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Capitolo 2. ATTUARE LA DEMOCRAZIA

2.3 Liberalismo, Socialismo, Comunismo

Per Giovanni Sartori, liberalismo, democrazia, socialismo e comunismo, rappresentano le “etichette” che riassumono la lotta politica degli ultimi due secoli.

Il politologo, dalla convinzione che tutte le ideologie del mondo contemporaneo hanno origine dalla rivoluzione francese1, precisa sin da subito che “una sola delle tre rivoluzioni è, nel periodo che consideriamo, veramente matura: ed è la rivoluzione liberale e borghese”.2

Coerentemente con l'approccio metodologico utilizzato, egli parte dalla parola per arrivare ai principi sottesi da ognuna ed alla descrizione del rapporto con l'ideale democratico.

Per quanto riguarda il liberalismo, afferma che la parola iniziò a conoscersi ben più tardi di quello che di fatto rappresenta.3 Dunque, mentre per secoli un liberalismo innominato rappresentò l’esperienza principale in Europa, come denominazione rimase in auge per pochi decenni per poi venire soppiantato dalla “democrazia”.4

Come fa notare lo studioso fiorentino, negli Stati Uniti addirittura il termine saltò: il sistema americano fu elaborato prima come repubblica e dopo quale democrazia.5

In Francia, dove i vari Montesquieu, Constant, Tocqueville e tanti

1 Sartori cita De Ruggiero (Storia del liberalismo europeo, Bari, Laterza, 1941, p.

81): “nel breve spazio di tempo tra il 1789 e il 1793, tre rivoluzioni [liberale, democratica e socialista] si svolgono l’una dall’altra, e l’una forma nel tempo stesso il complemento e l’antitesi dell’altra. In esse vi è come l’anticipazione e il sommario di tutte le lotte politiche e sociali del secolo XIX”.

2 G. Sartori, Democrazia: cosa è, cit., p. 195.

3 (Ivi, p. 196) “Liberales viene coniato in Spagna negli anni 1810-11, e comincia a

circolare nella dizione francese liberaux negli anni 1820 in riferimento ai ribelli spagnoli del tempo. La parola inglese liberal viene accolta in Inghilterra solo verso la metà dell’Ottocento. E la sostantivazione ‹‹liberalismo›› è ancora più tardiva”.

4

G. Sartori, Democrazia: cosa è, cit., p. 197.

5 Sartori, citando L. Hartz (The liberal tradition in America, New York, Harcourt,

1955, p.11), afferma: “l’ironia è che ‹‹il liberalismo è uno straniero nella terra della sua massima realizzazione e dispiegamento››”.

altri autori realizzarono le maggiori trattazioni liberali, la medesima scuola fu messa in crisi dalla rivoluzione industriale.

Proprio la rivoluzione ottocentesca è ritenuta da Sartori la causa principale del fraintendimento dei principi alla base dell'ideale liberale.

Essa sta dietro la prevalente accezione economica associata al liberalismo(/liberismo), da allora legato all'idea di libero mercato più che all'autentica libertà politica ed allo Stato costituzionale garante dei diritti del cittadino.6

Passando al socialismo, Sartori afferma che l'iter rispetto al liberalismo è inverso: infatti, prima nasce la parola, poi viene la cosa.

Il fenomeno socialista iniziò ad intravedersi intorno alla metà del XIX secolo, legato ad un'idea differente di democrazia rispetto a quella liberale affermatasi come altro rispetto alla concezione monocolore degli antichi.7

Per quel che concerne il comunismo, infine, non è importante tanto vederne l'affermazione etimologica, quanto considerarne l'origine quale costola più estremista del socialismo.

Il politologo, cercando di semplificare la complessa storia del socialismo, suddivide i cento anni che seguono il 1848 in tre fasi. Nella prima - fino al 1918 - il socialismo veniva visto quale fase di passaggio al comunismo. Data l’influenza del pensiero marxista nell’ambito socialdemocratico non poteva che prevalere l’ala più “rivoluzionaria”. La seconda fase si apre con la fondazione da parte di Lenin del Partito Comunista Russo e le ventuno condizioni dettate nel 1920 per poter essere ammessi all’Internazionale Comunista.8

6 Cfr. G. Sartori, Democrazia: cosa è, cit., pp. 197-198. 7 G. Sartori, Democrazia e definizioni, cit., p. 234.

8 Sartori attraverso il richiamo di alcune delle stesse condizioni poste da Lenin (tra

cui la rottura radicale col ‹‹socialpatriottismo e socialpacifismo››, l’allontanamento di tutti i ‹‹riformisti e centristi››, la subordinazione dei partiti nazionali alle deliberazioni dell’Internazionale Comunista) dimostra quanto fosse evidente l’intento dello stesso di arrivare ad una rottura.

