INDICE
INTRODUZIONE……….4
CAPITOLO 1 - Principi generali del diritto di accesso………6
1. Premessa……….6
2. Le origini del diritto di accesso……….7
3. La natura giuridica del diritto di accesso………...11
4. Il diritto di accesso nella Costituzione italiana……….17
5. L’accesso ai documenti amministrativi nell’Unione Europea……….23
CAPITOLO 2 - L’evoluzione normativa dell’accesso dalla legge 241/90 alla legge 69/2009………33
1. La prima legge unitaria in tema di diritto di accesso: la legge 241/90………….33
2. La legge 142/90………37
4. Un breve cenno al diritto di accesso dopo la legge 69/2009……….58
CAPITOLO 3 - Tutela della riservatezza e diritto di accesso………...61
1. La tutela dei dati personali prima e dopo la legge 142/90……….61
2. La legge sulla privacy………..65
3. Le novità introdotte dal D.Lgs. n. 135 del 1999………...69
4. Il Decreto Legislativo n. 196/2003……….71
5. Dopo la legge 15/2005……….77
6. Il nuovo D.P.R. n. 184 del 2006………..79
CAPITOLO 4 - L’accesso civico………..81
1. Il nuovo accesso civico “semplice” ai sensi del D.Lgs. 33/2013………...81
2. L’accesso civico “generalizzato” ai sensi del D.Lgs. 97/2016………...86
3. La riforma Brunetta………..94
5. Differenze tra accesso semplice ed accesso civico………100
6. Diritto di accesso generalizzato ed appalti pubblici: i primi contrasti giurisprudenziali e le vicende che hanno portato dall’Ordinanza n. 8051/2019 della Terza Sezione del Consiglio di Stato sino alla posizione dell’Adunanza Plenaria del 2020……….102
CONCLUSIONE………..111
BIBLIOGRAFIA………..113
INTRODUZIONE
Argomento del presente elaborato è l’analisi del diritto di accesso ai documenti
amministrativi, un istituto di grande impatto sociale che regola un particolare
aspetto del variegato rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione con la
duplice funzione di consentire da un lato la possibilità per il privato di ottenere il
rilascio di documenti altrimenti disponibili soltanto al soggetto pubblico e dall’altro
di garantire una maggiore trasparenza ed efficienza del lavoro che l’ente deve
assicurare con sempre maggior frequenza ai singoli utenti.
Proprio la consolidata quotidianità di questo rapporto pubblico-privato, di cui ho
preso coscienza durante l’approccio al diritto amministrativo, mi ha spinto ad
approfondire gli aspetti principali che lo caratterizzano, pur nella consapevolezza
che per la sua continua evoluzione e la sua necessità di adattarsi ad altre
situazioni giuridiche, il quadro che verrà fornito in questo lavoro sarà destinato a
Nella stesura che segue ho inteso mettere in rilievo l’evoluzione storica e
normativa dell’istituto nel nostro ordinamento (con una parentesi rivolta
all’approccio riservatogli da parte dell’Unione Europea), ponendomi come scopo
principale quello di descrivere i suoi cambiamenti con particolare attenzione ai
suoi rapporti con la tutela della privacy, un altro istituto di recente formazione che
con quello in esame deve essere necessariamente conciliato.
L’elaborato, che si suddivide in quattro capitoli, muove dalla descrizione dei tratti
salienti dell’istituto ed in particolare dalle sue origini e dalla sua natura giuridica,
per poi sviluppare, attraverso un excursus storico, la sua evoluzione normativa
muovendo dalla legge 241/90 sino alla legge 69/2009 e concludere con l’analisi di
due tematiche di particolare attualità: il rapporto tra diritto di accesso e tutela della
riservatezza e la nascita di una nuova tipologia del diritto di accesso, il così detto
“accesso civico” con le due recenti evoluzioni normative sino alla decisione
CAPITOLO 1
Principi generali del diritto di accesso
1. Premessa
Prima di fare un excursus storico e normativo del tema che andrò a trattare in
questa tesi, cioè il diritto di accesso, è necessario specificare cosa sia e cosa
comporti: esso è un diritto che i cittadini hanno nei rapporti con lo Stato e la
pubblica amministrazione, il cui scopo è la facoltà per i cittadini stessi di poter
accedere a dati, atti e documenti amministrativi con finalità diverse a seconda del
tipo di diritto che viene richiesto ogni volta1.
Leggendo vari libri sull’argomento, ho potuto constatare che si tratta di un diritto
che trova le proprie radici già nel 700 in Francia ed in Svezia, ma che soltanto
recentemente è stato disciplinato: infatti la prima legge fondamentale in materia è
la Legge 241/90, che per la prima volta ha riconosciuto valenza al diritto di
accesso2. Come vedremo nel corso della trattazione, questo diritto è mutato
enormemente grazie all’introduzione di nuove leggi o a modifiche di normative
precedenti che hanno portato sino alla Legge 69/2009, per cercare di rendere
sempre più produttiva l’efficienza della pubblica amministrazione e soprattutto il
principio di trasparenza, principio cardine del diritto di accesso3.
2. Le origini del diritto di accesso
Per quanto riguarda le vicissitudini storiche dell’accesso, i primi riferimenti che
troviamo sono da una parte quello della legge costituzionale svedese sulla stampa
del 1766, la quale all’art 11 prevedeva “il diritto di chiunque di consultare i dossier
in mano pubblica” e dall’altra parte la legge comunale e provinciale di Venezia del
1781 che precisava “di mostrare le Carte a chiunque del Comune le ricerchi, e
darne Copie, sempre con le convenienti Mercedi”4. In seguito, anche
nell’esperienza francese del 700 troviamo una sorta di “apertura” alla pubblicità e
2 F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, L’accesso ai documenti amministrativi, Giuffrè, Milano, 2007, p. 1-2
3 R. Bonfanti, op. cit., p. 1
4 Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, op. cit., p. 1-2; cfr. R. Scarciglia, L’accesso ai documenti
di quello che sarà poi l’accesso come lo conosciamo noi oggi: infatti la pubblicità
degli atti del potere era considerata una caratteristica essenziale per differenziare
lo Stato costituzionale dallo Stato assoluto.
Successivamente, con le legislazioni dell’800 invece si fa un passo indietro dal
momento che, invece di continuare con l’affermazione di un principio di pubblicità,
come era avvenuto nel 700, si offre maggior spazio alla cultura del segreto, “come
strumento di tutela dell’interesse alla riservatezza della pubblica amministrazione
e dei soggetti privati”5.
Soltanto nel 1990, con la legge 241/90 sul procedimento amministrativo, si ha il
passaggio dalla dimensione della segretezza a quella della pubblicità,
capovolgendo completamente il sistema precedente, dal momento che il
legislatore si era reso conto di dover creare uno strumento di maggior tutela per i
cittadini nei rapporti con il soggetto pubblico: per questo motivo gli esperti parlano
di “rivoluzione copernicana”6.
