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Nell'ordinamento giuridico italiano, la materia della successione necessaria si pone evidentemente come un limite alla libertà testamentaria del de cuius: le disposizioni di legge che non solo riservano ai legittimari quote dell'eredità ma che anche prevedono i rimedi in caso di effettiva lesione non permettono al testatore di disporre delle proprie sostanze nel modo che egli ritiene più opportuno. La ratio della scelta legislativa è da rinvenirsi nella valorizzazione dei più stretti legami familiari in modo che i soggetti di cui all'art. 536 cc vengano tutelati nella loro sfera patrimoniale.

Un primo spunto di riflessione è offerto dall'entità della quota disponibile, ossia quella porzione di patrimonio ereditario che il testatore può liberamente attribuire: si è rilevato come in alcune circostanze – e segnatamente, nel caso di concorso tra coniuge e più figli (cfr. art. 542 c.c.) e addirittura nel caso di concorso tra ascendenti e coniuge (cfr. art. 544 c.c.) – tale quota sia eccessivamente ridotta fino ad arrivare ad 1/4. Si ricorda, inoltre, che prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, la quota disponibile non poteva scendere al di sotto di 1/3.

L'autonomia testamentaria non è l'unico valore ad essere compresso dalla normativa civilistica, dovendo porre l'attenzione anche sui riflessi che quest'ultima proietta sulla sicurezza dei traffici giuridici e la libera circolazione dei beni.

Il punto dolente riguarda la disciplina dell'azione di restituzione, ossia lo strumento a disposizione del legittimario (cfr. art. 563 c.c.)

per reagire alla lesione della quota di riserva verificatasi o con donazioni fatte in vita dal de cuius o da disposizioni testamentarie qualora il beneficiario della donazione o della disposizione testamentaria abbia alienato il bene immobile ricevuto. In questo caso, se non sono ancora trascorsi venti anni dal momento della trascrizione della donazione, il legittimario ha il diritto di chiederne la restituzione. Come possiamo immaginare, la vendita dei beni immobili derivanti da donazioni ne esce fortemente compromessa.

Allo scopo di far fronte a tali complicazioni, sono state recentemente presentate delle riforme della successione necessaria, tra le quali spiccano il Disegno di legge di iniziativa dei Senatori Saro, Antonione, Mauro, Massidda e Sanciu, comunicato alla Presidenza il 27 settembre 2006 e la proposta di “Riforma dei diritti riservati ai legittimari” di iniziativa del Consiglio Nazionale Forense.

La prima proposta, in realtà, più che una riforma rappresentava un tentativo di abrogazione245 della successione necessaria, tanto

audace quanto rimasta inascoltata. E' interessante esaminare la Relazione246 che accompagnò il disegno di legge, nella quale

vengono giustificati i motivi di tale rivoluzionaria modifica: in nome della “liberalizzazione” e del principio “le testament est le triomphe

de la liberté dans le droit civil”, la successione necessaria, etichettata

come “istituto arcaico”, deve adeguarsi ad una realtà sociale profondamente mutata rispetto a quella esistente nel 1942.

245 L'art. 1 del ddl recitava: “Le disposizioni di cui agli articoli 536, 537,

538, 540, primo comma, 542, 544, 549, 550, 55 l, 552, 553, 554, 555, 556, 557, 558, 559, 560, 561, 562, 563, 564, 735, secondo comma, 737, secondo comma, 763, 2652, primo comma, numero 8), e 2690, primo comma, numero 5), del codice civile, sono abrogate. E' abrogato il capo V-bis del titolo IV del Libro II del codice civile”.

246 Consultabile nella sua interezza al seguente indirizzo: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?

L'attribuzione ai legittimari della quota di riserva indipendentemente dalla necessità o meno di un supporto patrimoniale, le conseguenze in termini di propensione al lavoro e al sacrificio da parte di chi può contare su una inscalfibile porzione di eredità e uno sguardo a come la materia viene regolata al di fuori nei nostri confini247 offrono

valide argomentazioni per sostenere un radicale cambiamento.

