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Lo svolgimento della diversificazione classica in Italia

1 4 7 . - Differenziazione dei valori imponibili. — Come si è

accennato, la legge italiana dell' imposta sui redditi della ricchezza mobile offre, nella sua materia, un esempio di diversificazione classica e generica tra i più perfetti e tra i meno recenti, perchè rimonta al 1864 f .

Tale diversificazione è riassunta dal Regolamento 1 1 Luglio 1907 n. 560, in tre norme compendiose che corrispondono a tre diversi mezzi tecni-ci di attuazione.

Primo mezzo : differenziazione dei calori imponibili.

Art. 52 - L a traduzione di ciascun reddito e f f e t t i v o in reddito impo-nibile sarà fatta con le seguenti regole:

Categoria Jì' - Interessi e premi dei prestiti delle "Provincie e dei Comuni, titoli al portatore ad interesse definito (obbligazioni) di società che hanno per base garanzie o sovvenzioni dello Stato, e i premi delle lotterie di ogni specie. Questi redditi devono essere valutali e censiti al loro valore integrale.

Categoria j l2 - Tutti gli altri redditi dipendenti dall' impiego del capi-tale non contemplati nella precedente categoria

( 1 ) La legge (testo unico) reca la data del 24 Agosto 1877 n. 4021 ; ma la parte che concerne la diver-sificazione. cioè gli articoli 54 e 55, modificati dall'articolo 2 della legge 22 Luglio 1894, denva dal-l' articolo 28 della legge fondamentale del 14 Luglio 1864, n. 1830, modificato daldal-l'articolo 9 della legge 28 Maggio 1867 n. 3717 e dall'articolo I della legge 23 Giugno 1877 n. 3903.

( 2 ) Cioè : i redditi perpetui e quelli procedenti da crediti ipotecari o chirografari, o da altri titoli, come mutui anche verbali o per semplici scritte e sotto forma di lettere di cambio ; i premi dei prestiti emessi dai privati, ed ogni specie di crediti per capitali redimibili, ed inoltre :

1 redditi che non dipendono da condominio o da dominio diretto, benché percepiti sui frutti, e com-misurati in una ragione qualunque al prodotto del fondo ;

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Questi redditi saranno valutati e censiti riducendoli a trenta quarante-simi del loro valore integrale.

Categoria ,'B- - Redditi temporanei misti, nei quali il capitale e l'o-pera dell'uomo concorrono (industrie e commerci). (')

Questi redditi vengono valutati e censiti riducendoli a venti quarante-simi del loro valore integrale.

Categoria C. - Redditi temporanei dipendenti dall' opera dell'uomo, senza aggiunta di capitali (redditi professionali e stipendi), quelli nei quali non concorre (attualmente, rispetto al possessore) nè l'opera dell'uomo, nè il capitale (vitalizi, pensioni) e i proventi anche se avventizzi e derivanti da spontanee offerte fatte in corrispettivo di qualsiasi officio o ministero.

Questi redditi vengono valutati e censiti riducendoli a diciotto quarante-simi del loro valore integrale.

Categoria D. - Stipendi, pensioni ed assegni, in denaro o in natura corrisposti dallo Stato, dalle 'Provincie e dai Comuni, o le mercedi giorna-liere dei semplici operai manovali degli stabilimenti governativi.

Questi redditi vengono valutati e censiti riducendoli a quindici qua-rantesimi del loro valore integrale. _

Così dispone il regolamento. E poi da notare che, se un contribuente possiede redditi di varie categorie, per ciascuna di esse gode sempre delle riduzioni corrispondenti, qualunque sia 1' ammontare del suo reddito com-plessivo. (2)

1 4 8 . - a) Secondo m e z z o : Differenziazione dei minimi imponibili.

