LE OPERE E L’EVOLUZIONE DELLO STILE
II.1. LE PRIME ESPERIENZE GIORNALISTICHE PER “L’ASTROLABIO”
Terzani muove i primi passi nel giornalismo giovanissimo, mentre ancora lavorava presso l’Olivetti; per conto dell’azienda, nell’settembre 1966, ha l’occasione di recarsi negli stabilimenti di Johannesburg in Sudafrica dove viene a contatto con la politica repressiva dell’apartheid. Viaggia in Botswana e Nigeria, prendendo appunti e fotografando un’umanità umiliata e privata dei diritti fondamentali, per ricavarne, una volta rientrato in Italia, una serie di articoli, i primi della sua feconda produzione. Gli articoli vengono pubblicati su “Astrolabio”, un settimanale della sinistra indipendente, all’epoca diretto da Ferruccio Parri e ricevono fin da subito una buona accoglienza, al punto tale che la rivista invita Terzani a proseguire la sua attività da neo-giornalista a tempo perso, dando al giovane la possibilità di sperare in un impiego diverso da quello impiegatizio dell’Olivetti.
Il primo testo che prenderò in analisi è anche il primo articolo di Terzani pubblicato in “L’Astrolabio” il 25 dicembre 1966 con il titolo Natale negro1
; l’evento alla base del pezzo è la morte di Verwoerd, primo ministro del Sud Africa e grande fautore delle politica segregazionista dell’apartheid.
La trasposizione di appunti personali e note in un vero e proprio articolo giornalistico non è stata un’impresa facile per il giovane impiegato, come egli stesso testimonia anni dopo in La fine è
il mio inizio2: incontra difficoltà espressive e di organizzazione del materiale e la scarsa dimestichezza dell’arte dello scrivere rende la stesura impacciata e difficoltosa. Una prima risoluzione in merito a queste difficoltà consiste nel dividere l’articolo, di circa cinque cartelle, in più brevi sotto-paragrafi, facenti riferimento a specifici episodi o fenomeni osservati.
Appare chiaramente come questa impostazione testuale risponda da un lato alla volontà di essere assolutamente fedele al dato osservato, di non voler tralasciare nulla e di mettere in pagina tutto ciò che si è visto, senza fare una cesura del materiale raccolto e dall’altro all’oggettiva difficoltà nel riuscire a trasformare una forma di testo occasionale e parziale, come gli appunti e le impressioni di viaggio, in un sistema organico di più ampio respiro e organizzato logicamente.
La precedenza assoluta viene data al referente reale, come si può osservare nel meticoloso riportare dati e informazioni, al punto tale da mettere a rischio la godibilità e lo stile dell’articolo stesso. Benché infatti fluisca con semplicità, non si può non fare caso al dettato duro e spezzato, alla
1T. TERZANI, Rapporto dal Sudafrica 1: Natale negro, “L’Astrolabio”, 25 dicembre 1966, pp. 22-27, ora
in ID, Tutte le opere, a cura di Àlen Loreti, vol. I.
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presenza di intricate locuzioni nominali, e non sentire una sorta di pesantezza nell’accumulo di brevi e secche frasi, tutte finalizzate a fornire dati o a specificarli.
Ogni legame tra i vari gruppi razziali è tagliato. Una legge proibisce i matrimoni fra appartenenti a razze diverse. Una legge sull’immoralità condanna con pene detentive i rapporti sessuali fra appartenenti a razze diverse. Una legge riserva e fissa per ogni razza le varie possibilità di lavoro. È impedito ai negri qualsiasi lavoro qualificato.3
Il rischio di creare un pezzo che cade nella ripetitività contenutistica e che risulti pesante alla lettura è sempre dietro l’angolo, tuttavia non si realizza mai concretamente e queste ombre non proiettano mai nulla di più che un riverbero sul brano.
In questo primo lavoro Terzani persegue l’oggettiva descrizione con occhio impersonale e tende a proporre analisi delle condizioni sociali ed economiche senza esprimere il proprio personale pensiero, ma già da subito la sua forte personalità permea i testi e non risulta difficile percepire il pensiero dell’autore tra l’oggettività delle righe. Un tono polemico, una pungente ironia sono spesso messi in risalto dalla nuda oggettività del discorso, così che è proprio uno dei principi cardine del giornalismo ad aprire la porta al forte soggettivismo del nostro, che in breve tempo imperverserà in ogni produzione, avendo la meglio su ogni giornalistica pretesa di neutralità.
