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Lettera inedita di Otmàn-ibn-Mohammed principe hafsita di Tnnis indirizzata al Doge e Comune di Genova, della quale si è fa tta

menzione a pag. 579.

Lode al Dio unico (*).

D al servo di Dio Almotewakkel-’ala-Allah (il F idente in D io )

AIkàim-biamr-illah (Osservatore d e l d iv in co m an d o ) p rin c ip e d e i

C re d e n ti, co m b attente n e lle vie del S ig no r de’ M ondi, O th m à n , fig lio del nostro p a d ro n e , [già] èrede presuntivo, d e ll’ im p e ro , A bu-Abd-A llah-M oham m ed, fig lio del nostro padrone il p rin cip e d e ’ C re d e n ti, Abu-Fàres-Abd-el-’A zìz, fig lio del nostro p a d ro n e il p rin cip e de’ C redenti Abu-l-’Abbàs-Ahmed, discendente de ’ n o stri s ig n o ri e padron i i califi g iu s ti e pontefici d irig e n ti e ben d ire tti — che Iddio rafforzi i com andi di lu i e in d iriz z i sem pre a sé stesso i lo d e vo li passi di lu i — ,

Al D oge e C om une d i G enova, m o d e ra to ri d e lla cosa p u b ­ b lic a in essa c ittà , che Iddio l i p ro s p e ri, li avv ii al bene e lor co m p ia le p iù belle promesse.

[Dopo cotesti augurii] vi scriviam o d a lla no stra eccelsa c ap i­

ci Parendomi bene dare un saggio dell’ ortogralia usata nell’ Affrica Setten­

trionale in quel tempo, ho stampato il testo tal quale esso è , perfino con la he

segno del femminile or punteggiata ed ò r no ; se non che ho soppressi come

in u tili per noi il tescdid e le vocali nella voce A lla h che i Musulmani scriveano forse per divozione. Ho messi tutti gli a ltri segni, ancorché non sieno sempre necessarii e talvolta stiano per mero lusso di prosodia , per esempio il te scd id

nella pag. 26 del testo, lin. 11.

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t a l e , sede del nostro e alifato o m ariano e o th m a n n ia n o (*), nel- pag. 21 1’ a tto che le bandiere d e lla v itto ria sventolano s u l n ostro capo, che s’ è avverata per noi la prom essa d ’ uno sp le n d id o trio n fo ( 2) e che il Dio Uno e S o lo , al q u a le n iu n osi a ttr ib u ir e consorte n è p r o le , ci h a conceduti ta n ti favori che m a g g io r copia sarebbe [proprio] u n a la r g a p io g g ia di p ro s p e rità, e u n n u v o la to che ci annaffiasse di contentezze. ( 3). Noi stiam o fe r m i a lle o b b li­ g a z io n i [contratte] verso di v o i, che non v o g lio n s i in fra n g e re n è v io la re , ed ai p a tti che s’ hann o a m an te n e re n o n g ià a tra-' scurare ; poiché l ’ osservanza de’ p a tti e l ’ a d e m p im e n to de ’ c o n tr a tti, sono [precisi] com andi del Signore U nico e Adorato. E in vero noi vi ab b iam o osservati i tra tta ti e ci sia m o fid ati n e lle g u a re n tig e v o stre , in g uisa da richiedere re c ip ro c ità e m e­ r ita r [anco] lode. Ma ecco che com inciano a vedersi n e lla vo­ stra g e n te certi fa tti in s o liti e disform i da o g n i s tip o la z io n e , i q u a li sono partico lare g g ia ti nei capitoli se g ue n ti. N oi vi p re ­ g h ia m o d i com piere in questi casi il trattato che [voi m edesim i] sollecitaste e vi richiediam o d i soddisfarne g li o b b lig h i tra ­ scurati. Se voi risguarderete il fatto con occhio d i g iu s tiz ia e vi a ffe tte re te a renderci ragio n e , l ’ edifìzio del tr a tta to [stipo­ lato] tra n o i, starà saldo su le sue fo n d am e n ta e si c h ia r irà la via d e lla ve rità che è sta ta sm arrita.

