articoli di riviste, documenti e fonti di vario genere. In questo modo, l’accesso alla conoscenza è enormemente facilitato grazie alla possibilità di acquisire innumerevoli lavori e studi accademici, sebbene vada valutato con attenzione il fatto che questa grande mole di dati ed informazioni spesso non è ordinata, anzi si presenta in modo disordinato. È quindi in questo contesto, caratterizzato da molte ma confuse informazioni, che il ricercatore deve saperle selezionare ed ordinare.

Quando si avvia una revisione della letteratura, è possibile imbattersi in numerose procedure che impiegano metodi e procedimenti differenti.

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La cosiddetta revisione narrativa della letteratura è (o dovrebbe essere) condotta da un esperto, il quale possiede una conoscenza dettagliata ed approfondita del contesto su cui la revisione si fonda e, in base alla sua visione e comprensione del tema, ne riassume ed interpreta i risultati. La validità di tale opera è dovuta soprattutto alla competenza di chi svolge la revisione, poiché è la sua capacità di esaminare e valutare i contributi della letteratura esistente e di sintetizzarla, che conseguentemente determina la qualità dell’elaborato. Tanto la soggettività del giudizio del revisore, quanto il diverso grado di competenza che possono avere i revisori, fanno sì che le revisioni narrative possono avere diversi gradi di accuratezza, sicché sono soggette al rischio di tradursi in rapporti descrittivi di un sottoinsieme dei contributi apportati dagli autori sul campo d’indagine selezionato in modo discrezionale.

Negli ultimi trent’anni (in particolare nel campo della medicina) si è tentato di migliorare il processo di revisione sintetizzando la ricerca in modo sistematico, trasparente e riproducibile con il duplice obiettivo di migliorare ed ampliare la base di conoscenze e di informare il processo decisionale e la pratica. L’applicazione di principi specifici della metodologia di revisione sistematica utilizzata nelle scienze mediche alla ricerca nell’ambito del management ha aiutato a contrastare gli errori, rendendo espliciti i valori e le ipotesi alla base di una revisione. Aumentando la legittimità e l’autorità degli studi e delle fonti risultanti, le revisioni sistematiche forniscono a ricercatori, professionisti e responsabili delle politiche strategiche ed economiche una base affidabile per formulare decisioni ed intraprendere azioni (Tranfield, Denyer and Smart, 2003).

In questo lavoro, infatti, viene svolta una revisione sistematica della letteratura, che si basa su una metodologia replicabile, scientifica e trasparente, organizzata in fasi prestabilite in modo rigoroso. In altre parole, un processo dettagliato, che mira a minimizzare gli errori e le influenze soggettive attraverso delle ricerche esaustive della letteratura, di studi pubblicati e non pubblicati e fornendo un procedimento di controllo delle decisioni, delle procedure e delle conclusioni condotte dai revisori.

Elemento basilare di questa rassegna della letteratura è la definizione preliminare di un protocollo di ricerca; questo aspetto è fondamentale perché definisce e rende replicabile lo studio eseguito, consentendo a chiunque intenda seguirlo successivamente di pervenire ai medesimi risultati. La RSL è utile per studenti universitari e ricercatori

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emergenti in quanto permette loro di dimostrare che le loro revisioni della letteratura sono attendibili. Questo metodo di lavoro ha, inoltre, il merito di ridurre il più possibile l’aspetto legato alla soggettività del ricercatore, garantendo al contempo un approccio più rigoroso ed oggettivo.

Con questa tesi, ci si propone di utilizzare lo strumento della rassegna sistematica con la finalità di definire, analizzare e riassumere il quadro attuale della letteratura in materia di innovazione del modello di business e, più nel dettaglio, di business model pattern. Questo tema d’indagine, infatti, è abbastanza recente e sta riscuotendo particolare interesse da parte dei ricercatori per il potenziale, in termini economici e strategici, che può offrire. Sono sempre più frequenti le pubblicazioni ed i contributi relativi a quest’ambito di ricerca, di conseguenza assumono un ruolo sempre più rilevante queste opere di revisione che riassumono la letteratura esistente al fine di fornire una base per lo sviluppo della conoscenza in materia e di fornire un contributo per interventi e studi futuri.

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CAPITOLO 1

L’INNOVAZIONE DEL BUSINESS MODEL

1.1 Dalla visione di Porter al business model

Verso la fine degli anni ‘80, Michael Porter ha pubblicato un libro, “Competitive Advantage”, che in breve tempo è divenuto la bibbia delle imprese e degli accademici. Negli ultimi due decenni, ci sono state numerose teorie di management e libri che hanno venduto milioni di copie, ma nessuno è stato così influente come “Competitive Advantage” di Porter. Porter ha sostenuto che un’azienda può ottenere un vantaggio competitivo offrendo agli acquirenti più valore a un costo inferiore rispetto ai concorrenti (leadership di costo) o eseguendo attività attraverso modalità uniche che creano un valore superiore rispetto ai competitor permettendo di addebitare un certo premium price (strategia di differenziazione). Egli ha affermato che un’impresa può imporsi sui propri concorrenti o attraverso una strategia di costo, ossia offrendo prodotti o servizi a prezzi più economici, oppure proponendo un’offerta differente, o percepita tale dai clienti, denominata, quindi, strategia di differenziazione.

Michael Porter ha esaminato le aziende in un modo unico: ha considerato le imprese come una serie di attività che si collegano in quella che definisce la “Catena del Valore” ed ha posto grande enfasi sull’ottimizzazione della catena del valore delle imprese. Porter ha collocato tutte le attività svolte da un’impresa in due categorie: primaria e secondaria (o di supporto) (Figura 1.1). La prima comprende “le attività impiegate nella creazione fisica del prodotto, la sua vendita, la consegna al cliente e l’assistenza post-vendita” (Porter, 1985). Queste sono state riassunte da Porter in: logistica in entrata, operations, logistica in uscita, marketing e vendita e servizi post-vendita. Le attività secondarie sono sintetizzate in quattro sottogruppi (attività infrastrutturali, gestione delle risorse umane, sviluppo tecnologico ed approvvigionamento) e “sono di supporto alle attività primarie, fornendo gli input acquisiti, la tecnologia, le risorse umane e varie funzioni ed attività aziendali” (Porter, 1985). Ha, inoltre, spiegato che ogni anello

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della catena aggiunge un valore che il cliente è disposto a pagare. Porter ha evidenziato l’importanza, all’interno di un’azienda, delle attività secondarie, come la formazione e la retribuzione, ed ha sottolineato che anch’esse possono essere fonte di vantaggio competitivo. L’autore ha affermato che le aziende che utilizzano la leadership di costo dovrebbero concentrarsi, in ogni elemento della catena del valore, sulla sostituzione delle attività in essere con altre che consentano la riduzione dei costi e, quindi, l’ottenimento di un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. D’altro canto, le imprese che decidono di implementare una strategia di differenziazione dovrebbero cercare di mettere in atto processi e strumenti unici di creazione del valore e di differenziare la propria offerta in ogni elemento della catena del valore, al fine di poter applicare un premium price finale.

Figura 1.1: Catena del valore di Porter (Fonte: Porter, 1985)

Tali aspetti hanno portato le imprese a concentrarsi maggiormente sull’ambiente interno piuttosto che sul contesto e sugli accadimenti esterni.

