e delle risorse idriche
LLE TRASFORMAZIONI IDROGRAFICHE
Fig. 37. Parte del Corso del Po dal Porto di Monteu e parte di quello della Dora Baltea superiormente a! Porto di S. Anna in vicinanza della cassina della Fessia sino alla loro unione poco longi da Moncestino (stralcio).
Aut.: signor Boerio.
Se.: 1 : 4.752.
Dim.: 270 x 80.
Tecn. gr.: matite e china nera.
Supp.: carta da disegno e cartoncino da disegno.
Scrit. sul verso: Po, parte del corso del fiume Po dal porto di Monteu : e parte di quello della Dora Baltea superiormente al Porto di S. Anna, in vicinanza della Cassina della Fessia, sino alla loro unione, poco lungi da Moncestino. Originale del Signor Boerio. senza data sulla scala di 1 : 4.752.
A.S.T. sez. I, carte top. A-B, Po n. 7.
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LLE TRASFORMAZIONI IDROGRAFICHE
Ci. 0-OARHOHE
Scala f: 50 000
legenda
Fig. 38. Carta delle trasformazioni idrografiche nel comprensorio Chivassese, 1971-73 (da Govi M„ Crema G„ Zanella E., op. cit.J.
AREE DI ESONDAZIONE COME CONDIZIONAMENTO TERRITORIALE
Eventi eccezionali e insieme ricorrenti come le alluvioni (vale a dire l'invasio-ne di aree più o meno estese di territo-rio da parte delle acque fluviali), sono stati registrati in Italia con una frequen-za che appare più serrata durante l'ulti-mo mezzo secolo, rispetto ai periodi pre-cedenti. Durante questo periodo infatti sul territorio nazionale si sono contate circa 280 piene fuori dalla norma, e Piemonte e Toscana hanno condiviso il primato numerico delle piene con 30 eventi eccezionali ciascuna34-37.
Una carta sintetica della distribuzione delle aree di esondazione, da cui stral-ciamo la parte che interessa il bacino del Po (vedi fig. 39), è stata presen-tata nella « Prima relazione sulla situa-zione ambientale del paese » 38, e segna-la le aree alluvionate nel periodo tra il 1951 e 1972. Inoltre, in questo stesso documento si suppone che « pur in man-canza di dati di rilevazione ufficiali le in-formazioni disponibili del dissesto idro-geologico si siano ulteriormente aggra-vate nei confronti della situazione prece-dentemente rilevata nel 1967-1970 dal-la Commissione De Marchi ».
Come vedremo, non è mancata infatti la conferma di questa supposizione; men-tre gli anni trascorsi dal completamen-to dell'indagine della Commissione Inter-ministeriale 39 obbligano a costatare il mancato avanzamento del progetto d'in-tervento proposto che — pur con la di-scussione e la precisazione e la revisione di alcune delle linee di intervento indivi-duato in quella sede — avrebbe dovuto concretizzarsi nel periodo successivo. Invece, l'intervento in questo campo è stato, e continua ad essere, troppo ina-deguato e insufficiente rispetto alla gra-vità della situazione; per cui è senza enfasi giornalistica la denuncia che un autore come Antonio Cederna ha svilup-pato lungo l'arco di anni, sino a com-mentare come « alluvione programma-ta » l'ennesima, recentissima e caprogramma-tastro- catastro-fica alluvione40.
Le alluvioni sono state infatti ricono-sciute come indicatore di una condizio-ne di dissesto territoriale che interviecondizio-ne
Fig. 39. Carta della distribuzione delle aree di esondazione.
(da Tecneco, o p . cit., stralcio).
come causa concomitante, insieme con i fenomeni pluviometrici e con i fenome-ni più specificatamente legati alle condi-zioni morfologiche del bacino. È stato anche ricordato4 1, come a con-dizioni simili nei livelli pluviometrici, corrispondano conseguenze territoriali che si sono, negli ultimi decenni, fatte molto più gravi, con bilanci di distru-zione molto più pesanti: un fatto che è in stretta relazione con i modi delle in-controllate trasformazioni territoriali avvenute lungo questo periodo e che dà la misura reale del problema.
