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2.1 Le lingue creole

2.2.1 Le lingue creole anglofone dei Caraibi

Si è visto che la classificazione delle lingue creole è tutt’ora oggetto di dibattito, poiché questa categoria include lingue molto diverse tra di loro sia in base alla struttura e alla tipologia linguistica, sia in base ai componenti genetici e infatti “these labels [Pidgins and Creoles] cover languages which are structurally, genetically and typologically quite diverse”.148 Inoltre, sono lingue parlate in aree geografiche molto diverse a partire dai Caraibi, all’Africa fino all’Oceano Pacifico e infatti la presente ricerca si occupa solo di lingue creole caraibiche che si differenziano in base alla lingua lexifier ossia quella

147 DeGraff, ‘Linguists’ Most Dangerous Myth’. 148 Mühleisen, Creole Discourse, 34.

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dominante europea dalla quale proviene l’influenza maggiore sul lessico del creolo.149 Di conseguenza si distinguono:

a) le lingue creole basate sullo spagnolo (soprattutto nei paesi del Centro America); b) le lingue anglofone basate sull’inglese;

c) le lingue francofone basate sul francese (per esempio parlate in Haiti, in Guaiana e in Martinique);

d) le lingue basate sull’olandese fra le quali il molto studiato Sranan in Suriname. Nello specifico la ricerca si occupa del creolo giamaicano (Jamaican Creole) e di una sua variante usata in Gran Bretagna (British Creole) e entrambe fanno parte delle English-

lexicon Caribbean Creoles. Tale termine generico comprende le lingue creole caraibiche

derivate dal contatto dell’inglese (e dai diversi dialetti delle diverse zone della Gran Bretagna) con varie lingue africane e comprende le lingue creole parlate per esempio nelle Barbados, in Repubblica Domenicana, in Giamaica, in Guayana e in Trinidad e Tobago.150 In tutti questi paesi l’inglese è l’unica lingua ufficiale usata nella sfera pubblica, mentre le diverse varietà creole sono le lingue quotidiane della maggior parte della popolazione e della sfera privata con un uso sempre maggiore anche nei media e nei contesti pubblici.151

L’odierno prestigio della lingua inglese è il risultato dei trecento anni di colonialismo che non fu soltanto una dominazione politica e una conquista fisica dei territori, ma un’occupazione culturale che ha imposto la lingua e la cultura inglese. Le colonie caraibiche inglesi erano piantagioni basate sulla schiavitù e spesso, come nel caso della Giamaica, il sistema economico dipendeva del tutto dallo sfruttamento intensivo della forza lavoro degli schiavi, e quindi dall’arrivo di sempre più persone deportate dall’Africa. Ciò ha creato anche una situazione sociale e demografica particolare, sproporzionata tra gli abitanti bianchi e gli

149 La maggior parte delle parole di una specifica lingua creola deriva dalla sua lingua lexifier che agisce anche sulle strutture grammaticali. Mark Sebba, ‘Phonology Meets Ideology: The Meaning of Orthographic Practices in British Creole’, Language Problems and Language Planning 22, no. 1 (1998): 19–47.

150 L’inglese è la lingua ufficiale nei seguenti territori caraibici: Anguilla, Antigua e Barbuda, isole Bahamas, isole Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Guyana, Montserrat, Trinidad e Tobago e isole minori. In alcuni di questi paesi l’inglese coesiste con altre lingue europee come lo spagnolo in Trinidad e Tobago e in Belize, il francese in Dominica e alcune lingue creole basate sull’olandese in Guyana. La situazione è ancora più complessa, poiché i parlanti usano diverse lingue creole basate su differenti lingue europee e, in minor misura, anche alcune lingue indigene. Si veda Tom McArthur, The Oxford Guide to World English (Oxford: Oxford University Press, 2003).

151 Si veda anche Hubert Devonish, ‘Language Advocacy and “Conquest” Diaglossia in the Anglophone Caribbean’, in The Politics of English as a World Language, ed. by Christian Mair (New York: Rodopi, 2003); Kathrine Shields-Brodber, ‘Requiem for English in an “English-Speaking” Community’, in Englishes Around

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schiavi neri.152 Queste persone venivano strappate non solo dalla loro terra, ma anche dalla loro lingua e dalla loro cultura, una totale spoliazione e debilitazione rappresentata dall’immagine del naked migrant di Edouard Glissant.153

In questa situazione storica e sociale delle piantagioni gli schiavi africani adottarono una versione molto semplificata della lingua europea, detta pidgin che una volta acquisita come la lingua madre della nuova generazione, diventa una lingua creola e questo processo si definisce come creolizzazione.154 Il contesto storico-sociale è rilevante, poiché evidenzia la posizione di totale marginalizzazione e di inferiorità dei parlanti delle varietà creole e come queste condizioni sociali e i pregiudizi verso i parlanti vengono associati anche alle lingue stesse. Infatti, durante tutto il periodo coloniale le lingue creole (allora non riconosciute come tali) erano considerate come varianti corrotte “bad” o “broken” dell’inglese.