5 R. Scarciglia, L’accesso ai documenti amministrativi:attuazione legge 241/90, Rimini, Maggioli Editore, 1994, p. 20
Il percorso che ha portato alla promulgazione della Legge 241/90 non è però stato
semplice come può sembrare: infatti prima di questo momento, il legislatore aveva
già emanato alcune leggi di settore per cercare di aprire la strada ad un
cambiamento, leggi di settore che però non sono stati in grado di condurre ad una
vera e propria svolta. Tra queste possiamo ricordare:
a) l’art 25 della Legge 27 dicembre 1985, n. 816 che prevede “il diritto di tutti i
cittadini di prendere visione dei provvedimenti che sono stati emanati dai Comuni,
dalle Province, dai Consigli Circoscrizionali, dalle aziende speciali di enti
territoriali, dalle unità sanitarie locali, dalle Comunità Montane”;
b) l’art 14 della Legge 8 luglio, n. 349 in materia di tutela ambientale e legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente;
c) l’art 56 del R.D. 21 aprile 1942, modificato dal D.P.R. 23 giugno 1988, n. 250 in
base al quale “chiunque può richiedere dei pareri resi dal Consiglio di Stato in
sede di decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato o su richiesta della
novanta giorni dalla ricezione del parere stesso, che quest’ultimo deve restare
riservato”;
d) l’art 3 del D.L. 9 settembre 1988, n. 397, convertito in L. 9 novembre 1988, n.
475, ora abrogato, che prevedeva “l’obbligo per gli osservatori regionali sulla
produzione e smaltimento dei rifiuti di origine industriale di divulgare i dati sulla
produzione, raccolta e smaltimento dei rifiuti e sul recupero ed impiego delle
materie secondarie con sistemi informativi, con la pubblicazione di elenchi,
prospetti, sintesi, relazioni”;
e) l’art 9 della legge urbanistica e l’art 10 (nono comma) della legge 6 agosto
1967, n. 765 che sanciscono rispettivamente il diritto a visionare gli atti di progetto
del piano regolatore da parte di chiunque ne abbia interesse ed a prendere visione
presso gli uffici comunali della licenza edilizia e dei relativi elaborati di progetto;
f) l’art 20 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 che prevede “l’obbligo per le unità
sanitarie locali di assicurare l’informazione sanitaria ed ambientale in favore dei
lavoratori esposti a rischio”7.
3. La natura giuridica del diritto di accesso
Interesse legittimo o diritto soggettivo?
E’ questa la domanda che si sono posti molti studiosi dopo la legge 241/90 dal
momento che il legislatore dell’epoca si è limitato soltanto a dare una definizione
del diritto di accesso, senza chiarire invece anche la sua natura giuridica ed è per
questo che nel corso degli anni è nato un dibattito tra coloro che identificano
l’accesso ai documenti amministrativi come interesse legittimo e coloro invece che
lo identificano come diritto soggettivo8. Di conseguenza, ciascuna corrente di
pensiero ha sviluppato delle idee e della argomentazioni a sostegno della propria
tesi. Innanzitutto coloro che adottano la tesi della natura dell’interesse legittimo
portano a sostegno delle loro affermazioni le seguenti argomentazioni:
a) la prima argomentazione si basa sulla disomogeneità tra il diritto di accesso
disciplinato nel testo unico degli enti locali e quello previsto dalla legge generale
sul procedimento amministrativo9;
8 C. Puzzo, C. Giurdanella, L’accesso ai documenti amministrativi. Esercizio del diritto e tutela
giurisdizionale, Giuffrè, Milano, 2010, p. 31; cfr. F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, op. cit.,
p. 31
9 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 32; cfr. F. Caringella, Il Diritto Amministrativo, Tomo I, Simone 2003, 768
b) la seconda argomentazione è collegata alla legge 241/90, all’interno della quale
ricoprono particolare importanza i regolamenti attuativi che da una parte indicano
le modalità del diritto di accesso e dall’altra parte si occupano di delineare i casi di
esclusione. Questi regolamenti di attuazione farebbero rientrare la materia nella
c.d. funzione di alta amministrazione10, “caratterizzata da un’ampia discrezionalità
della pubblica amministrazione11”;
c) la terza argomentazione infine riguarda la devoluzione del contenzioso al
giudice amministrativo in materia di diritto di accesso.
In questo contrasto astratto tra diritto di accesso come diritto soggettivo e diritto di
accesso come interesse legittimo, la legge 241/90 propenderebbe per la seconda
soluzione; inoltre farebbe preferire per questa soluzione anche il fatto che non solo
vi sia un termine di decadenza del diritto di accesso, ma che vi sia anche un
obbligo di motivazione della richiesta di accesso12.
10 F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, op. cit., p. 33 11 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 32
Al contrario, la dottrina maggioritaria e gran parte della giurisprudenza adottano
l’altra tesi nominata prima, cioè quella del diritto soggettivo e coloro che
propendono per questa tesi infatti hanno cercato di confutare punto per punto le
argomentazioni tracciate dalla tesi contraria:
a) in primo luogo, i sostenitori di questa tesi hanno osservato che la discrezionalità
tra l’accesso previsto per gli enti locali e quello previsto dalla legge 241/90
dovrebbe essere risolto tramite il principio di ragionevolezza13;
b) in secondo luogo, è stato sostenuto che la pubblica amministrazione non abbia
un potere propriamente discrezionale di fronte alla verifica di una richiesta di
accesso, ma che questa debba effettuare un confronto tra i requisiti che il soggetto
ha dichiarato all’interno della richiesta ed i requisiti che sono previsti dalla legge,
senza che quest’ultimi vengano superati dalla valutazione di merito del soggetto
pubblico;
c) in terzo luogo viene abbandonata l’idea che un termine di decadenza possa
indicare la natura di interesse legittimo del diritto di accesso;
13 Ivi, p. 33; cfr. Figorilli, Alcune osservazioni sui profili sostanziali e processuali sul diritto d’accesso ai
d) un’ultima argomentazione a favore di questa tesi è caratterizzata dal fatto che,
in caso di accoglimento del ricorso, il giudice non soltanto annulla il diniego, ma
ordina all’amministrazione di esibire i documenti richiesti14.
Con la decisione n. 16 del 1999, l’Adunanza Plenaria si è pronunciata a favore
della tesi della natura di interesse legittimo del diritto di accesso, andando contro
la tesi ormai consolidata da parte della dottrina e della giurisprudenza della natura
di diritto soggettivo. Dopo questa posizione dell’Adunanza Plenaria, si è aperto un
nuovo dibattito in seguito alle novità che sono state introdotte dalla legge sul
processo amministrativo 21 luglio 2000 n. 205 e dalla riforma del titolo V della
Costituzione. Inoltre si deve sottolineare che il Consiglio di Stato con una
decisione del 2003 ha portato nuove argomentazione a favore della tesi della
natura di diritto soggettivo del diritto di accesso, argomentazioni quali ad
esempio15 che nella legge 241/90 il termine diritto va inteso in senso tecnico e non
in senso atecnico come nella Carta Costituzionale per la protezione di diverse
situazioni giuridiche soggettive oppure che delle situazioni simili previste in
14 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 33 15 Cons. di Stato, sez. VI, 27-05-2003, n. 2983
materia di enti locali sono state qualificate come di diritto soggettivo. Tra le varie
argomentazioni viene specificato inoltre che la pubblica amministrazione non ha
discrezionalità amministrativa, ma soltanto dei margini di discrezionalità tecnica
per controllare i presupposti per l’accesso ed infine che “la posizione soggettiva è
tutelata per situazioni individuali giuridiche rilevanti16”.
Dopo questa nuova posizione della giurisprudenza amministrativa, l’Adunanza
Plenaria è tornata a doversi pronunciare nuovamente sulla natura giuridica del
diritto di accesso nell’aprile del 2006: in questa occasione ha cambiato la sua
posizione affermando che “la posizione giuridico-soggettiva dell’accesso può
essere ricondotta ad una fattispecie di diritto pieno”17.