Dal canto suo, la proposta di riforma presentata nel 2011 dal Notariato ha puntualizzato i cardini fondamentali da cui l'istituto deve ripartire: abrogazione dell'azione di restituzione così da garantire la libera circolazione degli immobili, introduzione della rinuncia preventiva (e cioè precedente all'apertura della successione,

247 La Relazione che ha accompagnato il disegno di legge ha provveduto ad esame comparatistico delle principali legislazioni europee ed anglo-americane appurando che: “Negli Stati Uniti, secondo l’Uniform probate Code l’importo della quota di legittima del coniuge dipende dalla durata del matrimonio (il coniuge ha diritto ad una percentuale di patrimonio che cresce del 3% ogni anno di matrimonio, mentre dai quindici anni di matrimonio in poi la percentuale resta fissa del 50%). In Louisiana, l’unico Stato degli Stati Uniti che riconosce anche ai figli un diritto alla quota di legittima, a partire dal 1990 solo i figli minori di ventitré anni e quelli portatori di un handicap psichico o fisico possono far valere il diritto ad una partecipazione minima all’eredità. In Inghilterra non è previsto alcun tipo di diritto alla quota di legittima, ma determinate persone e precisamente coloro che al momento della morte dipendevano dal de cuius, i cosiddetti dependents, possono proporre domanda al giudice affinché venga loro attribuito un congruo importo tratto dal

patrimonio ereditario, una reasonable provision, qualora il testatore li abbia pretermessi o non sufficientemente considerati nel testamento. Dei dependents fanno parte, oltre al coniuge del de cuius, anche i conviventi e, oltre ai figli consanguinei, anche i figliastri e i pupilli. In Spagna il de cuius che lascia figli può disporre liberamente solo di un terzo del patrimonio, mentre i due terzi spettano ai discendenti. Ma solo un terzo spetta ai discendenti in parti uguali. L’altro terzo, la cosiddetta mejora, il de cuius può ripartirlo come ritiene giusto. In Germania, gli aventi diritto alla legittima possono pretendere solo la metà del valore della quota loro spettante per successione legittima”.

come avviene in Francia) all'esercizio dell'azione di riduzione per particolari donazioni, esclusione del coniuge legalmente separato dalla categoria degli eredi necessari, modifica dell'attribuzione della quota di riserva, la quale da porzione in natura dei beni ereditari diventa un diritto di credito soddisfacibile anche con beni non ereditari.

D'altronde si sostiene che il legislatore abbia già compiuto dei passi in questa direzione, con la riforma degli artt. 561 e 563 ad opera della L. 14 maggio 2005. n. 80 e l'introduzione del patto di famiglia (artt. 768-bis ss. c.c.) con L. 14 febbraio 2006, n. 55, le quali hanno tracciato nuovi limiti per i legittimari, limiti che fanno ben sperare nel superamento della tradizione giuridica della successione necessaria, da sempre caratterizzata da stabilità e resilienza.

Riflessioni conclusive

Il presente lavoro di tesi ha inteso porre l'attenzione sulle dinamiche che, nel corso dei secoli, hanno investito il tema della clausola di diseredazione. Consci dell'ineluttabilità di un confronto con la tradizione storica romanistica, abbiamo analizzato il come, il quando e il perché della nascita dell'istituto dell'exheredatio, primo segnale dell'esistenza all'interno di un sistema giuridico organizzato del sentimento – proprio del de cuius – di esclusione dei prossimi congiunti dalla propria successione. E lo studio di tale sentimento, non necessariamente da intendersi in senso negativo248, è ciò che ha

posto le basi per un'accurata analisi del fenomeno de quo. Nella Roma arcaica la cerchia familiare costituiva la cellula organizzativa della società, e i legami all'interno di questa erano così forti che si presume che nessuna libertà testamentaria fosse allora conosciuta, essendo la successione una mera continuazione automatica (non solo nel patrimonio, ma anche nella potestas) dei figli rispetto al padre.