Le lingue e la cultura creola erano mantenute e trasmesse verbalmente, attraverso le canzoni e le narrative popolari, gli indovinelli e le filastrocche.155 Gli schiavi africani in effetti provenivano da culture orali e non sapevano né leggere e né scrivere. Prima dell’abolizione della schiavitù nel 1834 non avevano quasi nessuna possibilità d’istruzione, eccetto alcune scuole gestite dai missionari che offrivano loro un’educazione religiosa. Dopo il 1860 in Giamaica fu istituito il sistema scolastico nazionale e la scuola elementare prevedeva l’insegnamento della lettura, della scrittura e dell’aritmetica per preparare i bambini al lavoro nelle grandi proprietà.156 Quindi le lingue creole caraibiche, almeno all’origine, sono lingue puramente orali e usate da parlanti che, eccetto in alcuni casi, non avevano nessuna o poca conoscenza della scrittura.

Il discorso iniziale sull’oralità e sul passaggio alla scrittura, pertanto, è centrale nello studio delle lingue e delle culture creole. Probabilmente l’oralità – inclusa la musicalità, il ritmo e la performance, ma anche il proliferare di registri, stili e varietà del creole continuum – è l’elemento che ha distinto maggiormente l’arte caraibica durante il periodo britannico e le ha permesso di emergere soprattutto nella seconda metà del ventesimo secolo differenziandosi in un contesto di globalizzazione culturale dominato dall’uso dell’inglese. Non a caso, forse, la musica caraibica, nelle sue varie forme dal calypso al reggae fino alla

152 In Giamaica (colonia britannica dal 1655) nell’anno 1746 gli europei erano 10 000, mentre il numero degli schiavi saliva a 112 000. Nel 1834, anno dell’abolizione della schiavitù nell’impero Britannico, gli schiavi in Giamaica rappresentavo il 93% degli abitanti (450 000 persone). Holm, An Introduction to Pidgins and

Creoles, 93.

153 Édouard Glissant, Caribbean Discourse: Selected Essays (Virginia: University Press of Virginia, 1989). 154 Holm, An Introduction to Pidgins and Creoles.

155 Christian Habekost, Verbal Riddim: The Politics and Aesthetics of African-Caribbean Dub Poetry (Amsterdam: Rodopi, 1993).

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musica dub (e anche la poesia dub) sono forme specificamente caraibiche che si sono diffuse in tutto il mondo, da una parte presentando la cultura e la lingua caraibica (si fa riferimento in questo caso ai territori anglofoni), dall’altra parte esprimendo un’identità black globale.157

L’impatto della musica (innanzitutto il reggae e il movimento rasta ad esso associato) per le popolazioni nelle varie isole dei Caraibi, ma anche nelle comunità diasporiche, era di cruciale importanza nel rafforzare una identità black caraibica e provocava un aumento della consapevolezza politica e sociale. La musica e le forme artistiche legate ad essa come la

performance poetry o la poesia dub avevano il vantaggio di arrivare ad un pubblico molto

vasto e differenziato, coinvolgendo anche strati sociali marginalizzati e al di fuori dal sistema culturale dominante basato su testi scritti e sull’inglese standard.

La letteratura caraibica, invece, ha inizialmente esitato nel distinguersi dal resto della letteratura anglofona subendo l’influenza delle istituzioni coloniali e dell’istruzione britannica. Gli autori del periodo coloniale erano quasi tutti d’origine europea e scrivevano in lingua inglese, anche se la letteratura dell’epoca prima dell’abolizione della schiavitù è in realtà più varia di soli racconti di viaggio o storie di avventura.158 Ancora nella prima metà del XX secolo i singoli scrittori non si identificavano con un’identità caraibica; scrivevano in un contesto locale e solo negli anni Cinquanta e Sessanta si afferma una letteratura distinta e anti-imperialista tanto da poter parlare di un canone letterario caraibico.159

Tuttavia, lo sviluppo della letteratura caraibica è complesso sotto più punti di vista, poiché:

a) molti degli autori sono immigrati o hanno scelto di vivere fuori dai territori d’origine; b) lo studio della letteratura caraibica e la formazione del canone avveniva

nell’Occidente;

c) la questione della lingua e della scelta del codice solleva controversie ideologiche e d’identità.

157 Sull’importanza della musica nella cultura black si veda Paul Gilroy, The Black Atlantic: Modernity and

Double Consciousness (1993); Samuel A. Floyd, The Power of Black Music: Interpreting Its History from Africa to the United States (1996); Guthrie P. Ramsey, Race Music: Black Cultures from Bebop to Hip-Hop

(2003).