Nonostante tutto, anche in questo caso non è stata presa una netta decisione a
favore della natura di diritto soggettivo.
Il percorso che dottrina e giurisprudenza hanno compiuto in riguardo alla natura
giuridica del diritto di accesso è contenuto all’interno della pronuncia
dell’Adunanza Plenaria: innanzitutto dobbiamo sottolineare il fatto che questo
16 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 34 17 Ivi, p. 34-35
dibattito è nato agli albori, con l’entrata in vigore della legge 241/90 e si è protratto
sino ad oggi; il passo successivo si è avuto con la decisione n. 16 del 1999
dell’Adunanza Plenaria che ha appoggiato la tesi dell’interesse legittimo,
sottolineando il collegamento della posizione del privato con l’interesse pubblico;
nonostante la pronuncia sembrasse definitiva, non è stato così, infatti il dibattito è
continuato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato con decisioni invece che
avvicinano il diritto di accesso ad una natura di diritto soggettivo, capovolgendo
quindi la decisione del 1999. Come già detto, la tesi del diritto soggettivo afferma
che la pubblica amministrazione non abbia discrezionalità amministrativa, ma che
il soggetto pubblico si debba basare sulla sussistenza dei presupposti di legge e
l’assenza di elementi ostativi18.
Possiamo concludere dicendo che il dibattito è rimasto aperto tutti questi anni per
le difficoltà che si incontrano nell’inquadramento e nella distinzione nel nostro
ordinamento tra diritti soggettivi ed interessi legittimi dal momento che dottrina e
giurisprudenza, piuttosto che cercare una netta distinzione tra questi due istituti,
hanno cercato di elaborare criteri per discriminare i diritti soggettivi dagli interessi
legittimi. Però si può ben capire quanto sia difficile superare questa discussione
sulla natura dell’accesso agli atti della pubblica amministrazione19.
4. Il diritto di accesso nella Costituzione italiana
Per cercare di capire meglio l’istituto che sto analizzando in questa tesi, ho voluto
aprire una parentesi sulla storia del diritto di accesso nella nostra costituzione e
successivamente valutare anche l’approccio degli altri paesi europei per poter
capire da una parte come si sia veramente sviluppato questo diritto, ma dall’altra
poter fare un confronto tra il nostro paese e gli altri stati europei.
Partendo dall’analisi della nostra costituzione, dobbiamo evidenziare che non
contiene una disciplina specifica né per la libertà di informazione né per il diritto di
accesso e di conseguenza la domanda che sorge spontanea è “Perchè”?
Le ragioni potrebbero essere molte, però si pensa che questo vuoto sia derivato
da limitazioni durante la fase dei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente
oppure da mancanza di riferimenti nelle Costituzioni precedenti oppure dal
Costituente che, nell’elaborare l’art 21, ha guardato più al passato che ai problemi
del momento20.
Nel primo dopoguerra21 il tema dell’informazione trovava riconoscimento in due
documenti, da una parte nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del
1948 e dall’altra parte negli articoli 9 e 10 della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: in questi documenti ritroviamo la
distinzione tra la libertà di pensiero, la libertà di manifestare il proprio pensiero, la
libertà di informazione e quella di ricevere informazioni.
La domanda che adesso sorge è “Quale è il fondamento del diritto di accesso”?
Qui nasce un problema dal momento che la possibilità di accedere ai documenti
non è legato al principio libertà di informazione e di conseguenza il fondamento di
tale diritto deve essere ricercato altrove, per esempio in altre norme della
Costituzione oppure modificando l’art 2122.
20 R. Scarciglia, op. cit., p. 25
21 L. Paladin, Problemi e vicende della libertà di informazione, in La libertà d’informazione, UTET, Torino, 1979, p. 6
L’art 21 della Costituzione afferma “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione23”.
Dopo la prima stesura di questo articolo, in cui il legislatore enuncia il principio di
libertà di manifestazione del pensiero, negli anni sessanta la dottrina ha cercato di
rielaborare il pensiero del legislatore con il passaggio dalla libertà di
manifestazione del pensiero alla libertà di informazione24.
La Corte Costituzionale ha delineato un lato attivo che viene inteso come “libertà
di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti” ed un lato passivo della libertà di
informazione, inteso come “interesse generale, anch’esso indirettamente protetto
dall’art 21, alla informazione, il quale in un regime di libera democrazia, implica
pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di
ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle
idee25”.
23 La Costituzione, in www.senato.it
24 R. Scarciglia, op. cit., p. 25-26; cfr. A. Russo, Il diritto all’informazione nell’ordinamento regionale, in
Politica del Diritto, 1977, p. 115 e ss.
25 R. Scarciglia, op. cit., p. 26; cfr. Sent. Corte Cost., 15 giugno 1972, n. 105, in Giurisprudenza
La dottrina in seguito si è interrogata sul fatto se questo diritto di informazione
possa essere legato in qualche modo al diritto di accesso ai documenti
amministrativi: inizialmente Giannini aveva ritenuto che ci fosse una connessione
tra i due principi; invece autori successivi avevano distinto la libertà di
informazione, nella quale rientra il vero e proprio diritto di libertà di manifestazione
del pensiero dalla informazione amministrativa, nella quale si rintraccia il diritto di
accesso. Di conseguenza da una parte abbiamo l’informazione amministrativa che
ha per oggetto la pubblica amministrazione e la cui responsabilità incombe nello
stesso soggetto pubblico; dall’altra parte invece abbiamo la libertà di informazione
che ha per oggetto le fonti di informazione e la cui responsabilità ricade sul titolare
del diritto. Possiamo concludere affermando quindi che il diritto di informazione
amministrativa non costituisce una manifestazione della libertà di informazione26.
Per cercare di risolvere alcune problematiche sorte in seguito all’emanazione
dell’art 21, la Commissione parlamentare Bozzi per le riforme costituzionali aveva
cercato di introdurre l’art 21 bis per prevedere il diritto di accesso27.
26 R. Scarciglia, op. cit., p. 27-29 27 Ivi, p. 29
Anche la dottrina negli anni sessanta e settanta aveva cercato di trovare altre
disposizioni costituzionali che potessero costituire fondamento per il diritto di
accesso: si ricerca nel diritto di libertà di iniziativa privata, nelle libertà
fondamentali, nel principio della sovranità popolare, nel principio di pubblicità
dell’azione amministrativa. Un altro principio importante è il principio di
partecipazione, attraverso cui il cittadino ha la possibilità di esercitare tutti i diritti a
lui concessi dalla Costituzione: in particolare tra questi troviamo il diritto di voto,
forse il più importante, perché permette a tutti i cittadini di poter partecipare
direttamente alla vita politica del paese28.
Pensando invece alla categoria dell’amministrazione pubblica, gli studiosi
ritengono che dovrebbero esistere uffici pubblici in grado di tenere informati i
cittadini sulle loro attività con il fine di rendere ancora più efficiente l’operato del
soggetto pubblico e di creare un giusto rapporto tra amministrazione e cittadini,
basandoci sul principio di buon andamento e di imparzialità previsti dall’art 97
Costituzione29.
28 Ivi, p. 30 29 Ivi, p. 30-31
La giurisprudenza amministrativa aveva collegato il diritto di accesso anche ad
altri due articoli della Costituzione: l’art 97, comma 1 e l’art 98, comma 1, che
prevede “Gli impiegati pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione” e di
conseguenza dei cittadini30.
