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Capitolo 3: Alcuni casi di analisi testuale

4. Il colore oro (2007) di Laura Pugno

4.3 La lingua de Il colore oro

Nel Colore oro «a volte sembra che gli enunciati scaturiscano da puri meccanismi combinatori, come in una grande giostra o palestra dei significati»472: questa percezione deriva dal fatto che il testo è composto da alcuni elementi di base che si ripetono con diverse variazioni per tutta la durata del dettato. È fortissimo infatti il carattere iterativo dell’opera – che riporta a una dimensione quasi rituale –, nella quale è possibile individuare alcuni termini di specifiche sfere semantiche che si ripetono ossessivamente:

come ha fatto notare Carbognin473, da una parte è imponente l’utilizzo di un linguaggio quotidiano e banale, in particolare concernente la sfera del cibo (invasive e quasi onnipresenti sono le occorrenze di «uovo», «latte», «pane», «spaghetti», «tè», «arancia»,

«olio», «sushi» e altre, che si ripetono con leggere variazioni) o quella degli oggetti di consumo e del mondo tecnologico («card», p. 29; «stivali rossi con i tacchi a spillo», p.

53; «un cartone di latte / strappato, / bevuto in piedi al supermarket», p. 118; «copertoni», p. 145); dall’altra un lessico e delle immagini dalla sfera del mito e del sacro («bestia-idolo», p. 21; «vaticinio», p. 25; «epoca del toro», p. 30; «ti segni le dita nell’olio», p. 38;

«acqua che infonda nel fuoco», p. 41; «liscia e piatta stele / che tu non adori», p. 47; «ti bevono come l’uovo / che passa di bocca in bocca nel sacrificio», p. 75; «colazione degli dèi», p. 115; «privilegio, / come quando mangi l’uovo», p. 117; «talismano», p. 127; «fai lettura del fegato / e delle pietre bianche», p. 131;) e della natura, sia vegetale e inorganica

469 Cfr. Gilda Policastro, L’ultima poesia. Scritture anomale e mutazioni di genere dal secondo novecento a oggi, Mimesis, Milano 2021.

470 https://www.youtube.com/watch?v=fr3Z348uvCg.

471 Bello Minciacchi, Recensione a Laura Pugno, “il colore oro” (Le Lettere, 2007), «PuntoCritico2», 6 maggio 2011.

472 Dal Bianco, Prefazione, cit., p. 9.

473 Cfr. Francesco Carbognin, Introduzione di 12 Poetesse italiane, NEM, Varese 2007.

123

(«legno», p. 61; «girasoli», p. 83; «ossa», p. 147), sia, soprattutto, animale («falco», p.

83; «leopardo», p. 92; «serpenti», p. 93; «scimmie», p. 143; «cani», p. 156: sono soltanto alcuni dei moltissimi animali che costellano il tessuto del testo e che assumono un carattere totemico: «del toro, hai / protezione / totem», p. 33).

Carbognin ha messo in luce che questi due ambiti (linguaggio quotidiano e mercificato da un lato e linguaggio del mito e della natura dall’altro) sono legati analogicamente da una terza importante sfera semantica, quella legata alle varietà cromatiche che come abbiamo visto è preponderante e porta con sé sfaccettature di significati – e che in questo contesto ha un’«azione confusiva e livellatrice»474 tra gli elementi delle due sfere lessicali –, e da alcuni elementi morfo-sintattici quali l’uso del pronome tu, dell’aggettivo possessivo tuo/a e della congiunzione e, che identificano gli elementi dei due diversi ambiti attraverso la «forzata destinazione di essi all’indistinta area delle appartenenze narcisistiche del tu» o li rendono «semanticamente equivalenti per via appositiva»475 o coordinativa: «ha una fascia di pelliccia / tra i capelli / è di plastica bianca» (p. 53);