(*) Gli Hafsiti, casa berbera senza alcun dubbio, pretendeano discendere da un rampollo di Omar e da una pronipote di Othnjàn e davano a intendere che il felice mortale uscito di quelle due illustri famiglie arabe si am m ogliò, venuto in Affrica, con una donna berbera e si fe’ credere appartenente alla stessa tribù di lei. A tal supposta parentela anco allude la qualità di eredi dei calili giusti, come furono chiamati i prim i quattro, tra i quali si noverano Omar e Othmàn,

(*) Modo di dire tolto dal C o ra n o , Sura XLVJII verso 1.° La vittoria alla quale si allude nel diploma sembra, per cagion della data, la espugnazione di Bugia, il cui governatore Abu-l-Hasan-ibn-Abi-Fares di casa hafsita, ribellatosi e col­ legato con gli Arabi, disputava da tanto tempo al Signore di Tunis il possesso di quella città. V. Bagi, edizione di Tunis, pag. 82.

(,a) Chi non gusta metafore di tal fatta , ricordi che Io scrittore, oltre il mal vezzo della nazione e del sècolo, dettava questo passo iri prosa rimata.

11 nostro am basciatore vi presenterà questa nostra re g ia le t­ tera e riceverà da voi il riconoscim ento del d ir itto che n o i r i ­ petiam o e [la certezza] che la pace succeda a l suo c o n tra rio e [con essa] la sicurezza.

Il nostro am basciatore presenterà al D o ge , cui b e n g u id i Iddio, due destrieri l 'u n dei q u a li con sella e fre n o , ed u n [ca­ melo] mahri (*) di razza persiana, [il q u a l dono serva] a co m ­ piere ’i convenevoli verso di lu i e ad attestare 1’ o n o ra n za [da noi resa] a ll’ alto grado eh’ ei tie n e n el paese. Noi d e sid e ria m o d al [Doge] cui ben g u id i Id d io , eh’ e g li ag e v o li a l n ostro a m ­ basciatore la com pera delle a rm i ( 2) e m u n iz io n i che n o i g li a b ­ b iam o commesso d ’ acquistare e ch ’ ei s’ adoperi a tu tta possa a farci conseguire il regio nostro in te n to , in g u isa che [l’ a m ­ basciatore] rito rn i, a Dio piacendo, riconoscente a lla le a lt à d e l [Doge] e contento d e lla sua assistenza. Lode a q u e l D io al quale [si dee] lode a l princip io ed a lla lin e d ’ o g n i cosa ed [a voi] salu te. Scritto il 14 d i m o h a rre m , prim o m ese d e l­ l ’ anno 836 (5 febbraio 14o2), che Id d io , il qu ale sia e s a lta to , ci faccia sentire la prosperità di esso [mese].

(Soseritto con lo ’aldma) « Mi a f f i d o i n Dio e s o p r a d i lui fo a ss e g n a me n t o ».

Lode a l Dio Unico. Q uesta benedetta s c r ittu r a , [raccom andata] a lla g iu s tizia e possanza di D io , contiene a lc u n i c a p ito li, su i q u a li si chiede risposta al Doge, e C om une d i G e n o va, che Id d io

(1) cosi chiamavano in Maghreb quel che noi diciamo dromedario. Si vegga il Dozy, H isto r ia A b b a d id a ru m, I. 107 in nota.

(2) La traduzione contemporanea ha « astori e altre cose » , onde par che il

turcimanno abbia letto buz&t in luogo di b isz a t ; se pur l’ errore non fu volon­ tario e non si volle celare nel documento ufiziale la parola armi, per cagion del notissimo divieto di procacciarne agli Infedeli. Ma non cade dubbio sulla vera lezione, poiché é seguita dalla voce 'o d d e h , che significa apparecchiamenti e si

dice in proprio di que’ della guerra, la qual voce fu mal tradotta « altre cose ».

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li in d ir iz z i al buon sentiero. D ata il 12 d i m o h a r r e m , p r im o mese d e ll’ a n n o 856 (3 febbraio 1452), che Dio ci faccia se n tire la p ro s p e rità e la benedizione d i esso [mese].