Dobbiamo però sottolineare che il diritto di accesso non soltanto viene considerato
come principio a sé stante, ma spesso anche strumentale rispetto alla tutela di altri
diritti o interessi ed allora in questo caso può essere collegato ad altri due articoli
costituzionali che sono l’art 24, comma 1 che prevede “Tutti possono agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi” e l’art 113, comma 1 che
prevede “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la
tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di
giurisdizione ordinaria o amministrativa”31.
Concludendo, possiamo dire che dottrina e giurisprudenza hanno trovato vari
principi ai quali collegare il diritto di accesso, però il più importante rimane il
principio di buon andamento e di imparzialità dell’Amministrazione previsto dall’art
30 Ivi, p. 31; cfr. C.G.A., 28 luglio 1988, n. 130, in Foro Amministrativo, 1988, p. 2906 31 R. Scarciglia, op. cit., p. 31; cfr. La costituzione, in www.senato.it
97 Costituzione. Infatti il diritto di accesso non è soltanto un modo di conoscenza
degli atti da parte dei cittadini, ma è soprattutto uno strumento per verificare
l’efficienza del soggetto pubblico32.
5. L’accesso ai documenti amministrativi nell’Unione Europea
Dopo aver analizzato il percorso del diritto di accesso nel nostro paese, vediamo
quando per la prima volta questo diritto si è “affacciato” in Europa e come è stato
disciplinato.
Un primo approccio in Europea si è avuto con la Dichiarazione n. 17 allegata al
Trattato di Maastricht, che invitata la Commissione ad ampliare l’accesso alle
informazioni delle istituzioni da parte dei cittadini: approccio comunque sempre
troppo arido dal momento che l’accesso non era considerato ancora come un vero
e proprio diritto. E’ grazie al Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 (entrato poi
in vigore il 1 maggio 1999) che l’accesso viene identificato come un diritto: infatti
ha introdotto l’art 255, che poi verrà sostituito dall’art 15 TFUE, che prevede “la
possibilità per qualsiasi cittadino di accedere ai documenti della Commissione
Europea, del Parlamento e del Consiglio”. Questo articolo però ha creato qualche
problema:
a) innanzitutto perché afferma il diritto di accedere ai documenti da parte “dei
cittadini e delle persone fisiche e giuridiche che abbiano la residenza o la sede
sociale in uno stato membro” e di conseguenza viene inteso come un diritto
correlato al diritto di cittadinanza;
b) perché non è inserito nella parte del trattato dedicata ai principi, ma nella parte
dedicata al funzionamento delle istituzioni;
c) infine perché il Trattato parla soltanto dell’accesso ai documenti della
Commissione Europea, del Parlamento e del Consiglio, senza nominare altre
istituzioni europee.
Un cambiamento significativo si ha poi con il Trattato di Lisbona del 2007, da una
parte perché viene attribuito effetto vincolante alla Carta dei diritti fondamentali,
perché l’art 15 TFUE afferma “1. Al fine di promuovere il buon governo e garantire
la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi
dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile.
3. Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda
o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti
delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto,
secondo i principi e alle condizioni da definire a norma del presente paragrafo”33.
In seguito a questa prima evoluzione del diritto di accesso, un importante passo in
avanti è stato compiuto dal regolamento 1049/2001/CE del 30 maggio 2001 in cui
il diritto di accesso alle istituzioni comunitarie diviene un diritto vero e proprio. I
titolari di esso sono “i cittadini dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che
risieda o abbia la sede sociale in uno stato membro;i non cittadini non hanno
questo diritto, ma le istituzioni possono concederlo alle stesse condizioni dettate
dal regolamento”. I cittadini quindi non devono dimostrare di avere interesse per
poter richiedere l’accesso, dal momento che il principio base è quello della
33 M. Salvadori, Il diritto di accesso all’informazione nell’ordinamento dell’Unione Europea, in evpsi.org, p. 1-2; cfr. TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA, in eur-lex.europa.eu
trasparenza dell’amministrazione e di un controllo sul suo operato, così da rendere
anche più propenso il cittadino alla richiesta del diritto.
Per quanto riguarda l’oggetto di tale diritto, essi sono i documenti del Parlamento,
del Consiglio e della Commissione. Quando si parla di documento si fa riferimento
a qualsiasi tipo di testo: testo cartaceo o elettronico, registrazione visiva o sonora.
Per proteggere l’interesse pubblico, l’accesso può essere negato per motivi di
sicurezza, di difesa, di questioni militari ecc.
Sul procedimento, va sottolineato che esso inizia con la domanda che viene
presentata dal soggetto in forma scritta, anche elettronica e che non deve essere
motivata; essa però deve essere completa, altrimenti si ha un dialogo informale tra
cittadino ed istituzione per trovare l’oggetto della richiesta. Entro 15 giorni,
l’istituzione deve accettare la richiesta o rigettarla con risposta scritta motivata.
Il ricorso avverso il diniego totale o parziale di accesso o contro la mancata
risposta delle istituzioni avviene in due fasi: la prima fase è di carattere
domandare all’istituzione di rivedere la propria domanda; invece la seconda fase è
di carattere giurisdizionale dal momento che l’istituzione può accettare la domanda
oppure riconfermare il diniego con motivazione ed indicando al soggetto i mezzi di
ricorso, cioè il ricorso giurisdizionale contro l’istituzione ed anche la denuncia al
mediatore europeo34.
Il passo successivo si è avuto con la Convenzione di Aarhus “sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia
ambientale” firmata dalla Comunità Europea il 25 giugno 1988 in Danimarca ed
entrata in vigore nel 200135. Per cercare di adattare le legislazioni dei paesi
europei alla Convenzione di Aarhus, il 28 gennaio 2003 è stata emanata la
Direttiva 2003/4/CE del Parlamento e del Consiglio che permette l’accesso del
pubblico all’informazione ambientale: la direttiva è entrata poi in vigore il 13
febbraio 2003 con la prerogativa che i paesi europei avrebbero dovuto recepirla
entro il 14 febbraio 2005 e la sua peculiarità è quella di abrogare la direttiva
34 M. Salvadori, op. cit., p. 3-5
90/313/CEE del Consiglio che riguardava la libertà di accesso all’informazione in
materia di ambiente.
La direttiva 2003/4/CE si occupa nello specifico di stabilire i termini e le modalità
che il cittadino deve seguire quando deve accedere alle informazioni ambientali:
l’aspetto fondamentale è il fatto che ogni volta che un cittadino richiede tali
informazioni, le autorità pubbliche hanno l’obbligo di fornirle anche senza una
motivata ragione da parte del richiedente. Queste informazioni devono essere
fornite nella forma prevista dal richiedente, a meno che non siano già disponibili al
pubblico in altri formati. Il tempo a disposizione delle autorità per la ricerca di
queste informazioni è di 1 mese, termine che può essere prolungato a 2 mesi nel
caso in cui la richiesta sia particolarmente difficile e complessa. I paesi dell’Unione
Europea hanno il compito di far sì che le autorità lavorino con diligenza, fornendo
un elenco di autorità pubbliche a cui i cittadini possono rivolgersi, istituendo uffici
di consultazione e creando registri o elenchi dei documenti in loro possesso e del
è gratuito, anche se le autorità possono comunque richiedere un compenso, che
deve essere però ragionevole.