«mastica con cura / pane e legno, / pane e argento» (p. 61); l’antitetica paronomasia «nera come neve» p. 69; «cavalcano tori e moto nere, / ducati, / honda nero opaco» (p. 73); «ti bevono come l’uovo / che passa di bocca in bocca nel sacrificio» (p. 75); «pochi metri di ghiaccio con oasi, / una stoffa arancio / intenso su un tappeto», «oppure, un asciugamano rosso / cupo, che ti copre la testa: / questa è la metratura / del deserto: // di notte sogni di percorrere un territorio al buio, / con una benda azzurra / intorno ai polsi, e sale / azzurro sulla bocca e sulla schiena» (p. 91); «entra nel leopardo, metti / le mani dentro la scultura – sabbia / di questo giardino, / sassi bianchi», «mettiti una pelliccia di plastica / i tuoi occhi color leopardo» (p. 92); «davanti a te per terra / c’è una stoffa leggera come l’oro / te la potresti gettare sulle spalle» (p. 93); «se il tronco degli alberi ha il colore / blu delle macchine» (p. 96); «lei è una ragazza, ha piccole ali / scorza d’arancio cucita nella camicia: / la marmellata d’arance / è per te // è colore oro / […] // pane e uova / gelatina d’oro» (p. 110); «erba e uova sulle fondamenta, / mangia in silenzio, / colazione degli dèi» (p. 115).

Il lessico utilizzato da Pugno in quest’opera attinge quindi soltanto a pochi ambiti selezionati, seppure lontani tra loro, a differenza di quanto abbiamo visto per quanto riguarda le altre autrici analizzate. A questo bisogna aggiungere la frequente mescolanza di lessico proveniente da altre lingue, in particolare l’inglese («underwater», pp. 40 e 67;

«da questa luminescenza è invaso il reef», p. 93; «ritorna prima del tempo / dall’outback, con le caviglie scorticate», p. 106; «lady marmalade», pp. 108 e 111; «milk», pp. 118 e 119; «extensions», p. 134; «tracks», pp. 136, 154 e 156; «fai un take delle cose vive», p.

137), ma anche il francese («ai vuole un corpo, / jeune-fille / di carne, microfibra», p. 54) e il latino («sarai anche troppo presto ad portas», p. 99).

Alla ripetizione di materiali testuali in un apparente gioco compositivo combinatorio e analogico che riutilizza gli stessi elementi di base all’interno dell’intera composizione, si accompagnano figure di ripetizione come l’anafora e l’epifora:

474 Ivi, p. 25.

475 Ibidem.

124 si copre gli occhi, scimmia

e l’uovo resta:

si copre gli occhi, si copre gli occhi, si copre gli occhi finché l’uovo scompare

questa è la coltivazione delle piante (p. 65)

Questo carattere iterativo, caratteristico anche delle altre raccolte poetiche di Pugno, contribuisce a creare un andamento ritmico che porta con sé il ricordo di una liturgia o di un rituale del quale si è perduta la memoria, ma potentemente evocato dall’energia sotterranea dell’elocuzione («parole magiche», p. 27), nonostante – o proprio per il fatto che – il dettato poetico sia «fisico, essenziale e paradossalmente scabro nella sua assoluta levigatezza»476:

l’andamento ana-epiforico contribuiva all’impressione che i testi rappresentassero un’ininterrotta, circolare e complessa performance: un cerimoniale sciamanico in cui cose e parole, umano e subumano si confondevano e scambiavano continuamente e misteriosamente, in una lingua – ha notato Andrea Cortellessa – «tutta corporea e insieme minuziosamente astratta»477.

Tuttavia bisogna fare una precisazione a riguardo: «iterazioni e sospensione/incantamento non significano né determinano un allontanarsi dell’autrice nei territori di un facile misticismo o orfismo», anzi, possono chiamare il lettore «in una direzione di estremo materialismo del dettato, dei suoi contenuti»:

Quelli di Laura Pugno sono pezzi di una scacchiera linguistica che aderisce alle movenze e forme del mito, senza l’impiego e impegno di stralci eruditi o di annotazioni/citazioni e flussi plurilinguistici come nel metodo mitico del modernismo eliotiano, ma anche senza permettere che griglie di coerenza o riconoscibilità o trasparenza=correspondance vincolino personae e allegorie ad altro che al loro sensato e vitale intreccio sul foglio scritto. Un intreccio nominale, non numinoso.

Se c’è aura, è nell’oro del colore, del testo, non altrove. Qui non si dà, insomma, religione. Il vocabolario e le sintassi ‘del sacro’ – usati – operano in territorio franco, laico. […] Flusso che lavora – formalmente – sul piano di un “come se”, di una ipotesi percettibile: mette in gioco (nei molti campi dello stile) modalità di mitografia senza mito, come se di mito si potesse ancora parlare478.