Il concetto di vantaggio competitivo di Porter è stato oggetto di critiche nel corso degli anni; gli accademici e le figure rappresentanti il mondo dell’industria hanno ritenuto che il modo di operare sia cambiato e, quindi, i concetti di differenziazione e di leadership di costo non siano più applicabili.

Ad esempio, secondo Datta, una strategia low-cost spesso richiede un’elevata quota di mercato per avere successo e perciò, al fine di aumentare le proprie quote di mercato,

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le aziende di solito fanno affidamento sulla differenziazione (Datta, 2010). Porter ha sostenuto la sua teoria della leadership di costo con l’esempio di General Motors (GM). L’enorme successo ottenuto da questa società nel periodo 1976-1982, Porter lo ha attribuito all’ottimizzazione della catena del valore adottata da GM. D’altra parte, i dati della società durante lo stesso periodo hanno evidenziato che anche la differenziazione ha avuto un ruolo chiave.

Mintzberg ha sostenuto che la strategia della leadership di costo di Porter è fondamentalmente una strategia di differenziazione e la sua ricerca ha anche dimostrato che la strategia di differenziazione è più redditizia della strategia di costo, e ciò è contrario alle opinioni di Porter. La logica alla base di questo ragionamento è che i leader delle quote di mercato competono maggiormente sulla base della differenziazione rispetto al basso costo (Mintzberg, 1988). Le idee di Michael Porter senza dubbio hanno aiutato le aziende a massimizzare le loro proposte di valore e la loro redditività, ma questa teoria è stata creata in un periodo storico in cui essere un’azienda di grandi dimensioni era un vantaggio competitivo in sé e un fondamentale fattore di redditività. Porter aveva avvertito le aziende di “non rimanere bloccate in mezzo alla strada” (Porter, 1985) e di seguire una delle due strategie (leadership di costo o differenziazione) per ottenere un vantaggio competitivo. Inoltre, la ricerca di Mintzerbeg ha anche dimostrato che la differenziazione e la leadership di costo possono coesistere, il che è di nuovo contrario alla visione di Porter.

Secondo Merchant, aziende come Best Buy e Target costituiscono degli spazi di vendita inferiori rispetto a ciò che è possibile trovare online, quindi è abbastanza facile diventare una vetrina per dei giganti del commercio elettronico, quali Amazon, Alibaba, Ebay. In questo mondo di e-commerce, m-commerce e fortemente competitivo, tutto ciò che è indifferenziato sarà prodotto in maniera molto più efficiente ed a basso costo. Il concetto dell’ottimizzazione della catena del valore di Porter è più adatto all’approccio basato sui costi dei mercati di massa, dove il cliente rimane sempre alla fine della catena del valore (Merchant, 2012). In questa era “social”, le aziende devono distinguersi per essere redditizie e raggiungere un vantaggio competitivo sui concorrenti. Al giorno d’oggi, le forze macroeconomiche e tecnologiche evidenziano che i prodotti personalizzati non sono pensati per una clientela ristretta, bensì, possono essere anche

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customizzati per le masse. Pertanto, la posizione del cliente si è spostata dalla fine della catena del valore al centro della catena del valore (Merchant, 2012).

Rita Gunther McGrath (2013) nel suo libro “The End of Competitive Advantage” ha sottolineato il fatto che è impossibile per le aziende mettere in atto ogni volta la migliore strategia. Quando un concorrente, attraverso una mossa strategica di mercato, coglie un’azienda di sorpresa, ciò che conta sono le decisioni che l’azienda prende in seguito. Le migliori imprese sono quelle che guardano la situazione attuale, analizzano ciò che è successo e comprendono come possono fare meglio la volta successiva. La ricercatrice utilizza la metafora del surf per chiarire il concetto dell’agire strategico: “è esattamente come surfare un’onda: a volte potresti cadere e rimanerne amareggiato, ma i grandi surfisti tornano su quella tavola da surf. Questo è esattamente ciò che fanno le grandi aziende. Esse passano da un’onda all’altra di vantaggi competitivi e cercano di non rimanere bloccate per molto tempo perché si esauriranno” (McGrath, 2013). McGrath, dunque, sostiene la necessità di un vantaggio competitivo transitorio. Al contrario, la vecchia economia era relativamente semplice: non importava quale fosse la natura del business, erano presenti vari centri di costo e flussi di entrate distinti tra loro. Pertanto, con un attento esame interno e monitorando ciascun driver aziendale, era possibile per i manager ridurre i costi di ciascuna unità di business, aumentando così i margini e massimizzando i profitti complessivi. Inoltre, mettendo in atto un corretto sistema di gestione delle performance, le imprese reinvestivano, in un certo senso, nel business contribuendo all’ulteriore riduzione dei costi o alla differenziazione dei prodotti. Il valore veniva solitamente creato attraverso massicci investimenti in impianti e attrezzature. Questo meccanismo ha creato un’enorme barriera all’entrata nota come “economie di scala”. Ciò ha permesso alle aziende allora di successo, come IBM e General Motors, di ridurre i costi. Negli anni ‘70, IBM, con una quota di mercato del 70%, guadagnava il 95% dei profitti nell’industria del mainframe e GM, con il 55% della quota di mercato, guadagnava l’85% dei profitti all’interno del settore automobilistico (Bashir and Verma, 2017). In sostanza, la concettualizzazione di Porter circa l’ottimizzazione del valore era radicata nelle priorità strategiche di alcuni settori trainanti degli anni ’70 e ‘80.

Successivamente, con l’emergere di forme più complesse di network, il significato della catena del valore è apparso limitato, in particolare nello spiegare attività non

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afferibili alla supply chain in senso stretto, ma piuttosto derivanti da innovazioni nelle relazioni e nelle formule imprenditoriali. È emerso ben presto che il valore economico scaturisce da un orientamento innovativo che può anche includere aspetti tecnologici, ma nel quale di solito la tecnologia non ha un ruolo dominante, ma piuttosto subalterno rispetto alle relazioni di network. In sostanza, il valore economico di una tecnologia rimane latente fino a quando non viene commercializzata in qualche modo tramite un modello di business. La medesima tecnologia commercializzata in due modi differenti produrrà due diversi ritorni economici. In alcuni casi, un’innovazione può impiegare con successo un modello di business già conosciuto ed utilizzato dall’azienda, mentre altre volte l’impresa ha un modello di business che prevede l’utilizzo della tecnologia tramite licenza. In altri casi ancora, tuttavia, una potenziale nuova tecnologia potrebbe non avere un modello di business predefinito, chiaro e ben strutturato, cosicché i manager devono espandere le loro prospettive per trovare un modello di business appropriato al fine di acquisire valore da tale tecnologia (Chesbrough, 2010).

Una tecnologia mediocre perseguita all’interno di un modello di business perfetto, può essere più preziosa di una grande tecnologia impiegata attraverso un modello di business comune. Infatti, a meno che non si riesca a trovare un modello adatto, queste tecnologie producono un valore di portata inferiore di quanto potrebbero altrimenti. Se altre imprese, esterne all’azienda, scoprono un modello di business più adatto per una determinata tecnologia, possono ricavare molto più valore da esso rispetto all’impresa che ha originariamente inventato la tecnologia (Chesbrough, 2010).