Le autorità possono decidere di non accogliere le domande soltanto in alcuni casi
specifici e stabiliti, come per esempio se sono formulate in termini troppo generici,
se sono infondate o se riguardano comunicazioni interne. Per una maggiore
protezione a favore del cittadino, è stata prevista inoltre la possibilità per
quest’ultimo, qualora ritenga che la sua domanda sia stata rifiutata ingiustamente,
di rivolgersi ad un Tribunale o ad altro organi competente.
L’informazione ambientale è accessibile anche elettronicamente, con alcun
contenuti obbligatori, come:
a) “i testi di trattati internazionali, le politiche, i piani e i programmi relativi
all’ambiente”;
b) “le relazioni sullo stato di attuazione degli elementi di cui sopra”; c) le relazioni sullo stato dell’ambiente”;
e) “le autorizzazioni che potrebbero avere un impatto significativo sull’ambiente”; f) “gli studi sull’impatto e la valutazione dei rischi”.
Queste informazioni devono sempre essere precise e tenute aggiornate da parte
dei paesi dell’Unione Europea36.
In Italia questa direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo n. 195 del 2005
con il quale si garantisce il diritto di accesso all’informazione ambientale da parte
della autorità pubbliche attraverso le modalità stabilite dal decreto37.
Il regolamento n. 1367 del 2006 è entrato in vigore il 28 settembre 2006 ed è stato
però applicato soltanto dal 28 giugno 2007 con lo scopo di far sì che le istituzioni
attuino gli obblighi previsti dalla Convenzione di Aarhus. Tale regolamento prevede
che le istituzioni e gli organi dell’Unione Europea:
a) garantiscano l’accesso alle informazioni ambientali al pubblico;
b) garantiscano che le informazioni ambientali siano sempre disponibili al
pubblico;
36 Accesso del pubblico all’informazione ambientale. Direttiva 2003/4/CEE sull’accesso del pubblico
all’informazione ambientale, in eur-lex.europa.eu
37 Dott.ssa V. Vattani, Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 - Attuazione della direttiva 2003/4/CE
c) concedano che la giustizia ambientale sia di accesso pubblico;
d) distribuiscano le informazioni all’interno di banche dati che possano essere
consultate facilmente dal pubblico;
e) non debbano fare discriminazioni di cittadinanza, razza o domicilio quando
ricevono richiesta da parte di un cittadino;
f) aggiornino tutte le informazioni a loro disposizione e che queste siano sempre
esatte e compatibili;
g) contattino il richiedente entro 15 giorni lavorativi se non ha ricevuto le
informazioni che aveva richiesto38.
Lo sviluppo nel corso degli anni del diritto di accesso agli atti delle istituzioni
dell’Unione Europea ha portato alla “creazione” di un vero e proprio diritto in capo
al cittadino, diritto che può essere esercitato anche di fronte alla Corte di giustizia.
Infatti, come già detto in precedenza, questo accesso agli atti non è finalizzato alla
tutela di una situazione giuridica soggettiva, ma segue un principio di trasparenza
38 Informazioni ambientali:accesso del pubblico (convenzione di Aarhus). Regolamento (CE) n.
dell’azione delle istituzioni europee e perciò finalizzato ad un controllo sull’operato
dell’amministrazione39.
CAPITOLO 2
L’evoluzione normativa dell’accesso dalla legge 241/90 alla legge 69/2009
1. La prima legge unitaria in tema di diritto di accesso: la legge 241/90
Come già anticipato nel capitolo precedente, la strada che ha portato il diritto di
accesso a quello che è oggi, è stata una strada lunga e complessa, iniziata con
alcune leggi di settore negli anni 80 del secolo scorso e che, nonostante
l’introduzione di una legge fondamentale nel 1990, ancora oggi non ha trovato una
disciplina del tutto definitiva, dal momento che il suo studio è ancora in continua
evoluzione con l’introduzione di nuove leggi e decreti legislativi.
La prima legge che ha rappresentato un punto di svolta per l’istituto del diritto di
accesso è stata la Legge n. 241 del 7 agosto 1990 sul procedimento
amministrativo, la cosiddetta “Legge sulla trasparenza amministrativa”40, che
all’articolo 22 ha disciplinato per la prima volta il diritto di accesso conferendoli
veste legale in maniera definitiva41.
Prima di parlare del diritto di accesso vero e proprio, è doveroso spendere qualche
parola in generale su questa legge 241/90, legge rivoluzionaria del procedimento
amministrativo. Come mai rappresenta un punto di svolta?
Innanzitutto ha modificato completamente il sistema precedente basato sul
segreto e sul divieto di divulgazione degli atti che erano in possesso della pubblica
amministrazione, creando un nuovo sistema basato invece sui principi di pubblicità
e trasparenza così che tutti potessero accedere agli atti pubblici: questi principi
sono così diventati principi generali della pubblica amministrazione42.
Inoltre ha capovolto il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, dando un
ruolo centrale al cittadino nel rapporto con il pubblico, rapporto che non è più
autoritativo, ma piuttosto paritario43. Inoltre, cosa che interessa a noi in questa
sede, è stata la prima legge organica in materia e di conseguenza ha dato la
41 G. Cassano, M. Del Vecchio, Diritto alla riservatezza e accesso ai documenti amministrativi, Milano, Giuffrè, 2001, p. 127
42 C. Puzzo, C. Giurdanella, L’accesso ai documenti amministrativi. Esercizio del diritto e tutela
giurisdizionale, Milano, Giuffrè, 2010, p. 8; cfr. Miele, Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso, Giappichelli, 1995
prima vera disciplina al diritto di accesso che da quel momento è stato oggetto di
studi e di continue modifiche44.
I principi cardine che devono essere posti alla base dell’operato della pubblica
amministrazione sono enunciati dall’art 1 della legge stessa e sono il principio di
economicità, il principio di efficienza, il principio di pubblicità, il principio di
imparzialità ed il principio di trasparenza45.
Abbiamo detto che questa legge è stata la prima a dare valore ed importanza al
diritto di accesso ed è per questo che gli studiosi nel tempo si sono chiesti dove
debba essere ricercato il fondamento di tale valore e si sono così create due
correnti diverse:
a) parte della dottrina richiede che si debba ricercare il fondamento nell’art 21
della Costituzione e quindi sia da collegarsi al diritto di informazione;
b) altra parte ritiene invece che debba essere ricercato negli articoli 97 e 98 della
Costituzione e quindi sia da collegarsi in parte al principio del buon andamento
44 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 9 45 G. Cassano, M. Del Vecchio, op. cit., p. 127
della pubblica amministrazione ed in parte al principio che i pubblici impiegati sono
al servizio esclusivo della Nazione46.
Come vedremo poc’anzi, esiste anche un’altra legge che ha segnato una svolta
nel diritto di accesso insieme alla legge 241/90 ed è la legge 8 giugno 1990, n.
142, la cosiddetta legge sulle autonomie locali, successivamente abrogata dal d.
lgs. n. 267 del 200047.
La considerazione che deve essere fatta è che il diritto di accesso è sicuramente
uno strumento che ha rivoluzionato il mondo del diritto amministrativo e soprattutto
il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, dal momento che viene
assicurata trasparenza ed imparzialità da parte della pubblica amministrazione e
che gli interessati hanno la possibilità di conoscere gli atti del provvedimento
amministrativo per difendersi e presentare i proprio documenti.
Questa reale importanza del diritto di accesso è stata riconosciuta anche
recentemente dal Consiglio di Stato che ha stabilito questo diritto come “uno
46 D. Vaiano, Accesso agli atti: dalla legge 241/90 alla riforma Madia, in studiocataldi.it 47 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 8
strumento indispensabile per equilibrare il rapporto del singolo con l’apparato
amministrativo”48.