In particolare la « acquisizione recente per scopi edilizi, industriali, agricoli di aree naturalmente soggette ad inonda-zioni e che in passato erano lasciate li-bere alle espansioni delle piene, ha au-mentato l'entità di danni dovuti agli eventi alluvionali »3 8.
Come già abbiamo visto, sull'insieme delle aree di pianura corrispondente al 32% della superfìcie comprenso-riale, le limitazioni più rilevanti all'uti-lizzazione del suolo sono infatti poste dai fiumi; e tali limitazioni dovrebbero leggersi come variabili dipendenti dal-l'ampiezza delle aree esondabili. Se, riprendendo una analisi recente22, « si definisce letto maggiore tutta l'area potenzialmente esondabile del fiume, questo è ovviamente assai maggiore che non l'alveo apparente del fiume (cioè dell'elemento morfologico più facilmen-te e comunemenfacilmen-te conosciuto delle for-me fluviali). Quindi è evidente che l'area costituita dal letto maggiore comporti una serie di limitazioni nei confronti dei vari usi del suolo (in particolare per quanto riguarda la costruzione e le vie di comunicazione) oppure una serie di
interventi (quali argini, opere di difesa e di prevenzione delle inondazioni) in modo da salvaguardare l'area stessa ». Ne deriva che « ove ragioni particolari di pericolo o di sfruttamento di poten-zialità non rendano necessari detti in-terventi è preferibile lasciare che il cor-so dei fiumi si evolva naturalmente ». Già queste indicazioni di larga massima tracciano una prima proposta per il di-segno dei corridoi di protezione fluviale ad ampiezza variabile lungo i corsi d'ac-qua, che rimane peraltro tutta da pre-cisare.
Resta da vedere, intanto, quale sia allo stato attuale l'occupazione reale di tali fasce alluvionali; precisandone la situa-zione di compromissione e / o di utilizza-zione impropria (in tal senso sono da se-gnalare anche casi abnormi; come nel Biellese, ove sono stati ricostruiti edifi-ci industriali nelle stesse zone dove ave-va agito l'alluvione, e nonostante speci-fiche segnalazioni per vincolo d'uso in aree dichiaratamente pericolose). Ecco quindi un orientamento per la pia-nificazione del paesaggio fluviale parti-colarmente indicativo per l'insieme del-le aree di pianura; in aree cioè dove spesso sono inesistenti altre caratteriz-zazioni morfologiche naturali ma dove l'accentuazione paesistica data dalla pre-senza fluviale, qualora salvaguardata co-me eleco-mento paesistico e naturale, può essere considerato espressiva del pro-cesso di conservazione naturale. Le li-mitazioni circa le aree esondabili stabi-liscono una indicazione preferenziale per una destinazione ad uso agricolo, secondo la proposta di PTC, di tali aree; che si dovrebbe risolvere sviluppando, attraverso il piano agricolo zonale, an-che le articolazioni del progetto paesi-stico.
La documentazione raccolta per il Pie-monte, a cura del Laboratorio di ricerca per la protezione idrogeologica del Ba-cino Padano del CNR che nella sua atti-vità ormai quasi decennale, ha docu-mentato, analiticamente tutti gli elemen-ti alluvionali recenelemen-ti, individuando cau-se e concau-seguenze del discau-sesto, permette-rebbe d'altronde di precisare le osser-vazioni precedenti nei termini delle loro reali e spesso gravi conseguenze; svilup-pando — attraverso la ricerca di base —
l'analisi dei fattori limitanti inerenti al sistema fluviale.
L'indicazione sommaria, per quanto già esplicita, delle aree di esondazione rela-tive al sistema idrografico piemontese, riportata in fig. 39, può essere integrata con i seguenti dati che riguardano le zone sommergibili, riferite ai Comuni di appartenenza, del Piemonte e Val d'Ao-sta 42.
