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Linguaggio e traduzione giuridica per la concreta attuazione
dei diritti fondamentali
Dal punto di vista giuridico, l’Unione europea si caratterizza per le diversità di tradizioni e per i particolarismi normativi che, da soli, rendono difficile una comunicazione ed una circolazione di dati ed informazioni tra gli Stati, unito al plurilinguismo e ai problemi di traduzione giuridica.
L’Europa unita si presenta come una realtà multiculturale e multilinguistica.
A livello pratico si osserva quotidianamente che la traduzione da e verso ogni lingua dell’UE è ormai impraticabile69.
Questo può potenzialmente pregiudicare la piena garanzia dei diritti fondamentali di ciascun individuo, sia nel caso estremo in cui non venga fornita alcuna traduzione di un atto o di una disposizione di legge in una lingua comprensibile per l’interessato, sia quando le differenze tra i diritti
67 Cfr Corte di Cassazione, sez. VI, 2 aprile 2008, n. 18726, CED, rv. 239722.
68 Cfr Corte costituzionale, 21 giugno 2010, n. 227 in www.cortecostituzionale.it (consultato in data 25 gennaio 2011).
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Così B. POZZO – V. JACOMETTI Le politiche linguistiche delle istituzioni comunitarie dopo
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nazionali rendono impossibile la traduzione di concetti giuridici facenti parte di altre tradizioni giuridiche.
Da ciò emerge il ruolo fondamentale del giurista-linguista ovvero, per coloro che guardano con scetticismo la figura che unisce competenze linguistiche a conoscenze giuridiche, della collaborazione stretta tra i traduttori e interpreti e gli esperti di d iritto, per cercare di identificare i significati che corrispondono al medesimo concetto negli Stati membri70.
I concetti giuridici sono intimamente collegati con le vicende intellettuali e culturali di un dato contesto e quindi con la lingua con cui questo si esprime. Il linguaggio giuridico di un dato ordinamento riverbera tassonomie specifiche che si sono sviluppate nel corso di anni, decenni, secoli, millenni e che si fondano sullo sviluppo storico di un dato sistema giuridico.
Le sfide del linguaggio e della traduzione giuridica sono aumentate considerevolmente a seguito dell’ampliamento dell’Unione europea verso i Paesi dell’Est.
La stessa di Corte di Giustizia si confronta giornalmente con il multilinguismo che caratterizza l’Unione europea nella sua f unzione di assicurazione dell’uniforme interpretazione del diritto comunitario.
La presenza di testi multilingua, tutti facenti fede come previsto dall’art. 314 TUE, rende indubbiamente più complesso il ruolo dell’interprete perché il raffronto tra i diversi testi può far emergere conflitti tra i relativi contenuti.
I diversi scenari prospettabili muovono tutti dall’assunto che la presenza di testi ufficiali esclude che possa accordarsi la preferenza all’uno o all’altro, implicando di cercare, nel raffronto, un significato oggettivo che esprima la volontà comune degli Stati71.
L’operazione di traduzione, qualsiasi materia interessi, è caratterizzata da determinate regole comuni di base ma per tradurre correttamente il linguaggio giuridico sono necessarie delle competenze superiori, al fine di superare gli ostacoli tecnici propri del mondo del diritto.
Secondo il giurista belga J. B. Herbots, la differenza tra traduzione giuridica e traduzione ordinaria risiede nel fatto che il testo da tradurre è una regola giuridica, una decisione giudiziaria o un atto giuridico che ha conseguenze giuridiche volute e da conseguirsi72.
70 La diatriba tra i sostenitori della figura del giurista-linguista e i sostenitori della necessaria divisione in almeno due soggetti delle competenze linguistiche (di traduzione ed interpretazione) e delle conoscenze giuridiche, è sorta in seno al convegno tenutosi il 14 luglio 2011 presso l’Università degli Studi dell’Insubria, dal titolo Giuristi, lingua ed Unione europea: la circolazione dei concetti in un mondo
multilingua.