Dunque, sono lontani i tempi in cui i progressi nelle innovazioni tecnologiche erano considerati il principale motore della competitività. Sempre di più, i modelli di business innovativi, ovvero i meccanismi attraverso cui catturare il valore dalle innovazioni tecnologiche, consentono alle imprese tecnologicamente meno avanzate di subentrare ai principali incumbent. In particolare, l’aumento della digitalizzazione in molti settori ha reso obsoleti i vecchi modelli di pricing e dei ricavi ed ha reso necessari metodi e strumenti completamente nuovi per acquisire valore. Di conseguenza, anche i settori più tradizionali hanno subito rallentamenti e fasi di stasi derivanti dall’innovazione del modello di business. Mentre sembrava logico che i settori che si affidavano pesantemente alle tecnologie digitali (come le telecomunicazioni, i videogiochi, la musica ed il settore cinematografico) sarebbero stati fortemente sconvolti ed avrebbero

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faticato nella ricerca di nuovi modelli di business sostenibili, ha destato una certa sorpresa constatare che industrie tradizionali, come gli hotel o i taxi, siano stati radicalmente dissestati dall’avvento di nuovi modelli di business. Nella maggior parte dei casi, queste dirompenti innovazioni non provenivano da imprese già attive sul mercato, bensì da nuovi entranti, quali Apple (musica), Netflix (film), Rovio (videogiochi), Airbnb (hotel) e Uber (taxi) (Rayna and Striukova, 2016). La prevalenza di questi tipi di “rotture” ha convinto la maggior parte delle imprese della necessità d’innovazione del modello di business, non solo per mantenersi in linea, o addirittura superare, i competitor presenti sul mercato, ma anche per scongiurarne l’ingresso di nuovi player. Tuttavia, questo tipo di innovazione (del modello di business), necessario per mantenere un vantaggio competitivo, nella pratica risulta di difficile attuazione. Molte aziende, infatti, semplicemente non sanno neppure da dove iniziare. La complessità dell’innovazione del modello di business è amplificata dalla mancanza di un linguaggio comune e di strumenti universalmente applicabili: ci sono molte rappresentazioni di ciò che è in realtà un business model, ciascuna con i propri elementi e definizioni.

Nonostante il crescente consenso sull’importanza critica della comprensione dei modelli di business e dell’innovazione del business model, c’è poco accordo su cosa sia in realtà un modello di business o su come potrebbe essere innovato. Sono disponibili numerosi schematizzazioni e strumenti, ognuno dei quali si fonda sulla propria nozione di base riguardo cosa sia un modello di business. I ricercatori accademici affrontano un panorama molto complesso. In parte, a causa del fatto che ogni studio ha un focus diverso, gli studiosi spesso considerano solo alcuni aspetti dei modelli di business (in genere, quelli riguardanti la creazione e l’acquisizione del valore), mentre escludono altri che non sono rilevanti per il loro lavoro, pur essendo comunque essenziali.

Inoltre, esiste una mancanza di consenso all’interno della letteratura accademica riguardo le componenti primarie di un modello di business; ad esempio, in alcuni studi, le reti di valore (“value network”) sono considerate una componente primaria del modello di business insieme alla creazione ed alla acquisizione del valore, mentre altri le considerano parte della creazione di valore (Rayna and Striukova, 2016).

Infine, occasionalmente, si incontra una certa confusione su alcuni dei componenti del business model; ad esempio, il concetto di creazione di valore è talvolta usato per

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descrivere aspetti di modelli di business che sono in realtà correlati all’acquisizione del valore, come i modelli dei ricavi.

La mancanza di consenso intorno alle componenti specifiche che costituiscono un modello di business e la conseguente assenza di una rappresentazione precisa di un modello di business archetipico, sono alla base della mancanza di una comprensione comune di cosa sia l’innovazione del modello di business (Teece 2010).

Questo dibattito è ampliato dalla natura complessa dei modelli di business e dell’innovazione del modello di business e dalla loro interazione con i mercati. A volte, un piccolo cambiamento all’interno di un particolare componente del modello di business può creare vantaggi competitivi e risultati di mercato positivi oppure portare al fallimento. In altri casi, una combinazione di cambiamenti appena percettibili attraverso il modello di business può far emergere la posizione di un’impresa rispetto alla concorrenza.

Questa complessità rende urgente la necessità di un quadro che comprenda tutte le componenti di un modello di business e offra una visione completa delle possibili innovazioni del modello di business e dei loro possibili risultati. Sebbene ci sia poco consenso sui vari elementi che costituiscono un modello di business, alcuni componenti chiave sono individuati in modo condiviso:

 creazione del valore,

 proposta di valore,

 distribuzione del valore,

 acquisizione del valore,

 comunicazione del valore (Rayna and Striukova, 2016).

Tale sintesi fornisce uno strumento efficace per riflettere, pianificare ed implementare l’innovazione del modello di business, offrendo una visione integrata di tutte le componenti del business model basate sul valore.

La creazione del valore, ossia il meccanismo attraverso il quale beni e servizi acquistano valore, è uno degli elementi più importanti di un modello di business. La creazione del valore deriva da competenze chiave, risorse chiave, governance, asset complementari e reti di valore. Le imprese creano valore combinando le competenze chiave con le risorse chiave, preferibilmente in modi nuovi. La governance, intendendo

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per essa la gestione delle risorse e delle competenze, può influire notevolmente sulla creazione del valore (ad esempio, migliorando la produttività). Gli asset complementari, come i prodotti ed i servizi complementari, le alleanze e le partnership commerciali, la base di clienti e la reputazione sono elementi critici del successo di un’azienda; la mancanza di tali asset ha portato al fallimento di molte aziende, nonostante i vantaggi tecnologici (Rayna and Striukova, 2016). Di conseguenza, queste risorse complementari sono un fattore determinante per la creazione del valore. Le reti di valore, che consistono in relazioni a monte (fornitori) ed a valle (distributori o utenti finali), sono altrettanto critiche e lo sono sempre di più. Negli ultimi anni, le aziende si sono rivolte alla co-creazione ed al crowdsourcing per ampliare le proprie reti di valore; gli accordi di collaborazione ed il coinvolgimento dei clienti possono aumentare l’accesso agli asset complementari.

La proposta di valore, ovvero il meccanismo attraverso il quale il valore creato viene offerto al mercato, è un altro elemento centrale del modello di business. La proposta di valore specifica cosa viene offerto (il prodotto o il servizio) ed a quale prezzo (il modello di pricing). Tale proposta deve essere sostenibile per l’azienda e adatta al mercato. Di frequente, l'innovazione del modello di business procede attraverso i cambiamenti nella proposta di valore, ad esempio introducendo un modello di pricing “freemium” o passando dalle offerte di prodotti a quelle di servizi attraverso la cosiddetta “servitization” (Rayna and Striukova, 2016).

La distribuzione del valore descrive il modo in cui il valore creato viene trasferito ai clienti (segmenti target di mercato) attraverso i canali distributivi. Questi elementi offrono ampie opportunità d’innovazione del modello di business, affrontando e soddisfacendo le esigenze di un determinato segmento di mercato trascurato (un esempio è costituito dalle compagnie low-cost che puntano sul target dei viaggiatori economici) o introducendo un nuovo modo di fornire prodotti o servizi (ad esempio, passando alla consegna attraverso Internet o alla stampa 3D).