L'esclusione dei successibili – e conseguentemente, la redazione di una scheda testamentaria a tale scopo – doveva essere pratica già ampiamente conosciuta ai tempi delle XII Tavole e dello ius civile antico, come testimoniato dall'allora vigente principio secondo il quale il pater familias, al momento della confezione del testamento

248 Per quanto sia impossibile negare la possibilità che alla base di una clausola di esclusione dalla successione risieda un motivo di inimicizia o di antipatia, la diseredazione, se intesa in senso lato, non è altro che uno strumento di modulazione della propria successione.

avrebbe dovuto necessariamente menzionare alcuni eredi, o per istituirli o per diseredarli. Due sono le conclusioni che possiamo trarre da quell'epoca:

1) tra i parenti che potevano essere esclusi troviamo,

sorprendentemente, proprio i discendenti del de cuius, ossia coloro i quali condividevano con lo stesso i più stretti legami di sangue. Ciò costituisce una delle principali differenze con l'istituto della

diseredazione che siamo abituati a conoscere oggi, dove i figli costituiscono parte della categoria degli eredi necessari (cfr. art. 536 c.c.) e sono perciò tutelati dall'ordinamento ;

2) nessuna prescrizione richiedeva di dover motivare la decisione del testatore, men che meno di dover riservare determinate quote del patrimonio ereditario.

Ma grazie all'abile lavoro di quegli avvocati specializzati nel perorare le cause ereditarie di fronte al tribunale dei centumviri, unita all'inevitabile evoluzione della societas romana, sempre più a

contatto con altre culture, sorge una diversa concezione etica, quella dell'officium pietatis, volto a punire con l'invalidità tutti quei

testamenti in cui l'esclusione dalla successione fosse contraria ai più basilari sentimenti di cura propria dei parenti più stretti. Si trattò di una prima svolta nella storia dell'istituto della diseredazione, completato qualche secolo seguente dalle riforme Giustinianee, quando l'imperatore bizantino, al fine di rendere più chiara l'applicazione del diritto, si impegnò nell'elencazione tassativa di quelle clausole249 che, se inserite in una scheda testamentaria,

249 Cause che legittimavano l'esclusione degli ascendenti da parte dei discendenti:

a) insidie alla vita;

b) accusa di un delitto punibile con la morte, escluso l'alto tradimento; c) adulterio con la moglie del discendente;

avrebbero portato alla legittima diseredazione.

Tuttavia, l'istituto della diseredazione non è stato contemplato dai redattori del codice civile (né nel 1865 né nel 1942) e ciò ha

costituito il perno attorno al quale il nostro studio si è ancorato: l'ammissibilità o meno della clausola de quo è stato motivo di aspri dibattiti per lungo tempo sia in dottrina che in giurisprudenza. Abbiamo conseguentemente suddiviso la questione a seconda che il successibile destinatario della clausola negativa fosse o meno un erede necessario e a seconda che la scheda testamentaria contenesse solo disposizioni negative ovvero anche positive.

Da una diversa lettura degli artt. 587 e 588 del codice civile, discendono due diverse interpretazioni: mentre l'una si attesta su una posizione più favorevole, l'altra fissa come necessario il requisito

e) omissione del riscatto dalla prigionia di guerra; f) omissione di cure nei riguardi dell'infermo di mente; g) avvelenamento del coniuge;

Cause che legittimavano l'esclusione dei discendenti da parte degli ascendenti: a) insidie alla vita;

b) percosse e altre gravi offese;

c) accusa penale, eccettuati i delitti contro lo Stato e l'imperatore; d) eresia;

e) falsa denuncia, da cui sia derivato grave danno; f) adulterio con la moglie dell'ascendente; g) impedimento alla confezione di un testamento

h) rifiuto di cauzione in favore dell'ascendente, che si trovi in prigione (ma ciò vale solo per i discendenti maschi)

i) omissione di cure nei riguardi dell'infermo di mente;

l) omissione del riscatto, se l'ascendente sia prigioniero di guerra e il discendente maggiore dei 18 anni;

m) frequentare avvelenatori e persone dedite alla magia;

n) esercizio del mestiere di artista del teatro, e simili, contro il volere dell'ascendente;

o) malcostume delle discendenti; matrimonio delle stesse contro la volontà dell'ascendente.

della presenza di clausole attributive dei beni ereditari.

