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Il linguaggio figurale delle scienze umane e sociali: il modello di analisi di Hayden White

Marcus e Cushman riconoscono esplicitamente l’importanza delle tesi di Hayden White per l’elaborazione del loro approccio all’etnografia. Mediante un approccio essenzialmente formalista, in Retorica e storia (1973)125 White aveva proposto un’analisi della struttura profonda dell’immaginazione storica nei classici della sto- riografia126 interrogandosi sul significato e sul funzionamento del

127I principali riferimenti teorici e metodologici di White sono gli studi let- terari di Northop Frye e Kenneth Burke, la critica strutturalista francese (in par- ticolare Lucien Goldman e Roland Barthes), le opere di Michel Foucault e Jac- ques Derrida. Inoltre, un ruolo centrale nello sviluppo del suo pensiero è attribuibile alle filosofie della storia di Giambattista Vico e Benedetto Croce.

128«Leggendo i classici del pensiero storico europeo del diciannovesimo secolo, mi sembrò ovvio che considerarli forme rappresentative di riflessione sto- rica richiedesse una teoria formale dell’opera storica. […] Le teorie (e anche le filosofie della storia) combinano un certo numero di “dati”, di concetti teoretici per “spiegare” questi dati, e una struttura narrativa per presentarli come un’icona di insiemi di eventi che si presume siano accaduti in tempi passati. In piú, affermo, esse hanno un contenuto strutturale profondo che è generalmente poe- tico, e specificamente linguistico nella sua natura e che serve come paradigma, precriticamente accettato, di ciò che dovrebbe essere una spiegazione caratteri- sticamente “storica”». H. WHITE, Retorica e storia, cit., vol. I, p. 5.

129«[…] sono stato costretto a postulare un livello profondo di conoscenza su cui un pensatore storico sceglie le strategie concettuali con cui spiegare o rap- presentare i suoi dati. A questo livello, io credo, lo storico compie un atto essen- zialmente poetico, in cui prefigura il campo storico e lo stabilisce come settore su cui far pesare le determinate teorie che userà per spiegare “che cosa effettiva- mente accadde” in esso. Questo atto di prefigurazione, a sua volta, assume un numero di forme, i cui tipi si possono caratterizzare secondo i modi linguistici in cui sono posti». (Ivi, p. 6).

130Ivi, vol. II, p. 225.

131White ritiene che vi siano tre specie di strategie esplicative (argomento, intreccio, ideologia) e quattro tipi di articolazione in ciascuna strategia, la cui

pensiero storico e analizzando le strutture verbali di base funzionanti come modelli rappresentativi dei cosiddetti «fatti storici»127.

White non si limitava a constatare la caduta della barriera tra i generi e l’indebolimento del confine che separa la scrittura della sto- ria dalla finzione letteraria. Mirava, infatti, ad individuare gli ele- menti metastorici delle opere storiche, ovvero i “contenuti struttu- rali” appartenenti ad una sfera poetica «precritica»128. Si trattava di un vero ribaltamento di prospettiva, o meglio di un’inversione nella concezione dei piani presenti nella struttura della scrittura storiogra- fica: il livello «concettuale esplicativo» (teoretico), generalmente con- siderato come una «sottostruttura», veniva ora riconosciuto come strato superficiale di una struttura poetico-retorica piú profonda, al cui interno lo scrittore realizza veri e propri atti immaginativi di pre- figurazione del campo storico129(act of prefiguration)130. Non prove- remo qui a riproporre il complesso modello di analisi dei rapporti tra i due livelli131, ma è necessario ricordare almeno quelle nozioni fon- CRISI E CRITICA DELL’ANTROPOLOGIA 97

combinazione determina lo stile specifico di un autore. Per la trattazione parti- colareggiata del metodo di analisi delle opere storiche si veda la Prefazione di Hayden White in Retorica e storia, cit., pp. 5-56.

132H. WHITE, Retorica e storia, cit., vol. I, p. 44. 133Ivi, vol. I, p. 6.

134Ivi, p. 44. 135Ivi, p. 5. 136Ibid.

damentali che hanno influito sul tentativo compiuto da Marcus di trasferirlo allo studio dei testi etnografici.

Essenziale è il concetto di “prefigurazione poetica del campo”, che mette in luce il ruolo ed il funzionamento del linguaggio nella precodifica dell’oggetto di analisi e nell’effettivo svolgimento delle varie argomentazioni esplicative. La tensione linguistica presente nelle opere storiche deriva dalla difficile impresa di combinazione di diversi modi di spiegazione, risolta dagli scrittori «entro il contesto di una visione coerente o di un’immagine di primo piano della forma dell’intero campo storico»132. Partendo da un primo livello di con- cettualizzazione, lo scrittore di storia costruisce un protocollo lingui- stico riconducibile all’elemento tropologico dominante in base al quale il campo stesso è stato prefigurato. Solo dopo aver stabilito il modello verbale rappresentativo di specifici “segmenti” del processo storico, lo storico potrà rendere operative le strategie di interpreta- zione ed ottenere determinati «effetti esplicativi»133.