Sarebbe evidentemente utile verificare questi dati per il comprensorio di Tori-no, predisponendo un elenco disaggrega-to che specifichi l'incidenza di questa situazione per le aree di pianura e quel-le montane, per quel-le aree rurali e per quelle urbanizzate, in relazione ai diver-si cordiver-si d'acqua del diver-sistema idrografico che interessa questo territorio.
Per il tratto del corso del Po da Torino a Crescentino, la « carta delle trasfor-mazioni idrografiche » riportata in figu-ra 38 individua con precisione la rile-vante ampiezza delle aree inondate nella piena straordinaria, e segnala inoltre che:
« i punti più critici, perché ripetutamen-te colpiti da inondazioni sono:
— la campagna a S e SW di Brandizzo e parte del medesimo abitato, che ven-ne per metà allagato sia ven-nell'ottobre
1839 che nel maggio 1949;
— l'area compresa tra la confluenza in Po del Torrente Malone e quella del Tor-rente Orco, per la frequente tendenza da parte di questi due fiumi ad unire le loro acque di piena nella parte termina-le, spesso a causa del rigurgito provoca-to dal Po;
— la zona tra Orco e Chivasso, minac-ciata spesso da allagamenti e corrosio-ni sia da parte dello stesso fiume Orco che dal Po;
— la sponda a monte della Dora Bal-tea e soprattutto a valle di questo cor-so d'acqua dove prescor-so le cascine Galli si sono ripetutamente verificate perico-lose corrosioni ed allagamenti » 33. Non è senza interesse rivedere, alla lu-ce di questi dati, la serie di mappe sto-riche allegate che si riferiscono appunto allo stesso tratto del corso del Po. L'insieme delle precedenti osservazioni va confrontato con le indicazioni delle
Tabella 3.
Regione Comuni Piemonte + sommergibili
Valle d'Aosta nelle regioni %
Zone % % rispetto sommergibili r i sRe t t 0 c o m u n i regione sommer-gibili Sup. terr. (km2) N. Comuni N. abitanti 28.661 1.209 4.162.000 7.670 290 2.365.000 24,7 24 15,2 1.902 357.000 6 , 6 8,5 26,7 56,3
limitazioni d'uso del suolo proposte per le aree delle alluvioni recenti e verifi-cato con le indicazioni dei provvedi-menti di sistemazione idraulica attuati o previsti lungo i corsi d'acqua del com-prensorio che qui di seguito vedremo. D'altra parte la registrazione degli even-ti alluvionali, e il possibile controllo car-tografico delle relative aree di esonda-zioni, ancora metterebbero in evidenza la ripetitività delle situazioni alluvionali, che ripropongono ogni volta un gra-ve e insoluto problema di tutela terri-toriale 43.
Un problema che infatti ha trovato an-cora una gravissima conferma con le recentissime alluvioni della primavera/
autunno 77, in diverse zone della Re-gione.
Le cronache fotografiche apparse sulla stampa quotidiana in quei giorni ne in-dicavano alcune conseguenze territoriali sugli insediamenti, sulle aree agricole, sulle grandi infrastrutture, che trovano nelle cifre della tabella qui riportata la misura del danno economico corrispon-dente **.
Opere di competenza dei comuni e della Re-gione (31 comuni su 83 danneggiati), 6 miliardi. — Vercelli:
Danni a opere pubbliche, 3 miliardi. — Novara:
Danni nei soli servizi pubblici (escluse le fer-rovie) 7 miliardi.
È superfluo sottolineare come, ancora su questi termini di confronto, vada valutata l'importanza di una pianifica-zione territoriale che attui la conserva-zione del paesaggio fluviale come garan-zia di equilibrio ecologico territoriale.
