• Non ci sono risultati.

Di seminare la sagina, serere l’oliva, di fare li seminarii, di serere le viti. Capitulo primo.

Di lavorare li campi humidi e grassi. Capitolo II°.

Delli orti: del caulo, appio, atrebici e alquante altre herbe. III°. Dela çi[çi]fa e deli altri pomi. IIII°.

Del’olio violato e del vino. V°. Deli armenti: di nodrire vitelli. VI°. Di trovare api e mondare. VII°. Dell’ore. VIII°.

[APRILE] Di seminare la saggina. Capitolo I°.

1. [I.1] In questo mese d’aprile dovemo seminare la saggina nela terra così apparecchiata come avemo ditto dinansi, la quale si semina una volta e dura diece anni, sì che la potemo colliere ciascuno anno quattro volte o sei, chi la sae coltare. La saggina ingrassa la terra dove si semina, ingrassa cavalli che sono magri e sana quelli che sono infermi. Uno ciato di seme cuopre e basta a cinque piei di terra per ampio e diece per lungo. Ciato appellano li gramatici lo bicchiere e io credo ch’è qualche piccola misura. Uno giugero di saggina basta tutto l’anno a mangiare a tre cavalli. 2. [I.2] Sì tosto come la sagina ène seminata, sì vuole essere ricuperta con rastelli, però che arde inmantenente. Da che è seminata non dovemo tochare lo giogho con ferro, ma dovemo mondare l’erba con rastelli di lengno bellamente. 3. [I.3] La prima

messione, ciò è ricollitura dela saggina, dovemo fare alquanto tardarella, sì che incominci a gittare lo seme maturo. Tutte l’alt[r]e volte la potemo cogliere sì primaticcio come volemo e darla ale bestie, ma poca nel principio, però che enfia molto e ingienera molto sangue. Quando l’ài segata, sì la inacqua sovente; di po’

196 alquanti dì, quando incominciarà a fruttificare, sì dovemo ronchare via tutte l’altre erbe et così la potrai colliare sei volte l’anno e dùrati X anni co[n]tinui.410

Di sere[re] l’oliva, di fare li seminarii, di serere le vite, di lavorare li campi inmundi et grassi. Capitolo II°.

1. [II.1] Ora dovemo serere l’oliva nei luoghi temperati e inestarssi intra la buccia a

g[u]isa di pomi sì com’è decto di sopra; ma dovella inestare pur nel’ulivastro, con ciò sia cosa che dell’uliveto innestato, quando è arso, sì suole nasciere olivastro sensa fructo e dovemo provedere in questo modo: quando avarai ripiantati l’olivastri, sì rempie tanto le fosse là uve sono piantati che rumangano meçe votie. 2. [II.2] Da

che l’ulivastro sarà apresso, sì ll’averemo inestare tanto a basso quanto poteremo e così come viene crescendo dovemo rimpiere la terra tanto che sarà tutte aguale. In questo modo serà la innestatura tanto sotterra che né fuocho né tagliatura non poterà impedire che non ripolli fructevuli. 3. [II.3] Alcuno lo innesta entro le radice e quando

è presa sì lla divelle con una parte dele radice e tramutala a guisa d’altra pianta. Li Greci dicono che homo dè inestare l’oliva da octo dìe isciente marso infino a quattro dìe entrante lulio, ne’ luoghi caldi più tosto, nei freddi più tardi. 4. [II.4] In fine a marso questo mese dovemo sappare le vigne ne’ luoghi fredissimi e inestare le viti. Li seminarii che avemo già fatti dovemo in questo tempo mondare dal’erbe e lavorare, ciò è sarchiare, tutto bellamente adentro. Ora dovemo seminare lo milio e panico ne’ luoghi meçanamente secchi. Da meço questo mese dovemo rompere li campi grassi che tengono molto l’acqua e serà quando tutte l’erbe seranno nate e in loro seme non saranno ancora mature né ferme.

Delli orti: del caulo, appio, atrebici e alquante altre herbe. Capitolo III°. 1. [III.1] Verso la fine di questo mese come ad esciente aprile dovemo ponere le brasche per avere dei cauli. Ora potemo serere l’appio in luogo caldo e freddo e in

197 terra quale ti piace pur che omore vi sia sempre, avegna che nasca in terra secca. Sì è mistiero che si possa seminare dal principio dela primavera tutto tempo di quie ala fine del’autumpno. 2. [III.2] Di questa natura è lo yspolmo ma ène pió duro e più

aspero e lo osellino altressì, ma è con follie molle e torso tenero e nasce im pantani e ’l petrosellino spetialmente in luoghi aspri. Prende tante granella d’appio quante puoti con tre dita e legale in una pèssa e piantale: sì nascerà l’appio molto grande e tutti quelli semi faranno uno capo. Diverrano crespi se tue pesti alquanto le semi o se tue volterai alcuno peso là uve sono seminati overo li calchi coli piei quando seranno nati. Lo seme del’apio che ène pió vechio sìe nasce pió tosto. 3. [III.3] In questo mese

potemo seminare li atrebici e di quie ad autumpno. Amano molto homore. Inmantenente che ène semminato, sì vuole essere coperto e mendato dal’erbe e non è mistieri d’essere tramutato s’elli è bene semminato, ma sì crescie meglio s’elli è tramutato più rado e aitato d’omore o di sugho o di letame. E vuole sempre essere riciso con ferro, per ciò che così non cessa di ripollare. 4. [III.4] Ora si semmina lo oçimo e dicesi che nasce tosto se inmantenente ch’è seminato lo inacqua l’omo con l’acqua calda. Di questa herba dice Martiale meraviglia: ora fa fiori purpurigni, ora bianchi, ora rossi e se homo ne semina sovente sì dice che si tramuta quando in serpollo e quando in sisembro. 5. [III.5] Di questo mese potemo seminare li melloni, cocomari e porri e in principio di questo mese dovemo ponere le piante del serpollo e delo capparo e della collocasia e semminare lattuche e bietole, cipolle, coriandro, le yntibe per avere di state e la succha e la menta o per radice o per propagine.

Della çiçifa e deli altri pomi. IIII°.

1. [IV.1] Nei luoghi caldi in questo mese d’aprile semmineremo la çiçifa, nei freddi di maggio o di giugno. Ama luoghi caldi e primaticci e allievasi per nocciula, per troncho e per pianta, ma cresce molto tardi. Se tue poni pianta, polla di marso in terra tenera; se pianti li nocciuli, sì lli ficca uno palmo cole puncte di sotto e mette di sotto e di sopra letame e cennere. Da che è nata, sì lla monda dall’erba. 2. [IV.2] Quando serà dela grossessa del dito grosso, sì lla tramuta. Ama più terra magretta che grassa. Di verno le aduna le pietra d’intorno al piè e di state ne le lieva. 3. [IV.3]

198 Se questa arbore è trista sì lla streghia cola streghia del ferro, sì sana molto a ralegrare, overo mette ale radice lo letame del bue spesse volte [...].