L’acquisizione del valore si riferisce alla capacità di un’impresa di trarre beneficio dal valore creato. Pertanto, include il modello dei ricavi, utilizzato per generare flussi di cassa in entrata, e la struttura dei costi. L’acquisizione del valore comprende anche l’allocazione dei profitti lungo la catena del valore. L’allocazione dei profitti è diventata sempre più importante in quanto le imprese raramente producono valore singolarmente,

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ma si affidano sempre più spesso alla co-innovazione e ad altri meccanismi per estendere la loro portata ed ottenere l’accesso ad asset e competenze complementari. L’acquisizione del valore è anche un vettore chiave dell’innovazione del modello di business. Infatti, a volte, l’evoluzione dei mercati impone alle aziende di innovare in quest’area del modello di business, come nel caso dell’editoria dei quotidiani, dove il saldo tra gli abbonamenti ed i ricavi pubblicitari si sta modificando, a favore di quest’ultimi. L’innovazione può anche consentire ad un’impresa di acquisire la leadership del mercato attraverso la ristrutturazione della struttura dei costi, come nel caso delle compagnie aeree low-cost (Rayna and Striukova, 2016).

La comunicazione del valore rappresenta l’ultimo componente chiave di un modello di business efficace e consiste nel modo in cui le aziende comunicano con i clienti e con i partner in merito ai loro prodotti ed al valore che essi creano. La comunicazione del valore comprende sia la storia raccontata dall’azienda, sia l’ethos che essa comunica, sia i canali di comunicazione utilizzati per raccontare quella storia. Oltre a descrivere semplicemente i prodotti ed i servizi che offrono, l’ethos e la storia consentono all’impresa di distinguersi dalla concorrenza e di incoraggiare i clienti ad instaurare un’identificazione emotiva con l’azienda. Per ethos, si intende quell’insieme di valori, norme e codici di comportamento che contraddistinguono una determinata organizzazione. I canali di comunicazione sono in costante evoluzione, in particolare, recentemente, con l’accresciuta importanza dei social media nella comunicazione dei valori e delle offerte di un’impresa.

Questi cinque elementi insieme forniscono una solida base per un quadro completo del modello di business (Figura 1.2). Questa schematizzazione presenta tutti gli aspetti di valore dei modelli di business (creazione, proposta, distribuzione, acquisizione e comunicazione), nonché i relativi sottocomponenti, consentendo così una panoramica esaustiva delle varie leve dell’innovazione del modello di business. Ciò è particolarmente importante perché talvolta le innovazioni dirompenti emergono da modifiche ad un solo sottocomponente del modello di business. Ad esempio, le piattaforme online per la prenotazione dei taxi esistono da tempo. Ciò che ha reso Uber dirompente è il fatto di aver modificato le reti del valore in modo che chiunque, e non solo i tassisti professionisti, potesse rispondere alle esigenze di un cliente (Rayna and Striukova, 2016).

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Figura 1.2: I cinque componenti chiave di un modello di business. Fonte: (Rayna and Striukova, 2016)

Pertanto, l’attenzione al valore permette di individuare l’innovazione del modello di business e di distinguere il ruolo dei vari elementi di un modello di business nella creazione e nell’acquisizione del valore. In questo modo è permessa la distinzione tra elementi molto piccoli del modello di business, in modo che le innovazioni apparentemente simili del modello di business possano essere identificate ed analizzate. L’innovazione del modello di business è diventata una modalità critica per innescare e creare innovazione all’interno dell’impresa, a volte persino per superare l’innovazione tecnologica come fonte chiave di vantaggio competitivo. Si rivela, dunque, necessario comprendere ed analizzare nel miglior modo possibile il modello di business ed i suoi fattori di successo attraverso gli strumenti disponibili che forniscono il livello di dettaglio e la comprensione sistematica necessari per attuare l’innovazione del modello di business. Perciò, è fondamentale ottenere una visione dettagliata del modello di business, con una chiara attenzione a tutte le dimensioni del valore che costituiscono la base di ogni business model. Inoltre, evidenziando dove, esattamente, un modello di business è innovativo, la schematizzazione può aiutare ad indicare la via verso la competitività a lungo termine dell’innovazione. È altrettanto importante pesare tutti i

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componenti e sottocomponenti del modello di business in relazione alla loro rilevanza innovativa. La ponderazione di particolari componenti, infatti, può variare da settore a settore e, più in particolare, da impresa ad impresa: per alcuni mercati e aziende, le innovazioni nella creazione del valore hanno una valenza maggiore; in altri, l’acquisizione del valore o l’innovazione della proposta di valore portano ad un vantaggio competitivo più significativo. Ciò significa, naturalmente, che mentre lo schema di riferimento è utile per identificare possibili percorsi di innovazione del modello di business, l’effettiva scelta di un particolare percorso richiederà un’analisi più approfondita. Comprendere i modelli di business e l’innovazione del modello di business è diventato sempre più importante per il successo delle aziende, e talvolta anche per la loro sopravvivenza.

1.2 Sperimentazione ed adozione di nuovi modelli di business

Le imprese generalmente conducono degli esperimenti in modo tale da sondare i potenziali nuovi modelli di business, prima che giunga il momento in cui le innovazioni esterne rendono ridondanti e superati i loro tradizionali? La risposta immediata è che le imprese incontrano ostacoli significativi alla sperimentazione del modello di business. Uno dei migliori studi riguardanti questo tema è quello di Amit e Zott. Scegliendo il modello di business come unità di analisi, i due autori hanno identificato le novità, i lock-in vincolanti e l’efficienza come aspetti chiave dell’innovazione del modello di business (Amit and Zott, 2001). Tuttavia, questi tre elementi possono spesso essere discordanti con le configurazioni tradizionali di risorse tangibili ed intangibili presenti in azienda, i cui manager cercano di far resistere ad esperimenti che potrebbero minacciare il valore attuale dell’impresa. Un manager di un’azienda che si occupa dell’area commerciale attraverso dei punti vendita fisici, ad esempio, potrebbe porre in atto una forte resistenza agli esperimenti che prevedono l’instaurazione del canale di vendita online degli stessi prodotti, indipendentemente dal fatto che abbiano successo o meno (Chesbrough, 2010).

I concetti di Clayton Christensen sulla cosiddetta “tecnologia distruttiva”, ed in particolare la successiva nozione di “innovazione dirompente”, richiamano l’attenzione su simili ostacoli alla sperimentazione del modello di business (Chesbrough, 2010). Ciò

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che sconvolge le imprese incumbent nella teoria di Christensen non è la loro incapacità di concepire la tecnologia dirompente: come Amit e Zott, egli individua la causa della tensione nell’innovazione dirompente nel conflitto tra il modello di business già stabilito ed impiegato per la tecnologia esistente e quello che potrebbe essere richiesto per sfruttare la tecnologia emergente e dirompente. Generalmente, i margini di profitto per quello emergente sono inizialmente molto inferiori a quelli della tecnologia consolidata. I clienti finali possono essere diversi, così come i canali di distribuzione necessari. L’azienda, dunque, investendo il proprio capitale negli impieghi più redditizi, favorirà la tecnologia consolidata rispetto alla tecnologia dirompente.