L’accesso previsto dalla legge 241/90 è il cosiddetto accesso comune che è stato
introdotto dagli articoli 22 e seguenti della legge. Però questo non è l’unica
tipologia di accesso prevista dal nostro ordinamento perché ne esistono altre due:
a) l’accesso civico, disciplinato dall’art 5 comma 1 del d. lgs. 33/13;
b) l’accesso generalizzato, disciplinato dall’art 5 comma 2 del d. lgs. 33/1349.
Oltre a queste forme di accesso, esistono poi altre forme peculiari previste da
discipline di settore, come per esempio l’accesso ambientale, l’accesso nel codice
degli appalti oppure l’accesso disciplinato dal T.U. degli enti locali50.
2. La legge 142/90
Nello stesso anno della normativa n. 241/90, nel nostro ordinamento è stata
promulgata un’altra legge dove si prevede il diritto di accesso dei cittadini alle
48 R. Scarciglia, L’accesso ai documenti amministrativi: attuazione della legge 241/90, Rimini, Maggioli, 1994, p. 70; crf Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 1993, n. 530, cit., p. 609
49 R. Bonfanti, Il diritto di accesso: un arcipelago in continua evoluzione, in diritto.it 50 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 9
informazioni ed ai procedimenti amministrativi51: si tratta della legge 142 dell’8
giugno 1990, successivamente abrogata dall’art 274 del T.U.E.L., approvato a sua
volta con D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 26752.
Come già anticipato nel capitolo precedente, insieme alla legge 241/90, sono le
prime due normative che hanno cercato di rivoluzionare il sistema precedente per
rafforzare e valorizzare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione ed in
particolare, nel caso della legge di cui si sta trattando, del rapporto tra cittadini ed
amministrazione locale. Anche in questa circostanza, una legge generale,
promulgata con l’obiettivo di riformare le autonomie locali per l’organizzazione di
Comuni e Province, ha dedicato un articolo al diritto di accesso, in particolare l’art
7 dove al comma 4 afferma “Il regolamento ai cittadini, singoli o associati, il diritto
di accesso agli atti amministrativi”53.
Cercando di analizzare le due leggi, che apparentemente abbiamo detto avere
uno scopo in comune, ho notato che esistono delle differenze interne, come per
51 R. Scarciglia, op. cit., p. 49
52 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 8; cfr. Legge 8 giugno 1990, n. 142. Ordinamento delle autonomie
locali, in bosettiegatti.eu
esempio quella analizzata da F. Caringella, R. Garofoli e M. T. Sempreviva nel loro
libro in relazione alla “titolarità soggettiva”, che trova due discipline diverse a
seconda che si guardi alla legge n. 142 oppure alla legge n. 241 del 1990: questa
diversità ha portato gli studiosi a ritenere che nel nostro ordinamento ci si trovi di
fronte ad un “doppio regime” del diritto di accesso. Infatti nell’art 7 comma 3 della
legge 142/90 che afferma “Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale
sono pubblici” ritroviamo un principio a noi già noto, analizzato nel primo capitolo
con l’art 25 della Legge n. 816 del 27 dicembre 1985 (una delle leggi di settore sul
diritto di accesso che sono state introdotte dal legislatore prima della svolta vera e
propria con le due leggi del 1990) in base al quale “Tutti ci cittadini hanno diritto di
prendere visione di tutti i provvedimenti adottati dai comuni, dalle province, dai
consigli circoscrizionali, dalle aziende speciali di enti territoriali, dalle unità
sanitarie locali, dalle comunità montane”.
Ovviamente, come spesso accade, la legge presenta anche dei limiti oltre alle
tutti gli atti dell’amministrazione sono pubblici “ad eccezione di quelli riservati per
espressa disposizione di legge o per effetto di una temporanea e motivata
dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione,
in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle
persone, di gruppi o delle imprese”. Quindi possiamo affermare che questa
normativa rappresenti una garanzia per il cittadino contro l’amministrazione locale
che spesso potrebbe approfittare della sua posizione e questo in base all’art 7
comma 4 “ Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di
accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo
pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei
servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai
cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame
di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto
dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso
Un’altra legge importante che abbiamo già citato nel primo capitolo per cercare di
qualificare il diritto di accesso come diritto soggettivo alla conoscenza è la Legge
istitutiva del Ministero dell’Ambiente, n. 349 dell’8 luglio 1986 che permette a tutti i
cittadini di poter accedere alle informazioni in possesso della pubblica
amministrazione in materia ambientale.
Dopo queste varie precisazioni e le differenze tra la legge 241 e la legge 241, per
migliorare il lavoro sul piano pratico, è palese che si sia cercato di trovare un
coordinamento tra le due normative e di conseguenza si è arrivati al punto di
dover scegliere tra due ipotesi: la prevalenza dell’una sull’altra oppure una
differenziazione vera e propria per quanto riguarda modalità e presupposti del
diritto di accesso. Si sono creati due orientamenti opposti: un orientamento
minoritario che prevedeva un effetto abrogativo ad opera della legge 241/90 ed un
orientamento maggioritario, che invece ha proteso per l’idea della prevalenza di
speciali priori, cioè “ la norma posteriore generale non abroga al norma anteriore
speciale”54.
Anche il Consiglio di Stato è intervenuto per individuare un rapporto di
coordinazione tra le due leggi: i giudici si riferiscono in particolare al fatto che
l’art 10 della legge 142/90, a differenza dell’art 22 della legge 241/90,
consentirebbe una sorta di accesso indiscriminato agli atti dei comuni e delle
province da parte dei cittadini residenti nelle rispettive circoscrizioni territoriali,
senza necessità di allegare un interesse giustificativo della domanda”55.
Come già detto, lo scopo fondamentale del regolamento è quello di assicurare ai
cittadini il diritto di accesso ai documenti amministrativi: in questo senso però
dobbiamo capire quali siano effettivamente questi diritti ed inoltre è necessario che
venga data una regolamentazione più ampia,anche nei confronti di rifiuti ed inerzie
da parte della pubblica amministrazione. Innanzitutto un problema è dato dal fatto
54 F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, L’accesso ai documenti amministrativi, Giuffrè, Milano, 2007, p. 107-109; crf. Legge 8 giungo 1990, n. 142, in edscuola.it
che l’art 7 comma 4 afferma che il regolamento “disciplina il rilascio di copie di atti
previo pagamento dei soli costi”. Quali sono questi costi?
Ovviamente un costo elevato porterebbe il cittadino a non usufruire del suo diritto
di accesso, pertanto si tratta soltanto dei costi di fotoriproduzione oppure la
pubblica amministrazione può prevedere ed aggiungere altri costi?
La maggior parte della dottrina ritiene che si tratti soltanto dei costi di riproduzione
ed eventualmente delle spese effettive d’ufficio. Infatti si ritiene che altri costi per il
cittadino debbano essere individuati da una norma regolamentare oppure con un
atto successivo dell’amministrazione stessa: in questo senso è intervenuta la
Presidenza del Consiglio con una circolare del 1993 con la quale si precisa che “i
costi sopportati dall’ente debbano essere, fortettariamente, rimborsati attraverso
l’applicazione di marche da bollo”.
La norma generale cerca in generale di assicurare che il cittadino sia coinvolto nei
informazioni anche prima del provvedimento finale, soprattutto per una maggiore
trasparenza ed imparzialità della pubblica amministrazione.