L a legge esenta per intero la cifra di reddito che rappresenta il minimo ne-cessario per l'esistenza del contribuente e della sua famiglia, iniziando 1' im-posizione dalla cifra superiore. M a il minimo di esistenza è rappresentato na-turalmente da cifra varia secondo la natura del reddito.

possessore del fondo dal quale essi provengono già si paghi un tributo stabilito in contemplazione dei

redditi stessi. . . . . . ,

Tra questi redditi di natura fondiaria, reale o immobiliare, sono compresi i censi in qualunque modo costituiti, le decime di qualsiasi genere, i quartesi, i frutti di capitali quandocumque, le soggiogaziom ed ogni reddito che non dipenda da condominio o dominio duetto.

(11 Tra questi redditi sono compresi anche i redditi di tutte le industrie agrarie esercitate da persone estra-nee alla proprietà del fondo ; (i coltivatori dei terreni propri sono esenti) ed anche i redditi di quelle industrie agrarie che sono esercitate dal proprietario del fondo, come 1' armentizia quella della produ-zione del carbone, dell' olio, del vino, ma unicamente in quanto eccedono i prodotti del tondo stesso

(perche i fondi sono colpiti da un' imposta speciale sui terreni).

( 2 ) A decorrere dal 1° Gennaio 1917, allo scopo di ottenere un aumento d'imposta reso urgente dalla guerra, la diversificazione suddetta è stata cosi modificata :

1 redditi netti della categoria A 2 saranno imponibili per trentaquattro quarantesimi;

I redditi netti della categoria B accertati a carico di privati e supenon a L. 3000 e tutti quelli accertati a carico di enti collettivi, saranno imponibili per venticinque quarantesimi ; . . .

I redditi netti della categ. C accertati direttamente a carico di privati e supenon a L. 3000, saranno imponibili per ventitré quarantesimi. (Decreto Luogotenenziale 9 Novembre 1916 n. 1 525, allegato b). E'superfluo rilevare che questa modificazione ha carattere fiscale e non m e n o m a il p n n c i p i o de l a <hver-sificazione italiana, se non in questo : che, al pari della legge inglese suppone ne. redditi più elevati misti o del lavoro una maggiore quota di capitale ed un minore bisogno di risparmio, (n. ¿ ¿ 3 ) .

Inoltre questa modificazione stabilisce una differenza tra 1' imposizione dei privati e quella degli enti collettivi, per quanto concerne la categoria B ; differenza palese, che pnma non esisteva, Qpindi I

Così la legge varia 1' ammontare del massimo reddito completamente esente dall' imposta, secondo le categorie testé accennate, in modo che ad ognuna di esse corrisponde un massimo di esenzione diverso.

Art. 53 del Regolamento: continuano pertanto a rimanere esenti i redditi netti della

Categoria B inferiori a L. 5 3 3 , 4 0 » C » » 6 4 0 , 1 0 » D » » 8 0 0 , 1 0 .

b) Terzo mezzo : Differenziazione della degressione. La legge, inoltre, varia le riduzioni accordate ai redditi esigui, in ragione progressiva della loro piccolezza, e le varia ancora secondo le diverse categorie indicate, in modo che a ciascuna di esse corrispondano degressioni diverse.

In effetti, lo stesso articolo 53 del Regolamento dispone:

« Per 1' applicazione delle detrazioni graduali si tien conto della ridu-zione del reddito da netto ad imponibile con i criteri dell' art. 54 della legge » .

Nel ricordare, in proposito, l'esempio indicato al n. 140, occorre notare che il calcolo di queste riduzioni, pel modo difettoso con cui fu formulato il regolamento, è talmente complicato da rendere necessario l'uso di prontuari ; ma quest' occasionale difetto, è teoricamente nullo od acci-dentale, e praticamente lieve ed eliminabile, tanto che non era nella legge fondamentale, ma vi fu introdotto nella frettolosa modificazione del 1894, per semplice trascuranza.

Godono, intanto, moderazioni in via di degressione i redditi delle categorie :

A ' , A2 - (nessuna moderazione)

B sino al massimo di L. 1 0 6 6 , 6 6 di reddito netto C » al » » 1 2 8 0 , — » » D » al » » 1 0 0 0 — » »

Il secondo mezzo di diversificazione, cioè 1' esenzione di un vario mi-nimo di esistenza, è chiaro e semplice.

