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Livello comunitario Elementi nodali della Direttiva e sua applicazione tra gli Stat

3.2 Livello comunitario, nazionale e regionale: quadro normativo

3.2.1 Livello comunitario Elementi nodali della Direttiva e sua applicazione tra gli Stat

I principi ispiratori della VAS, sono quelli definiti dal Trattato della Comunità Europea27 che rappresenta la sua base giuridica. In particolare l’art. 6 del Trattato prevede che: “le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione delle politiche e delle azioni comunitarie.” L'articolo 174 del Trattato, ripreso nel preambolo della Direttiva, stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce, tra l'altro, a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana e dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che deve essere fondata sul principio della precauzione (Cecchetti, 2009).

L’obiettivo della Direttiva (art. 1) è fornire un elevato livello di protezione ambientale, assicurando che per i piani o programmi sia effettuata una valutazione ambientale e, che, i risultati di questa valutazione siano considerati nella preparazione ed adozione di tali piani e programmi. Si sottolinea, in questo senso, la differenza con la VIA che invece si concentra su problemi specifici in relazione al progetto proposto e quindi su una valutazione più puntuale a livello progettuale.

Per piani e programmi s'intendono i piani e i programmi, che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative (art. 2 lettera a).

Per valutazione ambientale si intende l'elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle

44 consultazioni nell'iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione (art. 2 lettera b).

L’ambito di applicazione della VAS (art. 6) è essenzialmente costituito dai piani e programmi che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della Direttiva 85/337/CEE, o per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della Direttiva 92/43/CEE.28

La Direttiva stabilisce requisiti limitati per quanto riguarda l'ambito di applicazione, pertanto i vari Stati dell’Unione Europea (Stati membri) utilizzano metodi diversi sia per la definizione dell'ambito e sia per la consultazione della autorità interessate. La maggior parte di essi afferma di essersi basati su un approccio misto, avvalendosi di elenchi di piani e programmi da sottoporre a valutazione ma anche valutando caso per caso la necessità di un'eventuale valutazione.29

Le procedure di definizione dell'ambito sono in genere definite caso per caso, poiché la maggior parte non impone metodi specifici. In alcuni casi la procedura di definizione dell'ambito di applicazione prevede la consultazione del pubblico, che non è tuttavia obbligatoria ai sensi della Direttiva.

Per rapporto ambientale s’intende la parte di documentazione del piano o del programma in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma (art. 5 c. 1 della Direttiva). Tutte le normative nazionali di recepimento esigono formalmente all’interno del rapporto ambientale la descrizione della situazione di partenza. Secondo quanto comunicato dagli Stati membri, la difficoltà principale consiste nell'individuare l'ampiezza e il grado di dettagliatezza

28 Direttiva relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (G.U.C.E. n.

Legge 206 del 22 luglio 1992).

29 Si veda la Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e

45 della valutazione.30 Causano difficoltà anche la mancanza di informazioni affidabili, il tempo richiesto dalla raccolta dei dati, la mancanza di criteri omogenei per definire l'ambito e il contenuto dell'analisi iniziale e la mancanza di criteri tipo in materia di ambiente e sostenibilità per valutare i piani e programmi.

Una delle difficoltà incontrate dagli Stati nella redazione dei rapporti ambientali è stata l'individuazione e valutazione delle “ragionevoli” alternative al piano. A tale fine alcuni hanno messo a punto degli orientamenti esaustivi per offrire sostegno nelle singole procedure, ma la maggior parte di essi non ha stabilito alcuna modalità per questa fase del processo.31 La maggior parte delle normative nazionali non definisce in maniera specifica il concetto di alternativa “ragionevole," (art. 5, c. 1) né stabilisce quante alternative debbano essere valutate; la scelta di esse avviene a seguito della valutazione di ogni singolo caso e della decisione presa successivamente. Tutti gli Stati membri hanno comunicato che tra le alternative da inserire nel rapporto ambientale deve obbligatoriamente comparire come alternativa l'inazione, ossia la cosiddetta alternativa zero.