Henry Chesbrough e Richard Rosenbloom (2002) hanno rilevato una barriera cognitiva diversa riguardo al tema della sperimentazione del modello di business, non individuata da Amit e Zott o da Christensen, sostenendo che il successo dei modelli di business consolidati influenza fortemente le informazioni che successivamente vengono inviate o filtrate dai processi decisionali aziendali (Chesbrough, 2010). Questo approccio si basa sulla precedente idea di Prahalad e Bettis di una “logica dominante” su come l’impresa crea ed acquisisce valore. In mezzo a tutte le attività ed alla confusione della vita lavorativa quotidiana, questa logica aiuta l’impresa a valutare quali informazioni sono importanti e necessarie per il proprio mantenimento e per l’agire strategico. Di conseguenza, l’impresa cerca delle informazioni che si adattino a questa logica ed evita ciò che è in conflitto con essa (Bettis and Prahalad, 1995). Da un lato, questa modalità d’azione aiuta le organizzazioni a mantenere ed a seguire una certa direzione strategica prestabilita e, quindi, ad operare in ambienti instabili e variabili, che sono tipici nella fase iniziale di ricerca e sviluppo, dove sia il potenziale tecnologico che il potenziale di mercato sono altamente incerti. Dall’altro lato, la stessa logica dominante può agire come un’arma a doppio taglio per quanto riguarda la sperimentazione del modello di business: seguirla troppo pedissequamente può portare le aziende a rischiare di perdere gli usi potenzialmente preziosi della loro tecnologia, a livello innovativo e redditizio, quando non si adattano al loro modello di business corrente (Chesbrough, 2010).

Questi contributi evidenziano diversi ostacoli: secondo Christensen e Amit e Zott, i manager riconoscono prontamente il modello di business ottimale, ma il suo sviluppo è impedito a causa dei suoi conflitti con il modello di business prevalente in azienda o con

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la sottostante configurazione di risorse che supportano quel modello prevalente. Chesbrough e Rosenbloom, al contrario, sostengono che, in effetti, è tutt’altro che chiaro quale dovrebbe essere il giusto modello di business. In entrambi i casi, indipendentemente dal fatto che la barriera sia l’ostruzione o la confusione, la via da seguire è l’impegno alla sperimentazione. L’esecuzione di test attivi per sondare i mercati emergenti con nuove potenziali configurazioni degli elementi del modello di business può consentire ad un’impresa di apprendere informazioni in anticipo rispetto al resto del mercato ed iniziare a generare i nuovi dati in grado di alimentare il suo processo di cambiamento.

1.3 Il Business Model Canvas

Se i manager vogliono sforzarsi di superare queste barriere e sperimentare dei modelli di business alternativi, come possono costruire questi esperimenti? Un approccio interessante è quello di costruire delle mappe di modelli di business, per enucleare le relazioni tra i vari componenti ed i processi sottostanti, che permette loro di diventare una fonte di esperimenti che considera le combinazioni alternative degli elementi e dei processi.

Un modello di business deve assolvere le seguenti funzioni (Chesbrough and Rosenbloom, 2002):

 articolare la proposta di valore (ovvero, il valore creato per gli utenti da un’offerta basata sulla tecnologia);

 identificare un segmento di mercato e specificare il meccanismo di generazione dei ricavi (ossia, gli utenti a cui la tecnologia è utile e per quale scopo);

 definire la struttura della catena del valore necessaria per creare e distribuire l’offerta e le risorse e le attività complementari basilari per sostenere la posizione all’interno della catena;

 determinare i meccanismi delle entrate attraverso cui l’impresa viene pagata per l’offerta;

 stabilire la struttura dei costi e il potenziale di profitto (in relazione alla proposta di valore ed alla struttura della catena del valore);

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 individuare e descrivere la posizione dell’azienda all’interno della rete del valore che collega i fornitori ed i clienti (compresa l’identificazione dei potenziali beni e/o servizi complementari e concorrenti);

 formulare la strategia competitiva con la quale l’azienda (innovativa) guadagnerà e trarrà vantaggio sui concorrenti.

Uno degli strumenti di mappatura più diffusi ed adottati per l’analisi e l’innovazione del modello di business delle imprese è il “Business Model Canvas” di Osterwalder e Pigneur, illustrato nella Figura 1.3. Essi hanno incluso nel loro schema, la dimensione del valore ed hanno definito il modello di business come il fondamento logico di come un’organizzazione crea, trasferisce ed acquisisce valore (Osterwalder and Pigneur, 2010).

Figura 1.3: I nove elementi che compongono il Business Model Canvas (Fonte: Osterwalder and Pigneur, 2010)

Questa schematizzazione fornisce una modalità proattiva per sperimentare effettivamente dei modelli di business alternativi, consentendo alle aziende di simulare varie possibilità prima di impegnarsi in investimenti specifici nella realtà in cui operano. Pertanto, le considerazioni teoriche sulla configurazione degli elementi di un modello di business possono diventare molto più concrete. In particolare, i ricercatori in questo ambito apprezzano la rappresentazione e la struttura chiara e concisa del Business Model Canvas. Questo modello è composto da nove elementi chiave che vanno a comporre la proposta di valore, nonché le attività e le relazioni necessarie per

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sostenerla. Questi elementi sono presentati in un formato grafico a pagina singola, che rende facile rilevarli ed è pratico da completare. Il “Canvas” è incentrato sulle figure degli stakeholder, ossia definisce chi fa cosa in un determinato modello di business. Tale attenzione lo rende prezioso per la progettazione e la creazione di modelli di business, in quanto le azioni richieste diventano intuitivamente chiare. In particolare, questo modello si concentra sui vari componenti del valore che possono essere le leve critiche dell’innovazione del modello di business.

1.4 Dalle mappe ai modelli di business alternativi: sperimentazione, realizzazione e leadership organizzativa

Strumenti come la mappatura sono utili per spiegare i modelli di business, ma non possono di per sé promuovere la sperimentazione e l’innovazione. Per questo motivo, i manager hanno bisogno di processi organizzativi e dell’autorità necessaria per intraprendere gli esperimenti, e quindi della capacità di intraprendere azioni basate sui risultati di quei test.

Un primo insieme di processi è costituito dalla sperimentazione. Thomke, all’interno del suo libro “Experimentation matters” (2002), fornisce un utile sommario di principi e parametri per una sperimentazione efficace (Chesbrough, 2010). I ragionamenti di Thomke si focalizzano sull’innovazione di nuovi prodotti e processi, tuttavia possono essere applicati allo stesso modo ai modelli di business. Un principio importante riguarda la fedeltà dell’esperimento, ovvero la misura in cui le condizioni sperimentali sono rappresentative della realtà più ampia, ossia il mercato vero e proprio. Testare un modello di business alternativo su dei clienti reali, che pagano attraverso del denaro reale, in un contesto di transazioni economiche reali, fornisce la massima fedeltà. Questo è uno dei motivi per cui le start-up possono fornire importanti informazioni sui nuovi modelli di business: sono a tutti gli effetti degli esperimenti con aziende reali che realizzano prodotti reali che vendono a clienti reali. I parametri importanti, da tenere monitorati, includono il costo necessario per condurre il test, in termini sia di costo diretto, sia di costo del fallimento (nel caso in cui l’esperimento non producesse l’apprendimento ed i risultati sperati), il tempo necessario per ottenere dei feedback dall’esperimento e la quantità di informazioni apprese dal test. Qui Thomke è chiaro nel

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distinguere i “fallimenti” dagli “errori”: i primi sono un risultato naturale del processo di sperimentazione e possono essere abbastanza utili; i secondi, sono esperimenti sterili, mal concepiti per produrre nuove forme di apprendimento (Chesbrough, 2010). Dunque, le aziende dovrebbero sforzarsi di sviluppare dei processi che offrano un’elevata fedeltà nella maniera più rapida ed economica possibile, mirando a raggiungere un apprendimento cumulativo da una, possibile ma non necessaria, serie di fallimenti prima di scoprire un modello di business alternativo.

