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1.3 Oltre il linguaggio p

2.1.1 Le varietà di trasferimento linguistico p

I metodi di trasferimento e di adattamento linguistico in cui si esplicita la traduzione audiovisiva sono numerosi. A seconda del trattamento a cui sono sottoposti i dialoghi originali e di come la versione tradotta è presentata al pubblico, ci sono diverse forme di trasferimento linguistico. Ciò che viene tradotto è il parlato filmico orale, un linguaggio che presenta delle caratteristiche peculiari in quanto si tratta di un parlato adattato, prefabbricato, pianificato con l’intento di sembrare autentico, che accetta solo parzialmente variabili locali e toni colloquiali, ed è dotato di un sistema di codici e registi, utili al traduttore audiovisivo (Perego, 2013, p. 10). Secondo Yves Gambier, nella sua classificazione del 2013, le tipologie traduttive attraverso cui avviene il language transfer nei prodotti audiovisivi sono tredici, di cui otto modalità principali (o dominant types): la sottotitolazione interlinguistica, il doppiaggio, l’interpretazione consecutiva, l’interpretazione simultanea, il voice-over, il commento libero, la traduzione simultanea, la produzione multilingue; e cinque modalità definite dallo studioso stesso come challenging, viste le maggiori difficoltà di tipo linguistico e culturale che presentano: la traduzione degli script, la sottotitolazione simultanea o in tempo reale, la sopratitolazione, la descrizione audiovisiva, la sottotitolazione intralinguistica per sordi (Petillo, 2012, p. 19). Per il momento tralasceremo l’analisi della sottotitolazione per occuparcene più approfonditamente in un secondo tempo, concentrandoci invece su alcune delle altre categorie di trasferimento. Il doppiaggio (dubbing o lip-synchronisation) costituisce, insieme alla sottotitolazione, una delle modalità più diffuse di trasferimento audiovisivo. Qui la traduzione dei dialoghi filmici è totale ed avviene sempre attraverso il canale orale, ovvero eliminando il parlato originale per introdurvi quello della lingua d’arrivo. Il doppiaggio rappresenta un caso a sé stante all’interno del mondo della traduzione audiovisiva, dal momento che lo scopo primario sembra proprio quello di negare la natura “tradotta” del testo filmico,

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facendo credere che la recitazione dell’attore avvenga direttamente nella lingua ricevente (Petillo, 2012, p. 53). Il sistema del doppiaggio dunque, richiede grande precisione nella sincronizzazione, ovvero una scrupolosa attenzione nell’adattare i nuovi dialoghi in modo che il testo udito nella lingua della traduzione e i movimenti labiali degli attori coincidano il più possibile. A livello linguistico quindi si devono spesso affrontare e risolvere situazioni difficili come tradurre termini culturalmente connotati, adattare la traduzione all’immagine, tradurre giochi di parole, il turpiloquio e l’umorismo. Non è detto, tuttavia, che il doppiaggio debba avvenire necessariamente in forma interlinguistica, ma esiste infatti anche il “doppiaggio autoriale”, cioè una traduzione che avviene all’interno della stessa lingua, sotto la supervisione del regista che ha deciso di far doppiare le voci dei propri attori. Varie sono le motivazioni che possono indurre un regista ad optare per questa scelta: la voce poco fonogenica di un attore, o la marcata influenza regionale di un altro, ecc. (Petillo, 2012, p. 54).

La versione in voice-over, o semidoppiata (half-dubbing), è solitamente usata nei programmi di attualità, nei notiziari, nei documentari e nelle interviste e provvisti di una traduzione simultanea al dialogo originale. Tecnicamente esso consiste nella sovrapposizione di una o più voci alla colonna sonora originale. Ciò permette di accedere solo in maniera parziale alla versione originale, che non è mai udita nella sua integrità: il volume infatti è ridotto o mantenuto a un livello minimo per facilitare la ricezione della versione tradotta da parte del pubblico (Perego, 2013, p. 28). Generalmente non è necessaria, né effettivamente si riesce a realizzare, un’esatta corrispondenza tra suono e immagine, e manca la totale sincronizzazione con il dialogo originale. I dialoghi tradotti sono letti o recitati da una o più lettori professionisti, talvolta attori ma più frequentemente giornalisti, e in alcuni casi i lettori possono fornire una versione in voice-over istantanea leggendo semplicemente la versione tradotta dei dialoghi originali al momento della proiezione della pellicola (Fawcett, 1996, p.65). La collocazione del voice-over nell’ambito della traduzione audiovisiva è complessa, tant’è che fino a poco tempo fa sembrava che la comunità accademica non fosse particolarmente interessata all’argomento. La traduzione di film e serie televisive richiede l’uso di creatività e sensibilità culturale, mentre telegiornali e documentari, si basano su informazioni obiettive e sono quindi meno impegnative dal punto di vista teorico. Tuttavia ultimamente, essendo la nostra società dominata dai mass media e dalle nuove tecnologie, i notiziari e i programmi che informano di ciò che succede in ogni parte del mondo sono tantissimi, e quindi il voice-over è diventata una presenza