Nella Regione Piemonte:
Opere di competenza delle Ferrovie, 5 miliardi Opere di competenza dell'Anas, 15 miliardi Impianti dell'Enel, 1 miliardo
Opere di competenza del Magistrato del Po, 20 miliardi
Opere di competenza delle Province, 20 miliardi (ad esclusione dei danni valutati in 1,8 miliardi per la Provincia di Torino).
In particolare nelle province di: — Alessandria:
Danni al settore agricolo, senza i riflessi sulla vendemmia (mancano i dati di Vercelli e Nova-ra), 3 miliardi.
NOTE
36 Citando L. SUSMEL, La difesa del suolo, in
« La difesa della natura », testi per Italia Nostra, Milano, 1976. 6 interessante notare che questi temi vengono finalmente trattati anche al livello divulgativo di una informazione più diffusa. Cfr. inoltre:
COTECCHIA V., Le alluvioni e la difesa del suolo, Annuario Est., 1968, Milano.
AA.VV., Atti del convegno internazionale sulle
piene, Accademia nazionale dei Lincei, Quader
no 169/1972.
37 Precedentemente, per il Po, « tra le portate di piene eccezionali che si sono verificate in que-st'ultimo mezzo secolo con notevole frequenza, le più gravi sono state quelle del giugno 17, del settembre 1920, del maggio-giugno 1926, dell'ago-sto 1935, del settembre 1948, del gennaio-mag-gio 1949, del novembre 1951 ».
Tale indicazione è riportata in: BONICELLI G., Il
bacino idrografico piemontese in rapporto alle sue piene ed a quelle del Po, in « Cronache
Eco-nomiche », anno 1952, n. 109.
« Per il tratto del Po a valle di Torino la mas-sima piena conosciuta sembra esser stata quella del 17 ottobre 1839: in quella occasione il Po totalizzò a S. Mauro una portata calcolata forse in difetto, in 2900 m3/sec, a Chivasso essa
ven-ne valutata di circa 3400 m3/sec. Le acque si
elevarono sul piano di campagna in sponda sini-stra tra Settimo e Brandizzo ad una altezza va-riabile da 1,5 a 2,5 m » 33.
38 Prima relazione sulla situazione ambientale del paese, a cura di Tecneco, Roma, 1972.
39 Questa Commissione interministeriale venne
istituita dopo la disastrosa alluvione del '66, e l'indagine, che f u sviluppata a livello nazionale per la durata di un treiennio, si concluse con una approfondita relazione sullo stato di fatto e sulle necessità modalità d'intervento valutandone la spesa relativa nell'ordine di diecimila miliardi per un trentennio. Questa indagine costituisce an-cora oggi un obbligante termine di valutazione e di riferimento.
4 0 A . CEDERNA, i n « C o r r i e r e d e l l a S e r a » 1 0 1 0
-1977 che commenta: « Lo sfasciume d'Italia ha la sua causa vera nell'impermeabilità di politici, governanti e amministratori locali ai problemi della difesa del suolo e dell'ambiente, cosi come il suolo d'Italia, è stato reso impermeabile dal disboscamento dissennato, dall'indiscriminata ce-mentificazione e asfaltatura di pianure, litorali, colline, e quindi non è più in grado di assorbire e smaltire le piogge ».
-ti M. FAZIO, in « La S t a m p a » 10-10-77.
42 Riportati da F. Ognibene nella analisi sulle
conseguenze ecologiche sul territorio indotte dal processo di industrializzazione e urbanizzazione nell'area torinese e piemontese, in « Convegno di studio sul piano Fiat, ACLI, Torino 10.1973 ».
4 3 D u JARDIN G „ Le inondazioni del Po
consi-derate sotto l'aspetto geologico e i mezzi per di-minuire i danni, Du Jardin, Genova, 1872. Le piene del Po nel secolo X I X , in « Giornale
Genio Civile », anno 1878, pag. 3 - 61 - 125 p.n.u.
La valle del Po e le sue inondazioni, in «
Gior-nale Genio Civile », anno 1883, pag. 83-133, p.n.u.
