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Come già illustrato al §2.3, Hoerner (1965) ha ricavato sperimentalmente a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 delle relazioni che legavano la resistenza di base alla resistenza viscosa del forebody di corpi che avessero un’estesa area di base (sia per sistemi 2D che 3D): CD_base= 0, 029 pCD_fore (Caso 3D) (7.2) CD_base= 0, 135 pCD_fore (Caso 2D) (7.3)

Portando in grafici le relazioni (7.2) e (7.3) (Fig. 7.6) si osserva come la resistenza di base diminuisca all’aumentare di quella del forebody. Molti autori sono concordi nell’affermare che il motivo risieda proprio nell’aumento dell’altezza dello strato limite sul corpo (e quindi anche sulla base) che si ha all’aumentare della resistenza del forebody.

Graficando invece il CD_totin funzione del CD_fore (Fig. 7.7) si ottiene una curva che

possiede un minimo in corrispondenza di un preciso valore del CD_fore (fenomeno

comunemente indicato col termine di drag bucket).

Osservando la Fig. 7.6 si osserva come a parità di resistenza del forebody, oggetti 2D tendono ad avere una resistenza di base maggiore di quelli 3D a causa del rilascio alternato di vortici nella scia.

Inoltre risultati sperimentali provenienti da corpi full-scale come veicoli terrestri o aeroplani tendono ad essere in maggiore accordo con la curva di Hoerner valida per il caso 2D. Alcuni autori, tra cui Whitmore et al. (2001), sostengono che ciò sia dovuto al fatto che nelle configurazioni full-scale il flusso che si instaura è localmente bidimensionale e la scia di Von Karman può essere ben evidente e stabile.

Diversi autori, tra cui Whitmore et al. (2001), hanno investigato maggiormente i risultati di Hoerner. Gli autori hanno innanzi tutto fornito un fit a loro giudizio migliore dei dati sperimentali di Hoerner per il caso 2D (Fig. 7.8):

CD_base =

0, 0974

Figura 7.6: Relazioni di Hoerner.

Figura 7.8: Fit migliore dei dati di Hoerner. (Da Whitmore)

Inoltre gli stessi autori hanno condotto una campagna sperimentale sul corpo 2D di Fig. 7.10. La resistenza del forebody, e quindi l’altezza dello strato limite, viene modificata attraverso l’utilizzo di griglie rugose poste sopra al modello. Le griglie non sono altro che delle barrette trasversali di larghezza λ, altezza τ e spaziatura Σ (Fig. 7.9). La Tab. 7.2 mostra le varie griglie utilizzate. La configurazione 1 si riferisce al modello liscio, la 2 alla rugosità con barre parallele. ks è una rugosità

media equivalente.

Figura 7.10: Modello usato da Whitmore. Configurazione λ [cm] Σ [cm] τ [cm] ks [cm] 1 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2 0,0051 0,0051 0,0051 0,0163 3 0,0254 0,0381 0,0254 0,1143 4 0,0508 0,1016 0,0508 0,2896 5 0,0508 0,2032 0,0508 0,4854 6 0,1016 0,2540 0,1016 0,6911

Il numero di Reynolds massimo raggiunto nelle prove è pari 2, 25 · 105. Lo strato

limite è turbolento su tutto il corpo.

La Fig. 7.11 mostra i risultati ottenuti da Whitmore. Quest’ultimi si dimostrano in accordo con la linea generale.

Figura 7.11: Pressioni lungo la base del corpo al variare della rugosità. (Da Whitmore)

Infatti, al diminuire di Re e all’aumentare della rugosità (cioè all’aumentare dell’al- tezza dello strato limite), le pressioni medie sulla base aumentano. La rugosità con griglia parallela alla velocità asintotica ha un effetto opposto. Lo stesso risultato è stato ottenuto da Krishnan et al. (1997) aggiungendo delle riblets al forebody di un corpo assialsimmetrico con base troncata. Entrambi i risultati sono delle anomalie che necessitano di approfondimento. Whitmore ha ipotizzato che la griglia paralle- la causi, così come le riblets, una relaminarizzazione del flusso ed una separazione localizzata.

La Fig. 7.12 mostra che i risultati sono in buon accordo con quelli di Hoerner. An- che le riblets e la rugosità con barre parallele seguono l’andamento delle curve ma si spostano verso valori della resistenza di base maggiori.

