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2.2 La sottotitolazione p

2.2.3 La realizzazione dei sottotitoli p

La realizzazione dei sottotitoli non è un processo semplice, bensì, lungo e complicato. Contrariamente a quanto si può pensare infatti e come si è specificato più volte in precedenza, non si tratta della semplice traduzione dei dialoghi filmici, ma è un procedimento che coinvolge tre operazioni complementari:

1. La riduzione: il passaggio da unità di testo più lunghe a più brevi; 2. La trasformazione diamesica: il passaggio dal codice orale allo scritto; 3. La traduzione interlinguistica: il passaggio da una lingua all’altra.

La riduzione testuale rappresenta un passaggio essenziale in quanto i sottotitoli non possono essere proposti come una traduzione integrale e dettagliata dei dialoghi originali, a meno che gli scambi verbali nel film non siano già corti e sporadici. Alcuni studiosi ritengono che le modifiche del testo apportate tramite riduzione penalizzino la comprensione finale, ma la necessità di sintetizzare non deve andar contro la salvaguardia della coerenza logica e delle informazioni del testo di partenza. Lo spettatore recupererà il significato integrale avvalendosi anche della percezione visiva dell’azione sullo schermo, considerando anche che la piena comprensione del sottotitolo sta nella sua personale abilità ricettiva di lettura, che è un fattore soggettivo spesso legato a variabili quali il sesso, l’età e la scolarizzazione (Vitucci, 2013).

Tra i numerosi fattori che impongono la riduzione testuale vanno messi in evidenza innanzitutto quelli oggettivi: lo spazio e il tempo a disposizione del sottotitolatore, a loro volta vincolati dai tempi di lettura del pubblico; il tipo di montaggio del film e la natura immediata del sottotitolo. La resa finale è legata poi al giudizio e alla competenza del traduttore, per questo viene richiesta un’adeguata preparazione. Egli deve cercare di mantenere l’opportuna sincronia tra dialoghi originali, immagini e sottotitoli dal momento che spazio e tempo sono limitati, operazione resa più difficoltosa se il montaggio del film è serrato e il susseguirsi di immagini e dialoghi è molto rapido. Per questo, se vi sono informazioni vitali per la comprensione della pellicola, il traduttore deve avere l’abilità di farle apparire nel momento più opportuno. Benché necessario infatti, il sacrificio di informazione non dovrà mai essere eccessivo: per la fascia di target audience che non conosce la source language il sottotitolo rappresenta l’unico supporto informativo per la comprensione del film (Perego, 2005, pp. 73-76). In ogni caso, la sintesi varia in relazione al genere di film, alle caratteristiche delle lingue coinvolte, alle decisioni del sottotitolatore. Secondo Lomheim (1995, p.

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292) la percentuale di abbreviazione di un film può variare dal 25% al 60% circa proprio per differenze imputabili al genere del film, che dunque influisce notevolmente sul risultato finale. Inoltre, la tipologia delle lingue coinvolte può creare problemi di adeguatezza traduttiva e influire sull’organizzazione testuale del testo tradotto. Secondo Kovačič (1994, p. 245), ad esempio, la riduzione può essere abbastanza contenuta se lingua di partenza e lingua d’arrivo presentano delle caratteristiche sintattiche simili e una simile lunghezza media delle parole. Al contrario quindi, se le due lingue presentano notevoli differenze sarà più complesso attuare delle riduzioni ottimali. L’importante rimane comunque accettare la riduzione come un passaggio necessario della sottotitolazione, considerando che essa è il risultato delle differenze funzionali e culturali tra codici diversi (quello orale e quello scritto), e tra percezioni diverse, quella semioticamente e cognitivamente più semplice, che coinvolge lo spettatore che guarda un film nella sua madre lingua, e quella più complessa che riguarda lo spettatore di un film con sottotitoli interlinguistici (Perego, 2013, pp. 76-78).

Per raggiungere l’obiettivo di una sottotitolazione completa e senza lacune di informazione, il sottotitolatore avrà il compito di:

1. Visionare il film per comprendere quali sono le informazioni necessarie e quali no; 2. Dare la priorità ai messaggi verbali importanti;

3. Tradurre le scelte di registro nei sottotitoli;

4. Riprodurre la vivacità delle colonne sonore originali;

5. Operare scelte stilistiche oculate nelle riduzioni o nelle espansioni sia a livello lessicale che sintattico (Vitucci, 2013).

Non esistono regole scritte imprescindibili e univoche quando si realizzano i sottotitoli nella loro fase di riduzione, ma la tecnica in questione è comunque il risultato di una sequenza di fasi che sono:

1. L’analisi profonda e globale del testo di partenza; 2. La scansione del testo in fasi;

3. La gerarchizzazione delle informazioni; 4. La selezione dei dati;

5. La riduzione o l’eliminazione degli elementi secondari; 6. La traduzione (Perego, 2013, p. 79).

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Ovviamente, tutte queste operazioni non devono intendersi da attuare in successione, come in scaletta, ma vengono fatte simultaneamente.

Come accennato a inizio paragrafo, il secondo aspetto da tenere in considerazione durante la realizzazione dei sottotitoli è la trasformazione diamesica, ovvero il passaggio dal codice orale a quello scritto. Il sottotitolo che ne deriva presenterà caratteristiche singolari e diverse da quelle che caratterizzano il testo orale di partenza. Il processo è complicato dalla problematica necessità di ridurre il testo invece di arricchirlo con elementi esplicativi che faciliterebbero l’affinità con il codice orale. In teoria, la trasposizione linguistica del sottotitolo dovrebbe contenere caratteristiche sia della lingua scritta che di quella parlata, ma spesso le differenze comunicative tra orale e scritto sono ignorate e il sottotitolo finisce per mostrare una prevalenza di convenzioni più appartenenti al registro scritto. Un buon sottotitolo dovrebbe raggiungere l’equilibrio dei due codici perché la parola scritta può risultare di maggiore o minore impatto emotivo in base ai contenuti (si pensi al turpiloquio, dove la visualizzazione scritta di parole volgari ha una forza maggiore dell’oralità), e perché non essendo presente l’aspetto paralinguistico del linguaggio (intonazione, registro vocale, ecc.) si deve comunque ovviare a tale mancanza attraverso segni grafici di interpunzione e convenzioni tipografiche. Al fine di realizzare tale equilibrio bisogna valutare la portata comunicativa di ciascun sottotitolo, tenendo a mente che esso è un testo di supporto, inserire espressioni che appartengono al registro informale e colloquiale e allo stesso tempo non trascurare la convenzionalità che caratterizza il linguaggio del cinema. La trasformazione diamesica deve quindi apparire meno possibile una riformulazione linguistica più formale e rigida ed evitare l’appiattimento verso uno stile di arrivo neutro e impersonale , riuscendo a mantenere quella flessibilità, libertà e ridondanza tipiche del parlato (Perego, 2013, pp. 89-91).

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