71 Cfr B. POZZO – V. JACOMETTI op.cit., pagg. 93-98. 72
Cfr J. B. HERBOTS La tradution juridique. Un point de vue belge in Cahiers de droit, 1987, pagg. 813-844.
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Indipendentemente dal metodo usato, lo scopo della traduzione giuridica è produrre testi che siano almeno equivalenti se non identici. La nozione di equivalenza rimane controversa a causa delle difficoltà incontrate dagli studiosi di traduzione e dai linguisti nel definire il termine in maniera precisa. Di conseguenza, l’equivalenza viene associata a differenti e vaghe etichette che possono creare confusione ed incomprensioni. Il problema risiede, nel campo del diritto, nel ricerca un equivalente non solo a livello linguistico ma anche giuridico, fondendo ed amalgamando i due ingredienti costitutivi del testo che producono l’equivalenza ricercata73.
In un quadro europeo e mondiale di globalizzazione dei rapporti socio-economici, e quindi anche giuridici, lo scambio tra autorità straniere e l’impatto con atti, norme e sentenze “nate altrove”, costituiscono un ineliminabile elemento caratterizzante dell o spazio UE74.
Lo sviluppo dei rapporti di cooperazione tra gli Stati membri ha definitivamente consegnato all’interprete un quadro normativo e giuridico multilivello, caratterizzato da un plurilinguismo e dalle relazioni tra ordinamenti giuridici di diversa tradizione.
Ci si muove, dunque, su un terreno sdrucciolevole che richiede un controllo serrato non solo di mera traduzione linguistica ma anche di interpretazione dei concetti.
Un’opera interpretativa si può dire proficua se è in grado di risalire efficacemente all’intenzione del legislatore o del giudice “altro”, facendo salva la lettera e lo spirito del testo tradotto75.
La ricchezza della lingua e del linguaggio giuridico spesso produce confusione, ora a causa di un uso atecnico di alcuni termini ora con l’utilizzo di espressioni diverse per indicare lo stesso concetto o lo stesso istituto.
Da una considerazione empirica e d’esperienza, la lingua maggiormente usata a livello internazionale, nelle conferenze, negli atti, nella diplomazia è certamente l’inglese. È sotto gli occhi di tutti l’influenza della lingua inglese in molte espressioni del vivere quotidiano.
Per questi motivi non è illogico ragionare sulla possibilità di applicare un idioma comune per la comunicazione in ambito UE che ben può essere rappresentato dalla lingua inglese, generando un abbattimento dei costi di traduzione e un maggiore grado di comprensione delle comunicazioni, delle norme, degli atti da parte dei soggetti interessati.
73 Per un approfondimento sulle differenze e le difficoltà di traduzione nel plain language e nel linguaggio giuridico, si rinvia a B. POZZO (a cura di) Ordinary language and legale language, Giuffré, 2005.
74 E. SELVAGGI L’arabo, il parto, il siro in suoo sermon l’udì: riflessioni sulla Babele delle lingue nei
rapporti giurisdizionali con autorità straniere in Scritti in onore di Mario Pisani, La Tribuna, 2010.
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Questo scenario si scontra con le difficoltà di tra duzione-interpretazioni di tutti i termini ed i concetti giuridici in questa possibile lingua comune dell’Unione per una sorta di insufficienza epistemologica e semantica, in contrapposizione con la ricchezza dei linguaggi giuridici nazionali.
Ad oggi esiste un solo vecchio dizionario di inglese giuridico che non permette una traduzione precisa ed efficace di una pluralità di termini e concetti ricorrenti negli atti, nelle norme e nelle sentenze .
Gli interpreti devono cercare di colmare il vuoto, di caso in caso, anche da uno studio dei casi in cui un determinato istituto viene applicato, per cercare di comprenderne il significato intimo76.