Anche Durgesh et al. (2004) hanno condotto una campagna sperimantale sul corpo 2D di Fig. 7.13 per investigare maggiormente sul fenomeno. Il numero di Reynolds assume valori compresi tra 1,3 e 2 · 106.

Come prima cosa gli autori hanno utilizzato un modello nel quale la lunghezza del forebody potesse essere variata a piacimento (Fig. 7.13), in modo da variare facil- mente la resistenza del forebody stesso. I risultati non sembrano in buon accordo con la legge di Hoerner. Infatti, ad un allungamento del corpo (a parità di area di base) corrisponde un aumento della resistenza d’attrito del forebody ma la resisten- za di base cambia pochissimo. Questo risultato imprevisto è stato spiegato dagli autori con diverse ipotesi non dimostrate: variazione del Re, lieve cambiamento del- la geometria del corpo, lieve variazione dell’angolo di incidenza in galleria.

Gli autori hanno allora proseguito i loro esperimenti cambiando la rugosità del cor- po (Fig. 7.14). I risultati sono stavolta in accordo con la linea generale. Gli autori hanno ottenuto una diminuzione dell’8% del Cx_base tra il modello liscio e quello

con la rugosità maggiore. In effetti, misure sperimentali hanno confermato che au- mentare la rugosità del corpo porta ad un aumento dell’altezza dello strato limite molto maggiore di quello dovuto ad un allungamento del corpo stesso.

Figura 7.12: Confronto tra i risultati di Hoerner e di Whitmore.

Capitolo 8

Influenza dell’altezza di strato limite

sulla resistenza di base

8.1

Scelta della mesh di prism layer

Per poter stimare al meglio gli effetti dell’altezza dello strato limite sulla resistenza di base del corpo, è necessario effettuare un’analisi di sensibilità alla mesh di prism layer. La prova di partenza è la prova 15 (vedi §5.11). Il prism layer adottato nella prova 15 infatti, seppur adeguato per una valutazione delle differenze riscontrabili tra il corpo isolato e quello posto in galleria, non garantisce una perfetta caratteriz- zazione dello strato limite sul corpo in corrispondenza della base.

Nella prova sl_finale il prism layer ha le seguenti caratteristiche: • Number of prism layers: 13

• Prism layer stretching: 1,1

• Prism layer thickness: 20% della base size (0,0102mm)

Rispetto alla prova 15, la prova sl_finale ha 2 strati di celle in più, un’altezza supe- riore di 2,35mm ed un prism layer stretching inferiore di 0,2.

Partendo dalla mesh della prova sl_finale, nella prova sl_1 viene aumentato il nu- mero di strati di celle da 13 a 17.

Sempre partendo dalla mesh della prova sl_finale, nella prova sl_2 viene invece au- mentata l’altezza della mesh di prism layer dal 20% al 25% della base size (0,1275mm). I risultati ottenuti sono mostrati nella Tab. 8.1.

prova δ [m] Cx Cx_base

prova 15 0,0073 0,2839 0,1275

sl_finale 0,0076 0,25302 0,14529

sl_1 0,0076 0,25101 0,14518 sl_2 0,0077 0,25545 0,14652

Tabella 8.1: Risultati analisi di sensibilità al prism layer.

I risultati portano a scegliere come prova definitiva la prova sl_finale. La Fig. 8.1 mostra un dettaglio della mesh di prism layer.

L’ESDU 76033 (1996) riporta che il valore del Cx_base dovrebbe essere di 0,14 con

un margine d’errore di circa ±0, 025. Questo risultato è stato raggiunto sulla base di dati sperimentali ottenuti da prove in cui il numero di Mach variava tra 0,3 e 0,8. Del Duca (A.A. 2004-2005) ha ottenuto per il corpo in esame un valore del Cx_base

pari a circa 0,12 (attraverso una simulazione condotta con Fluent©ad un numero di

Mach pari a 0,14). Buresti et al. (1997) hanno ricavato sperimentalmente invece un valore del Cx_base compreso tra 0,12 e 0,13 a seconda dei casi (U∞= 20 o 50m/s,

transizione naturale o forzata). Il valore ottenuto in questa trattazione sembra così plausibile.

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