La struttura logica sottostante all’articolo è complessa e articolata e benché il testo sia interessante e godibile, quella adottata non sembra essere la forma migliore per disporre le argomentazioni in modo chiaro; ritengo che sia ancora una volta la volontà di restituzione di tutto il materiale raccolto e la necessità di informare a pregiudicare la naturalezza della narrazione. L’articolo si apre infatti con un’oscura citazione prolettica del capo della Chiesa Ortodossa durante l’orazione funebre per Verwoerd, spiega poi l’operato del personaggio in questione, la sua morte e risale poi nella storia fino alle origini delle tratte schiaviste del Settecento. Dopo questa grande apertura e questa attenzione a una dimensione macroscopica ed esterna rispetto al dato attuale, il discorso va nuovamente all’instaurazione dell’apartheid, di cui sono descritti i risvolti ideologici e pratici riscontrabili globalmente in Sudafrica. Tali accezioni sono poi ripetute una seconda o terza volta dall’analisi della situazione specifica del centro abitato di Soweto. Vi è un passaggio continuo tra il macrocosmo dell’ampia regione africana e il microcosmo delle realtà particolari osservate di persona. Con l’avvicendarsi dei paragrafi muta, senza alcun preavviso, il referente del reale, che passa dalle vicende storiche del Settecento alla vita degli africani che lavorano nelle miniere.
Il discorso sembra ristagnare in questi passaggi dal grande al piccolo, dal presente al passato, durante i quali i concetti sono espressi più volte sempre uguali a se stessi, benché rapportati
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T.TERZANI, Natale negro, in ID., Tutte le opere, a cura di Àlen Loreto, vol. I, Milano, I Meridiani, 2011, p.7.
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ai diversi aspetti del fenomeno; il discorso sembra non giungere a conclusione, quando, forte di tutte le nozioni espresse, Terzani sembra sentirsi pronto a trarre delle osservazioni e a esprimere dei giudizi; i limiti umani, sociali ed economici del sistema politico imposto dagli europei in Sudafrica vengono analizzati in modo efficace ed intelligente, sostenendo che il limite allo sviluppo economico risiede nell’annichilimento umano degli africani, ai quali è preclusa ogni tipo di istruzione o di professione qualificata, di cui vi è però una gran richiesta sul mercato africano.
Da sottolineare è l’opinione espressa in merito alla necessità di sviluppo, inteso in senso occidentale, del continente africano, in netto contrasto con le idee che l’autore andrà sviluppando già a qualche mese di distanza, quando avrà occasione di viaggiare in Thailandia e negli Stati Uniti: per quanto appaia chiaramente colpito dal violento controllo della minoranza bianca in Sudafrica, quello che traspare dalle sue parole è più simile alla pietà verso i Bantù piuttosto che al rispetto per le loro tradizioni e la loro autonoma impostazione sociale e culturale, andata distrutta con i colonizzatori
La tradizionale classe dirigente negra, quella di origine tribale che il governo tenta di sostenere (esempio tipico la regione negra semiautonoma del Transkei governata da un’assemblea dei capi tribù), può essere sostituita soltanto da una generazione nuova cresciuta nell’educazione e nel lavoro.4
Quello che si auspica è sì la libertà e l’indipendenza delle popolazioni locali, ma intesa nel senso occidentale di sviluppo economico e di standardizzazione delle cultura: abbiamo visto nelle pagine precedenti come, negli anni a venire, Terzani indicherà questi concetti come causa primaria della distruzione della diversità culturale e spirituale del mondo.
La collaborazione con “L’Astrolabio” va dal 1966 al 1970 per un totale di sette articoli che esplorano aree comprese tra Africa, Asia e Stati Uniti; col crescere della produzione le difficoltà espressive riscontrate nel primo pezzo vengono in breve tempo superate, al punto tale che Vittorio Emiliani, vice caposervizio al “Il Giorno” durante il periodo di praticantato di Terzani, ricorda come i pezzi del giovane si presentassero già simili a quelli di un giornalista esperto, ed erano tenuti in gran conto5; se consideriamo che Terzani svolse i due anni di avviamento alla professione giornalistica tra il 1968 il 1970 appare chiaro come in brevissimo tempo egli sia stato in grado di affinare la sua arte e di portarla a un livello superiore.