Per chiarire il modo in cui si cumulano le riduzioni del primo e del terzo mezzo di diversificazione, facciamo 1' ipotesi di un impiegato comu-nale, con lo stipendio accertato per nette L. 9 0 0 . Egli godrà le seguenti riduzioni :

'Prima riduzione (diversificazione) :

Il reddito netto di L. 9 0 0 appartiene alla categoria D, e perciò si riduce, anzitutto, a quindici quarantesimi, ossia ad imponibili . L.. 3 3 7 , 5 0

Terza riduzione (degressione) :

Dal detto imponibile si opera ancora la detrazione stabilita

dalla degressione per questa categoria, cioè . . » 7 5 , — L. 2 6 2 , 5 0

- 1 6 0 —

Quest'ultima cifra rappresenta il residuo reddito tassabile dell'impiegato anzidetto, e su questa stessa cifra, anziché sull' intero reddito di lire 9 0 0 , si applica 1' imposta, in base all' aliquota unica proporzionale di lire 22 7° circa: donde risulta l'imposta dovuta di L. 5 7 , 7 5 .

1 4 9 . - Ragioni della legge. - L'equità. — Chiarito cosi il

mec-canismo semplicissimo di applicazione pratica della diversificazione italiana, vediamone il fondamento teorico, secondo la stessa Commissione della Camera dei Deputati che riferì sul disegno della legge fondamentale del 1 8 6 4 0 ) , ponendo la questione « se tutte le rendite, qualunque ne sia la durata, qua-lunque ne sia la derivazione, debbono venire egualmente colpite in propor-zione del loro importo annuale, o se debbono invece venire differentemente tassate, sia traducendole con norme diverse in rendita imponibile, omogenea, e lasciando in tal caso ferma la quotità (2) generale, sia applicando loro una diversa quotità, e tenendo in tal caso fermo e invariato il loro impiorto.

La relazione ministeriale ha creduto poter risolvere la questione nel senso nel quale, almeno per il maggior numero delle applicazioni, la risolse Roberto Peel e la mantiene risoluta il Parlamento inglese ed il suo illustre cancelliere (cioè escludendo la differenziazione delle rendite, la quale fu invece proposta appunto dalla Commissione della Camera).

Anche noi certamente rispettiamo al più alto grado 1' autorità degli statisti britannici. M a non possiamo dissimularci che questa materiale equi-parazione di tutte le rendite, secondo il solo dato del loro valore annuale, è la fonte dei più vivi richiami del popolo inglese; non possiamo trascurare che quasi tutti gli scrittori riprovarono questo sistema; non possiamo trascu-rare che se gli uomini di Stato formularono di questo modo la legge e di questo modo la mantengono, egli è principalmente perchè la considerano una legge transitoria

Sopra tutto, noi dobbiamo avvisare al bisogno nostro che e d introdurre un'imposta la quale, attese le condizioni della nostra finanza, non potrebbe essere transitoria....

Noi dobbiamo dunque contare su questa imposta in modo permanente. Or bene: dovendo fondar questa imposta in modo permanente, bisogna anche studiare eh' essa sia ordinata con bastante equità, e che sia tale fin da principio, affinchè come imposta nuova incontri minori d i f f i c o l t à .

Dovendo pertanto pensare a far equa l'imposta sulla rendita^ e per-chè il bisogno dell'equità è maggiore in un'imposta nuova, e perper-chè questo bisogno è maggiore nell'imposte che devono durare permanenti, anzi ten-dere a progressivo sviluppo, era nostro debito di affrontare, almeno a larghi

( 1 ) Camera dei Deputati, Relazione della Commissione svi progetto di legge </* imposta

ricchezza molile. Tornata del 23 Giugno 1663. Milano, Stampena Reale, 1864, voi. 11, pagtne 22

e seguenti. . . . . ( 2 ) Qui per quotità s'intende Y aliquota, il tasso o la ragione dell imposta.