La struttura metastorica diventa la gabbia linguistica del pensiero. Per White, dunque, gli attributi stilistici di un’opera storica non sono aspetti secondari di un dominio estetico separato, bensì gli elementi fondamentali nella costituzione del campo come «totalità autoconsi- stente»134, le immagini stesse della coerenza e dell’oggettività del campo storico e dei processi che esso circoscrive135.

Benché il complicato schema tropologico-formale proposto da White sia stato elaborato specificamente per la scrittura storica, molte caratteristiche del modello sembrano adattabili all’analisi della scrittura etnografica. Innanzi tutto, la definizione minima che White propone per l’opera storica può essere adattata all’opera etnografica, in quanto entrambe le forme di scrittura possono essere considerate «struttur[e] verbal[i] in forma di discorso in prosa narrativo»136.

137H. WHITE, «Tropology, Discourse, and the Modes of Human Conscious- ness», Introduzione a ID., Tropics of Discourse: Essays in Cultural Criticism, Johns Hopkins University Press, Baltimore 1978, pp. 1-25.

138Ibid.

139Le tesi di White offrono il vantaggio di un approccio formale al problema critico posto da Marcus, un problema che nasce, come si è visto, dalla prospet- tiva dei lettori di etnografie prima ancora che dal punto di vista dei ricercatori sul campo (i futuri scrittori!). Quando questa seconda posizione farà emergere le difficoltà e le contraddizioni implicite ai processi di mediazione cui deve far fronte l’identità molteplice dell’etnografo-lettore-scrittore, la fiducia nella siste- maticità formalista dell’analisi sarà indebolita non solo dalla critica, ma anche da inevitabili ripensamenti autocritici. Ma nella prima fase della svolta annunciata da Marcus e Cushman, il modello di White è efficace nel focalizzare l’attenzione sui processi costruttivi dei testi, e sul ruolo del linguaggio figurale nella costru- zione del sapere.

D’altra parte, in Tropics of Discourse: Essays in Cultural Criticism137 White estenderà la concezione tropologica del discorso all’analisi dei processi della conoscenza in genere, ed in particolare quelli delle scienze umane. Il linguaggio figurale è usato per rafforzare e garan- tire una forma di evidenza delle asserzioni relative a determinati feno- meni sconosciuti.

Certamente l’utilizzo tropologico del linguaggio nella narrazione storica è una pratica molto vicina al funzionamento della descrizione e della comprensione antropologiche. Anche i testi etnografici, come quelli storici, «combinano un certo numero di “dati”, di concetti teo- rici per “spiegare” questi dati, e una struttura narrativa per presen- tarli»138. Le definizioni di White forniscono a George E. Marcus il modello per un approccio “narrativo” all’etnografia come testo – un metodo formale considerato piú funzionale della metafora testuale di Geertz –, e sembrano garantire una maggiore sistematicità rispetto alle riflessioni sulla scrittura etnografica presenti in Interpretazione di culture e Antropologia interpretativa.

Tuttavia, occorrerebbe discutere le differenze tra i cosiddetti “dati storici” e i dati dell’etnografia, e soprattutto riflettere sul pro- cesso di ricerca che conduce al loro “ritrovamento”. Marcus e gli altri critici testuali s’impegneranno proprio su questo versante, e dovranno inevitabilmente confrontarsi con l’ineludibile esperienza del fieldwork139.

140«La teoria dei tropi indica una via per caratterizzare i modi dominanti del pensiero storico che si formarono in Europa nel XIX sec. e, come base di una teoria generale del linguaggio poetico, mi consente di caratterizzare la struttura profonda dell’immaginazione storica di quel periodo considerato come uno svi- luppo a ciclo-chiuso. Poiché ciascuno dei modi può essere considerato una fase o momento in una tradizione di discorso che si evolve da comprensioni del mondo storico metaforiche, poi metonimiche e sineddochiche a una percezione ironica dell’irriducibile relativismo di ogni conoscenza». (H. WHITE, Retorica e

storia, cit., vol. I, p. 52).

Marcus mostrerà di voler mettere concretamente alla prova la teo- ria metastorica nell’analisi del genere etnografico e, dunque, impie- gherà il procedimento analitico di White, ma forse senza approfon- dire l’aspetto piú problematico di Retorica e storia, ovvero il rapporto tra l’analisi metastorica e lo sviluppo storico dei differenti modi di prefigurazione del campo. L’analisi dei classici della tradizione sto- riografica dall’illuminismo al XX secolo è condizionata da uno schema di sviluppo dei modi di prefigurazione scandito da una suc- cessione evoluzionistica (dalla metafora all’ironia), entro un processo essenzialmente ciclico (dal modo ironico della storiografia tardo-illu- ministica all’ironia della crisi dello storicismo)140. Tuttavia, nel finale del libro White discute la questione del realismo, nel tentativo di superare la condizione ironica in cui trova espressione la crisi dello storicismo europeo. Il problema del realismo e la peculiarità del modo ironico sono aspetti strettamente interconnessi, e occorre con- siderarli con particolare attenzione poiché Marcus li introduce – non senza forzature e fraintendimenti – nel campo dell’etnografia.