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Capitolo 1 – Pneumatici a fine utilizzo (PFU)

1.6 Principali metodologie per il recupero della gomma

1.6.4 Triturazione meccanica

1.6.4.2 Triturazione

Con questa seconda fase, tutti i pneumatici di autovetture e mezzi leggeri nonché i pneumatici di autocarro (privati degli anelli metallici) vengono introdotti nei diversi trituratori i quali provvedono a ridurli in pezzature variabili da 70x70 mm fino a 100x100 mm. Durante questa fase la velocità di triturazione non può essere elevata per evitare il riscaldamento dei mulini e quindi che le diverse parti in gomma possano aderire alle pale.

1.6.4.3 Granulazione primaria

La gomma proveniente dalla triturazione viene avviata alla fase di granulazione per essere ulteriormente ridotto di dimensioni. In questa fase avviene anche una prima separazione della parte in gomma da quella in acciaio e tessile. Una quota del granulo così ottenuta può essere asportata tal quale e destinata all’impiego corrispondente, mentre il rimanente viene trasportato al successivo impianto di granulazione di raffinazione. Questa lavorazione separa dalla gomma il 99% dell’acciaio presente nel pneumatico: l’acciaio viene rimosso tramite un separatore magnetico posizionato dopo il granulatore e scaricato in un cassone scarrabile per mezzo di un nastro trasportatore. Durante questo processo si produce una frazione di tela e gomma polverizzata che, per motivi di polluzione ambientale, deve essere aspirata ed abbattuta attraverso un filtro separatore a maniche, previo passaggio all’interno di un ciclone abbattitore.

1.6.4.4 Granulazione secondaria

Il materiale granulato con pezzatura compresa fra 0 e 20mm viene convogliato ad un nastro reversibile, nel caso di granulo proveniente da pneumatici senza tessuto (camion o trattore), il materiale arriva ad un vaglio rotativo che provvede alla selezione delle differenti frazioni. Nel caso sia richiesta un’ulteriore raffinazione delle frazioni uscenti, il granulo viene inviato alla linea di mulini per pneumatici auto. Nel secondo caso (pneumatici auto) ci sono due linee di mulini raffinatori a lame che scaricano su un unico nastro trasportatore che convoglia il prodotto in uscita in un altro vaglio rotativo dotato di 3 griglie con fori di differente diametro (approssimativamente da 0,5 a 3 mm). Il prodotto durante la vagliatura cade nelle rispettive tramogge andando a riempire i big bags agganciati alla struttura metallica del vaglio rotante. Anche durante questa fase si produce una frazione di tela e gomma polverizzata che, per motivi di polluzione ambientale, deve essere aspirata ed abbattuta attraverso un filtro separatore a maniche, previo passaggio all’interno di un ciclone abbattitore.

1.6.4.5 Micronizzazione

Tramite nastri magnetici di diversa natura, la gomma proveniente dalla fase di granulazione, viene pulita dalle diverse impurità presenti e successivamente divisa per granulometria. E' possibile ridurre ulteriormente la granulometria aggiungendo all'impianto alcuni mulini polverizzatori. Successivamente il materiale viene stoccato in differenti contenitori (big-bag) A questo punto il prodotto è pronto per essere riutilizzato nelle sue più diverse applicazioni.

1.6.4.6 Prodotti di triturazione

Dal processo di triturazione dei pneumatici a fine vita possono essere ricavate diverse materie prime “seconde” di diverse dimensioni: granulati di gomma, (cedibili ad aziende di primaria importanza nazionale per la produzione di energia), materiali metallici (di notevole pregiato sia per qualità che per valore, direttamente conferiti alle acciaierie); materiali tessili (di scarsa rilevanza, sia quantitativa che di valore). I granulati di gomma possono essere di varie dimensioni, in particolare, si fa la distinzione tra polverino e grani. Il polverino di gomma ha un diametro massimo in genere inferiore al millimetro (figura 2-11) mentre i grani possono avere un diametro massimo di variabile fino all’ordine di qualche centimetro.

Figura 1.16 – Esempi di trituratore meccanico e nastri trasportatori

Figura 1.18 – Esempi di granulatore secondario, aspiratore e separatore magnetico

Figura 1.19 – Alcune frazioni granulometriche ottenibili dal processo di triturazione: grana grossa (0-5cm),

grana fina (0-5mm), polverino (0-1mm)

Figura 1.20 – Tessili e fibra metallica ottenibile dal processo di triturazione meccanica

1.6.5 Processi criogenici

Nella triturazione criogenica la gomma viene raffreddata con azoto liquido, in modo che assuma una struttura cristallina fragile per essere macinata più finemente senza difficoltà. Tale processo consiste in tre fasi distinte:

 fase iniziale di triturazione meccanica grossolana di tipo convenzionale, in cui i pneumatici dismessi vengono sottoposti ad una triturazione meccanica grossolana di tipo convenzionale, che riduce le dimensioni dei singoli pezzi da trattare;

 fase intermedia di sbriciolamento criogenico, in cui il pezzame di gomma viene raffreddato con azoto liquido, in modo da assumere una struttura cristallina fragile che può essere macinata più finemente senza troppe difficoltà;

 fase finale di polverizzazione in un mulino a dischi o a martelli, in cui il prodotto della triturazione criogenica viene sottoposto ad un ulteriore processo di riduzione volumetrica.