Un secondo insieme di processi fa riferimento alla realizzazione. Nei processi di realizzazione di nuovi modelli di business, gli attori (come aziende o imprenditori che creano nuove imprese ed i modelli di business ad esse associati) non analizzano il proprio ambiente di riferimento nello stesso modo in cui intraprendono azioni che conducono verso nuove informazioni che rivelano opportunità latenti in quell’ambiente. In altre parole, non studiano il mercato tanto quanto lo promuovono (Chesbrough, 2010). Esiste un forte pregiudizio nel compiere l’azione rispetto all’analisi, poiché potrebbero esserci dati insufficienti a disposizione per analizzare la propria strada verso un nuovo modello di business. D’altro canto, però, senza azione, non saranno disponibili nuovi dati. Tale azione è particolarmente critica per l’atto cognitivo di ricontestualizzare la logica dominante del proprio modello di business. Generalmente, infatti, alle opportunità innovative emergenti manca la vasta base di dati necessaria per giustificare le conseguenti azioni aziendali. Invero, è solo attraverso l’adozione di azioni sperimentali che verranno generati nuovi dati, e quindi informazioni, utili alla condotta strategica aziendale. In queste situazioni, gli strumenti di mappatura possono essere di grande aiuto fornendo delle rappresentazioni dei modelli di business attuali e potenziali; in questo modo, i manager possono rapidamente congetturare le probabili e possibili implicazioni derivanti dal compiere un tale cambiamento. Inoltre, questi strumenti possono essere d’aiuto a caratterizzare ed a comunicare efficacemente i nuovi modelli cognitivi agli altri attori e partner interni ed esterni all’impresa. (Chesbrough, 2010).

Un terzo processo fondamentale per modificare i modelli di business delle organizzazioni già esistenti è quello di guidare il cambiamento all’interno dell’organizzazione. La questione che sorge spontanea è: chi è responsabile della sperimentazione del modello di business? I responsabili delle varie funzioni aziendali non possiedono l’autorità necessaria sull’intera organizzazione. Infatti, i modelli di

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business richiedono aspetti di controllo e di verifica ed interazioni tra i vari reparti aziendali, dalla produzione all’area commerciale, dal marketing alla finanza, alla ricerca e sviluppo; perciò la sperimentazione del modello di business potrebbe comportare conflitti con alcune o tutte queste funzioni. Gli amministratori delegati delle piccole imprese potrebbero essere perfettamente adatti a ricoprire il ruolo di guida nel processo di cambiamento del modello di business, soprattutto se coincidono anche con la figura del proprietario dell’azienda. Tuttavia, emerge un vero problema nel fare affidamento sugli amministratori delegati per guidare il cambiamento: probabilmente, essi hanno conseguito la loro posizione attraverso l’attuale modello di business, che è molto familiare e persino confortante, mentre i potenziali modelli alternativi non sono percepiti allo stesso modo e potrebbero apparire come una minaccia alla stabilità dell’impresa. Pertanto, sebbene sia nella posizione migliore per guidare la fase di transizione da un business model ad un altro, l’amministratore delegato può effettivamente agire secondo delle modalità e dei piani che ritardano il processo di sperimentazione. Un’altra posizione organizzativa che potrebbe condurre l’innovazione del modello di business, è quella del direttore generale di business specifici in aziende di grandi dimensioni. Questi manager possiedono l’autorità necessaria per gestire tali cambiamenti, ma, solitamente, vengono sostituiti, e nuovamente inseriti, da una posizione all’altra ogni due o tre anni. Questo lasco temporale si rivela troppo limitato per formulare gli esperimenti, condurli, raccogliere ed analizzare i dati, sviluppare le opportune inferenze ed interpretazioni e, dunque, riformulare l’analisi in modi sufficientemente convincenti per guidare la trasformazione verso un nuovo modello di business (Burgelman, 1983).

Per le aziende si rivela fondamentale, quindi, la costituzione di una struttura e di un’organizzazione agili e flessibili dal punto di vista strategico se vogliono essere in grado di trasformare i loro modelli di business nel perseguimento dell’innovazione strategica. Ciò richiede una forte abilità di leadership nel percepire i cambiamenti dell’ambiente esterno ed interno all’azienda, nel mantenere l’unità tra il gruppo dirigente e nella capacità di riallocare le risorse per supportare i nuovi modelli di business (Chesbrough, 2010). La ricerca di un nuovo modello di business richiede spesso un lungo periodo di coesistenza tra i modelli correnti e quelli nuovi. Sapere quale sia il momento opportuno per trasferire le risorse dai primi ai secondi è un delicato atto

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di bilanciamento e pieno di possibili conseguenze sulla carriera dei manager coinvolti. Ci vuole una forte cultura organizzativa per sapersi muovere attraverso questa moltitudine di decisioni, minacce ed opportunità, in modo che gli obiettivi parziali ed individuali dei manager lascino spazio agli imperativi della più ampia realtà aziendale nel suo complesso. Le imprese, perciò, devono affrontare questi problemi di leadership per garantire una gestione efficace della sperimentazione del modello di business e che i risultati dei loro esperimenti conducano all’azione all’interno dell’organizzazione. La strada da seguire è che i soggetti-guida adottino, esplicitamente, una posizione sperimentale verso l’innovazione del modello di business, sebbene esistano forti barriere a questo tipo d’innovazione.

I leader possono autorizzare lo svolgimento di esperimenti caratterizzati da un’elevata fedeltà, bassi costi, rendimenti rapidi e che producano una grande quantità di informazioni utili. Questi dati si rendono indispensabili per la costruzione di nuovi modelli, permettendo ai decisori di agire in base a questi risultati, superando gli ostacoli che circondano e proteggono il modello di business esistente. Il processo di leadership deve considerare ed affrontare le esigenze dei vari reparti ed unità di business interessati all'interno dell'organizzazione, senza dare origine a conflitti.

