GLI OSPEDALI DI GENOVA MEDIEVALE
nova 20 genn 1928; cfr su questi due ospedali i capitoli relativi a q u elli di S Francesco e di suor Verdina.
79 Ib id La legislazione statuale, nei riguardi dei lebbrosi fu sempre assai rigida, so tto ogni governo e in ogni luogo, tanto più rigida quanto maggiore era il timore ne
confronti della malattia. Già l’editto di Rotari del 643, disponeva l ’isolamento dei leb brosi (R IS, Leges R otari, CLXXVI, CLXXX, CCXXX, CCCXXIII) e altrettanto stabilivano i Capitolari franchi (cfr. ad esempio le norme atte a regolamentare i matrimoni tra leb brosi, di Pipino il Breve, nel 757, e di Carlo Magno, nel 789, in Fa i n e l l i cit., p. 915). I lebbrosi, in materia legale, erano considerati in molti paesi, specie nel nord Europa, com e veri morti civili, con perdita di ogni diritto sulle loro proprietà e impossibilitati a testare, ad alienare beni, ecc., perdendo in tal modo la loro personalità giuridica
( Im b e r t, Les hôpitaux cit., p. 182 e sgg.). I n Italia, però, le disposizioni giuridiche erano in genere meno severe, tanto è vero che ai lebbrosi era concessa la possibilità d i far parte della gestione amministrativa del proprio istituto ( Na s a l l i Ro c c a, Il diritto
c it., p. 65), possibilità che abbiamo visto realizzarsi anche nella domus genovese. Tutta v ia, anche in Italia i governi stabilivano sempre l’allontanamento degli infirmi dai nuclei
u rban i (cfr. ad esem pio le disposizioni contenute negli statuti trecenteschi di Ivrea e di
Torino, riportate dal Po r t i g l i o t t i, L’ospedale dei lebbrosi cit., p. 1033) come era logico
p er una normale misura profilattica, ma non vi furono mai disposizioni persecutorie, com e quelle emanate in Francia da Filippo il Bello, nel 1321, disposizioni che impone van o la più stretta clausura e che, peraltro, furono spesso disattese.
unità stilistica, ancora rilevabile all’epoca della sua dem olizione, avven u ta per far posto alla ferrovia 80, conferma che aveva m an tenu to nei secoli la form a originaria. La chiesa era posta al piano inferiore, in te rra to , ed era s tru ttu ra ta su tre navate, divise da colonne in pietra di P ro m o n to rio , secondo la descrizione del Banchero, m entre il piano superiore era riservato agli in ferm i, che vi avevano le loro celle, il refettorio e la sala delle riunioni. I rico v erati potevano scendere nella chiesa per assistere alle funzioni religiose, prendendo posto nel coro, al quale accedevano da una p o rta com unicante con la sacrestia. Col tem po, dim inuito il num ero dei lebbrosi, la chiesa fu trasferita al piano superiore, m entre quello sotterraneo fu ad ibito , prim a per le sepolture e, negli ultim i tempi, ad d irittu ra a stalla.
L ’edifìcio, che nel XIV secolo venne ad essere unito alla p o rta di S. Laz zaro, subì evidentem ente nella sua lunga esistenza necessari restauri. U na lapide, la cui descrizione è riportata dal Banchero 81, ricordava che il p recet tore G erardo da Parm a aveva provveduto nel 1412 alla riparazione delle volte, e tre n t’anni dopo, nel 1442, i ricoverati rivolgevano al D oge e al C on siglio degli Anziani una petizione, lam entando, cum lacrimis et suspiriis, le cattive condizioni dei m uri e del te tto del loro ospedale, che a d d irittu ra li esponeva a subire le ingiurie del m altem po (v. app. n. 315). A seguito d i tale richiesta, che per la sua attuazione com portava un im pegno econom ico rile vante (la somma riten u ta necessaria per le riparazioni am m ontava a ben 1.000 fiorini), le autorità cittadine ratificarono la nom ina d i una com m issione form ata da o tto probiviri, affinché si occupasse del rep erim ento dei fondi attraverso elemosine e sottoscrizioni (v. app. n. 316).