Il materiale ottenuto presenta caratteristiche merceologiche superiori a quello derivante da triturazione meccanica, e, quindi, con sbocchi di mercato più ampi e prezzi di vendita più elevati18.

1.6.6 Processi elettrotermici

I metodi elettrotermici constano di tre fasi distinte, ovvero:

 Triturazione meccanica. Il pneumatico viene ridotto in pezzatura grossolana.

 Trattamento elettrotermico. I pneumatici in pezzi grossolani vengono introdotti in un forno verticale ad induzione elettromagnetica. La parte metallica del pneumatico, sottoposta al campo elettromagnetico, si riscalda rapidamente fino a temperature di circa 700 °C. A queste temperature la gomma carbonizza all’interfaccia ed il metallo si distacca dalla gomma. Nella parte bassa del forno, nella fase finale del procedimento, vengono raccolti separatamente il materiale metallico, la gomma inalterata e la gomma carbonizzata.

 Devulcanizzazione. Attraverso i processi di devulcanizzazione e rigenerazione, la gomma, preventivamente triturata, viene riportata ad una struttura chimica vicina a quella dell’elastomero di partenza, in maniera tale da permetterne l’aggiunta alle normali mescole. La devulcanizzazione in genere è effettuata in autoclave mediante processi termochimici, sfruttando l’azione congiunta di temperatura, pressione ed additivi chimici.

1.6.7 La termodistruzione (combustione)

Questo processo prevede l’eliminazione dei pneumatici a fine vita attraverso un processo definito “termodistruzione”, attraverso il quale si ha produzione di energia. Il pneumatico fuori uso, grazie al fatto che è composto per una percentuale superiore al 70 % da componenti polimerici, derivati quindi dal petrolio, ha un potere calorifico molto elevato, dell’ordine delle 6.000 kcal/kg, in grado di permettere una combustione senza necessità di sostenerla con l’apporto di energia esterna (il bruciatore a metano installato serve solo per portare il sistema in temperatura e per eventuali emergenze). Da qui è nata l’idea di un suo riutilizzo attraverso la termodistruzione, con recupero di energia termica e materie prime seconde (fili di acciaio, ossido di zinco, solfato di sodio). I primi tentativi sono avvenuti alla fine degli anni ‘70, e poi, attraverso successivi miglioramenti e implementazioni, si è arrivati alla configurazione impiantistica attuale, dove un modulo tipico è in grado di bruciare circa 2.000 kg/h di pneumatici fuori uso interi (15.000 ton/anno), producendo 3.300 kWh di energia elettrica (circa 24.000 MWh/anno). L’impianto di termodemolizione è composto da un sistema di caricamento automatico dei PFU interi, autovettura ed autocarro, che permette la loro introduzione nel combustore, costituito da un cilindro rotante di acciaio rivestito internamente di materiale refrattario. Dal forno i fumi, attraverso un condotto di postcombustione, entrano nella caldaia a recupero e qui avviene la produzione di vapore surriscaldato che è poi inviato alla turbina a condensazione dove, attraverso l’alternatore ad essa collegato, avviene la produzione di energia elettrica. Il vapore, una volta condensato e degasato, è inviato nuovamente in caldaia per ricominciare il ciclo. I fumi, invece, dopo aver ceduto il loro contenuto

       

18 http://www.arch.unige.it/did/l1/disegnoind/terzo0506/ecodesign/materialedid/gomma.pdf;

entalpico all’interno della caldaia, sono inviati al sistema di filtrazione costituito da due gruppi di filtri a maniche: nel primo viene eseguito un trattamento di depolverazione da cui si ricavano ceneri ricche in ZnO (circa il 65%), mentre nel secondo gruppo di filtri, tramite reazione con bicarbonato di sodio, si effettua la desolforazione, quindi sono espulsi attraverso il camino. Questi trattamenti consentono di rispettare le più stringenti normative in fatto di emissioni nell’atmosfera. Da sottolineare che le emissioni sono tenute sotto osservazione dalla sala controllo con l’utilizzo di un sistema di monitoraggio in continuo collegato a sonde installate nel camino. A valle del forno esiste anche un sistema di nastri che permette l’estrazione e, attraverso l’utilizzo di un vibrovaglio, la pulizia dei fili di acciaio derivanti dalle carcasse. Tutto l’impianto è monitorato dalla sala controllo con l’utilizzo di un sistema di supervisione DCS, attraverso il quale si può agire sui macchinari che compongono il sistema. L’impianto si basa su alcune caratteristiche fondamentali che lo rendono del tutto particolare nell’ambito dei sistemi di termovalorizzazione19.