CAPITOLO 2 L’evoluzione normativa dell’accesso dalla legge 241/90 alla
2. La legge 142/90
Nello stesso anno della normativa n. 241/90, nel nostro ordinamento è stata
promulgata un’altra legge dove si prevede il diritto di accesso dei cittadini alle
48 R. Scarciglia, L’accesso ai documenti amministrativi: attuazione della legge 241/90, Rimini, Maggioli, 1994, p. 70; crf Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 1993, n. 530, cit., p. 609
49 R. Bonfanti, Il diritto di accesso: un arcipelago in continua evoluzione, in diritto.it 50 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 9
informazioni ed ai procedimenti amministrativi51: si tratta della legge 142 dell’8
giugno 1990, successivamente abrogata dall’art 274 del T.U.E.L., approvato a sua
volta con D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 26752.
Come già anticipato nel capitolo precedente, insieme alla legge 241/90, sono le
prime due normative che hanno cercato di rivoluzionare il sistema precedente per
rafforzare e valorizzare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione ed in
particolare, nel caso della legge di cui si sta trattando, del rapporto tra cittadini ed
amministrazione locale. Anche in questa circostanza, una legge generale,
promulgata con l’obiettivo di riformare le autonomie locali per l’organizzazione di
Comuni e Province, ha dedicato un articolo al diritto di accesso, in particolare l’art
7 dove al comma 4 afferma “Il regolamento ai cittadini, singoli o associati, il diritto
di accesso agli atti amministrativi”53.
Cercando di analizzare le due leggi, che apparentemente abbiamo detto avere
uno scopo in comune, ho notato che esistono delle differenze interne, come per
51 R. Scarciglia, op. cit., p. 49
52 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 8; cfr. Legge 8 giugno 1990, n. 142. Ordinamento delle autonomie
locali, in bosettiegatti.eu
esempio quella analizzata da F. Caringella, R. Garofoli e M. T. Sempreviva nel loro
libro in relazione alla “titolarità soggettiva”, che trova due discipline diverse a
seconda che si guardi alla legge n. 142 oppure alla legge n. 241 del 1990: questa
diversità ha portato gli studiosi a ritenere che nel nostro ordinamento ci si trovi di
fronte ad un “doppio regime” del diritto di accesso. Infatti nell’art 7 comma 3 della
legge 142/90 che afferma “Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale
sono pubblici” ritroviamo un principio a noi già noto, analizzato nel primo capitolo
con l’art 25 della Legge n. 816 del 27 dicembre 1985 (una delle leggi di settore sul
diritto di accesso che sono state introdotte dal legislatore prima della svolta vera e
propria con le due leggi del 1990) in base al quale “Tutti ci cittadini hanno diritto di
prendere visione di tutti i provvedimenti adottati dai comuni, dalle province, dai
consigli circoscrizionali, dalle aziende speciali di enti territoriali, dalle unità
sanitarie locali, dalle comunità montane”.
Ovviamente, come spesso accade, la legge presenta anche dei limiti oltre alle
tutti gli atti dell’amministrazione sono pubblici “ad eccezione di quelli riservati per
espressa disposizione di legge o per effetto di una temporanea e motivata
dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione,
in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle
persone, di gruppi o delle imprese”. Quindi possiamo affermare che questa
normativa rappresenti una garanzia per il cittadino contro l’amministrazione locale
che spesso potrebbe approfittare della sua posizione e questo in base all’art 7
comma 4 “ Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di
accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo
pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei
servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai
cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame
di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto
dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso
Un’altra legge importante che abbiamo già citato nel primo capitolo per cercare di
qualificare il diritto di accesso come diritto soggettivo alla conoscenza è la Legge
istitutiva del Ministero dell’Ambiente, n. 349 dell’8 luglio 1986 che permette a tutti i
cittadini di poter accedere alle informazioni in possesso della pubblica
amministrazione in materia ambientale.
Dopo queste varie precisazioni e le differenze tra la legge 241 e la legge 241, per
migliorare il lavoro sul piano pratico, è palese che si sia cercato di trovare un
coordinamento tra le due normative e di conseguenza si è arrivati al punto di
dover scegliere tra due ipotesi: la prevalenza dell’una sull’altra oppure una
differenziazione vera e propria per quanto riguarda modalità e presupposti del
diritto di accesso. Si sono creati due orientamenti opposti: un orientamento
minoritario che prevedeva un effetto abrogativo ad opera della legge 241/90 ed un
orientamento maggioritario, che invece ha proteso per l’idea della prevalenza di
speciali priori, cioè “ la norma posteriore generale non abroga al norma anteriore
speciale”54.
