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Lo scioglimento automatico del matrimonio in caso d

Nel documento IL DIVORZIO IMPOSTO (pagine 88-95)

2 IL DIVORZIO IMPOSTO

2.6 Lo scioglimento automatico del matrimonio in caso d

170/2014”

La questione del divorzio imposto è stata affrontata per ultimo in una recente pronuncia della Corte Cost.41 . Il fatto in questione si apre con

la sentenza di rettificazione di sesso del Tribunale di Bologna che attribuisce al marito il sesso femminile e modifica del prenome; tale pronuncia è stata annotata a margine dell’atto di matrimonio provocandone lo scioglimento automatico. Di seguito tali ex coniugi hanno proposto ricorso al Tribunale di Modena chiedendo la cancellazione dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio (che

ne provoca lo scioglimento) in quanto apposta in assenza dei requisiti di legge. Tale ricorso è stato accolto; ma il Ministro dell’Interno ha proposto reclamo alla Corte d’Appello di Bologna, la quale lo ha accolto affermando che l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della rettificazione di sesso (comportante lo scioglimento automatico del vincolo coniugale) non è disposta (da parte dell’ufficiale di stato civile) fuori dai casi consentiti, trattandosi di un doveroso aggiornamento cui è tenuto l’ufficiale dello stato civile. Contro tale pronuncia della Corte d’appello gli ex coniugi hanno promosso ricorso in Cassazione per ottenere la cancellazione dell’annotazione di cessazione del vincolo civile del loro matrimonio (apposta in calce all’atto di matrimonio dall’ufficiale di stato civile, su ordine del Tribunale di Bologna, contestualmente alla rettifica del sesso del marito); la Corte ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

1) dell’art.4 L.164/1982, nella parte in cui dispone che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso provoca l’automatica cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso senza la necessità di una domanda e della pronuncia giudiziale; con riferimento agli artt. 2 e 29 Cost. e artt. 8 e 12 CEDU;

2) degli artt. 2 e 4 L.164/1982, con riferimento all’art.24 Cost., nella parte in cui prevedono la notifica del ricorso per rettificazione dell’attribuzione di sesso all’altro coniuge, senza riconoscergli il diritto di opporsi allo scioglimento del vincolo coniugale;

la disparità di trattamento tra l’ipotesi di scioglimento automatico del vincolo coniugale (previsto dall’art.3 4comma lett.g L.898/1970) e le altre ipotesi di scioglimento (a b c d art.3 4comma L.298/1970) che necessitano di domanda.

La Corte Di Cassazione ha ritenuto che la soluzione prevista dall’art.4 L.164/1982 non realizzi un bilanciamento adeguato tra l’interesse dello Stato a mantenere fermo il modello eterosessuale del matrimonio ed i contrapposti diritti maturati dai due coniugi nel contesto della precedente vita di coppia (il divorzio imposto sconterebbe un deficit di tutela per il diritto di autodeterminarsi nelle scelte relative all’identità personale, il diritto alla conservazione della preesistente dimensione relazionale, il diritto a non essere ingiustificatamente discriminati rispetto a tutte le altre coppie coniugate in ordine alle possibilità di scelta sul divorzio e il diritto dell’altro coniuge di decidere se continuare o meno la relazione coniugale).

Per una corretta valutazione della fattispecie in esame non può però essere fatto riferimento, da parte della Corte Cost., ai seguenti articoli:

• art.29 Cost., perché la nozione di matrimonio prevista dal Costituente è quella stessa del c.c. 1942 (stabilisce che i coniugi devono essere di sesso diverso);

• art.8 (diritto al rispetto della vita familiare) e 12 (diritto di sposarsi e formare una famiglia) CEDU, perché la corte EDU afferma essere riservate alla discrezionalità del legislatore nazionale le eventuali forme di tutela per le coppie di soggetti appartenenti allo

stesso sesso;

• art.24 Cost., perché non è configurabile un diritto della coppia non più eterosessuale a rimanere unita nel vincolo del matrimonio;

• art.3 Cost., perché la diversità della peculiare fattispecie di scioglimento (mutamento di sesso di uno dei coniugi) ne giustificala differente disciplina.

Pertinente è invece il riferimento all’art.2 Cost. (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”), poiché nella formazione sociale è da annoverare l’unione omosessuale (Sentenza Corte Cost.138/2010) intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso cui spetta il diritto di vivere liberamente una condizione di coppia ottenendone il riconoscimento giuridico con i relativi diritti e doveri. Cosicché, nell’ambito dell’art.2 Cost., da un lato spetta al Parlamento individuare le forme di garanzia e riconoscimento per le unioni suddette, dall’altro lato è riservata alla Corte Cost. la possibilità di intervenire a tutela di specifiche situazioni (il caso del divorzio imposto è una situazione particolare perché coinvolge l’interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio e l’interesse della coppia a far si' che l’esercizio della libertà di scelta compiuta da un coniuge con il consenso dell’altro non sia penalizzato con il sacrificio della dimensione giuridica del preesistente rapporto che essa vorrebbe invece mantenere in vita; difatti sembrerebbe privilegiato l’interesse statale). Il tutto mantenendo fermo il fatto che è impossibile il perdurare del vincolo matrimoniale per il fatto che i

coniugi diventano dello stesso sesso; spetta quindi al legislatore trovare una forma alternativa al matrimonio.

