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Questa lettera è stata inviata a mio padre da parte di mia sorella quando era ricoverata in ospedale; descrive la sua vita e le sue riflessioni durante la malattia ed è più dettagliata di una pagina di diario. Io penso a lei malata; certamente non può scrivere con assiduità ai suoi piccoli lettori de “Il mondo dell'infanzia” e sicuramente molti di loro desiderano avere sue notizie. Così ho pregato mio padre di farla pubblicare e lui ha dato il permesso; scrivo questa breve introduzione: pensate che mia sorella perdonerà l'intromissione?

22 gennaio 1924, Bing Zhong , Università Jiaotong di Pechino

Caro papà,

non vorrei far sapere al mio buon padre che ora mi trovo in ospedale; ma è ancora più forte in me il desiderio di nascondergli nulla di quel che mi succede! Quando questa lettera sarà arrivata, io sarò sicuramente già guarita e la malattia non avrà ostacolato la scrittura del mio diario.

La vecchia malattia è spontaneamente ricomparsa; l'ho ereditata da mia madre. Nel corso della malattia, non ci sono stati momenti in cui mi sono sentita veramente male; ringrazio semplicemente Dio per aver creato anche a livello fisico un legame così forte tra mia madre e me. Il sangue rosso è il nostro cuore e il nostro amore, io amo mia madre e, allo stesso modo, ho amato la nostra malattia!

Due sere fa, all'ospedale non c'era segno di vita ed io non riuscivo neppure a pensare; la signorina S. mi ha invitato a cena. Nella sua piccola stanza dedicata alla lettura, era andata via la luce: le candele tremolanti si consumavano e noi, rivolte al fuoco ardente del camino, ci raccontavamo storie del mondo orientale. Non appena girai la testa, vidi lo spicchio della luna nuova che ci illuminava attraverso la finestra; due strati di nuvole bianche leggere come la seta grezza la sostenevano incorniciandola. La signorina S. voltò anch'essa la testa e, sorpresa, provò una grande ammirazione; bevemmo frettolosamente il caffè, indossammo le giacche e insieme facemmo una passeggiata.

Lei mi indicò dove orientare il mio sguardo nel cielo: quella è Vega, quella è Altar, quella è la costellazione di Andromeda, la costellazione di Orione, la costellazione dei gemelli e Massalia. Infine, sorridendo serenamente disse sospirando: “Ricordo perfettamente la posizione e il nome di ognuna di queste stelle. Quando sarò vecchia e non potrò più camminare, mi distenderò sul letto e guarderò le stelle attraverso la mia finestra; in quel

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momento proverò la gioia di incontrare nuovamente i miei vecchi amici”. La luce della luna illuminava le onde argentee dei suoi capelli e io mi lasciai prendere dalla commozione: quali sentimenti di tristezza e quali sensazioni di poesia!

Le chiesi come mai conoscesse il nome di queste stelle e lei rispose che suo fratello minore era un navigatore; in quel momento il pensiero di mio padre mi attraversò la mente!

Non so se ricordi una notte d'inverno dell'anno scorso: io ero seduta insieme alla mamma e tu papà tornasti molto tardi. Io uscii e, nel vento del nord tu mi accompagnasti in cortile, mi indicasti dove guardare: qui le Vele, là si trova l'Orsa Maggiore, là c'è la costellazione del Sagittario. In quel momento pensai che la saggezza di mio padre fosse infinita: di quel cielo appena visibile, conoscevi ogni piccolo particolare; da allora è già passato un anno!

Nella luce della luna la signorina S. mi riaccompagnò camminando lentamente lungo il tortuoso sentiero. Nel mio cuore provavo un senso di inquietudine: a mezzanotte mi sentii male.

Mi sono svegliata al mattino presto e dopo colazione mi sono stesa. Nel pomeriggio sono andata a lezione e poi sono uscita; la giornata era primaverile e l'acqua del lago Waban era increspata dalle onde. Lentamente ho raggiunto la riva, mi sono seduta accanto all'acqua e ho provato un senso di debolezza e noia. Il suono leggero delle onde del lago e le nuvole del tramonto hanno risollevato il mio spirito appena dopo il calare del sole. Alle nove di sera, le altre ragazze mi hanno vista e mi hanno portato subito in ospedale.

L'ospedale è su una piccola collina all'interno del perimetro della scuola e di notte non si riesce a vedere bene. Quando il medico e le infermiere hanno esaminato attentamente il mio volto appena sorridente sotto la luce della lampada, ho provato una sensazione indefinibile. La notte è trascorsa tranquillamente e sono riuscita a dormire serenamente fino all'alba.

Al mattino presto, l'infermiera è arrivata tenendo in mano un grande mazzo di margherite gialle, portato dalle studentesse del mio dormitorio. Improvvisamente ho cominciato a piangere ricordando i fiori posti di fronte al letto di casa mia quando ero malata; era la prima volta che ciò accadeva.

Durante il giorno ho dormito moltissimo, ma le lettere e i fiori hanno continuato ad arrivare, in poco tempo quindi la stanza si è riempita di un profumo delicato. Ci sono rose, crisantemi e molti altri fiori di cui non conosco il nome. Tutte le lettere sono molto simpatiche, ma non riconosco i nomi alla fine di esse. I compagni, infatti, sono numerosi e li conosco solo di vista, i nomi sono troppo difficili da ricordare!

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di nulla, qualcun altro, al posto mio, mi spazzola anche i capelli. Il mio letto è spostato più volte al giorno, al mattino presto mi spingono vicino alla finestra. Fuori vedo il campanile e il tetto rosso di una chiesa, vedo la biblioteca e, un po' meno chiaramente, vedo le foglie autunnali cadute sull'altra sponda del lago Waban; in lontananza svettano anche alcuni alti edifici. Vicino alla finestra c'è un albero molto alto, non so che albero sia. Ieri mattina ho visto un picchio: le piume sul suo capo erano rosse, era su un ramo e poco dopo è volato via. Ho visto anche un piccolo scoiattolo saltellare avanti e indietro sulla cima dell'albero.

Dalle lettere che mi ha portato l'infermiera, ho capito che molti professori e compagni sono venuti a trovarmi ma il medico ha impedito a tutti di farmi visita. Da quel momento, sono isolata in questo piccolo edificio; la stanza è pulita ed elegante, i fiori continuano ad arrivare, sono circondata dai fiori. Mi sono ripresa e sono tranquilla, ma ancora confusa, non riesco a pensare, così profondamente onorata per l'affetto ricevuto.

[…]

Papà, quando leggerai questa lettera, sarò già in mezzo alla neve a giocare piena di vita e vigore, non voglio che ti preoccupi! Porta il mio saluto affettuoso a tutta la famiglia! Ricordo ognuno di loro!

Ora smetto davvero di scrivere; papà, non so se ti ricordi: una notte quando ero piccola corsi nel buio sulla montagna dove c'era la bandiera a cercare il mio papà; nella luce fioca, ci chiamavamo a vicenda su e giù per la montagna. Non appena torno con il pensiero a quel momento, il mio cuore si riempie di amore. Oggi l'oceano separa il richiamo del nostro amore! Caro papà, ne riparleremo, forse domani ti scriverò ancora!

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