1.5 L’innovazione del business model

L’attività di ricerca sui modelli di business ha subito un interesse elevato nell’ultimo decennio grazie, in particolare, all’avvento di Internet. Il tema del modello di business attira in modo costante l’attenzione e l’interesse dei ricercatori e degli esperti aziendali. Sebbene non esista una definizione universale del modello di business, quasi tutti i ricercatori, gli studiosi ed i maggiori rappresentanti del mondo dell’industria convengono all’unanimità sulla crescente importanza e la necessaria applicazione del concetto di innovazione del modello di business. Essi concordano nell’affermare che l’innovazione del modello di business è, nel complesso, una nuova forma di innovazione, distinta dall’innovazione di prodotto o di processo. I benefici connessi con l’innovazione del modello di business superano senza dubbio qualsiasi altra forma di innovazione. Le imprese sempre più si rendono conto che nel contesto di accelerazione delle dinamiche ambientali, anche un modello di business consolidato da lungo tempo

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non garantisce in modo permanente delle prestazioni di successo. Al contrario, i manager delle imprese presenti sul mercato devono continuamente riconsiderare i business model esistenti in risposta o in previsione di cambiamenti esogeni. L’innovazione del modello di business supera e migliora sostanzialmente le capacità e le routine consolidate dell’azienda per organizzare l’innovazione di prodotto, di servizio o tecnologica. L’innovazione del modello di business è stata anche descritta come il processo per trovare un nuovo modo di fare business, che si traduce nella riconfigurazione dei meccanismi di creazione e di acquisizione del valore, modificando uno o più dei componenti costitutivi del business model (Bashir and Verma, 2017). In questo processo, i manager devono ripensare la proposta di valore da offrire al cliente e riconfigurare le attività di creazione e di acquisizione del valore. Un modello di business progettato in modo coerente fornisce all’impresa nuove opportunità per ottenere un vantaggio competitivo; ad esempio, aiuta ad attivare fonti di valore aziendale precedentemente non prese in considerazione e facilita la creazione di nuovi e distinti sistemi transazionali difficili da imitare. Eppure, nonostante questo promettente potenziale per le performance aziendali, i manager hanno difficoltà a sviluppare ed implementare in modo efficiente nuovi modelli di business nella pratica.

L’Economist Intelligence Unit (EIU) è un’organizzazione che fornisce servizi di previsione e consulenza a favore di imprenditori, finanzieri e strutture istituzionali, attraverso analisi per Paese, settore e rischio basate sul lavoro, la ricerca e le intuizioni di una rete mondiale di esperti economici, politici e commerciali. L’EIU ha condotto un’indagine nel 2005 allo scopo di rispondere alla domanda: “l’innovazione del modello di business sarà importante nel 2010?”. Il rapporto ha prodotto la seguente risposta: “In tutto il mondo, la maggior parte degli intervistati identificano i nuovi modelli di business come una maggiore fonte di vantaggio competitivo rispetto ai nuovi prodotti e servizi. I prodotti contano, ovviamente, ma come fonte di vantaggio competitivo duraturo sono esposti al rischio di copia ed alla replica”. Il 55% dei manager intervistati ha affermato che nel 2010 l’innovazione del modello di business sarebbe stata fonte di vantaggio competitivo (Bashir and Verma, 2017). Una tipologia simile di sondaggio, condotto nel 2012 dalla medesima società, ha evidenziato che l’innovazione del modello di business è stata inserita nella lista delle priorità delle aziende. Questo secondo rapporto ha inoltre messo in evidenza che i dirigenti preferiscono l’innovazione

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del modello di business come fonte di vantaggio competitivo piuttosto che l’innovazione di prodotto (Bashir and Verma, 2017).

Ancora oggi, la priorità di molte aziende per il raggiungimento di un vantaggio competitivo riguarda lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Nonostante vengano investite importanti somme di denaro in ricerca e sviluppo per nuovi prodotti e servizi, i rendimenti futuri, provenienti da questi, sono sempre incerti. Di frequente, infatti, nell’attuale ambiente di business turbolento, i nuovi prodotti e servizi hanno meno successo rispetto al passato, in quanto i concorrenti, in particolare, quelli appartenenti ad economie in cui il costo del lavoro è molto basso come l’India e la Cina, possono proporre la stessa offerta con maggiore facilità e a costi molto più bassi.

Secondo Amit e Zott, l’innovazione del modello di business è una questione della massima importanza per i manager e gli imprenditori poiché rappresenta una fonte di valore spesso poco considerata e quindi sottoutilizzata. Inoltre, uno dei principali vantaggi associati all’innovazione del modello di business riguarda il fatto che è difficile da imitare. Infatti, per un’azienda risulta più facile replicare un prodotto o un processo, piuttosto che riprodurre interamente un nuovo sistema di attività; quest’ultimo, infatti, si dimostra più complesso ed articolato. Spesso, i rendimenti derivanti dall’innovazione di prodotto o di processo sono relativamente più facili da minare e possono essere erosi nel tempo; al contrario, l’innovazione del modello di business può tradursi in un vantaggio competitivo duraturo, consolidato e redditizio (Amit and Zott, 2012).

Il successo improvviso ed immediato del modello di vendita diretta di Dell ha spinto molte aziende ad imitare questa nuova strategia. Hewlett-Packard (HP) è stato il primo a tentare di seguire questo modello commerciale, ma dal momento che aveva già una rete di distribuzione consolidata ed una vasta rete di distributori, si è rivelato impossibile per la società implementare due modelli contemporaneamente. L’azienda, invero, temeva, che se avesse imitato il nuovo modello strategico, anziché ottenere buoni risultati, sarebbe entrata in contrasto con quello esistente (Bashir and Verma, 2017).

In quest’ultimo decennio, alcune delle start-up più grandi e di maggior successo, negli U.S.A. o in Cina, sono state aziende come Uber, Airbnb, Alibaba, Xiaomi, ecc.. Se si analizzano queste società, esse non forniscono prodotti o servizi rivoluzionari, ma nonostante ciò sono diventate imprese multimiliardarie. Sono tutte diverse ed hanno

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sconvolto il modo di fare business all’interno del proprio settore di riferimento. Un’attenta analisi interna a queste aziende evidenzia che tutte hanno un fattore in comune: dei modelli di business unici e innovativi.

Secondo uno studio di IBM del 2006, i cui risultati si basano su interviste approfondite e consultive con 765 tra amministratori delegati, dirigenti aziendali e leader del settore pubblico di tutto il mondo, i CEO dedicano quasi il 30% del loro tempo agli sforzi per innovare i loro modelli di business (Figura 1.4). La ricerca evidenzia che sebbene i manager dedichino circa il 40% del loro tempo alle innovazioni di prodotto, si sta comunque rivedendo in calo questa percentuale; infatti il tempo dedicato all’innovazione del modello di business sta progressivamente aumentando. La ricerca di IBM ha inoltre evidenziato che i CEO, inizialmente restii a dedicare una parte considerevole del loro tempo all’innovazione del modello di business, ora sono convinti che sia giunto il momento di considerare attivamente tale innovazione come fonte di creazione di valore o di vantaggio competitivo.

Figura 1.4: Tempo speso per l’innovazione del modello di business. (Percentuale di tempo dedicata ad ogni tipologia di innovazione) (Fonte: IBM, 2006)

Lo studio ha inoltre evidenziato che le società che si sono maggiormente concentrate sull’innovazione del modello di business hanno ottenuto margini operativi molto più elevati rispetto alle società che non lo hanno fatto (Figura 1.5).

Tra i CEO intervistati nell’indagine, il 40% ritiene che anche i cambiamenti attuati all’interno del modello di business dei competitor, porterebbero mutamenti nell’intero settore. Pertanto, le aziende investono quantità considerevoli di tempo, risorse umane e

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capitali per poter essere capofila nella guida al cambiamento nel proprio settore e, conseguentemente, rappresentare una minaccia per i competitor piuttosto che trovarsi nella posizione di follower e quindi subire il cambiamento dettato da altri.