Perciò la Corte Cost.:

1) dichiara illegittimi costituzionalmente gli artt. 2 e 4 L.164/1982, ma solo dove non prevedono che il passaggio in giudicato della rettificazione di sesso, sebbene provochi automaticamente lo scioglimento del matrimonio o la fine degli effetti civili del matrimonio concordatario trascritto, non consenta agli ormai

ex-coniugi di poter mantenere in vita il loro rapporto con un’altra

forma di convivenza disciplinata dalla legge;

2) dichiara illegittimo costituzionalmente l’art. 31 comma 6 dlgs 150/2011, ma solo dove non prevede che il passaggio in giudicato della rettificazione di sesso, sebbene provochi automaticamente lo scioglimento del matrimonio o la fine degli effetti civili del matrimonio concordatario trascritto, non consenta agli ormai ex- coniugi di poter mantenere in vita il loro rapporto con un’altra forma di convivenza disciplinata dalla legge.

Pertanto è chiaro come secondo la Corte Cost. il divorzio imposto sia:

• legittimo costituzionalmente con riferimento al matrimonio, giudicando lecito l’automatico scioglimento del vincolo coniugale dopo il passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione del sesso; chiude così ogni spiraglio alla liceità di un matrimonio omosessuale nel nostro ordinamento;

• illegittimo costituzionalmente con riferimento al fatto che dopo lo scioglimento i due ex coniugi non possono, perché non

prevista dalla legge, trasformare la loro unione in unione civile o altro diverso dal matrimonio che attribuisca alla formazione sociale costituita da due persone dello stesso sesso un qualche valore positivo; ossia la Corte Cost. non nega mai rilevanza al rapporto tra due persone dello stesso sesso o alla formazione cui esso dà vita o al fatto che due persone dello stesso possano dare vita ad una convivenza giuridicamente rilevante, negando solo che tra essi possa continuare un matrimonio che diventerebbe same-sex.

Infine va ricordato che la sentenza della Corte Cost. sarà un ostacolo insuperabile al riconoscimento di un matrimonio omosessuale nell’ordinamento italiano finché si intenderà riferirsi al matrimonio esclusivamente al vincolo coniugale tra persone di sesso diverso; tale scelta è una scelta meramente “positiva”, ossia né ideologica o logica ma normativa, che si fonda infatti sulla (come già visto) lettura ed interpretazione dell’art.29 Cost. .

Occorre evidenziare come la sentenza della Corte Costituzionale presa in esame è una “sentenza additiva di principio”, poiché l’addizione, contrariamente a ciò che accade di frequente, non consiste in una regola applicabile immediatamente, ma nell’enunciazione di un principio (quello del diritto dei coniugi, dopo lo scioglimento del matrimonio civile o la cessazione degli effetti civili di quello religioso, di poter mantenere in vita se entrambi lo richiedono un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che tuteli diritti ed obblighi della coppia medesima) la cui attuazione è demandata al legislatore.

illegittimità costituzionale enunciata in tale sentenza dalla Consulta, la questione torna in mano alla Cassazione. Sarebbe pertanto auspicabile che nel frattempo venga emanata una disciplina normativa sulle convivenze more uxorio (etero ed omosessuali), perché in tal modo la Cassazione potrebbe confermare lo scioglimento o la cessazione del matrimonio, visto che comunque agli ex coniugi sarebbe garantita la diversa tutela prevista nel frattempo per le coppie omosessuali. Ma è pura utopia pensare che il legislatore riesca a fare ciò (ossia ad emanare una tale disciplina normativa sulle convivenze), sia in termini di tempo che di metodo. Cosicché la Cassazione si troverà costretta a dover scegliere tra due soluzioni inadeguate:

• applicare la legge sul divorzio imposto, giudicata dalla Consulta illegittima costituzionalmente nella parte vista;

• o non applicare la legge sul divorzio, ma così facendo renderebbe possibile il perdurare del vincolo matrimoniale tra soggetti del medesimo sesso, in contrasto con l’ “art.29 Cost.”.

Inevitabilmente la Cassazione dovrà scegliere la prima soluzione, in ragione dell’illegittimità costituzionale, tutta italiana mi verrebbe da dire, del perdurare del vincolo matrimoniale tra persone dello stesso sesso. Avvertendo però che i due ex coniugi potranno, finché mancherà una disciplina sulle unioni omosessuali registrate, adire di volta in volta i giudici nazionali per far valere il diritto a un trattamento omogeneo a quello di una coppia coniugata e in quanto componenti di una formazione sociale (convivenza omosessuale) meritevole di una tutela analoga alla convivenza more uxorio eterosessuale.

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