Le autorità con specifiche competenze ambientali devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale (art. 5 c. 4 e art. 6 c. 3). La proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale devono essere messi a disposizione delle autorità di cui sopra e del pubblico e devono disporre tempestivamente di un'effettiva opportunità di esprimere, in termini congrui, il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che lo accompagna, prima dell'adozione del piano o del programma o dell'avvio della relativa procedura legislativa (art. 6 c. 2).

I risultati delle consultazioni devono essere valutati nel processo decisionale (art. 2 lettera b). È necessario, dunque, individuare fin dalle prime fasi, i soggetti da consultare, cioè il “pubblico,” costituito (art. 2 lettera d) da tutte le persone, fisiche o giuridiche che, potenzialmente, sono interessate dal piani e programmi per il quale si sta sviluppando la VAS. Si tratta di una definizione molto larga, in linea con quella della Convenzione di Aarhus. La definizione di pubblico viene, dunque, lasciata volutamente vaga, in vista di una sua identificazione rigorosa “secondo la normativa e la prassi nazionale” (art. 2, lettera d) come,

30 Ibid. 31 Ibid.

46 anche alla legislazione nazionale è lasciata la definizione delle procedure attraverso cui le consultazioni si attuano.

Una precondizione fondamentale delle consultazioni è la pubblicità della proposta di piani e programmi per il quale si sta sviluppando la VAS e del rapporto ambientale. Anche a riguardo a questa problematica la Direttiva lascia piena libertà agli Stati membri di definire le procedure che si ritengano opportune e adeguate ai contesti nazionali. Va perseguito tuttavia, in modo efficace, l’obiettivo di consentire al pubblico, che va identificato in maniera precisa secondo quanto già messo in evidenza, di esprimere, nelle (successive) consultazioni il proprio parere “in termini congrui”(art. 6, c. 2).

Poiché la Direttiva non specifica in maniera dettagliata le procedure da seguire per la consultazione pubblica, sono utilizzati svariati metodi tra gli Stati membri: annunci pubblici, pubblicazione in Gazzette ufficiali o sulla stampa, incontri pubblici, sondaggi e questionari via internet; solo alcuni hanno fissato dei termini precisi per quanto riguarda la durata della consultazione del pubblico; la maggior parte prevede almeno un mese per la consultazione, mentre altri decidono in maniera differente volta per volta.32

In generale, l'esperienza mostra che la consultazione del pubblico, in particolare quando avviene nelle fasi iniziali della programmazione ed è concepita come processo, facilita l'accettazione del piani e programmi e di conseguenza, contribuisce ad identificare e risolvere tempestivamente i possibili conflitti.33

Non è chiaro all’interno della Direttiva quale sia l’autorità a cui spetta decidere i risultati della procedura. Nell’ordinamento dei vari Stati membri spesso si tratta dell'autorità incaricata della pianificazione, previa consultazione dell'autorità competente in materia ambientale; in altri casi, si tratta di quest'ultima.

Rispetto al monitoraggio gli Stati membri dovrebbero controllare gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e programmi al fine di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e adottare le misure correttive che ritengono opportune (art. 10).

32 Ibid. 33

47 Pochissimi hanno comunicato di avere definito delle modalità di controllo o di avere redatto orientamenti nazionali su come definire i relativi indicatori.34

La Direttiva è strettamente correlata con la Direttiva 92/43/CEE, del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva Habitat), la Direttiva sulla VIA e ad altre direttive ( sulle acque, nitrati, rifiuti, rumore e qualità dell'aria), che fissano requisiti per l'istituzione e la valutazione di piani e programmi in settori che rientrano nella VAS.

Gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni nei casi in cui l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulti contemporaneamente dalla Direttiva VAS e da altre normative comunitarie (art. 11). Pochi hanno comunicato di avere messo a punto orientamenti per il coordinamento di procedure comuni per soddisfare le prescrizioni in materia di valutazione di altre direttive.35

Ciascuno Stato membro era tenuto a recepire la Direttiva nel proprio ordinamento entro il 2 luglio 2004 ma questo è successo solo entro il 2009, dopo numerosi procedimenti per infrazione o non corretto recepimento. Questo sta a significare quanto tortuoso sia stato il percorso da parte dei diversi Stati nel recepire una norma che fa propri dei concetti, che come visto non sono nati nel 2001 ma ben molto prima. Tuttavia, la maggior parte degli Stati membri ha riferito solo benefici dall’applicazione della VAS derivanti dall'elaborazione di piani e programmi più ecologici e dalla cooperazione tra le varie autorità grazie ai momenti partecipativi che essa attiva.

Approcci e modelli di applicazione della VAS nei diversi Stati

La VAS comporta notevoli differenze laddove la pianificazione spaziale, dell’uso del suolo o di tipo settoriale, ha trascurato di incorporare in maniera sistematica le questioni ambientali e di sostenibilità nel processo di piano, oppure nei casi in cui la politica e la pianificazione non hanno identificato e comparato alternative fattibili, utilizzando un ampio numero di criteri, integrati ed affidabili (Partidário, 2001).

Nella letteratura internazionale sono identificati due approcci generali di applicazione della VAS, in relazione ai diversi contesti politici, istituzionali e di pianificazione, a seconda che

34 Ibid. 35 Ibid.

48 questi presentino elementi procedurali e metodologici derivanti dalla prativa della VIA (approccio bottom-up) o dalla valutazione dei piani e delle politiche (approccio top down) (Partidario, 1996; Partidario, 2000; Dalal-Clayton e Sadler, 2005).

L’approccio bottom up: è quello utilizzato più frequentemente e si configura come un’estensione della VIA ai piani e programmi, applicandone gli stessi steps procedurali e normativi nonché, spesso, le stesse metodologie; nell’approccio top down, in questo caso i principi della valutazione ambientale sono incorporati all’interno dei processi stessi di formulazioni di piani e politiche, attraverso l’identificazione di bisogni e delle opzioni di sviluppo, nell’ottica dello sviluppo sostenibile.

Il primo caratterizza quei sistemi dove forte e consolidata, tanto in termini normativi quanto metodologici, è la prassi della VIA dei progetti, ad esempio gli Stati Uniti e l’Olanda; il secondo invece dovrebbe prevalere nei contesti connotati da una lunga tradizione di pianificazione territoriale, nei quali i principi di sostenibilità sono introdotti fin dai più alti livelli gerarchici della pianificazione e costruzione di politiche e poi si diffondono a cascata ai livelli più bassi, fino ad arrivare allo stadio progettuale, come per esempio il Regno Unito. Tuttavia in molti riconoscono che almeno nelle prime fasi, la VAS si sia plasmata all’interno della pratica della VIA e anche gli aspetti normativi e procedurali siano stati influenzati di conseguenza. I due approcci generali sopra delineati danno luogo negli specifici contesti nazionali a diversi modelli implementativi e procedurali in funzione dei rispettivi sistemi pianificatori e istituzionali.

In letteratura sono definiti dei modelli procedurali di VAS (Sadler e Verheem, 1996): “modello standard” (o modello VIA), il “modello equivalente” (stima ambientale) ed il “modello integrato” (gestione ambientale). Negli anni tale classificazione è stata ampliata includendo i “modelli istituzionali” della VAS, che dovrebbero includere, secondo Sadler, la VIA, la valutazione regionale (cioè, dello stato dell’ambiente a livello regionale), la stima ambientale, l’approccio duale, la gestione integrata delle risorse ed i modelli di analisi della sostenibilità (Sadler, 2001).