Per ciò che concerne le decisioni dei tribunali, la giurisprudenza aveva inaugurato il periodo post seconda guerra mondiale con una serie di pronunce in cui si dichiarava la diseredazione del non legittimario valida solo se accompagnata espressamente da clausole positive, e quindi attributive di beni. La stagione della cd istituzione implicita, inaugurata nel 1967 e conclusa nel 2012 dalla Corte di Cassazione, rappresentò un'ulteriore apertura alla diseredazione, in quanto le disposizioni attributive potevano essere anche ricavate implicitamente nel testamento. La sentenza del 25 maggio 2012, n. 8352 della Sezione II civile della Suprema Corte, è destinata a diventare una pietra miliare delle decisioni in ambito successorio, spalancando le porte a tutte quelle schede testamentarie in cui il de

cuius si è limitato ad indicare una mera esclusione: queste, infatti,

non potranno più essere tacciate di invalidità.

Per ciò che riguarda i soggetti di cui all'art. 536 c.c. (e cioè il coniuge, i figli e, in assenza di questi ultimi, gli ascendenti del de

cuius) la dottrina e la giurisprudenza sono sempre stati concordi nel

negare la validità ad una clausola che li depauperasse della quota che la legge gli attribuisce: a niente varrebbe la volontà contraria del testatore.

Ciò che ha ultimamente suscitato interesse sono state le riforme che il legislatore ha apportato (anche) alla materia successoria, che abbiamo potuto sintetizzare in due filoni:

1) da un lato, l'estensione della categoria dei successibili e dei legittimari, che grazie al D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, da un lato, e la Legge 20 maggio 2016, n. 76, dall'altro, ora ricomprende anche gli ascendenti legittimi e il superstite dell'unione civile (dimostrando, qui, forse un'eccessiva severità nei confronti del superstite della convivenza ex. art. 36 della stessa Legge Cirinnà);

2) dall'altro, l'introduzione di una disposizione di legge (cfr. art. 448 bis c.c.) che per la prima volta sancisce inequivocabilmente in un testo normativo la possibilità di escludere un particolar erede dalla propria successione. Trattandosi di un soggetto di cui all'art. 536 c.c., ossia il genitore, è evidente il colpo assestato ad una disciplina come la successione necessaria che è stata sempre caratterizzata, nel nostro ordinamento, da una sua graniticità. Non deve essere dimenticato, infatti, come la sentenza n. 8352/2012 aveva sì ampliato i margini della diseredazione, ma aveva comunque sottolineato la tutela dei legittimari come un punto fermo.

Nel corso degli ultimi anni si è assistito però ad una discussione in dottrina volta a modificare la struttura della successione

necessaria.

Quest'ultima, come sappiamo, si pone al crocevia tra l'autonomia testamentaria rappresentata dal principio di libertà del testatore e la tutela di determinati parenti del de cuius. Il Legislatore del 1942 ha preferito trovare un compromesso che escludesse le posizioni più estremiste, ossia la più totale ed inscalfibile libertà del testatore di disporre del proprio patrimonio come crede, e la ferrea

valorizzazione della solidarietà familiare.

Nel far ciò, ha prestato il fianco ad alcune critiche tra le quali l'eccessiva entità della quota di riserva e la lesione della libera circolazione dei beni e della sicurezza dei traffici giuridici a causa del carattere reale dell'azione di riduzione, alla quale il legittimario – il quale non può rinunciarvi anticipatamente – si può appellare in caso di lesione o pretermissione.

Le istanze di riforma si sono fatte sempre più insistenti tanto da arrivare alla presentazione di un disegno di legge250 che si prefiggeva

250 Ci riferiamo al disegno di legge presentato durante la XV legislatura ad iniziativa dei senatori Saro, Antonione, Mauro, Massidda e Sanciu, intitolato “Modifiche al codice civile in materia successoria e abrogazione delle

l'abrogazione dell'istituto della successione necessaria, non più ritenuta in grado di essere al passo con i tempi e con la legislazione transfrontaliera. Senza ricorrere ad una tale “rivoluzione”, il

Consiglio Nazionale del Notariato ha presentato una proposta di modifica dell'istituto caratterizzata dall'abolizione dell'azione di restituzione e dall'introduzione della possibilità di rinunciare preventivamente all'azione di riduzione.

E' evidente come a fronte delle istanze promosse da più fronti sempre più ci si debba chiedere se non sia arrivato il momento per una profonda e strutturale riforma della successione necessaria.

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