Figura 1.5: Il grafico illustra la maggior crescita del margine operativo che comporta nelle imprese l’innovazione del modello di business rispetto ai competitor che innovano nei processi o nei prodotti o nei servizi. (Percentuale del tasso di crescita annuale composto su 5 anni) (Fonte: IBM, 2006)

Il rapporto di IBM ha inoltre individuato altri vantaggi del modello di business menzionati dagli innovatori. Oltre il 50% dei dirigenti intervistati ha sostenuto che l’innovazione del modello di business aiuta a ridurre i costi e ad avere una flessibilità strategica. Oltre il 40% dei manager, a cui ci si è rivolti, ha affermato che l’innovazione del business model favorisce notevolmente il rinnovamento degli obiettivi e della specializzazione ed ha aiutato le imprese a sfruttare nuove opportunità di mercato. Il 20% degli intervistati ritiene che l’innovazione del modello di business li abbia aiutati a ridurre il rischio e gli investimenti di capitale (Figura 1.6) (IBM, 2006).

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Figura 1.6: Vantaggi menzionati dagli innovatori del business model. (Percentuale degli intervistati) (Fonte: IBM, 2006)

Nell’attuale mercato estremamente competitivo, dove prodotti e servizi sono facilmente imitati ed imitabili, l’innovazione del modello di business può essere un fattore di forza rilevante e prezioso, soprattutto nei periodi di recessione e di instabilità. L’innovazione del modello di business può fornire alle aziende una nuova alternativa per competere e prevalere sui rivali. Le imprese, attraverso l’innovazione del modello di business, saranno in grado di affrontare cambiamenti normativi o tecnologici. L’innovazione di prodotti e servizi offre rendimenti considerevoli, ma non sono sostenibili nel lungo periodo, a differenza dei profitti derivanti dall’innovazione del modello di business, i quali si sono dimostrati più duraturi. Nel 2009, il Boston Consulting Group (BCG) - società di consulenza manageriale globale e principale consulente mondiale per la strategia aziendale - ha affermato che gli innovatori del modello di business conseguono dei profitti quattro volte superiori rispetto agli innovatori di prodotti o servizi (Bashir and Verma, 2017).

L’innovazione del modello di business può essere più impegnativa dell’innovazione di prodotto e di processo, ma anche i benefici che ne derivano sono superiori. Prima di cercare nuove opportunità, è molto importante per i manager analizzare il modello di business esistente per comprenderne i limiti. Ogni componente di base del modello di business deve essere valutato ed i manager devono testare quale siano l’andamento e la direzione del modello attuale rispetto alle tendenze del settore ed i suoi vantaggi e svantaggi rispetto ai suoi concorrenti.

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Per le imprese in condizioni di instabilità o in periodi di recessione, l’innovazione del modello di business può essere ancora più preziosa. Infatti, è proprio durante le crisi, che una società trova meno resistenza per aggiornare o sostituire un vecchio modello di business. Le aziende non hanno bisogno di utilizzare l’innovazione del modello di business come strumento difensivo per proteggere dei business sterili e svantaggiosi, ma tale innovazione deve essere impiegata in modo proattivo al fine esplorare nuove opportunità di crescita.

1.6 La relazione tra business model e strategia

In merito alla questione su come innovare il modello di business, gli studiosi continuano a scontrarsi con l’ambigua base teorica relativa a tale modello. La relazione tra il modello di business e la strategia permane ancora poco chiara. Le varie sovrapposizioni con elementi esplicativi della strategia sollevano degli interrogativi sull’utilità di teorizzare il modello di business come fenomeno distinto da essa. Inoltre, la letteratura tende a rappresentare il modello di business come un concetto multidimensionale che si estende attraverso varie unità, funzioni e processi delle organizzazioni. La ricerca in materia riflette questa natura multidimensionale del concetto di modello di business. Mentre la concettualizzazione del business model come elemento multidimensionale potrebbe essere intellettualmente stimolante, allo stesso tempo ostacola il problema dell’ambiguità nella costruzione della teoria correlata (Spieth, Schneckenberg and Matzler, 2016).

Di conseguenza, i ricercatori esaminano il modello di business da diversi punti di vista, che ad oggi non riescono a convergere in una comprensione comune del tema in questione. Gli studiosi di strategia rendono operativo il business model come unità di analisi a livello di sistema per comprendere in che modo la specifica creazione di valore e le configurazioni di acquisizione del valore aiutano le imprese ad ottenere un vantaggio competitivo. Gli studi sull’innovazione si concentrano sulla funzione del modello di business per organizzare le conoscenze, le capacità e le risorse aziendali nelle attività di creazione ed acquisizione del valore. La ricerca sull’imprenditorialità riprende una diversa prospettiva esaminando come i modelli di business siano utili al fine di intraprendere nuove iniziative atte a conformarsi alle norme istituzionali, ad

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ottenere legittimazione per la raccolta di finanziamenti ed ad influenzare la struttura emergente del mercato.

Di seguito, si illustra questo problema delle ricorrenti ambiguità teoriche descrivendo in dettaglio la relazione specifica tra strategia e business model.

1.6.1 Business model e strategia nella letteratura

Gli studi in campo strategico hanno subito un forte sviluppo negli ultimi 30 anni. Allo stesso modo, anche la letteratura sull’innovazione del modello di business ha conseguito un importante progresso nell’ultimo decennio. Tuttavia, sembra che ci sia una mancanza di chiarezza riguardo a questi concetti e risulta difficile differenziare la nozione di modello di business dai concetti gestionali correlati. Nello specifico, la definizione di modello di business rispetto al concetto di strategia rimane ambigua. A tal proposito, alcune opere concettuali, ma allo stesso tempo tentativi empirici molto limitati, hanno tentato di differenziare o di accordare teoricamente i costrutti e le relazioni che riguardano sia la strategia che i fenomeni legati al modello di business (Spieth, Schneckenberg and Matzler, 2016). Ad esempio, Casadesus-Masanell e Ricart distinguono i tre concetti di modello di business, di strategia e di tattica. Il modello di business si riferisce alla logica dell’azienda, al modo in cui opera ed al modo attraverso cui crea valore per i suoi stakeholder. La strategia, invece, consiste nella scelta del modello di business attraverso il quale l’impresa competerà sul mercato. Infine, la tattica fa riferimento alle scelte residuali che un’azienda si trova a prendere in virtù del modello di business che sceglie di impiegare (Casadesus-Masanell and Ricart, 2010). Quindi, a loro avviso, la strategia ed il modello di business sono correlati, ma allo stesso tempo, sono concetti diversi, secondo cui il modello di business è il riflesso ed il risultato effettivo della strategia aziendale realizzata.

Zott e Amit, invece, sostengono che la strategia di mercato che un’impresa attua ed il suo modello di business siano dei costrutti distinti che influenzano il valore di mercato dell’impresa (Zott and Amit, 2008). Questi due autori descrivono la strategia ed il modello di business come degli elementi complementari di un’impresa piuttosto che come sostituti. Dal loro punto di vista, il modello di business fornisce la struttura per organizzare le transazioni di creazione e di acquisizione di valore di cui un’impresa

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