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tratti, la questione che in Inghilterra si chiama questione sulla differenza delle rendite (discrimination) » 0).

1 5 0 . - La diversificazione è costituzionale. — Qui occorre

aver presente che l'articolo 25 dello Statuto fondamentale del Regno d'Italia, del 4 Marzo 1848, dispone : Tutti i regnicoli contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato.

Si è visto come una disposizione simile nel fine, se non nella portata, trovisi nelle Costituzioni degli Stati Uniti d'America (n. 6 7 a 62), nella Costituzione del Belgio (n. 3 7 ) ed in quella della Turchia (n. 99). Così pure dispongono che nessun privilegio può essere accordato in materia d'im-posta le Costituzioni seguenti :

a ) Costituzione del Regno d'Olanda del 3 0 Novembre 1887, capi-tolo VII, articolo 1 7 5 ; b) Costituzione del Regno di Prussia del 31 Gennaio 1850, titolo V i l i , articolo 101 ;

c) La Costituzione della Repubblica Argentina del 25 Settembre 1 869, nel capitolo IV dispone :

« A r t . 6 7 . - Le attribuzioni del congresso sono le s e g u e n t i : . . . . 2. Imporre contribuzioni dirette per un tempo determinato e pro-porzionalmente eguali in tutto il territorio della nazione » (n. 44).

Simili disposizioni derivano dalla Rivoluzione del 1789.

d) Per la Carta francese del 1791 i cittadini contribuiscono en propor-tion de leurs facultes; quelle del 1814 e del 1830 dicevano : eri proporpropor-tion de leurs fortune. La Costituzione spagnuola del 1812 : en proporcion a sus facultades. La C. portoghese del 1 8 2 6 : en proporcào do seus haveres.

Ora simili disposizioni, che sembrano precludere l'adito alla diversifi-cazione, non meno che alla progressione, in realtà tendono o a proteggere i singoli Stati dal Parlamento Federale, come in America (n. 6 7 - 7 2 ) e nell'Australia (25), oppure ad assicurare l'eguaglianza dei cittadini di fronte all'imposta; ma non escludono la diversificazione che tale eguaglianza non menoma. E, infatti, vige la diversificazione così in Olanda (n. 62 ; 9 5 ) , come in Prussia (n. 51-53), in Spagna (n. 8 4 ) e ovunque.

Circa la Costituzione del Regno d'Italia, la quale vuole assiso l'onere tributario secondo gli averi, sorse il dubbio eh' essa con questa espressione intendesse escludere dall' imposta il prodotto del lavoro, sino a quando, me-diante il risparmio, non si trasformasse in un avere, cioè in una proprietà.

M a tale dubbio fu eliminato in base all' incontestabile principio che tutti i cittadini sono obbligati a contribuire ai carichi dello Stato, escluso ogni privi-legio. Al di sopra di un minimo necessario per l'esistenza umana, non si può ammettere una esenzione assoluta e generale di alcune entrate; senza che sia giustificata da ragioni speciali di diversificazione. Ma, nel senso dello

( 1 ) Queste riflessioni vanno meditate dal legislatore che, per la prima volta, stabilisce l'imposta sul reddito complessivo.

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Statuto del Regno d'Italia, « 1' avere, rispetto all' imposta, non può limitarsi soltanto a quello che viene estimato nella liquidazione di un patrimonio o di una successione. Il lavoro umano è la prima sorgente della ricchezza, è l'uomo stesso che mette in essere le sue facoltà » ( ' ) .

E anzi opportuno accennare fin d'ora una constatazione su cui dovremo ancora intrattenerci, cioè : che non è possibile valutare gli oneri che la Carta Costituzionale riconosce come legittimamente imposti al cittadino limi-tandosi a tener conto soltanto degli oneri tributari in senso stretto, quasi alla sola imposta in danaro. E invece necessario tener conto di tutte le prestazioni che il cittadino deve corrispondere gratuitamente in servigi, di tutte le limitazioni de' suoi diritti e della sua attività personale, che impor-tano direttamente o indirettamente un onere di natura economica non dissi-mile dall' imposta in denaro, nè di minore entità.

