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Capitolo 2 Le Malte

2.2 Leganti: cenni storici

I primi leganti utilizzati dalle popolazioni antiche, le popolazioni nomadi, per le costruzioni furono il gesso e la calce aerea. La scoperta di questi due leganti è connessa alle abitudini di questi popoli che, usando focolari di fortuna, riparati con ciottoli di pietra calcarea e gessifera, avranno osservato che questi materiali a stretto contatto con la fonte di calore in superficie cambiavano aspetto e che congiuntamente a contatto con l’acqua formavano delle paste che lavorate in qualche maniera e poi lasciate ad essiccare indurivano notevolmente. Nelle prime costruzioni vediamo un utilizzo molto abbondante del gesso o di gesso con calce, soprattutto nelle costruzioni egiziane (piramide di Cheope), perché è nota la difficoltà di raggiungere temperature elevate con i soli focolai affinché si potesse cuocere la pietra di calcare. Molto esperti sia nella cottura che nello spegnimento della calce erano invece gli antichi Romani, difatti, oggi troviamo memoria scritta persino di regole tecniche che dovevano essere osservate per eseguire i vari passaggi tecnici per la loro manipolazione. Già Catone senior, in riferimento alla produzione di malte a base di calce, nel “De re rustica”, consiglia di utilizzare il calcare di colore bianco affermando che sia possibile ottenere i migliori risultati con il loro utilizzo. Successivamente Vitruvio specifica che non tutti i calcari sono uguali e che è consigliabile utilizzare per le murature calcari compatti, mentre per gli intonaci era consigliabile l’uso di calcari porosi. Nelle varie trattazioni tecniche in merito all’uso della calce, già in quell’epoca si faceva menzione di un ufficio preposto al controllo delle operazioni che riguardavano la cottura e lo spegnimento della calce aerea; in particolare, l’operazione di spegnimento, è precisato, doveva avvenire in apposite fosse con una stagionatura molto lunga: Plinio addirittura prescriveva di utilizzare la calce che avesse avuto almeno una permanenza in fossa di stagionatura per un periodo uguale o maggiore a tre anni. Il primo utilizzo dei leganti idraulici, quindi, quelli che hanno la capacità di resistere e maturare a contatto con l’acqua, lo abbiamo a partire dal decimo secolo avanti cristo nella costruzione di cisterne nei pressi di Gerusalemme, la parte inferiore delle cisterne a contatto con l’acqua era ricoperto da un intonaco a base di calce e polvere di mattone mentre la restante parte, non a contatto con acqua era costruita con malte a base di calce aerea. Questa tecnica pare sia stata insegnata dagli operai fenici adibiti alla costruzione delle cisterne, da qui, quindi, è possibile affermare che già gli antichi fenici conoscessero, si presuppone in maniera solo empirica, le proprietà idrauliche dell’argilla cotta. Successivamente, dalla caduta dell’impero romano sino al XVII secolo non ci furono molti progressi nella