Sulle piene del Po avvenute nei mesi di ottobre e novembre 1886, in « Giornale Genio Civile »,
anno 1887, pag. 375, p.n.u.
VALENTINI, Sulle previsioni delle piene del Po, anno 1903, pag. 121, p.u.
BOSINI A., Considerazioni economiche sui
prov-vedimenti per evitare le inondazioni, in « Rivista
atti e rassegna tecnica », anno 1951, ottobre, pag. 294.
A N G I U S E . , La piena del Po del 4 maggio 1949
a monte di Torino, in « Giornale del Genio
Ci-vile », Anno 87° Fase. 12, dicembre 1949.
A N S E L M O V . , L'evento alluvionale del 12 - 14/
6/1957: i danni dei bacini del Piemonte e della Val d'Aosta.
ASPORTAZIONE DI MATERIALI ALLUVIONALI DAGLI ALVEI
Sotto questo titolo nel rapporto De Mar-chi sulla « difesa delle acque » per la Conferenza Nazionale delle Acque4 5 so-no stato individuate, nel loro grado di urgenza e di gravità, le dimensioni del problema relativo all'estrazione/aspor-tazione di materiali dai corsi d'acqua; che, ad oltre dieci anni di distanza, per-mangono tali, non essendosi modificato il quadro delle regolamentazioni in ma-teria.
L'attività estrattiva dagli alvei ha tradi-zionalmente interessato i corsi d'acqua, in modo diretto, quale risorsa facilmente sfruttabile; si può dire, anche, che il rapporto tra paesaggio fluviale e paesag-gio edificato passa attraverso questa uti-lizzazione diretta, nella misura in cui il primo diventa usuale fonte di approvvi-gionamento dei materiali primi neces-sari alla costruzione del secondo. A fabbisogni crescenti in tale settore ha corrisposto quindi un irreversibile dete-rioramento delle risorse fluviali, ma di questa « contabilità ambientale » non si è voluto sinora tener conto nella gestio-ne del territorio.
« Se si mettesse in conto il danno recato a tale patrimonio per la provvista dei materiali alluvionali impiegati, il costo reale di talune fra le opere costruite ne-gli ultimi tempi verrebbe a superare 46, e talora in misura del tutto insospettata, ie spese effettivamente sostenute. E sic-come gli alvei dei fiumi e dei torrenti, entro i limiti coperti dalle piene ordina-rie, appartengono al demanio dello Sta-to, è proprio soprattutto sullo Stato che sono ricaduti e ricadono i maggiori dan-ni diretti, ed è anzitutto allo Stato che spetta d'intervenire per la salvaguardia dei propri beni demaniali e per preve-nire o almeno attenuare i danni indiret-tamente arrecati ad altri beni4 5.
L'attività estrattiva, che avrebbe dovuto essere regolamentata in relazione al gra-do di compatibilità d'uso delle risorse sfruttate, si è trasformata, in difetto di coordinamento e di controllo, in agente distruttivo del paesaggio fluviale. Cosi è avvenuto sul Po, tra Torino e Ca-rignano, intorno al ponte di Carmagnola
0 tra San Vito e La Loggia, come lungo la Stura dove « le progressive e conti-nuate asportazioni di materiali ghiaiosi in alveo, mettono in causa l'equilibrio idraulico del corso d'acqua, che ha di-mostrato di reagire negativamente a tali intensi lavori estrattivi, riattivando in più punti con energia i processi erosivi sia sul fondo dell'alveo che alla spon-da »3 3.
1 danni arrecati, diretti o indiretti, ri-guardano l'alveo del fiume e, insieme, le condizioni del territorio circostante: « tra i primi, vanno comprese le erosio-ni di fondo come quelle delle quali già abbiamo parlato per il Po, che alterano in modo generalmente non favorevole il regime di magra dei corsi d'acqua e pongono in pericolo la stabilità delle opere sulle sponde.
