Le lingue creole anglofone sono contact languages tra l’inglese e le varie lingue africane, essendo l’inglese anche la fonte principale del loro lessico, ossia la lingua lexifier. La situazione linguistica, però non è una semplice diaglossia tra l’inglese da una parte e il creolo dall’altra, ma rappresenta una grande variabilità e continuità tra i due estremi di un continuum. Questo soprattutto nella lingua orale, mentre nella scrittura l’uso del creolo è ancora molto limitato.167 Ciononostante, il creolo viene sempre più usato anche nella forma scritta, sia nella comunicazione digitale sia nei testi letterari, e ciò è dovuto probabilmente ad una crescita di prestigio delle lingue creole anglofone e al ruolo che esse hanno tra le varietà dell’inglese.168 La diffusione globale dell’inglese, in effetti, ha dato origine a molte
165 Maureen Warner-Lewis, ‘Language Use in West Indian Literature’. 166 Ivi, 27.
167 Christian Mair, ‘Creolisms in an Emerging Standard: Written English in Jamaica’, English World-Wide 23, no. 1 (2002): 31–58.
47
varietà locali e invece di una situazione internazionale monolingua, si ha una nuova diversità linguistica a livello globale.169 Molti sono gli studi sui World Englishes a partire dagli anni Ottanta come ad esempio le serie di volumi Varieties of English Around the World dell’editore John Benjamins oppure Varieties Around the World della Cambridge.170 Questi vernacoli dell’inglese comprendono tante forme ibride che spesso sono varietà sociali, regionali o stilistiche e sono state definite New Englishes, Postcolonial Englishes, o semplicemente World Englishes.171 David Crystal si riferisce a dei New Englishes che dovrebbero includere tutte le varietà eccetto quelle nazionali dei paesi anglofoni tradizionali.172 Edgar Schneider invece preferisce il termine Postcolonial Englishes che rimanda al conteso specifico della loro evoluzione: “the varieties under discussion are products of a specific evolutionary process tied directly to their colonial and postcolonial history”.173
La nozione di inglese standard è molto generica e sovente definita come Standard British
English, ovvero la forma promossa dall’istruzione scolastica, dall’inglese accademico e
dall’inglese scritto.174 Nuove tendenze nella linguistica e nella sociolinguistica hanno evidenziato però la dinamicità e la mobilità delle lingue e delle culture, e come in contesti multilinguistici anche il concetto di inglese standard deve essere singolarmente definito.175 Nella linguistica applicata e nell’insegnamento dell’inglese lo Standard British English non è più la forma implicita. Nel manuale Practical Phonetics and Phonology, per esempio, Beverley Collins e Inger Mees parlano di non-regional pronunciation, senza ricorrere a sigle come standard English o Received Pronunciation.176 Inoltre, altri recenti manuali di grammatica inglese si basano su grandi corpora che selezionano e rappresentano l’uso della lingua in registri diversi, scritti e orali.177 Un’ulteriore dimostrazione del riconoscimento della diversità linguistica è anche il progetto dell’International Corpus of English che
169 Elena Seoane, ‘World Englishes Today’, in World Englishes: New Theoretical and Methodological
Considerations, ed. by Elena Seoane and Cristina Suárez-Gómez (Amsterdam/Philadelphia: John Benjamins,
2016), 1–17.
170 Per una breve sintesi di questo filone di ricerca si veda l’introduzione in Schneider, Postcolonial English. 171 Seoane, ‘World Englishes Today’.
172 David Crystal, English as a Global Language (Cambridge/ New York: Cambridge University Press, 2004). 173 Schneider, Postcolonial English, 3.
174 Peter Trudgill and Jean Hannah, International English: A Guide to Varieties of Standard English (Abington: Routledge, 2008).
175 Si veda Alistair Pennycook, Global Englishes and Transcultural Flows (London: Routledge, 2007); Jan Blommaert, The Sociolinguistics of Globalization (Cambridge: Cambridge University Press, 2010).
176 Beverley Collins and Inger M. Mees, Practical Phonetics and Phonology: A Resource Book for Students (Abington: Routledge, 2013).
177 Come per esempio Douglas Biber, Susan Conrad, and Geoffrey Leech, Longman Student Grammar of
Spoken and Written English (Harlow: Longman, 2007) che rappresentano la variazione linguistica includendo
48
comprende oramai più di venti corpora per varietà dell’inglese diverse, incluso il Jamaican
English o Trinidad and Tobago English. Questi corpora possono essere utilizzati per
molteplici studi, tra l’altro anche relativi alla standardizzazione o alla pianificazione linguistica.