tecnica costruttiva, difatti fino al 1756, si continuò a costruire con malte a base di gesso, di calce, di calce e polvere di laterizi (malte pozzolaniche). Questa data segna un passo importante per la ricerca del confezionamento di malte che potessero indurire sotto l’acqua del mare, fu l’ingegnere inglese Smeaton che per primo affrontò il problema quando fu chiamato a dirigere la costruzione del faro di Eddystone nei pressi di Plymouth, spinto dall’evidente necessità di utilizzare una malta che avesse determinate capacità idrauliche; in particolare, egli dedusse che il contenuto di argilla nei calcari era uno dei fattori principali che determinavano, e determinano, l’idraulicità della calce. Per cui, è all’ingegnere Smeaton che si deve attribuire il merito di aver per primo saputo riconoscere, in alcuni tipi già usati di calce, e grazie a sperimentazioni fisiche chimiche, le proprietà idrauliche. Nel 1812 Vicat, continuò lo studio delle calci idrauliche su base più scientifica, questa volta supportato da cognizioni chimiche più approfondite, pubblicando i risultati nel 1818. Non fece altro che stabilire, come già d’altronde aveva fatto circa mezzo secolo prima Smeaton, quali fossero i calcari più adatti per confezionare malte e che avessero la capacità di sviluppare la loro resistenza meccanica in acqua, e che egli denominò calce idraulica. Ma non fu tanto questa la scoperta che rese Vicat “famoso” per le sue ricerche, piuttosto egli precisò che è durante la cottura che avviene la combinazione della calce, della silice e dell’allumina che sono contenute nell’argilla; ancora egli dimostrò la possibilità di produrre calci idrauliche artificiali da miscele di calcare o di calce grassa con argilla, quindi, il concetto di idraulicità come oggi lo conosciamo, sia da un punto di vista teorico che da un punto di vista scientifico. Fu però grazie all’inglese Parker che nacque la prima iniziativa di produrre, attraverso la fabbricazione industriale, leganti idraulici. Parker, nel 1796, brevettò un prodotto capace di indurire in acqua, dal colore simile alle pozzolane rosse del Lazio, denominandolo cemento romano. Questo prodotto, molto più ricco di argilla rispetto alle calci utilizzate da Smeaton, veniva cotto ad una temperatura attorno ai 1000-1100°C, si deve precisare che nelle fasi di produzioni del cemento romano di Parker non c’era l’introduzione in forno delle scorie, quindi, di conseguenza veniva a mancare quel componente che è il silicato tricalcico. Tra il 1822-1823, alla scadenza del brevetto di Parker (1810), tra i vari leganti prodotti su base industriale si ricorda quello brevettato da Frost, il cosiddetto british cement, più tardi Aspdin brevettò il progresso nel modo di produrre una pietra artificiale, a cui egli diede il nome di portland cement. Il nome gli deriva dal fatto che il colore del prodotto brevettato era molto simile ad una pietra naturale da costruzione che era molto in uso in Inghilterra in quel periodo, appunto la pietra di Portland. Questa invenzione non differiva dai cementi brevettati da Parker e dallo stesso Frost, se non per il colore in quanto, difatti, la cottura rimaneva comunque circoscritta a temperature che non superavano i 1100°C, quindi, sempre al di sotto di quelle che permettono la scorificazione, e comunque sempre diverso da quello che oggi noi chiamiamo cemento portland, perché non era effettivamente un cemento, ma si trattava ancora di una mera calce idraulica. Fu solo nel 1844, e grazie a Johnson, che cominciano a prodursi nelle fabbriche cementi che di molto si avvicinano al cemento portland come oggi lo conosciamo; Johnson stabilì che per ottenere un miglioramento nei cementi occorreva giungere ad una temperatura di cottura ben più elevata, ovvero fino a raggiungere la scorificazione. Esso fu il primo a stabilire questo principio essenziale che differenzia nettamente le qualità del cemento da quelle delle calci idrauliche, ovvero, la produzione del cemento deve avvenire in presenza di fase liquida, mentre quelle delle calci idrauliche rimane