Infatti, dei tre soggetti dell' umana attività, l'individuo, la Società e Io Stato, quest' ultimo rappresenta l'ente intermedio tra i primi due. Come tra l'individuo e lo Stato non vi è antitesi assoluta, così tra lo Stato e la Società non vi è perfetta identità, tra questi tre soggetti vi è la comunanza di alcuni scopi, cioè di quelli collettivi pubblici, che chiameremo statali, ma v' è in pari tempo differenza di altri scopi, che chiameremo privati individuali. Però tra l'individuo e Io Stato vi è difformità reale d'interessi immediati, non solo perchè i loro bisogni non sono tutti comuni, nè di eguale intensità, ma anche perchè, nella serie dei bisogni statali comuni, non si verifica con-temporaneamente lo stesso grado di utilità finale per lo Stato e per l'indi-viduo ; in quanto per quest' ultimo la scala dei bisogni individuali è più estesa e i mezzi per soddisfarli sono più limitati. Per l'individuo il bisogno dell'esistenza di primo grado è un bisogno privato, mentre il bisogno statale è di grado meno urgente ; per lo Stato Io stesso bisogno statale può essere di esistenza, cioè più urgente di tutti i bisogni privati individuali.

Lo Stato, inoltre, per la sua costituzione, prevede prima e meglio del singolo, valuta e soddisfa direttamente i bisogni statali del singolo e della Società, armonizza le diverse serie di bisogni di questi due soggetti, contra-stando all' uopo taluni bisogni privati dell' individuo, non meno che taluni bisogni collettivi della Società.

Per compiere la propria missione lo Stato non dispone di altri mezzi, se non quelli che preleva sugli averi dei cittadini, cioè tanto sui loro beni materiali, quanto sui loro beni immateriali o personali. Lo stato impone, ad esempio, la prestazione personale del servizio militare, se e in quanto non può difendere la patria con soldati mercenari; altrimenti impone prestazioni in beni materiali, in luogo del servizio militare.

M a non v' è differenza essenziale tra l'imposta in denaro e quella in

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servigi : entrambe sono oneri obbligatori pel cittadino ed hanno valore economico.

Naturalmente v' è diversità giuridica ed economica tra il diritto dello Stato e l'onere del cittadino, anche lo scambio di due ricchezze eguali non si effettua se non per la diversità d'interessi delle due parti, secondo il

calcolo edonistico. _ t

Tali premesse conducono intanto a due conclusioni. Anzitutto, non v è identità di interessi contemporanei tra l'individuo e lo Stato, e 1' individuo tenderebbe, come tale, a sottrarsi al soddisfacimento dei doveri verso la col-lettività, addossandolo ad altri cittadini, come meglio vedremo (n. 193).

In secondo luogo, non solo l'imposta eh' egli paga in denaro, ma anche quella ch'egli corrisponde in servigi o in limitazioni della sua libertà, costituisce onere tributario in largo senso, e nessuna delle due specie di beni materiali e personali può sottrarsi al tributo, (n. 192, I).

Però, da tale premessa non si può trarre la conseguenza che lo Sta-tuto vieti di ammettere ragioni speciali di diversificazione e, quindi, di am-mettere anche 1' esenzione di alcuni redditi del lavoro o del capitale o misti : conseguenza erronea accolta dal Brunialti e da altri autori 0). Anzi, qui la relazione parlamentare si accinge a dimostrare che Io Statuto prescrive quelle diversificazioni, le quali servono a proporzionare l'imposta al valore annuo effettivo degli averi, e quindi a stabilire un' eguaglianza effettiva e non solo apparente dei cittadini di fronte al tributo in denaro (n. 1 59).

« E' regola costituzionale che 1' imposta debba commisurarsi agli averi. Questa regola costituzionale noi, seguendo i dettami economici, la vogliamo in generale, e per quanto è possibile, applicata in modo che gli averi, do-vendo 1' imposta ripetersi, siano colpiti con riguardo a ciò che anche in essi ripetesi, cioè con riguardo alla rendita, e che quindi 1' imposta, in generale e dentro i limiti del possibile, si misuri tenendo conto esclusivamente della rendita.