Alcune banche dati di terminologia giuridica multilingua, quali lo IATE77, aiutano, tuttavia, i linguisti ma queste non si possono ritenere esaustive e non offrono la soluzione interpretativa corretta in tutte le circostanze78.
Nel campo del diritto privato sono già stati attivati da tempo dei progetti di approfondimento ed analisi per la creazione di un linguaggio comune de i contratti, del commercio e delle transazioni, in particolare con il noto progetto Unidroit: queste riflessioni in materia di diritto penale e processuale penale sono ancora poche e timide.
Il Trattato di Lisbona ha imposto una vigorosa accelerata agli st udi e al ricorso alla lingua anglosassone come lingua franca, anche per il rito penale e per l’armonizzazione di esso nello spazio comune europeo79.
Anche il diritto penale ed il diritto processuale penale non vivono più delle sole norme interne agli ordinamenti giuridici nazionali, ma devono misurarsi con una pluralità di fonti comunitarie a cui devono uniformarsi.
Già l’attuazione di queste normative sovranazionali, l’adattamento rispetto alle interpretazioni giurisprudenziali offerte dai giudici comunitar i, il coinvolgimento di più Stati in procedure di cooperazioni e in procedimenti penali, richiedono una maggiore attenzione nella prospettiva di una ricerca linguistica idonea a garantire la comprensione dei fatti e degli atti ai soggetti interessati.
76 Secondo quanto riferito da Arianna Grasso, linguista, in occasione del già menzionato convegno svolto a Como il 14 luglio 2011, è in uscita un nuovo dizionario di inglese giuridico che, rispetto al precedente, è arricchito da molti più lemmi rispondenti al moderno linguaggio giuridico dell’UE. Questo nuovo strumento per l’interpretazione in lingua inglese è munito di definizioni e di esempi di frasi e di situazioni in cui una determinata parola, un concetto o un istituto sono applicati, per aiutare a raggiungere una traduzione più precisa e di qualità.
77 Questa banca dati è liberamente consultabile in rete, al sito http://iate.europa.eu/iatediff/switchLang.do?success=mainPage&lang=it.
78 Così Arianna Grasso, linguista esperta di inglese giuridico, nell’intervento tenuto al menzionato convegno comasco del 14 luglio 2011.
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Così Francesca Ruggieri nell’intervento svolto presso l’Accademia della Crusca a Firenze in data 1 ottobre 2010.
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Nel più ampio contesto della garanzia dei diritti procedurali e dei diritti fondamentali, il diritto alla traduzione degli atti, alla presenza di un interprete quando non si comprende la lingua utilizzata acquista un ruolo centrale per la tutela dell’equo processo e del diritto di difesa di ogni individuo.
La qualità della traduzione e dell’interpretazione è essenziale affinché si realizzi una concreta attuazione di tutti quei diritti fondamentali che, direttamente o indirettamente, sono connessi al fenomeno de l linguaggio.
Se esiste un termine corrispondente, il linguista si può limitare a un’operazione di traduzione e quindi di trasposizione dell’idioma dall’una all’altra lingua, ma se questo non è realizzabile, si renderà necessaria una perifrasi in grado di trasmettere il significato autentico80.
Il mutamento originato dal nuovo sistema processuale penale, marcatamente influenzato dal diritto comunitario, coinvolge tutti i formanti propri degli studi comparatistica, generando anche una stretta compenetrazione tra diritto e linguaggio.
L’incrementato interesse verso la lingua è sottolineato anche nei testi delle norme comunitarie, con particolare riferimento alla disciplina degli strumenti e delle procedure di cooperazione quali il mandato di arresto europeo e il mandato europeo di ricerca della prova81.
La conoscenza delle lingue e dei linguaggi giuridici, almeno quelli principali, è innanzitutto uno strumento volto a garantire all’indagato o imputato alloglotta il controllo del giudice sull’effettivo adempiment o dell’obbligo di traduzione degli atti82.
