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4.3 Attività mafiosa

4.3.6 Legge n.161/2017

La legge n.161 del 2017, ha introdotto numerose novità, concernenti, però, aspetti soprattutto processuali. Andremo ad analizzare, quindi, esclusivamente gli elementi innovativi inerenti alla trattazione di stampo tributaristico sino ad ora svolta.

Le prime riguardano le misure di prevenzione personali (artt. 1-4).

L'articolo 1, modificando l'articolo 4 del Codice antimafia, amplia il catalogo dei possibili destinatari delle misure di prevenzione personali (e patrimoniali). Le misure possono, infatti, essere applicate anche a coloro i quali, fuori dei casi di concorso e favoreggiamento, sono indiziati di prestare assistenza agli associati delle organizzazioni a delinquere e mafiose.

L'articolo 11 della proposta di legge introduce, con il nuovo articolo 34-bis del Codice, l'istituto del "controllo giudiziario", destinato a trovare applicazione in

luogo della "amministrazione giudiziaria" nei casi in cui

l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale "risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose" idonee a condizionare l'attività di impresa. Si tratta di una misura non inedita ma con caratteristiche proprie rispetto al controllo giudiziario che, ai sensi del vigente art. 34, comma 8, del Codice, segue, in alcuni casi, l'amministrazione giudiziaria dell'azienda. Tale misura non determina lo spossessamento della gestione dell'impresa, dando luogo, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre anni, ad un intervento meno invasivo, di "vigilanza prescrittiva" affidata ad un commissario giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di monitorare dall'interno dell'azienda l'adempimento delle prescrizioni dell'autorità giudiziaria. La cessazione del

90 controllo giudiziario avviene, oltre che per scadenza del termine della misura: in caso di accertamento della violazione di una o più prescrizioni ovvero qualora ricorrano i presupposti dell'amministrazione giudiziaria; per la revoca del provvedimento di controllo giudiziario proposta dal titolare dell'azienda.

Dopo quasi due anni dall’entrata in vigore della legge n. 161/2017 di modifica al Codice antimafia, il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 (decreto sicurezza) introduce rilevanti novità. Il decreto apporta consistenti modifiche agli articoli 35, 38 e 48 del Codice antimafia con l’obiettivo di razionalizzare e rendere maggiormente efficienti le procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati (poco rilevante ai fini della trattazione).

91 NOTE:

1 Il messagero.it, 5 Febbraio 2018 2 C.t.p Firenze, sentenza n.127/2008 3 C.t.Reggio Emilia,11 giugno 2009, n.131

4 Il Sole 24 Ore, 9 aprile 2019

5 Cfr. S. Capolupo, P. Campagnone, L. Vinciguerra, P. Borrelli “Le ispezioni tributarie” Edizione I, pag. 571 e ss.

6 Diversa soluzione dovrebbe, invece, valere per il sequestro (giudiziario o conservativo) disposto dal giudice civile, il quale, per sua natura, non è destinato ad evolvere in una confisca, sicché par veramente arduo ritenere che esso possa sottrarre alla tassazione il bene sequestrato o il reddito da questo ricavato.

7 È stato posto il dubbio se l’esenzione riguardasse solo il bene immobile inteso come “patrimonio” e quindi riferito alle sole imposte, tasse e tributi sugli immobili (l’IMU, TARES, etc.), oppure anche al reddito prodotto dall’immobile, tra l’altro previsto in linea generale come tassabile dal comma 1 dell’art. 51, D. Lgs. n. 159/2011. In realtà, per come formulata la norma, sembrava sussistere un’esenzione generale da imposte, tasse e tributi per ogni immobile e quindi anche in relazione al reddito. A far propendere per questa interpretazione è lo stesso testo normativo nella successiva parte del comma 3-bis, dell’art. 51 dove prevede che in caso di revoca della confisca, l’amministratore giudiziario ne dà comunicazione all’Agenzia delle entrate e agli altri enti competenti per la liquidazione delle imposte, tasse e tributi, dovuti per il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria. In effetti se il legislatore ha previsto un obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate della cessazione del sequestro (per procedere così con la tassazione sugli immobili dei redditi fondiari IRPEF e IRES, uniche imposte gestite dall’Agenzia delle Entrate), l’art. 51, comma 3-bis non poteva che essere interpretato per un’esenzione da ogni imposta, tassa e tributo inerente gli immobili, ivi compresi i relativi redditi. Tale interpretazione avrebbe così esteso l’esenzione anche per gli immobili intestati a società, non espressamente indicati nel provvedimento di sequestro, ma rientranti nel “complesso dei beni della società X” riportato nei provvedimenti. In questi casi, comunque, sarebbe stato opportuno istituire nel bilancio un apposito fondo rischi “per imposte in pendenza di sequestro” onde accantonare le eventuali somme necessarie per pagare le imposte in caso di dissequestro.

92 8 Si tratta, ad esempio, dell’IMU, che ha per presupposto, ai sensi dell’art. 8, comma 2 D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale; oppure dell’IVIE dovuta, in base all’art. 19, comma 13, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 dal proprietario dell’immobile ovvero dal titolare di altro diritto reale sullo stesso.

9 In conseguenza di siffatto paradigma normativo, non concorrono alla formazione del reddito imponibile, i redditi prodotti dai beni immobili situati nel territorio dello Stato e dai beni immobili situati all’estero, anche se locati, quando determinati secondo le disposizioni del capo II del titolo I (“Redditi fondiari”) e dell’art. 70 (“Redditi di natura fondiaria”) del TUIR. È disposto, inoltre, che i medesimi redditi non rilevano anche nell’ipotesi di cui all’art. 90, comma 1, quarto e quinto periodo (“Proventi immobiliari”) del TUIR. Da tale irrilevanza discende che il reddito prodotto dai richiamati beni non concorre alla determinazione del reddito imponibile. Nondimeno lo stesso deve, comunque, essere esposto in dichiarazione dei redditi, al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria la liquidazione dell’imposta dovuta in caso di revoca della misura cautelare.

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