I testi che compongono Il colore oro si susseguono senza che i loro confini siano marcati da altri elementi al di fuori del cambio di pagina: sia i titoli che l’inizio dei brani sono caratterizzati dall’utilizzo della lettera minuscola, che è onnipresente anche a causa dell’assenza di segni di interpunzione forte, ad eccezione della comparsa sporadica del punto di domanda (al quale, ugualmente, segue la lettera minuscola: «apparizioni, / o

476 Bello Minciacchi, Recensione a Laura Pugno, cit.

477 Annovi, Campioni # 17, cit.

478 Giovenale, Postfazione, cit., pp. 169-170.

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cecità? / poi la città si quieta», p. 105); anche gli altri segni di interpunzione sono utilizzati in modo eterogeneo, essendo elisi in punti nei quali sarebbero necessari oppure interponendosi dove non necessari (tra elementi che anzi non dovrebbero essere separati), segmentando così la frase: «sarai, / stella dei giardini» (p. 118); «mangerai, pane e foglie»,

«puoi comprare, il sushi al supermarket» (p. 122); «hai, bambina-aidoru / gli occhi luminosi, / sono, verità, piccole luci» (p. 123). Il dettato è inoltre caratterizzato da un andamento ellittico («e se muovessero dal bosco, / cose, con la loro lingua / su questo ragiona la storia», p. 139; «stai in caccia, estendi / la caccia estendi / la lingua: è così, se in caccia / come prima avvertivi del leopardo», p. 155), che vede frequenti ellissi dei nessi connettivi e del verbo e uno stile nominale: «strade abitate da tigri, / capanne dove entri in ginocchio» (p. 46), «tira il corpo in secca: è calda, / carne e sale, / il corpo ripete il suo cerchio / la nuca e le ginocchia, / ossa e uova // […] // torni a casa, / pane e latte, ora scrivi / la parola kayak perfettamente, / non vedi / pane, latte e alghe // con la neve, si scioglierà come neve» (p. 125); «la condensazione dell’oriente / in armi d’oro» (p. 129), «cecità della cosa dolce / della cosa più bella» (p. 131). Questo procedere ellittico, come si vede, è collegato e può produrre una sintassi indecidibile:

[…]

è una lingua per leggere il bosco, credi che sia un gioiello

porta al collo

un sasso nero con un occhio dentro

nero, tutto pupilla

[…] (p. 153)

In questa figurazione, nella quale l’occhio che non ha più il bianco della sclera rimanda al non-umano, come ci suggerisce la stessa autrice479, sono presenti alcune ambiguità: il soggetto del verbo «sia» potrebbe essere tanto la «lingua» quanto il «bosco» e il verbo

«porta» potrebbe configurarsi come un indicativo presente alla terza persona singolare, avendo quindi come soggetto «lingua», oppure come un imperativo, allocutivo come il precedente «credi»480. I nuclei narrativi procedono con un’ambiguità di fondo che permette al lettore di intravedere soltanto il rilievo, il colore oro, di un disegno più complesso e chiaroscurato, come quello esemplificato nel brano che segue, tratto da lady marmalade del poemetto il colore oro, nel quale il soggetto dell’allocuzione passa dall’essere marcato al femminile («quella che ascolta», «dea», «ragazza-marmellata») a un inaspettato maschile («sei già nuovo»):

479 Cfr. Pugno, In territorio selvaggio, cit.

480 Questo esempio è presentato da Vegliante (Cfr. Laura Pugno, cit.) che, a partire dalla constatazione della frequente indecidibilità della sintassi, riflette sulla necessità di mantenere tale ambiguità e indecidibilità anche nella traduzione del testo poetico.

126 […]

non sei tu quella che ascolta queste voci non sei tu che giochi

con noi,

dea d’oro, ragazza-marmellata

perché già ti ha visto, la sirena quando hai messo fuori la scodella con gli spaghetti e l’uovo, già ti ha divorato, sei già nuovo (p. 113)

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5. 50 tentati suicidi più 50 oggetti contundenti (2021) di Alessandra Carnaroli