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Le leggi regionali della Toscana sulla partecipazione

La Regione Toscana ha introdotto nel proprio ordinamento una legge sulla partecipazione già nel 2007. La legge regionale 69/20079 nasce, infatti, da un’iniziativa della Giunta regionale, volta a garantire la par- tecipazione di “cittadini, residenti e soggetti sociali organizzati” (art. 72) a tutte le fasi del processo deci- sionale. La legge, di natura sperimentale, disciplina una forma di democrazia partecipativa. Con l’applicazione della norma è stato possibile verificare sul campo se i modelli partecipativi previsti potesse- ro produrre gli effetti desiderati. Al termine di un quinquennio di applicazione si è proceduto all’esecuzione di un processo partecipativo per analizzare gli esiti raggiunti e valutare l’opportunità di una conferma della legge e di eventuali modifiche. Così nel 2013 la stessa Regione Toscana sulla base dell’esperienza effettuata con la legge 69/2007 ha approvato una nuova legge in materia di democrazia partecipativa, la legge regionale 46/201310.

Il principio ispiratore della norma regionale sta nell’assunto che la discussione con soggetti portatori di “saperi”, ancor prima che di interessi11, possa determinare un miglioramento della qualità della decisione, evitando al contempo quei conflitti che nel momento esecutivo spesso paralizzano l’attività dell’amministrazione. In tale ottica la legge è stata imperniata sulla democrazia partecipativa, caratterizzata da tre elementi:

1. la partecipazione prescinde dall’interesse di ciascuno ovvero non è necessaria la titolarità di una situazione giuridica qualificata come nella partecipazione nel procedimento amministrativo; 2. viene stabilito un obbligo di una prestazione personale diretta, sotto forma di un’interazione tra

persone e istituzioni strutturata e prolungata nel tempo a differenza di ciò che accade per la de- mocrazia diretta, circoscritta all’espressione di un voto o all’adesione a un testo che è occasionale o limitata;

3. infine il decisore politico non ha vincoli formali sulla decisione adottata dall’amministrazione, ma dovrà motivare scelte difformi dall’esito del processo partecipativo e dovrà saper gestire gli even-

      

9 Regione Toscana Legge 69/2007 (2007-2012) Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali. Bollettino Ufficiale n. 1, parte prima, del 3 gennaio 2008.

10 Regione Toscana Legge 46/2013 Dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche re- gionali e locali. Bollettino Ufficiale n. 39, parte prima, del 7 agosto 2013.

11 Marco Ciancaglini, Osservatoriosullefonti.it. fasc. 1/2014 “Un’ulteriore tappa nel processo di consolidamento della democrazia par- tecipativa. la legge regionale toscana 46/2013”.

100 Capitolo 27 - Prendere Buone decisioni tuali effetti, pertanto gli esiti seppur non vincolanti la libertà di scelta del decisore rimangono comunque stringenti.

Questi tre elementi caratterizzanti la legge regionale 69/2007 sono stati utilizzati per il perseguimento di tre obiettivi:

1. estendere le forme di partecipazione alla decisione pubblica da parte dei cittadini, e più in genera- le di tutti coloro che a vario titolo hanno un legame formale o sostanziale con un territorio; 2. rendere la democrazia partecipativa un elemento strutturale e codificato del processo decisionale

politico, dandole pertanto una dimensione organica, tendenzialmente estesa a tutte le politiche pubbliche anziché solo settoriale, come tradizionalmente accade, specie nell’ambito del governo del territorio;

3. utilizzare una logica incentivante e non strettamente cogente per le amministrazioni locali. Infatti, il terzo obiettivo a cui mirava la legge regionale 69/2007 era sul metodo per realizzare le prime due finalità della legge, utilizzando una duplice dimensione: a) dando un ausilio, giuridico, metodolo- gico, finanziario, organizzativo; b) condizionando l’attivazione di un processo partecipativo locale al consenso dell’ente locale, che doveva impegnarsi a tener conto dell’esito della discussione e a motivare scelte difformi.

Nella sua struttura, la legge si compone di due istituti, il dibattito pubblico per “grandi interventi” e il so- stegno finanziario, metodologico o informativo ai processi partecipativi per progetti di rilievo locale, i cui contenuti e le cui modalità partecipative erano rimesse all’autonomia dei proponenti. La prima fattispecie era ripresa dalla versione iniziale del débat public francese, la loi Barnier e si presentava come un’articolata discussione sulle modalità di realizzazione di grandi interventi dotati di un rilevante impatto ambientale, territoriale, sociale o economico.

L’esito della discussione, come detto, ha un valore meramente istruttorio: l’amministrazione chiamata ad assumere la decisione finale s’impegnava infatti solo a tener conto dell’esito del processo partecipativo, obbligo questo peraltro già derivante dall’art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241.

Benché la legge regionale 69/2007 sia stata accolta con un largo consenso, l’esperienza ha poi mostrato che si sono incontrate talune difficoltà applicative, legate per lo più all’assegnazione di risorse umane e mate- riali che hanno influito negativamente sulla gestione dei processi partecipativi e, nella sostanza, hanno de- terminato l’estrema difficoltà di monitorare gli esiti dei procedimenti partecipativi così da concentrare le forze quasi solo sulla fase di ammissione al sostegno. Pertanto va detto che non è stato organizzato nes- sun dibattito pubblico, a fronte di oltre cento istanze di sostegno accolte. La ragione di una tale situazione sembra derivare da alcuni peccati11 originali del dibattito pubblico:

 la difficoltà di comprendere cosa fosse esattamente un dibattito pubblico, non definito nel suo contenuto essenziale, e soprattutto in cosa consistesse esattamente un “grande interven- to” (grande come effetti, come dimensione territoriale, come spesa?);

 la discrezionalità nell’attivazione, che ha agevolato le tipiche resistenze al cambiamento nelle organizzazioni, per il timore di possibili intromissioni esterne sulle scelte in materia di grandi opere, ma anche resistenze della stessa della società civile, più protesa ad entrare in una logica conflittuale anziché propositiva11;

 infine un altro aspetto sottovalutato nel testo normativo è che la fase di attivazione di un di- battito pubblico è limitata alla progettazione preliminare dell’intervento, fase in cui l’amministrazione ha ancora possibilità di scelta per soluzioni diverse, ma sarebbe stato op- portuno fornire anche l’opportunità di discussione in momenti successivi, purché nella possi- bilità ancora di effettuare una scelta tra più opzioni.