Il regolamento ha diversi compiti che gli sono stati affidati dalla legge, come:
a) “dettare le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato
degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e
provvedimenti che comunque li riguardino”;
b) “assicurare la conoscibilità delle informazioni di cui è in possesso
l’amministrazione locale”. Questa previsione è importante per far sì che i cittadini
possano entrare in possesso di informazioni che provengono da altre
amministrazioni e che possono rilevarsi molto utili per lui.
Per quanto riguarda i casi particolari di diritto di accesso che non coinvolgono i
cittadini, troviamo l’accesso del difensore civico dal momento che alcuni statuti
prevedono tale possibilità per un maggior controllo sull’amministrazione locale. In
necessarie da parte dei responsabili degli enti e quindi senza pagare alcun costo
ha diritto di ricevere copia dei documenti per esercitare le sue funzioni.
Nonostante ciò, i difensori civici possono sì esercitare il loro diritto dal momento
che sono obbligati anche a presentare una relazione al consiglio, però, per evitare
che possano abusare del loro potere, non hanno poteri di accusa nei confronti
degli enti e non hanno il potere di indurre l’amministrazione ad intentare certi tipi di
provvedimenti di controllo sugli enti.
All’art 57 comma 4 della medesima legge si afferma “ I revisori dei conti hanno
diritto di accesso agli atti e ai documenti dell’ente” e questo ci fa capire che la
legge 142/90 prevede anche altre tipologie di accesso, tra cui il diritto di accesso
dei revisori dei conti. Questo diritto permette loro di “vigilare sulla regolarità
contabile e finanziaria della gestione dell’ente” (art 57, comma 5) e di
conseguenza, qualsiasi limite che venga imposto loro da disposizioni
Un ulteriore categoria menzionata all’interno della legge 142/90 è quella dei
consiglieri ed in particolare l’art 31, comma 5 afferma “I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono
tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge” e da ciò
possiamo capire che non venga imposto alcun limite ai consiglieri per poter
accedere alle informazioni da loro richieste, tranne in alcuni casi l’obbligo di
mantenere il segreto.
Per quanto riguarda il segreto d’ufficio, questo art 31 deve essere letto insieme
alla legge 241/90 ed all’art 15 del T.U. degli impiegati civili dello stato, dai quali si
deduce che “il responsabile degli uffici possa rilasciare copie dei supporti materiali
su cui le informazioni sono contenute” e da questo si capisce che i problemi
nascono quando le notizie devono essere riservate ed è proprio la legge che
Quindi il diritto dei consiglieri non è un diritto del tutto illimitato perché nel
richiedere le informazioni essi devono misurare la natura e la quantità degli atti
che richiedono56.
3. Le novità introdotte dalla legge 15/2005
Passati 15 anni dalle prime due leggi che hanno dato un significativo apporto al
diritto di accesso, il legislatore ha deciso di compiere nel nostro ordinamento
modifiche al procedimento amministrativo per cercare di prescrivere una disciplina
più organica e completa rispetto alle leggi precedenti ed ha così emanato una
nuova legge, la legge n. 15 dell’11 febbraio 2005, la quale ha visto inoltre una
profonda riscrittura del capo V della legge 241/90 che si occupa di disciplinare il
diritto di accesso ai documenti amministrativi57.
Il nostro ordinamento nel corso degli anni è cambiato continuamente ed è per
questo che il legislatore ha deciso di emanare questa nuova legge per adeguarla
56 R. Scarciglia, op. cit., p. 56-60; cfr. Legge 8 giugno 1990, n. 142. Ordinamento delle autonomie locali, in edscuola.it
57 Ciammola, Il diritto di accesso ai documenti dopo la legge n. 15 del 2005: natura, soggetti legittimati e
ambito applicativo, in www.amministrazioneincammino.it; cfr. Dott. Aldo Ceniccola, Il diritto di
sia alle nuove pronunce della dottrina e della giurisprudenza sia a nuove leggi sia
ad innovazioni all’interno della Costituzione, come per esempio le recenti
disposizioni che sono state apportate nel codice della privacy oppure la riforma del
Titolo V, parte II della Costituzione58.
Questa nuova legge non ha modificato completamente la vecchia disciplina, ma si
è concentrata soprattutto su alcuni aspetti fondamentali del diritto di accesso,
come:
a) la natura, dando una definizione di “diritto di accesso” e dell’oggetto di esso; b) i titolari del diritto;
c) il procedimento; d) i limiti59.
Il primo articolo riformato che andiamo ad analizzare è l’art 15 della legge 15/2005
che sostituisce l’art 22 della legge 241/90: si tratta del diritto di accesso
58 P. Pozzani, Nuovi profili del diritto di accesso dopo l. 15/2005, in www.francocrisafi.it; cfr. C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 3-4; cfr. F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, op. cit., p. 14
“conoscitivo” oppure “informativo” che si differenzia da quello disciplinato dall’art
10 della legge precedente, detto “partecipativo”60.
Il primo comma dell’art 15 è importante perché ci fornisce la definizione non
soltanto di diritto di accesso, ma anche di altre essenziali espressioni per poter
capire a fondo questo istituto:
a) alla lettera a il diritto di accesso è definito come “il diritto degli interessati di
prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”61;
b) alla lettera b con il termine interessati si intendono “tutti i soggetti privati,
compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse
diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”.
In primo luogo dobbiamo dire che l’articolo sottolinea che l’interesse deve essere
diretto, ovvero personale e questo significa che deve appartenere alla sfera
dell’interessato; concreto e quindi ci deve essere uno stretto legale tra il soggetto
60 Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.
61 Paola Pozzani, op. cit.; cfr. Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.; cfr. C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 13; cfr. Legge 11 Febbraio 2005, n. 15. Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990 n. 241,
ed un bene che si trova nel documento che viene richiesto; attuale, termine
dibattuto rispetto agli altri due, ma che comunque si pensa debba riguardare la
richiesta di accesso ai documenti. Oltre a questi tre aggettivi, la dottrina prevalente
ne individua anche altri due: serio, meritevole e ciò significa che lo scopo
dell’interesse deve essere quello di creare disagio e tormento; adeguatamente
motivato, perché le motivazioni dell’interesse devono essere inserite all’interno
della domanda62.
In secondo luogo ci dobbiamo concentrare sull’espressione “tutti i soggetti privati”
che ha sostituito il termine “chiunque” della precedente normativa perché
sottolinea che si debba escludere automaticamente che i soggetti pubblici siano
titolari del diritto di accesso, in base al nuovo articolo 15, comma 5 della legge
15/2005; mentre in precedenza la giurisprudenza aveva previsto la possibilità
anche per i soggetti pubblici di esercitare il diritto di accesso.
Mentre in passato il termine “chiunque” aveva dato problemi per quanto riguarda
la sua interpretazione, con la nuova legge si distinguono i tre elementi con i quali
62 Dott. Aldo Ceniccola. op. cit.; cfr. C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 22; cfr. Legge 11 febbraio 2005,
si individua la titolarità di un soggetto: “la natura giuridica del titolare; i requisiti
della situazione giuridicamente tutelata che è posta alla base della richiesta; il
collegamento tra questa situazione ed il documento che si richiede”63.
Questa espressione “tutti i soggetti privati” deriva anche dal fatto che il legislatore
ha voluto dare importanza al lavoro di molte associazioni formalmente di natura
privata, che però si sono occupati della difesa di interessi superindividuali, come
per esempio la tutela del patrimonio artistico e storico64.