Scorrendo gli articoli, il miglioramento stilistico è evidente, la lettura risulta fluida, il filo logico si segue senza difficoltà e, benché la divisione in sotto paragrafi rimanga una costante in questa prima produzione, essi hanno sempre meno valore programmatico, non spezzano più il testo
4Ivi. P. 11. 5
Cfr. Scrittori e giornalismo. Sondaggi sul Novecento letterario italiano. Nuova edizione, a cura di M. DONDERO, Macerata, EUM, 2009, pp. 127-129.
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in piccoli brani su temi che sono sì inerenti all’argomento centrale, ma che non sembrano mai essere collegati con logica naturalezza uno all’altro. Diventano poco più che indicazioni, al punto tale che leggendo gli articoli la mente non vi ci sofferma nemmeno, essendo presa e guidata dalla struttura e dai contenuti della scrittura. Oltre ai titoli interni sembra rimare una costante l’apertura prolettica del discorso, la quale però si fa sempre meno oscura e non porta più a lunghe digressioni storiche.
Anche lo stile e il lessico si smarcano dalla rigida neutralità e si apre la ricerca verso una scrittura elegante ed equilibrata; il primo modello a cui Terzani si rivolge per ottenere questo risultato è naturalmente quello della letteratura classica, a cui si sente vicino grazie agli studi da poco terminati. I periodi si fanno più equilibrati, cessano di essere brevi e secchi, aumentano le subordinate e diminuiscono le ripetizioni. Il discorso è un flusso elegante e pulito in cui spiccano alcuni termini particolarmente classicheggianti o, al contrario, estrosi ed originali, che dislocati nei punti di volta del testo hanno un altissimo potere comunicativo. Anche la tensione verso forme di scrittura più letteraria si fa sentire e iniziano a comparire i primi termini marcatamente toscani, i diminutivi, e qualche figura retorica (leggendo l’articolo Alle spalle del Mekong pubblicato su “L’Astrolabio” il 9 aprile 1967 si incappa in una “città caotica arruffata sgangherata”, in vari militari americani che, al pari dei legionari romani, sono carichi di “impedimenta”, si assiste a “fervore di opere” alla costruzione di grattacieli che “bordano strade” e di “selve” di antenne televisive, mentre “casermette” sorgono ovunque nel “make-up di guerra”).6
Parallelamente alla sicurezza nella scrittura sembra aumentare anche la fede che Terzani ripone nelle proprie idee; i giudizi sui fatti diventano espliciti e duri, non sono più mascherati dall’oggettività e diventano un elemento centrale in ogni articolo. Si scaglia duramente contro la politica estera americana in Vietnam e contro la politica degli aiuti economici alla Thailandia. Parteggia apertamente con la grande massa di manifestanti a Washington contro la guerra in Vietnam e critica i mass media americani che hanno diffuso notizie false e tendenziose sull’accaduto. È ipercritico sulle missioni spaziali e sullo sviluppo missilistico e arriva a sviluppare un’indole apertamente polemica con il sistema di valori messi in campo dall’occidente
Nel silenzio della luna sta ora una targa ricordo fatta di belle ed inutili parole firmate da Nixon. I.F. Stone ne suggeriva una diversa: “qui Uomini misero per la prima volta piede in cammino verso le stelle lontane. Essi parlano di pace, ma dovunque vanno portano guerra. I razzi sui quali arrivano son fatti per portare morte istantanea […]. La loro ingegnosità distruttiva non conosce limiti e la loro malefica influenza non conosce freni. Che il resto dell’universo stia in guardia”.7
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Cfr. T.TERZANI, Alle spalle del Mekong, in ID., Tutte le opere, cit., vol. I, pp.17-21.
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In breve risultano chiari quali siano i suoi valori di riferimento, che vengono elogiati e nominati anche al di fuori dell’espressione di un giudizio sui fatti descritti e assumono importanze come ideologie in sé: in seguito a un soggiorno a Sidney dichiara apertamente il suo appoggio alla politica comunista prendendo Guevara come modello di riferimento, si dichiara convinto pacifista e contrario alla politica americana di sviluppo economico, bellicismo e colonizzazione economica.
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