158 Un’antologia interessante che include sia testi scritti da autrici donne sia narrative orali degli schiavi messe per iscritto da autori bianchi è Thomas W. Krise, Caribbeana: An Anthology of English Literature of the West

Indies, 1657-1777 (1999); Karina Williamson, Contrary Voices: Representations of West Indian Slavery, 1657- 1834 (2008); Tim Watson, Caribbean Culture and British Fiction in the Atlantic World, 1780-1870 (2008);

Jean D’Costa and Barbara Lalla, Voices in Exile: Jamaican Texts of the 18th and 19th Centuries (1989). 159 Alison Donnell and Sarah Lawson Welsh, eds., The Routledge Reader in Caribbean Literature (London/New York: Routledge, 1996).

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Questi aspetti sono centrali anche in relazione ai testi analizzati dalla presente ricerca i cui autori sono di nazionalità britannica, ma d’origine caraibica e usano nelle loro opere la lingua creola.

La letteratura caraibica anglofona sconfina dal Mar dei Caraibi e include i testi prodotti nelle comunità caraibiche sparse nel mondo. David Dabydeen nel saggio On Not Being

Milton: Nigger Talk in England Today (1989) parla del Regno Unito come una delle più

grandi isole caraibiche: “England today is the third largest West Indian island – there are over half-a-milion of us here, fewer only than Jamaica and Trinidad”160 e si può parlare anche di un esodo di talenti per l’alto numero di immigrati autori e intellettuali d’origine caraibica.161 E proprio a Londra – il centro dell’impero coloniale – tanti autori, tra cui George Lamming, Samuel Selvon, V. S. Naipaul e Derek Walcott hanno ottenuto il loro primo riconoscimento, promossi dall’editoria inglese nel contesto di cambiamenti socio-culturali degli anni Cinquanta e Sessanta. Il Routledge Reader in Caribbean Literature sottolinea l’attualità di questioni relative alla cultura creola e indigena tra cui il movimento Black

Power e una maggiore coscienza delle proprie radici, e afferma come “new agendas of

indigeneity and creolization”162 contribuiscono al successo di alcuni autori d’origine caraibica. Tuttavia, la determinazione del canone da parte dell’editoria e delle politiche culturali occidentali produce anche una predilezione per un certo standard di autore (uomini di colore provenienti principalmente dalle isole maggiori come la Giamaica e il Trinidad) limitando la grande varietà della letteratura caraibica nelle sue forme più locali.

Non a caso, dunque, la tematica centrale in tutte le opere degli autori immigrati è quella dell’identità che si collega direttamente alla questione della lingua. Barbara Lalla descrive il rapporto tra lingua, ideologia e identità e afferma l’importanza della lingua per autori caraibici in quanto la scelta del codice è un componente centrale del testo: “code choice as a crucial component to setting”.163 Inizialmente la lingua creola veniva utilizzata per creare verosimiglianza nel caso di personaggi illetterati e appartenenti alle classi sociali più basse e si faceva fatica ad includerla nella letteratura.164 Claude McKay, autore giamaicano di

160 Citato in Donnell and Welsh, 413.

161 Albert James Arnold, ed., A History of Literature in the Caribbean: English- and Dutch-Speaking Countries (Amsterdam: John Benjamins, 2001), 10.

162 Donnell and Welsh, 6.

163 Barbara Lalla, ‘Creole Representation in Literary Discourse. Issues of Linguistics and Discourse Analysis’, in Exploring the Boundaries of Caribbean Creole Languages, ed. by Hazel Simmons-McDonald and Ian Robertson (Kingston: University of the West Indies Press, 2006), 174.

164 Maureen Warner-Lewis, ‘Language Use in West Indian Literature’, in A History of Literature in the

Caribbean: English- and Dutch-Speaking Countries, ed. by Albert James Arnold (Amsterdam/Philadelphia:

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colore, fu il primo a usare la lingua creola nella sua raccolta di poesie Songs of Jamaica (1912) e anche se fino agli anni Sessanta l’uso del creolo era spesso minimo e veniva mascherato tra l’inglese standard e gli altri dialetti inglesi, più autori sperimentavano con le varietà locali.

Molti drammaturghi infatti usavano il creolo sia per indicare la varietà creola specifica sia per la qualità della voce dei personaggi; per esempio già negli anni Venti lo scrittore Eric Walrond del Guyana e altri autori teatrali degli anni Cinquanta e Sessanta come Errol John e Freddie Kissoon e Eric Roach. Da ricordare è anche il romanzo di Vic Reid New Day (1949) scritto in creolo.165

Altri autori canonici a usare il creolo nei loro testi sono sicuramente Samuel Selvon, Kamau Brathwaite, e i due premi Nobel V. S. Naipaul e il poeta Derek Walcott che ha ammesso di aver avuto difficoltà nell’usare il creolo: “what I wrote had nothing to do with what I saw. While I honoured and loved them in my mind, I could not bring myself to write down the names of villages, of fruits, the way people spoke, because it seemed too raw”.166 Inoltre, tanti altri autori caraibici, anche se hanno lasciato le loro isole d’origine, scrivono usando la lingua creola, come Lillian Allen, Erna Brodber, Merle Collins, Lorna Goodison, Linton Kwesi Johnson, Jamaica Kincaid e Olive Senior.