C apito lo 1.° L ’ affare d e lla nave d i Lucchese d a G e n o v a , d e lla q u a le fu com perata u n a q u a rta parte per conto d e l re g io (l) pag. 26 m a g a zzin o , sta in questi te r m in i: che n o i non c o m p e ra m m o la d e tta [quarta parte] se non che sotto g li occhi d e l console e d e lla C am era de’ m e rc a ta n ti [genovesi], nessun d e ’ q u a li ci am ­ m o n i ad astenerci [da tale acq uisto ], nessuno d isapp ro v ò la n o ­ stra partecipazione in q u e lla [impresa]. E cosi la q u a r ta parte d e lla n a v e era d iv e n u ta , per le g ittim a c o m p e ra , p r o p r ie tà del re gio m a g a z z in o , e to rn a v a a [quest’ ultim o] il q u a r to de’ g u a ­ d a g n i , q u an d o Lucchese frodò 1’ [erario de’ ] M u s u lm a n i con in ­ g a n n o e p e rfid ia , in d e tta ti p rim a g li ostaggi che d im o ra v a n o n e ll’ eccelsa capitale di T u n is, per sicu rtà d e ll’ ave re e d e lle persone d e ’ M u su lm an i e si li fece fu gg ire . Q u e sta sì che fu

truffa so le n n e !

C a p ito lo 2.° Noi m a n d a m m o [persona] appo il console e i m e rc a ta n ti genovesi e questi ra g u n a tis i, a n d a ro n t u t t i a tro v ar Lucchese, col q u ale ragionarono d e lla truffa c h ’ e g li avea fa tta : a lfin e fu u n a n im e accordo di accrescere il n o lo d e lle m erci d e ’ T r ip o lita n i, oltre la som m a g ià fissata tra lu i e costoro al tem po del no le g g io . [E avvertasi che] il n o le g g io era stato per l ’ a p p u n to fatto per T ripoli ; e che i M u su lm an i n o n a d d iv e n ­ nero a l l’ au m e n to [se non che] per liberare [dalle sue m ani] la p ro p ria roba e per separarsi da lu i in b uo n i te r m in i. E g li co­ m inc iò d u n q u e u n g iorno a fare sbarcar u n ta n tin o d i ro b a d i poco conto e per parecchi g io rn i poi ricusò. K ito r n a ti a llo r a a lu i

(l) Traduco « regio » l’ aggettivo m a 'n t u r che propriamente significa « ben

provveduto, ripieno, prospero », la quale metafora occorre anco ne’ diplom i arabi di Sicilia del XII secolo, e somiglia a quelle con che i governanti in tutte le età e in tutti i paesi, poco modestamente allusero alle proprie qualità.

il console e i m e rc a ta n ti, con la so m m a d i d an a ro c h 'e g li ave va im posta a piacim ento su o , non g ià q u e lla p a ttu ita a l te m p o del [primo] n o le g g io , si convenne coi m e rc a ta n ti [ m u s u lm a n i e a l­ tresi] col console e coi m e rcatan ti genovesi d i fare scaricar la roba subito su b ito ; m a costui falsò la sua p a ro la e li m e n ò per la n g h e . Onde i m e rcatan ti m u s u lm a n i si messero ad a n d a re e le venir da l u i , e sempre lascio lli senza risp o sta, an zi d iffe rì ta n to che venne il corsaro e seguì ciò che voi ben sapete. L a frode è m a n ife sta , [tanto p iù che] Lucchese, secondo che n o i a b b ia m o r it r a tto , vendè la nave al re d ’ A ragona e si prese la su a p a rte delle m erci [predate]. In o ltre e g li restò debitore del m e rc a ta n te Ib n - S àle m , di S à’id da T r ip o li, e d ’ a ltr i ed ha ricu sato di pagare cotesti d e b iti, che ris u lta n o da a tti stip o la ti in n a n z i

notaio.

C apitolo 3.° Luca il genovese n o le g g iò la p ro p ria n a v e a M u su lm an i per trasporto di g ra n i a T rip o li. C aricata che fu la m erce, ei se ne andò perfidam ente con la sua n ave a G e n o va, dove messe in ve n d ita il g r a n o , e [richiesto dai p a d r o n i, lor] disse : ebbene ve ne pagherò il prezzo ! Cotesta è frode s p ia tte l­ la ta . Ci si dice [intanto] che voi non a b b ia te p u n ito costui e n o n abbiate dato u n esempio per questo e h’ è v e ra m e n te a tto d i rapina.

Capitolo 4.° S appiam che G iu lia n o d a B ird u ra [De Verdura] a b b ia presi e te n u ti p rig io n i de’ M u s u lm a n i [che v ia g g ia v a n o ] in u n legno del principe di B ona, cap itan ato dal g iu r is ta J u n is ; che [questo Giuliano] si u n ì co’ le g n i del re d ’A ra g o n a e che si sp artì con q u e lli la roba de’ M u s u lm a n i e d ie ’ le persone a i C a­ ta la n i. E g li si trova ne’ vostri d o m in ii e no n h a to ccata p u n i­ zione d i sorta per ciò eh’ ei fece. Ciò è contrario a ’ fo n d a m e n ti d e lla pace stip o lata tra noi.