In terzo luogo dobbiamo sottolineare che in questo nuovo articolo si parla di
“situazione tutelata” e non più “situazione rilevante” e che questa debba essere
posta in collegamento dalla legge con il documento del quale l’interessato richiede
l’accesso65;
c) alla lettera c con il termine controinteressati si intende “tutti i soggetti, individuati
o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che
63 C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 21-24-25 64 Ivi, p. 21-22
dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla
riservatezza”66;
d) alla lettera d viene definito l’oggetto del diritto di accesso, il documento
amministrativo è “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o
non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente
dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Con
questa nuova definizione sono stati risolti due problemi rispetto alla disciplina
precedente: da una parte l’articolo ci dice che possono essere oggetto del diritto di
accesso anche gli atti interni, cioè gli atti endoprocedimentali; dall’altra parte ci si è
chiesti se oggetto del diritto potessero essere anche gli atti di diritto privato che
sono stati emessi dalla pubblica amministrazione e la risposta della dottrina più
recente è stata quella di sottolineare il fatto che non sia importante se si tratti di
atti di diritto privato o pubblico, ma l’importante è che si tratti di un’attività in cui la
pubblica amministrazione segue il principio di imparzialità e la tutela dell’interesse
pubblico67;
e) alla lettera e infine troviamo il termine pubblica amministrazione, inteso come
“
t
utti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”68.Il fondamento giuridico del diritto di accesso conoscitivo lo ritroviamo sia nel
“principio di trasparenza amministrativa” sia negli articoli 97 e 98 della
Costituzione dove vengono formulati i principi di buon andamento ed imparzialità
della Costituzione; inoltre la legge 15/2005 ha espresso un nuovo principio al suo
art 15,comma 2 dove afferma “L'accesso ai documenti amministrativi, attese le
sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività
amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e
la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi
dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la
67 Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.; cfr. Legge 11 febbraio 2005, n. 15, in www.camera. it 68 Legge 11 febbraio 2005, n. 15, in www.camera.it
potestà delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, di
garantire livelli ulteriori di tutela”. Questo nuovo principio quindi può essere
rinvenuto nell’art 117, comma 2, lettera m della Costituzione che afferma che “lo
stato ha legislazione esclusiva nelle determinazioni dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale”. In questo senso quindi il lavoro amministrativo svolto delle
regioni e degli enti può essere vincolato dall’accesso ai documenti amministrativi;
però con questa nuova legge le regioni e gli enti hanno la possibilità di garantire
maggior tutela per quanto riguarda le loro competenze e di conseguenza regolare
nei limiti concessi l’esercizio del diritto di accesso. Pertanto si dice che il diritto di
accesso non soltanto è stato elevato a principio generale dell’attività
amministrativa, ma inoltre ha una grande rilevanza costituzionale69.
Il secondo articolo che andiamo ad analizzare è il nuovo art 16 della legge
15/2005 che ha sostituto l’art 24 della legge 241/90 in cui si tratta il tema
69 Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.; C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 4, cfr. F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, op. cit., p. 15; cfr. Legge 11 febbraio 2005, n. 15, in www.camera.it, cfr. Articolo 117
dell’esclusione del diritto di accesso, il quale è stato modificato soprattutto per
adeguarlo alla nuova disciplina in tema di privacy ed al comma 1, oltre alla lettera
a già prevista dalla normativa precedente, introduce altri casi in cui il diritto di
accesso può essere escluso:
a) per i documenti coperti da segreto di stato; b) nei procedimenti tributari;
c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di
atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti
informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi.
Un’altra importante novità di questo articolo è il comma 4 nel quale viene
introdotto il “potere di differire” l’accesso ai documenti che vengono richiesti dai
soggetti interessati, cioè la possibilità per la pubblica amministrazione di negare
l’accesso a quei documenti soltanto per un periodo di tempo stabilito: questo
poteva essere svolto soltanto nei casi in cui la richiesta di un documento potesse
ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa.
Inoltre al comma 6 è prevista la possibilità per il governo di sottrarre l’accesso in
alcuni stabiliti, in base all’art 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Infine troviamo il comma 7, probabilmente la novità più importante di questo
articolo 16, dove si afferma “Deve comunque essere garantito ai richiedenti
l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare
o per difendere i propri interessi giuridici” e questo è un grande passo in avanti
rispetto alla legge 241/90 in cui si affermava che l’accesso ai documenti
amministrativi per la difesa di interessi giuridici fosse condizionata soltanto ai casi
in cui ci fosse conflitto tra diritto di accesso e riservatezza70.
Per quanto riguarda gli articoli restanti dobbiamo sottolineare che l’art 23 (ambito
di applicazione del diritto di accesso), l’art 26 (obbligo di pubblicazione), l’art 28
(segreto d’ufficio) non sono stati riformati con la legge 15/2005; l’art 31 invece è
stato abrogato con la nuova normativa; infine l’art 25 è stato sostituito soltanto in
70 P. Pozzani, op. cit.; cfr. Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.; cfr. Legge 11 febbraio 2005, n. 15, in www.camera.it
parte dall’art 17 della legge 15/2005 che ha introdotto alcune novità, come per
esempio una “nuova ipotesi di silenzio rigetto da parte del legislatore, decorso un
periodo di 30 giorni che sia la commissione sia il difensore civico hanno per
decidere”71.
Possiamo concludere dicendo che la nuova legge 15/2005 è stata molto criticata
perché da una parte ha portato molte novità positive al diritto di accesso, come
averlo elevato a principio generale dell’attività amministrativa, dall’altra parte però
ha ristretto molto l’ambito di applicazione di questa disciplina, per esempio
restringendo la nozione di condizione legittimante, ma allo stesso tempo
affermando che tutti i documenti amministrativi sono accessibili.
Di conseguenza ci si domanda se il legislatore forse, nel voler modernizzare ed
adattare la legge alle novità normative e costituzionali, abbia perso di vista il suo
obiettivo principale e si sia allontanato troppo dalla visione dell’art 241/9072.
71 C. Giurdanella, C. Puzzo, op. cit., p. 13-15; cfr. Dott. Aldo Ceniccola, op. cit.; cfr. Legge 11 febbraio
2005, n. 15, in www.camera.it
4. Un breve cenno al diritto di accesso dopo la legge 69/2009
Per cercare di chiudere il cerchio sullo studio del diritto di accesso ai documenti
amministrativi, è necessario fare un piccolo cenno alla cosiddetta “legge
competitività” n. 69 del 18 giugno 2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009, la quale
ha apportato alcune piccole modifiche alla legge 241/90 per cercare di offrire una
disciplina ancora più omogenea e chiara, senza però cambiare completamente il
testo originario73.
Prima di concentrarci sul diritto di accesso, è da sottolineare che la legge
interviene sul procedimento amministrativo, in particolare:
a) all’art 7, comma 1, lettera b stabilisce “che l’attività amministrativa persegue i
fini determinati dalla legge ed è retta dai criteri di economicità, efficacia,
imparzialità, pubblicità, trasparenza e dai principi dell’ordinamento comunitario”74;
b) con l’art 7, comma 1, lettera b invece cambia completamente l’art 2 della legge
241/90 sulla conclusione del procedimento: questo articolo ha subito diverse
73 F. Gavioli, Le novità contenute nella legge n. 69/2009, in www.tuttocamere.it; cfr. C. Puzzo, C. Giurdanella, op. cit., p. 15