Anche il Consiglio di Stato è intervenuto per individuare un rapporto di
coordinazione tra le due leggi: i giudici si riferiscono in particolare al fatto che
l’art 10 della legge 142/90, a differenza dell’art 22 della legge 241/90,
consentirebbe una sorta di accesso indiscriminato agli atti dei comuni e delle
province da parte dei cittadini residenti nelle rispettive circoscrizioni territoriali,
senza necessità di allegare un interesse giustificativo della domanda”55.
Come già detto, lo scopo fondamentale del regolamento è quello di assicurare ai
cittadini il diritto di accesso ai documenti amministrativi: in questo senso però
dobbiamo capire quali siano effettivamente questi diritti ed inoltre è necessario che
venga data una regolamentazione più ampia,anche nei confronti di rifiuti ed inerzie
da parte della pubblica amministrazione. Innanzitutto un problema è dato dal fatto
54 F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, L’accesso ai documenti amministrativi, Giuffrè, Milano, 2007, p. 107-109; crf. Legge 8 giungo 1990, n. 142, in edscuola.it
che l’art 7 comma 4 afferma che il regolamento “disciplina il rilascio di copie di atti
previo pagamento dei soli costi”. Quali sono questi costi?
Ovviamente un costo elevato porterebbe il cittadino a non usufruire del suo diritto
di accesso, pertanto si tratta soltanto dei costi di fotoriproduzione oppure la
pubblica amministrazione può prevedere ed aggiungere altri costi?
La maggior parte della dottrina ritiene che si tratti soltanto dei costi di riproduzione
ed eventualmente delle spese effettive d’ufficio. Infatti si ritiene che altri costi per il
cittadino debbano essere individuati da una norma regolamentare oppure con un
atto successivo dell’amministrazione stessa: in questo senso è intervenuta la
Presidenza del Consiglio con una circolare del 1993 con la quale si precisa che “i
costi sopportati dall’ente debbano essere, fortettariamente, rimborsati attraverso
l’applicazione di marche da bollo”.
La norma generale cerca in generale di assicurare che il cittadino sia coinvolto nei
informazioni anche prima del provvedimento finale, soprattutto per una maggiore
trasparenza ed imparzialità della pubblica amministrazione.
Il regolamento ha diversi compiti che gli sono stati affidati dalla legge, come:
a) “dettare le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato
degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e
provvedimenti che comunque li riguardino”;
b) “assicurare la conoscibilità delle informazioni di cui è in possesso
l’amministrazione locale”. Questa previsione è importante per far sì che i cittadini
possano entrare in possesso di informazioni che provengono da altre
amministrazioni e che possono rilevarsi molto utili per lui.
Per quanto riguarda i casi particolari di diritto di accesso che non coinvolgono i
cittadini, troviamo l’accesso del difensore civico dal momento che alcuni statuti
prevedono tale possibilità per un maggior controllo sull’amministrazione locale. In
necessarie da parte dei responsabili degli enti e quindi senza pagare alcun costo
ha diritto di ricevere copia dei documenti per esercitare le sue funzioni.
Nonostante ciò, i difensori civici possono sì esercitare il loro diritto dal momento
che sono obbligati anche a presentare una relazione al consiglio, però, per evitare
che possano abusare del loro potere, non hanno poteri di accusa nei confronti
degli enti e non hanno il potere di indurre l’amministrazione ad intentare certi tipi di
provvedimenti di controllo sugli enti.
All’art 57 comma 4 della medesima legge si afferma “ I revisori dei conti hanno
diritto di accesso agli atti e ai documenti dell’ente” e questo ci fa capire che la
legge 142/90 prevede anche altre tipologie di accesso, tra cui il diritto di accesso
dei revisori dei conti. Questo diritto permette loro di “vigilare sulla regolarità
contabile e finanziaria della gestione dell’ente” (art 57, comma 5) e di
conseguenza, qualsiasi limite che venga imposto loro da disposizioni
Un ulteriore categoria menzionata all’interno della legge 142/90 è quella dei
consiglieri ed in particolare l’art 31, comma 5 afferma “I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono
tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge” e da ciò
possiamo capire che non venga imposto alcun limite ai consiglieri per poter
accedere alle informazioni da loro richieste, tranne in alcuni casi l’obbligo di
mantenere il segreto.
Per quanto riguarda il segreto d’ufficio, questo art 31 deve essere letto insieme
alla legge 241/90 ed all’art 15 del T.U. degli impiegati civili dello stato, dai quali si
deduce che “il responsabile degli uffici possa rilasciare copie dei supporti materiali
su cui le informazioni sono contenute” e da questo si capisce che i problemi
nascono quando le notizie devono essere riservate ed è proprio la legge che
Quindi il diritto dei consiglieri non è un diritto del tutto illimitato perché nel
richiedere le informazioni essi devono misurare la natura e la quantità degli atti
che richiedono56.