C apitolo 5.° Francesco Calvo prese a l K àid Ahm ed-ibn-Sa’id u n piccolo bastim ento [carico] di le gn am e e . d i ferro che po rtava

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pag. 27

anco la v a lu ta (') di cinquecento [dinar] d ’ oro. Il K à id vi ha scritto d i ciò parecchie vo lte e non ha ricevuto d e l [suo avere] pag. 28 se n o n che tre n ta d in à r [consegnatigli] per m a n d e l console [eh’ era] in quel tem po (2); n è l ’ hann o soddisfatto d e l suo a v e re , cioè i cinquecento d in à r d ’ oro in c o n ta n ti, non che il prezzo d e lla n a v e , del ferro e del le g n am e , il q u a l prezzo m o n ta v a a 2000 [dinàr] d ’ oro.

C a p ito lo 6.° S u lla qu istion e d i Mondi (S ig ism o n d o ) e F ra n c h e llo , q u e ’ che d im o ravan o a Sfax e che, essendo fu g g iti d a q u e l paese per a n d a re a tro v ar Lucchese, noi li facem m o p re n d e re in v ia g g io p ria che arrivassero appo di l u i , [sappiate che] n o i n o n a b b ia m d a to cotesto provvedim ento senza averne fa tta p a ro la a l console ed a ’ m e rc a ta n ti ge n ovesi, i q u a li assentirono a lla c a ttu r a d i q u e ’ due ed a lla confisca d e ll’ aver loro. Noi a llo ra li face m m o sostenere e face m m o confiscar l ’ avere con l ’ assentim ento d e l console che sedeva in quel tem po e de’ m ercatanti genovesi. O r v i p e rv e rrà u n a le tte r a d i Giacom o il B» n » k [il Banchiere] su q u esto p a r ­ tico lare . N oi rip e tiam o i nostri d iritti, si come voi fa te d e ’ vostri. V oi sapete che tu tti questi casi portano a llo s c io g lim e n to [del trattato] di pace. Ne’ fa tti di costoro che a b b ia m o or or n a r r a ti è m an ife sta la fro d e , nè voi lo ignorate. V i c h ie d ia m o d u n q u e u n a risposta capitolo per capitolo.

S im ilm e n te abbiam o risaputo che C ostantino il m e rc a ta n te genovese d im o ran te adesso q u i, h a fabbricato in s ie m e con certi suoi socii u n conio d i ferro da [monete] nasirine ( 3) , col q u a le

(*) Cosi rendo la voce m o scta ra che si legge chiaramente e che ha q u i, senza

il menomo dubbio, il significato di « somma di danaro », confermato per altro, con l'aggettivo m o h d h ir a h (presenti, pronti, effettivi) che si dà p iù innanzi al

plurale d i n & n i r, e ch’ io ho tradotto « contanti ». Si confronti la versione ge­

novese contemporanea, che non è niente fedele in questo luogo.

(2) Il vocabolo che spiego cosi per conghiettura potrebbe anche leggersi G in i r

e sarebbe allora nome proprio.

(3) Di certo monete battute nel regno di un N d s ir - U - d in - i lla h o N d s ir - e d - d i n

(Ausiliare della religione) il qual titolo é stato preso da principi m usulm ani di

batterono in Genova dei dirhem e li introdussero in Sfax e in Tripoli. Ed aveano incom inciato a spacciarli q u i, m a [veden­ dosi] in v ig ila ti preser la fuga. Questo [delitto] secondo la n o stra legge porta al ta g lio d e lla m ano e sim ilm e n te secondo la le g g e vostra, a q u anto ci si è detto. O nde il caso [va noverato] anco tra q u e lli che costituiscono infrazione d e lla p ace, se voi n o n ne fate giustizia.

(.Soprascritta) Al Doge di Genova ed a l C om une di essa c ittà , m oderatori d e lla cosa p u b b lic a , che Dio li p ro s p e ri, li m e n i al bene e lo r com pia le p iù belle prom esse: Id d io , solo S ig n o r e , solo n u m e , ch’ ei sia lodato ed esaltato a gran d e alte zza.

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VI.

Lettera inedita di Abu-Abd-Allah-Mohammed principe hafsita di