allo stato solido. In Italia, l’inizio della produzione dei cementi e dei leganti idraulici in genere ebbe luogo solo all’inizio del 1856 con l’impianto di uno stabilimento per la produzione di calce idraulica a Palazzolo sull’Oglio, nel 1892 sempre a Palazzolo si produsse per la prima volta il cemento portland; la produzione del cemento di alto forno iniziò nel 1906 a Piombino e quello pozzolanico solo 1920 a Segni. Da allora fino ai giorni nostri l’attività di ricerca e di sperimentazione, per ottenere cementi sempre migliori e diversificati agli usi speciali a cui sono chiamati a rispondere in taluni casi, è andata crescendo. Oggi sono molteplici le industrie che producono cementi e leganti di tutti le tipologie previste dagli organi di controllo e tutela1. Nel corso dei secoli si è, quindi, assistito ad una progressiva trasformazione delle caratteristiche chimiche e fisiche dei leganti utilizzati nelle costruzioni, comportando una continua variazione degli impasti in opera ed un miglioramento delle prestazioni del prodotto finito. L’uso dei leganti ottenuti dalla cottura della pietra era già pratica diffusissima in Siria, Fenicia, Cipro e Grecia fin dal VI secolo a.c. Lo stesso Marco Vitruvio Pollione (I sec. a. c.) nel suo "De Architectura", fissava tre categorie principali di leganti: calce grassa di fossa, malta di calce e pozzolana, malta di calce e cocciopesto. Il Delorme (1567), per quanto riguarda le calci magre (calx macra), sottolineò la capacità di alcune calci impure di fare presa anche sott’acqua. La calce si otteneva attraverso la cottura di calcari relativamente puri, in forni. Per ridurre il lungo tempo di presa della calce grassa (calx pinguis), essa si mescolava con la pozzolana (pulvis puteolana), nella proporzione di 1 a 3, e questo permetteva alla malta di indurire anche sott’acqua. Quando, intorno al 1750, si scoprì la calce idraulica essa sostituì, come accennato in precedenza, la miscela calce-pozzolana; la calce idraulica permetteva la produzione di conglomerati meccanicamente più resistenti e soprattutto impermeabili. La calce idraulica, inoltre, presentava il vantaggio di indurire autonomamente senza la necessaria presenza dell’aria e della pozzolana. La capacità di indurire anche sott’acqua è dovuta alla formazione (durante la reazione chimica che si instaura nella cottura), di un calcare argilloso (a temperatura superiore a 850 °C), di silicato bicalcico e alluminato monocalcico. E’ proprio la scoperta della calce idraulica che segna il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” calcestruzzo. Sperimentazioni successive nella cottura di miscele artificiali di calcare ed argilla (progressivamente aumentata fino al 40%) a temperature sempre più elevate portarono al moderno cemento Portland e agli altri vari tipi di cemento. Dunque, il tipo di legante distingue l’antico calcestruzzo da quello che utilizziamo oggi; infatti, nel calcestruzzo antico, il legante era costituito da calce e pozzolana, o da calce idraulica che grazie ad alcune impurità aveva proprietà simili a quelle del cemento; nel calcestruzzo moderno, il legante è costituito dal cemento Portland o miscele di questo con loppe d’altoforno e pozzolana. Un’altra importantissima differenza risiede nell’utilizzo degli aggregati. Nel calcestruzzo moderno, si dà un importante ruolo alla curva granulometrica degli aggregati, la quale ottimizza la varietà delle dimensioni degli aggregati da utilizzare negli impasti in modo da diminuire il volume dei vuoti interstiziali riducendo, pertanto, il volume di cemento necessario al loro riempimento. Dall’utilizzo della curva granulometrica non solo si ha un vantaggio di tipo economico, riducendo la quantità di cemento da utilizzare, ma si riducono alcuni fenomeni quali: ritiro, deformazione viscosa, fessurazioni, gradienti termici. Nel tempo l’avanzamento scientifico e tecnologico ha portato il cemento ad un incremento della resistenza meccanica a breve e a lungo termine rispetto

       

alle malte cementizie del passato. L'esaltazione di tali caratteristiche meccaniche in tutti i leganti, anche non strutturali, ha fatto sì che si perdessero le peculiarità tipiche degli impasti del passato, interessanti soprattutto per le loro potenzialità microclimatiche. Per effettuare un'inversione di tendenza e, quindi, riscoprire le virtù dei leganti al fine di migliorare le condizioni di salubrità e vivibilità degli ambienti, è necessario individuare nuovi materiali aventi parametri e caratteristiche tali da rispondere alle tecniche costruttive attuali in un'ottica biocompatibile nei vari momenti di produzione, utilizzazione e smaltimento.