La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, all’art. 6, garantisce a chiare lettere il diritto dell’indagato/imputato ad un interprete per comprendere gli atti e le accuse a lui mosse .
La tutela di questo diritto ha subito una forte accelerazione a seguito dell’entrata in vigore della Direttiva sull’interpretazione e la traduzione, a cui gli Stati membri sono obbligati a dare attuazione entro il 2013 ma che prevede già degli effetti anticipati.
Il 20 ottobre 2010, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva 2010/64 riguarda proprio i procedimenti penali.
La Direttiva, in concreta applicazione del Trattato di Lisbona, segna un passo importante nel quadro del rafforzamento dei diritti procedurali dei sospettati e degli accusati. Essa si applica ai procedimenti penali ed alle procedure di esecuzione del Mandato di arresto europeo83.
80 Cfr Ibidem.
81 Cfr Infra capitolo Secondo, Sezione III.
82 Così Filippo Spiezia in occasione dell’intervento tenuto al convegno di Como del 14 luglio 2011, già più volte menzionato.
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Il diritto all’interpretazione e alla traduzione si snoda temporalmente dal momento in cui la persona è resa edotta dalle autorità competenti, mediante una notificazione o con altri mezzi di informazione, che è sospettata o accusata di aver commesso un reato, fino alla conclusione del procedimento penale84.
L’accusato o sospettato può beneficiare di una interpretazione gratuita ogni qualvolta non comprende la lingua in uso durante un’udienza o un qualsiasi contraddittorio con le autorità, questo per salvaguardare il diritto all’equo processo di cui all’art. 6 CEDU85.
Il diritto alla traduzione è previsto in una disposizione della Direttiva dai confini nebulosi, caratterizzata dall’utilizzo di termini e locuzioni generiche. Questo diritto, infatti, prevede la traduzione in forma scritta (o anche oralmente nei soli casi di necessità e urgenza) di tutti quei documenti che sono essenziali per l’accusato al fine di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa e il proprio diritto ad un equo processo . Non è fornito alcun catalogo, almeno generale ed esemplificativo, di quelli che debbono considerarsi come “documenti essenziali”.
Questo quadro di riferimento, di conseguenza, richiede che vi sia un periodo di tempo sufficiente ed adeguato per procedere ad una traduzione e allo studio dell’atto così tradotto86.
Il diritto all’interpretazione e alla traduzione si possono dire rea lmente garantiti soltanto se la traduzione e l’interpretazione rispettano un certo standard qualitativo. Per raggiungere questo obiettivo, la Direttiva prevede l’istituzione di un registro di traduttore e interpreti indipendenti, che possiedono una comprovata qualifica e professionalità87.
La Direttiva in analisi segna un importante balzo in avanti verso la previsione di diritti procedurali di alto livello nei procedimenti penali degli Stati membri, oltre a rappresentare un esempio emblematico di attuazione dei dettati del Trattato di Lisbona88.
La Direttiva non definisce la locuzione “procedimento penale” ma è comprensibile che per individuarne i confini è necessario considerare la giurisprudenza della Corte EDU, con particolare riferimento all’interpretazione dell’art. 6 CEDU.
84 Cfr art. 1 comma 2.
Questo articolo è stato più volte riformulato durante i lavori preparatori, a causa di plurime eccezioni di incompatibilità con l’art. 6 CEDU sollevate da alcuni Stati membri.
85 Cfr art. 2.
Anche questa disposizione della Direttiva è stata oggetto di plurime rivisitazioni, anche al fine di meglio bilanciare il diritto dell’indagato/imputato a comprendere quanto gli accade con una valutazione attenta dell’impatto economico da supportare da parte dello Stato per un interprete.
86 Cfr art. 3. 87 Cfr art. 5.
88 Per un approfondimento sui lavori preparatori della Direttiva 2010/64/EU si invita alla lettura di S. CRAS – L. DE MATTEIS The Directive on the right to interpretation and translation in criminal
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