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onnipresente sui nostri schermi (Perego, Taylor, 2012, p. 241). Esso oggi non si presta a una definizione univoca e precisa, ma secondo alcuni studiosi tale procedura si colloca in una posizione intermedia tra doppiaggio e sottotitolazione, dal momento che il testo tradotto è proposto oralmente, proprio come in un film doppiato, mentre l’elaborazione dei contenuti richiede un lavoro di sintesi, proprio come nei sottotitoli. Il voice-over è generalmente scelto per abbassare i costi di produzione senza privare gli spettatori di una versione realizzata nella propria lingua; viene utilizzato quasi esclusivamente per la televisione, ad eccezione dei paesi dell’Europa dell’est e della Russia, dove è impiegato anche per la traduzione dei film. Elencate le diverse caratteristiche del voice-over, i vantaggi e gli svantaggi di tale tecnica di trasferimento sono abbastanza evidenti. Se da un lato è possibile abbattere i costi del doppiaggio, dal momento che la colonna sonora non viene sostituita e quindi non c’è la necessità di riprodurre tutti i suoni estranei ai dialoghi, dall’altro la fruizione stessa del film risulta notevolmente “disturbata” dalla presenza della voce fuori campo che legge in modo inespressivo i dialoghi e che quindi copre anche i suoni e le parole dell’originale (Petillo, 2012, p. 23).

Anche la tecnica del commento viene utilizzata nei documentari; esso si colloca in una posizione di confine tra la traduzione propria e l’adattamento: le tecniche di rielaborazione testuale impiegate nel commento, infatti, sono decisamente flessibili e in molti casi, dunque, il prodotto di arrivo rappresenta una vera e propria versione nuova rispetto all’originale, spesso proposta in modo non sincronico (Luyken,1991, p. 71). La velocità di lettura del commento può tranquillamente aumentare se si ritiene necessario diluire il testo di partenza aggiungendo elementi chiarificatori, che facilitano la ricezione del prodotto audiovisivo. Il commento è particolarmente efficacie specie nel caso in cui la distanza culturale tra il paese d’origine del prodotto audiovisivo e quello d’arrivo sia notevole. Infatti, esso consente di adattare i contenuti dell’originale alla cultura ricevente, al fine di evitare che il prodotto audiovisivo risulti troppo “estraneo” al nuovo pubblico. Per tali ragioni, la lingua del commento si basa su criteri di massima semplicità e scorrevolezza: strutture sintattiche semplici, minor numero di frasi subordinate e relative rispetto al testo originale e predilezione per frasi coordinate e brevi. Per queste ragioni, il commento è in assoluto la modalità di trasferimento linguistico più libera dai vincoli della traduzione, in quanto si pone come obiettivo primario quello di soddisfare i bisogni culturali del nuovo pubblico verso il quale il prodotto è rivolto (Petillo, 2012, p. 26).

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troviamo la descrizione audiovisiva, la cui difficoltà risiede nell’essere indirizzata a un pubblico di non vedenti. Una voce fuori campo descrive ciò che si vede sullo schermo, dà informazioni più o meno dettagliate relative alla componente visiva permettendo allo spettatore cieco di integrare le informazioni percepibili attraverso la banda sonora del film con altre informazioni, altrettanto sonore, relative a tutto l’apparato visivo del film (espressioni del volto, azioni, linguaggio del corpo, ecc.). La difficoltà della descrizione audiovisiva risiede nell’eterogeneità del pubblico cui si rivolge: la decisione di esplicitare determinate componenti visive dipende infatti dal grado e dal tipo di cecità dei fruitori cui è destinato il prodotto (Perego, 2013, p.32).

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