Questo periodo è caratterizzato dal definitivo distacco tra comunismo e socialismo. La terza fase, seppur in termini diversi ad oggi ancora in evoluzione, è la perenne “competizione tra fratelli

separati il cui terreno di contesa è, appunto, chi sia il ‹‹vero marxista››”.9 Tanto il socialismo quanto il comunismo hanno quale comune nemico il capitalista e promettono una società senza classi, senza sfruttamento. Con la separazione tra le due anime si è definitivamente palesata la differenza di pensiero riguardo al percorso da compiere per arrivare allo scopo comune prefissatosi.10

Trattata l’“origine etimologica” e l’affermazione delle diverse ideologie, Sartori passa ad occuparsi del rapporto dei vari filoni con l'ideale di democrazia, considerando inizialmente la (con)fusione ottocentesca tra il concetto di liberalismo e quello democratico. Alla base di tutto pone l'equivoco che, talvolta, parlando di democrazia si intende la liberal-democrazia, contemplando nella stessa società democratica i principi fondanti il liberalismo; talaltra, si intende semplicemente democrazia, tornandosi alla separazione.11

Da tutto ciò due idee apparentemente opposte: l'una, secondo la quale la moderna democrazia originerebbe dalla concezione liberale non potendosene separare; l'altra, che sottolinea l'estraneità tra le due teorie e ne fa derivare un superamento del liberalismo da parte della democrazia.

Si dice apparentemente perché, secondo lo studioso fiorentino, tali tesi non sono una vera e l'altra falsa. Piuttosto rappresentano due facce della stessa medaglia: occorre affermare che la libertà è requisito essenziale della liberal-democrazia, ma non è affatto fattore costitutivo della democrazia come tale.12

9

G. Sartori, Democrazia: cosa è, cit., p. 203.

10 Cfr. G. Sartori, Democrazia: cosa è, cit., pp. 201-203. 11 Ivi, p. 204.

Comunque, a prescindere da tali specificazioni, dal fatto che liberalismo e democrazia tendano più che altro a divergere può desumersi senz’altro che è più utile concentrarsi sulla delimitazione dei rispettivi campi di pertinenza.

Per comprendere a pieno come si inserisce l’ideologia socialista nell’ambito del suddetto “dualismo” liberalismo-democrazia, occorre far cenno ad un altro concetto fondamentale nel pensiero di Sartori: la c.d. polarizzazione.

Questa può intendersi quale metodo tendente a creare in un unico spazio ideale dei poli, variamente distanti, dal cui “confronto” generano altre situazioni assimilabili che consentono una compiuta descrizione della realtà sociale.

Con tale approccio metodologico è facile far notare come dal contrasto ideologico tra liberalismo e democrazia, si generò un settore più radicale e rivoluzionario detto socialismo.

La presenza di quest’ultimo credo ideologico, logicamente, va considerata da tal punto di vista quale fattore di disturbo che impone un riposizionamento dei due poli opposti.

Ecco allora che liberali e democratici più moderati tendono ad avvicinarsi, e sull'altro fronte la parte più radicale della democrazia va ad annettersi al socialismo.13

Resta da vedere dove si colloca l'ideale comunista.

Giovanni Sartori descrive una sorta di parallelismo tra la liberal- democrazia ed il socialismo, affermando che la prima unirebbe con una testa due corpi, il secondo avrebbe generato da un solo corpo due teste.

Più chiaramente, mentre la tesi liberal-democratica da un lato avrebbe risentito delle teorie socialiste, tendendo a privilegiare

13

In Democrazia: cosa è, cit., p. 205, Sartori afferma: “ Libertà e eguaglianza restano nemiche, ma sotto nuove etichette: l’eguaglianza negatrice di libertà rifluisce nel socialismo, mentre l’eguaglianza assertrice di libertà confluisce nella democrazia anti-socialista, nella democrazia liberale”.

l'uguaglianza più che la libertà, e dall'altro lato reagirebbe riaffermando la preminenza dei valori individuali rispetto a quelli collettivi; il socialismo, per canto suo, da una parte sarebbe stato moderato dall'influenza democratica, dall'altra parte ha visto nascere al suo interno un'ala più oltranzista e rivoluzionaria: quella comunista.14

Tornando al rapporto tra liberalismo e democrazia, si comprende a questo punto perché l'autore più che un superamento consideri un'aggiunta (discutibile) di qualcosa al primo ad opera della seconda.

La storia è la prima dimostrazione della possibile integrazione tra democrazia e liberalismo. É corretto sostenere che la prima non è tutta uguaglianza ed il secondo tutto libertà.

Più che altro il liberalismo è maggiormente attento all'individuo, si basa sull'uguaglianza giuridico-politica, mentre la democrazia è per l'uguaglianza sociale, per la coesione sociale.

Da qui Sartori arriva alla conclusione che bisogna correttamente intendere il senso del ‹‹superamento›› del liberalismo.

Sostiene che è errato intenderlo quale travolgimento ad opera della democrazia: il liberalismo è un presupposto, dunque la democrazia non può che aggiungervi quel di più che ha dal punto di vista sociale.

La società democratica è una conseguenza rispetto all'ideale liberale.15

A dire il vero, anche per il ragionamento che sta dietro tale conclusione, il politologo fiorentino sarebbe potuto arrivare alla medesima conclusione di Bobbio.

Quest'ultimo, più che come superamento, preferisce intendere il rapporto tra stato democratico e stato liberale quale

14 G. Sartori, Democrazia e definizioni, cit., pp. 236-237. 15 Cfr. G. Sartori, Democrazia e definizioni, cit., pp. 241-244.

interdipendenza: in un senso, per la necessità di certe libertà al fine di poter correttamente esercitare il potere democratico; nel senso opposto, perché è fondamentale il potere democratico quale garanzia delle libertà fondamentali.16

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