Gli studiosi delle diverse varietà dell’inglese si sono occupati anche della loro classificazione e dell’uso dell’inglese nei diversi stati o territori in tutto il mondo. Il modello probabilmente più conosciuto è quello di Braj Kachru sviluppato a partire dal 1982 dei tre cerchi concentrici di cui il primo riguarda i paesi tradizionalmente anglofoni, il secondo i paesi dove l’inglese ha una storia culturale e politica legata al periodo coloniale, e l’ultimo cerchio comprende tutte le nazioni dove l’inglese è usato come la lingua franca. La posizione delle lingue creole in questa struttura non è chiaramente definito, poiché il modello per esempio prende in considerazione il Caribbean English, ma non le singole lingue creole. Il successivo Dynamic Model di Edgar Schneider, invece, si occupa delle lingue che emergono in situazioni di contatto linguistico, soprattutto nel contesto postcoloniale.178 Egli sottolinea come queste lingue si evolvono attraverso cinque stadi o fasi di sviluppo determinati da diversi fattori storici, sociali e culturali. Anche in questo modello si presume però una omogeneità delle varietà in via di sviluppo che sono spesso associate ad una precisa nazione e infatti Alistair Pennycook critica fortemente questa visione del “standard framework of World English”179 che si basa sul concetto di una nazione = una lingua escludendo così le lingue creole. Pennycook include le lingue creole tra i Global Englishes stabilendo l’opposizione globale/locale invece di standard/non-standard e afferma che lo studio delle lingue creole e la loro dinamicità stimola a modificare la ricerca sulle lingue in generale, poiché “the dynamism of creoles, therefore, throws out a challenge to all study of languages as objects”.180 Questa visione è condivisa anche per esempio da Suresh Canagarajah che promuove una nuova conoscenza della lingua nel suo contesto e nella sua provenienza locale, tralasciando una concezione di lingua centralizzata e legata alla nazione.181
Il potere e l’influenza delle varietà dell’inglese considerate non-standard è forse meglio espresso dal modello di Christian Mair sull’esempio del sistema linguistico globale del sociologo Abram de Swaan. Swaan distingue quattro livelli di lingue, dove il primo è occupato dall’inglese (hyper-central level), il secondo dalle lingue standard mondiali come
178 Per entrambi i modelli si veda Schneider, Postcolonial English. 179 Pennycook, Global Englishes and Transcultural Flows, 22. 180 Ibidem.
181 Suresh Canagarajah, Reclaiming the Local in Language Policy and Planning (Mahwah: Lawrence Erlbaum, 2005).
49
il cinese, l’arabo, lo spagnolo, il francese, il russo, il tedesco, il portoghese e altri (super-
central level), il terzo comprende le lingue riconosciute ufficialmente a livello nazionale
(central level) e l’ultimo comprende tutte le altre varietà (peripheral level).182 Mair adatta questo sistema per le varietà dell’inglese e posiziona al livello più alto lo Standard American
English e subito al secondo livello distingue tra le lingue standard e le lingue non-standard;
tra le prime posiziona il British English, Austalian English e Indian English, mentre tra le seconde inserisce l’African American Vernacular English (AAVE), il Jamaican Creole e il
London English.183 Queste varietà non codificate e tradizionalmente tralasciate ai margini degli studi sociolinguistici, sono qui riconosciute come lingue transnazionali con un forte impatto e influenza sulle altre varietà dell’inglese.
Paradossalmente dunque la globalizzazione da una parte promuove una cultura globale e usi linguistici dominanti, dall’altra parte rafforza dinamiche opposte e produce tanti centri locali e varietà linguistiche locali che si appropriano della lingua inglese in maniera specifica. Infatti, Crystal riconosce che “the emergence of English as a truly global language has, if anything, had the reverse effect – stimulating a stronger response in support of a local language than might otherwise been the case”.184 Quest’ultima visione fa parte della critica dell’ideologia dello standard e della ricerca di nuove definizioni per spiegare la diffusione globale dell’inglese tenendo conto delle diversità. Pennycook infatti ricorre al concetto di
transculturality per descrivere la realtà linguistica e culturale complessa dove le varietà
linguistiche non sono più nettamente distinguibili. Ben Rampton, invece dubita del continuo dominio dell’inglese standard sostituito da pratiche plurilinguistiche, da mixing insieme di diverse varietà, registri e stili, e di language crossing che lui riassume con il termine
translanguaging.185 Questo fenomeno concerne il passaggio da una lingua a un’altra conosciuta come code-switching che caratterizza sempre di più anche il comportamento linguistico dei parlanti delle grandi città. Nell’analisi dei testi si vedrà infatti come parlanti non nativi del creolo usano questa varietà come un simbolo di un’identità black British.
Oltre ad adottare nuovi termini sempre più innovativi, si può concludere che nella linguistica è in corso un ripensamento delle lingue e delle varietà rivedendo concetti tradizionali come per esempio l’inglese standard e si può parlare di una tendenza in
182 Abram De Swaan, Words of the World: The Global Language System (Cambridge: Polity Press, 2001). 183 Christian Mair, ‘World Englishes in the Age of Globalisation’, in World Englishes: New Theoretical and
Methodological Considerations, ed. by Elena Seoane and Cristina Suárez-Gómez (Amsterdam/Philadelphia:
John Benjamins, 2016), 17–37.
184 Crystal, English as a Global Language, 21.
185 Ben Rampton, ‘Post-Panoptic Standard Language?’, Working Papers in Urban Language and Literacies 162 (2015).
50
sociolinguistica di ‘go critical’ anche grazie allo contributo della CDA.186 Pertanto anche in questo lavoro sulla scrittura e sull’uso delle lingue creole nella letteratura non si potrà fare a meno di fare riferimento proprio a queste nuove prospettive della linguistica.