La dom us mansionis di S. Lazzaro proseguì la sua vita indipendente anche dopo il periodo delle grandi concentrazioni, che condussero alla sop pressione di quasi tu tti i piccoli ospedali m edievali della città. S. Lazzaro non fu mai incorporato a Pam m atone, anche se una richiesta, in tal senso, venne in realtà espressa dai Protectores del G rande O spedale, sulla base della bolla di Sisto IV , del 1471 32. L ’am m inistrazione d e ll’ospedale, che nel 1518 venne affidata al M agistero di M isericordia, passò poi definitivam ente, con decreto senatoriale del 25 maggio 1662, a quello d e ll’A lbergo dei P o v e ri83. 80 Banchero c it., p. 32. 81 Ib id . 82 A .S .G ., m s. 8 4 5 , c. 343 r. e sgg. 83 Ib id . — 99 —
3 . L ’o s p e d a l e d i Sa n Cr is t o f o r o
E ’ questo un ospedale di fondazione laica che rientra in quel gruppo di istituti sorti intorno alla metà del X III secolo, per iniziativa di terziari o di privati benemeriti, nell’ambito del movimento penitenziale e pauperistico promosso dalla predicazione degli Ordini Mendicanti.
Il primo documento che fa menzione di questo istituto è un atto del notaio Guglielmo di San Giorgio, del 6 marzo 1266, nel quale è scritto:
Ego Raimundus de Sancto Georgio fundator domus misericordie de Faxolo e t Rufinus de Laude particeps ipsius domus ad honorem dei et Beate Marie virginis recipiunt in ministram sororem domus misericordie. . . dictam Si- monam de Sancto Georgio. . . que recipere debeat pauperes viatores pere grinos . . . (v. app. n. 328). Da questa carta si rileva in primo luogo che la
fondazione dell’ospedale era merito di Raimondo di San Giorgio e che essa non doveva risalire a molto tempo addietro, si apprende inoltre che Ruffino da Lodi aveva contribuito in qualche misura alla fondazione o alla gestione dell’istituto e infine, nel documento appare chiaramente espressa la destina zione dell’ospedale a favore dei pellegrini, dei viandanti e dei poveri. Questo è infatti, il compito affidato alla nuova ministra Simona di San Giorgio.
Anche se è probabile che, come quasi tutti gli ospedali medievali, que sto svolgesse una molteplice attività assistenziale, è indubbio che la sua mansione precipua fosse proprio quella di ospizio dedicato al ricovero dei
pauperes viatores peregrinos. Questa funzione ci viene ancora confermata
dal titulus dedicationis di San Cristoforo che l’ospedale assunse successi vamente. San Cristoforo era, infatti, il protettore dei viandanti e al suo nom e erano consacrati numerosi ospedali di ponte, in ricordo della ben n ota leggenda agiografica1. E’ probabile, dato il titolo dedicatorio, che questa domus misericordiae fosse stata edificata presso uno dei rivi traver sati dalla strada romana nella regione di Fassolo. Tuttavia, con certezza sappiamo soltanto che l’ospedale si trovava in tutta vicinanza del mona stero di S. Benedetto, come attesta un documento del 1467 2, che lo indica
1 Tra questi ospedali ricordiamo, in Liguria, quelli della Pieve di Sori, di Pozza- rello di Rapallo, di Chiavari, di Gavi ( Ca m b i a s o, L’anno ecclesiastico cit., p. 197) e
q uello di S. Giacomo e S. Cristoforo in Alpe Terricia in Lunigiana (G. Pi s t a r i n o, Le
p ie v i della diocesi d i Luni, Bordighera - La Spezia 1971, parte I, p. 113 n.).