« Fra i danni indiretti sono da segnala-re, anzitutto, la scomparsa, parziale o totale, di vasti materassi alluvionali e delle falde subalvee in esse contenute, che in passato costituirono preziose ri-serve idriche: ma forse anche più gravi sono le ripercussioni dell'abbassamento dei livelli di magra dei fiumi sulle falde acquifere dei territori latistanti, le qua-li, abbassandosi a loro volta, hanno re-cato, ad esempio in vaste zone dell'al-ta pianura venedell'al-ta dannose conseguenze sulle attività agrarie » 45.
La portata di tali interventi si è fatta cre-scente negli anni recenti con lo svilup-po dei fabbisogni e del livello di mec-canizzazione; i vecchi impianti a noria sono reperti archeologici nel paesaggio torinese47, mentre si continua a incidere il paesaggio fluviale devastandone la struttura.
Infatti, se le modificazioni indotte sul paesaggio fluviale da questa attività sono state sempre importanti nella regimazio-ne dei corsi d'acqua, è attualmente che il problema — anche come risultante di un uso continuato — si presenta in tut-ta la sua gravità.
Interventi recenti e in atto, al di fuori di una sufficiente regolamentazione, di fatto privatizzano una risorsa non rinno-vabile, sconvolgono il territorio ecologi-camente fragile delle zone di sponda, trasformano su larghe e profonde esten-sioni il paesaggio del fiume e restituisco-no un paesaggio devastato e arido, che segna artificialmente il territorio come
un paesaggio residuo; a cui corrisponde, infatti, uno stato di disequilibrio idrau-lico, ecologico e paesistico.
La denuncia delle condizioni di dissesto non è certamente solo di oggi né è, cer-tamente, infondata: a Carignano, l'allu-vione della scorsa primavera è stata l'ul-tima occasione, gravemente dimostrati-va, per verificare che nulla è stato fatto a distanza di anni per bloccare questo stato di dissesto del territorio.
In modo che, a commento della foto-grafia pubblicata in fig. 40 che regi-stra una condizione attuale, si può in-vece leggere questa denuncia della si-tuazione indotta nella stessa zona, da-tata al 1970: « tra San Vito e La Log-gia (8-9 km in linea d'aria) il Po di Ca-rignano fa cinque anse, per circa 14 km. I terreni intorno sono stati tutti com-prati dalle cave... Con l'estrazione in profondità, presto la cava diventa un lago dal quale draghe galleggianti con-tinuano a cavare la sabbia finché ne tro-vano e poi si spostano da un'altra parte. Le falde d'acqua sono state recise, i ter-reni intorno si inaridiscono, visti in se-zione, ai due lati del fiume, invece degli argini ci sono ora profondissimi laghet-ti conici separalaghet-ti da esili parelaghet-ti che ba-sta una buona spallata del Po ad abbat-tere.
Tagliando fuori le cinque anse, i laghet-ti delle cave vengono a trovarsi disposlaghet-ti secondo una direttrice lineare che alla prima alluvione potrebbe accorciare di circa la metà il corso del Po raddoppian-done ovviamente la velocità delle acque. E in fondo a questa linea c'è Moncaìie-ri, che nell'alluvione del '49 (quando ancora l'equilibrio naturale non era sta-to cosi spavaldamente turbasta-to) andò sotto tre metri d'acqua »48.
II controllo sulla consistenza e sui modi dell'attività estrattiva che interessa i corsi d'acqua è quindi determinante per assicurare la garanzia della stabilità idrogeologica dell'alveo e per non com-promettere l'equilibrio ecologico del si-stema fluviale.
Non a caso, forme di regolamentazione sono documentate con datazioni lonta-ne, e in rapporto preciso con la questio-ne della proprietà dell'alveo49.
Allo stato attuale, la regolamentazione dell'attività estrattiva dovrà formare oggetto di una prossima legge
le, in quanto questa materia — con la legge n. 382 e il Decreto di attuazione n. 616 — è stata affidata alle Regioni dal 1-1-78; e tale provvedimento