Ecco perchè, secondo 1' avviso nostro, non obbedirebbesi nè allo spirito della legge costituzionale, nè alle esigenze della dottrina economica, se le rendite venissero tutte considerate pari di grado in quello che gì' inglesi chiamano il loro valore annuo. »

1 5 1 . - V a l o r e a n n u o di c i a s c u n a r e n d i t a . — « S e una rendita

è veramente temporanea o vitalizia, nessuno potrà negare eh' essa differisca dalle rendite, le quali abbiano una separata e distinta causa permanente in un fondo od in un capitale, che rimanga sempre a disposizione del reddi-tuario e gli produca in perpetuo la rendita. La differenza sta in ciò che la rendita temporanea porta compenetrata in sè medesima quella parte del ca-pitale che dovrebbe con la rendita venire costituito, affinchè il trattamento di questa e della rendita perpetua potesse dirsi eguagliato.

( 1 ) Baer: L' avere e l'imposta, Torino, 1 8 7 2 ; A . Magliaro: L' avere e l'Imposta, nella Canova

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-Se poi una rendita è non solo temporanea o vitalizia, ma inoltre pro-curata coli' opera di colui che la percepisce, nessuno potrà negare eh' essa differisca in primo luogo dalle rendite aventi una causa perpetua, e, in secondo luogo, anche dalle rendite temporarie bensì, ma pur indipendenti dall' opera dell' uomo.

La differenza con queste ultime sta in ciò : che la rendita di cui par-liamo porta compenetrata in sè medesima pure la parte del capitale speso nel procurare alla persona 1' abilità, e che dovrebbe con la rendita venire ricostituito, affinchè il trattamento di tutte due le specie di rendita tempora-nea potesse dirsi pareggiato.

Nè basta ancora. Pur quando si considera il capitale eh' è permanente causa di una rendita, vi è ancora una terza diversità tra rendita e rendita, poiché il medesimo capitale produce una rendita più o meno grande, secondo che sono più o meno grandi i pericoli che la rendita manchi o che lo stesso capitale si perda.

Il capitale non si determina ad un impiego pericoloso se non verso la promessa di un profitto più largo, il quale, se il pericolo è relativo alla rendita, compensi col profitto maggiore in alcuni anni quello che, in altri, fosse minore; e se il pericolo è relativo anche al capitale dia, nel profitto maggiore, pur quanto all' eventuale perdita dello stesso capitale può corri-spondere. Segue da ciò che tutte le rendite procedenti da un capitale do-vrebbero venir pareggiate, riducendole tutte egualmente alla rendita che si potesse assumere per tipo della rendita più sicura »-.

1 5 2 . - Il pareggiamento teorico delle rendite. — « Adottando

quest' ordine d' idee, il pareggiamento delle rendite dovrebbe a rigore proce-dere come segue :

1) Riducendo tutte le rendite permanenti al saggio proprio di quelle fra esse eh' è la più certa.

2 ) Riducendo tutte le rendite temporarie o vitalizie, scevre dall' opera dell' uomo, a quella quantità che rimane dopo detratta la parte destinata a convertirsi nel capitale relativo.

3) Per tutte le rendite temporanee, che hanno commista 1' opera dell' uomo, facendone una prima riduzione a quella quantità che rimane dopo tolta la parte necessaria a ricomporre il capitale speso nel procurare 1' abi-lità personale, e una seconda riduzione a quella quantità che rimane dopo detratta la parte necessaria a costituire il capitale relativo.

4 ) Per tutte le rendite temporarie che hanno commista 1' opera del-l' uomo ed anche 1' impiego di un capitale, facendone una prima riduzione a quella quantità che rimane dopo detratta la parte corrispondente all' inte-resse del capitale impiegato, inteinte-resse proporzionato al rischio della

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